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Autore: Occhi Cielo    13/11/2011    6 recensioni
Era una giornata piovosa alla Wammy's. Non che la cosa fosse strana.
I ragazzi si annoiavano. Più di tutti un bambino biondo dagl'occhi come il ghiaccio. Mello osservava la pioggia assorto nei suoi pensieri, fino a quando qualcosa di colorato lo distrasse. Una macchia Rossa.
Questa è la storia di come Mello conobbe Matt, di come i due divennero amici, delle loro avventure e del loro amore che a poco a poco sbocciò, portando nella loro vita un tocco di colore. Come il rosso dell'amore e il rosso dei capelli di Matt che Mello tanto amava. "Pioveva.
Un po' come sempre d'altronde.
Le gocce violente si abbattevano sui vetri della mia finestra. Fuori era grigio. Tutto era avvolto da quest'alone di colore. Grigio.
Grigio come gli alberi, come l'asfalto, come l'erba, come i muri.
Grigio. [...]
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Near | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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18.Il futuro doveva essere Verde


Ero pronto alla morte.
Alla fine, l’avevo affrontata così tante volte che vederla di nuovo non mi causava nessun effetto.
Ero preparato, sapevo che prima poi sarebbe venuta a chiedere il conto e io a testa bassa, avrei dovuto pagare. E’ ovvio che chi sopravvive più volte ad essa, alla fine deve soccombere. Ed è quello che feci.
La mia anima ormai era una sostanza grumosa all’interno del mio corpo. Non valeva niente, poiché ormai lei si era già arresa alla morte da tempo. Quando quest’ultima venne a bussare alla mia porta, non voleva la mia inutile anima, sempre che questa fosse mai esistita. Voleva il mio corpo. L’unico mezzo che mi permetteva di essere ancora in vita.
Voleva quello, e non avrebbe rinunciato tanto facilmente.
Così, mi feci trovare pronto. Avevo immaginato come doveva essere.
Sarebbe stato agonizzante, doloroso, un vortice che ti risucchiava sul fondo e ti bruciava dentro, come fossi su un rogo. E sentivi le urla dannate di chi come te si è macchiato di sangue, di chi come me…ne ha provato gusto, e infine terrore.
Avrei sentito la pelle squagliarsi, le ossa consumarsi, gli occhi chiudersi.
Eppure, quel giorno morire fu dolce.
La morte sapeva di camino e cenere, non era ustionante come il fuoco del rogo ma come una stufa in una notte d’inverno, non c’erano urla ma solo una leggera voce sullo sfondo..rassicurante, calma.  Sarà stato qualche angelo che mi avrebbe accompagnato chissà dove.
Forse, non ero destinato all’inferno.
Il purgatorio sarebbe andato bene.
L’aria aveva un retrogusto di cioccolato…lo sentivo sulla punta della lingua.
La morte non era come l’aspettavo, era tutt’altro. Perciò quando impetuosa mi trascinò nell’oblio, io non aprii gli occhi. Temevo che quell’angolo di incoscienza, potesse trasformarsi nel mio incubo peggiore.
Morire era dolce.


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Il presidente era morto. Lo sapevo. Nonostante non l’avessi ucciso io.
In più, Shido aveva fatto la sua parte e l’irruzione da parte di L, o l’SPK, chiunque sia stato quel bastardo a mandare il corpo militare nel mio covo, era andata a farsi fottere.
La soddisfazione era tale da superare qualsiasi altro sentimento. Poteva giusto innervosirmi il fatto che l’unico sopravvissuto all’attacco, si fosse suicidato con una capsula di veleno.
Quale coraggio aveva avuto quell’uomo. Morire pur di non rivelarmi il mettente dell’irruzione. Idiota.
Mi chiedevo comunque come avessero fatto a scoprirmi.
Ero stato cauto.


“Meno 20”


Però in fondo poco importava. Ci stavamo trasferendo in un’altra base. Anonima e sconosciuta, come sempre.
Ne avevamo cambiate tante da quando entrai… era una precauzione in più per non essere scoperti. Le sceglievamo con cura, istallavamo le apparecchiature, ci mettevamo comodi.. e poi, quando i miei pensieri iniziavano ad affollarsi dentro la mia stanza, troppo piccola per contenerli tutti, decidevo che era ora di cambiare. Non davo spiegazioni, forse perché nessuno aveva abbastanza fegato di chiederle. Noi ce ne andavamo e basta.
Quel nuovo covo però, non era molto diverso da tutti gli altri. Assomigliava molto di più ad una casa, ma l’ambiente interno rimaneva sempre umido e soffocante. Le pareti erano percorse da una fitta rete di crepe, mentre i soffitti avevano l’intonaco precario.
In qualsiasi momento sarebbe stato capace di venire giù.
Le camere erano ampie, tanto che avevamo avuto la possibilità di impiantare in una di esse una sala computer. Nelle rimanenti ci dormivamo, per chi ci riusciva.
Io avevo fatto bene a non farlo.
Era il 10 Novembre, ore 23 e 59.
La morte venne a bussare.


