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Autore: Muddafuggaz    13/11/2011    5 recensioni
"...Io credo che il ritmo sia tu."
"Dici sul serio?" Risponde lui avvicinandosi alle mie labbra.
"Sì." Sussurro spalancando gli occhi.
Lui socchiude i suoi e appoggia le labbra sulle mie. Il mio cuore torna a battere, di nuovo, lo sento.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19.
“Vetro”
 
Mi aveva preso per mano alle 11 del mattino seguente e costretto a seguirlo per una passeggiata in città.
“Sei sicuro che non s’insospettiranno nel vederci assieme?” Gli dico mentre salgo sulla sua inseparabile moto.
“Una giornata comune tra comunissimi amici.”
Ci scambiamo uno sguardo intenditore e prima che qualcuno potesse vederci mi stampa un bacio sulle labbra.
“Dov’è che vuoi portarmi di preciso?”  Gli avevo urlato mentre sfrecciavamo assieme sulla moto che portava in centro, anche se l’hotel non era per niente distante.
“A fare un giro, ci divertiremo.” Risponde ridendo.
 
Spokane non è affatto una città da sminuire. Sebbene non affacci sul mare è interessante.  E’ ricca di negozi per i patiti della moda, nonché la piazza centrale sia immensa e piena di distrazioni. Addirittura era munita di un parco di divertimenti.
“Allora, inizierei dal parco di divertimenti.” Ride lui, parcheggiando la moto. Io gli sorrido annuendo. Circospetto si guarda intorno per rubarmi un bacio, poi, mi tira giù e camminiamo verso la piazza, mano per mano.
Camminavamo fianco a fianco, mano nella mano, incuranti delle persone che ci vedevano e urlavano “OSSIGNORE, SHANNON LETO!”
Talvolta si fermava per sorridere e firmare qualche pezzo di carta, io rimanevo lì a guardarlo, oppure lo abbracciavo, senza spingermi oltre.
“Eccoci!” Indica entusiasta il parco di divertimenti.
La mia vista si ferma su un clown all’ingresso, indietreggio.
Fin da piccola ho sempre avuto il terrore dei clown assassini.  Ne ero rimasta impressionata da un incubo avuto all’età di due anni in cui un tipo travestito da clown mi accoltellava la schiena. Ed ero rimasta segnata a vita.
Mi nascondo dietro Shannon. “N-on voglio entrare” balbetto.
“Come no? Spokane è famoso per questo parco e non vuoi entrare?” Ride voltandosi.
Sbianco osservando il clown muoversi, Shan sembra accorgersene.
“Hai paura di quello?” Ghigna.
“N-no.” Mento.
“Abby.” Sussurra. “Non lascerò che un clown rovini la tua vita, ci sono io, fidati. Non succederà niente, puoi mettere da parte la paura e affrontare un giorno diverso con me?”
La sua voce melodiosa riduce le mie preoccupazioni a un granello di polvere insignificante, e annuisco con sicurezza.
Mi cinge le spalle con un braccio e non appena entriamo qualcuno tira Shannon dalla canotta.
“Shannon!” Era un timbro femminile, molto vicino a noi, ci voltiamo.
“A-Allyson!” Le risponde lui.
Era una ragazza, alta, mora, dagli occhi azzurri. Era pallida, ma quel pallore la rendeva fottutamente splendida. Indossava un vestitino rosso, che le scolpiva il fisico slanciato, lasciando scoperte le gambe nude, che terminavano con tacchi vertiginosi, rubini, come il vestito. I capelli corvini le scendevano sulle spalle disegnando spirali. Era una di quelle bellezze che lasciano senza fiato, impietrite, al confronto con qualcuno che indossava converse e jeans. Mi sento contrarre lo stomaco.
“Che ci fai tu qui?” Sorride lei, sfoggiando un sorriso perfetto dalle labbra scarlatte.
“Sono in tour, e tu?” Chiede lui, illuminandosi con un sorriso di rimando.
“Convegno, sai.. Sempre quegli impegni assurdi.” Si giustifica.
“Ah, si, i soliti convegni.”
“Cosa puoi aspettarti da una modella?” Ride lei, dolcemente.
Fantastico, era una modella. Mi sentivo una pulce al confronto con una leonessa.
“Hai ragione.” Annuisce Shannon.
“E proprio per i miei convegni assurdi… è finito tutto tra noi.” Mormora lei guardando in basso.
Inizio a tremare, eppure non faceva per niente freddo. Stringo la canotta di Shannon.
“Già…” Dice lui.
“E la tua amica non me la presenti?” Ride lei guardandomi con aria altezzosa.
Mi ritraggo, reazione orribile.
Shannon ride. “Ha paura dei clown.”
Allyson ghigna.
“Abby…” Porgo la mano, tremante.
“Sai già il mio nome” la stringe alla mia.
Annuisco.
“E quindi è tua figlia?” Chiede la modella ironizzando.
“No!” Shannon accompagna la risata dell’amica. “E’ una sorta di apprendista, le stiamo insegnando i trucchi del mestiere con la sua band.”
Apprendista, ecco come mi definiva. Solamente un’apprendista. Stringo i pugni, imbarazzata.
“Non sembri molto loquace piccolina!” la bella ragazza mi scompiglia i capelli, come se avesse a che fare con una bimba di due anni.
Non rispondo, altrimenti le avrei sputato sul bel visino di porcellana.
“Be’ allora, potremmo vederci, ti va?” Gli domanda.
“Certo, quando vuoi.” Risponde Shannon.
Lei caccia un biglietto con un numero di telefono scritto in nero.
“Chiamami quando vuoi. Mi sei mancato, Shannon. Mi manca tutto di noi.” Lei gli si avvicina e preme le labbra scarlatte su quelle di Shannon.
Indietreggio.
“Ciao Leto.” Con il suo portamento divino ondeggia via, lontano da me e Shannon, ed io resto lì, impietrita avendo guardato una scena assurda davanti ai miei occhi increduli.
“Abby?” Domanda Shannon voltandosi.
“Apprendista? Figlia? Quel bacio?” Quasi urlavo.
“Abby, è finita con lei…”
“Tu, lei, vi siete baciati!” Lo interrompo bruscamente.
“E’ stato un bacio a stampo, diamine, non la vedevo da secoli!”
“Che significa? Ora tutte quelle che non vedi da secoli hanno il diritto di baciarti?”
“Abby calmati!” Mi urla contro, qualcuno si volta chiedendosi cosa stesse succedendo.
 
“Ommioddio! Shannon Leto!” Delle ragazzine corrono verso di lui facendo cessare la nostra lite. Lui, sempre pronto per i fans, inizia a firmare fogli e a fingere sorrisi nelle foto. Approfittando della sua distrazione corro via, fuori dal parco giochi.
Non sapevo dove stessi andando, ne tantomeno avevo piantine della città.
Sento il cellulare squillare. –Shannon chiamata-
“Merda” mormoro.
Noto un pover’uomo solitario su una panchina. Spengo il cellulare e dopo aver tolto la SIM glielo porgo assieme a venti dollari.
Lui mi guarda e mi ringrazia con vigore, io gli sorrido.
“Conosce una strada per uscire dalla città?” Domando.
“Vada dritto, troverà un sentiero, porta alle campagne, ai parchi verdi, pieni di papaveri. E’ uno spettacolo grandioso.”
“La ringrazio.”
Seguo le indicazioni dell’uomo, passo dopo passo, accelerando. Avevo la netta sensazione di sbagliare. Purtroppo, non ho ancora il coraggio di affrontare i problemi, all’istante, ma penso, prima di agire. Avevo bisogno di un luogo mio, solo, da perdermici.
E Shannon, be’ lui, era lì, nella mia testa. Ma era palese che non potessi essere alla sua portata. Avevo notato che ogni donna con cui era stato, oltre ad essere più grande di me, era molto più bella e sinuosa rispetto ad una ragazzina quindicenne che si fingeva diciassettenne.
Ero vetro, disperso tra ferro. 
  
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