“Meno 19”


Non mi aspettavo sarebbero arrivati a tanto. Mi avevano colto impreparato.
Era stato più facile pensare alla Fine, in confronto a ciò che in quei pochi minuti accadde.
Quando le urla agonizzanti dei miei compagni si spensero sotto un soffocato colpo al cuore, rimasi di sasso. Si accasciarono al suolo come alberi sradicati dal vento. Pesanti caddero sul pavimento con tonfi cupi, e la forza del loro corpo, a contatto con il legno, risuonò come un’eco insistente tra le mura ampie. Il mio sguardo, ormai perso in quella scena d’orrore, rimase immobile. Non si spostava tra quegl’uomini a terra, ma rimaneva vagamente incantato…
Che stava accadendo? Possibile che Kira si fosse alleato con…la polizia?
La mia mente rifiutava l’idea. Era impossibile..eppure.
Shido sembrava paralizzato, si muoveva a stento dal monitor che proiettava le immagini esterne. I superstiti lanciavano grida di terrore,  e io, nella mia marmorea posa, speravo..
Il cuore era un treno in corsa, il respiro erano gelidi soffi di vento. Sarei potuto scappare, dove, come?
Avevo un piano e il sangue pompava. Si, forse ce l’avrei fatta. Era attuabile solo una volta e ciò mi permise di pensare, di chiamare la morte e dirgli che presto o tardi, mi avrebbe dovuto accompagnare negl’inferi.
Da quel momento io iniziai a morire. Di nuovo, e quella volta, per sempre.
Balzai in piedi e con uno scatto salii per le scale. Scricchiolavano ad ogni pressione.
Le mie gambe non avevano mai corso tanto velocemente. Si sforzavano, sentivo i muscoli tirare, l’affannato gonfiarsi dei polmoni, mentre le acide gocce di sudore colavano vischiose sul mio viso. La mie gambe, mi portavano verso la salvezza.
E corsi, corsi gridando di prendere il quaderno e poi lì, lì dove la stanza buia mi avrebbe protetto.
La guerriglia lontana, gli spari, un botto…  li sentivo distanti, in un mondo a parte. Nella stanza ero solo.
Il silenzio, come una coperta, mi avvolse, abbandonandomi alla cecità totale.
« Merda, dov’è quel dannato interruttore? Mi chiedo quanto ci metteranno ad arrivare…»
I miei pensieri vagano liberi, li lasciavo uscire dalle mie labbra e non me ne’ facevo un problema.
Mi avrebbero trovato prima o poi, quindi era inutile attendere altro tempo prima che questi fossero riusciti a raggiungermi.
Ormai era questione di secondi e io dovevo segnarli in qualche modo. Dovevo calcolare quanto tempo mi rimaneva per ricordarmi di Lui, quanti istanti della mia vita dovevo ripercorrere per l’ennesima volta. Quanti colori, profumi, momenti dovevo estrarre dalla mia mente, quanti sorrisi dovevo gustarmi come ultimo nettare. Volevo rivedere il suo verde, per l’ennesima volta. Come quando davanti allo specchio chiudevo gli occhi, una mattina di molti anni fa, e mi chiedevo come fosse il futuro. Io lo vedevo verde,  ero immerso in un mare di quel colore solo. Mi vedevo annegare senza soffrire, vedevo lui.
Ma a quel tempo non capivo. Anche quando il capo della polizia mi minacciava con il quaderno..io, non capivo.
Non l’amavo, questo era certo. Non potevo amare mio fratello. Ma..mi mancava, lo desideravo e questo faceva di me un bugiardo.
Ero consapevole di esserlo sempre stato. Consapevole che mentire mi riusciva meglio che essere me stesso. E questo Matt l’aveva scoperto, fatto suo,  e infine me l’aveva rinfacciato. Come se così facendo, mi avesse reso partecipe delle sue capacità.
Era facile per lui.



“Meno 18”



I secondi passavano, e mentre lo stupore, la paura, e il terrore facevano breccia nel mio cuore…mi ritrovai a chiedermi “Perché?”.
Perché Matt? Perché tutto questo?  Perché doveva finire?
E così, la risposta parve logica.
Dovevo pagare.
La morte non attende nessuno, e quella, più di chiunque altro sa farti ragionare.
Il vuoto mi prese, mi trascinò giù in un angolo scuro della mia incoscienza.
Forse, già a quel punto ero morto.. quando vari spari squarciarono l’aria, quando le grida, gli urli, le voci, il vento, il crollo, l’esplosione…si udivano lontane.
Avevo preso la decisione. Ero convinto di arrivare alla porta. Ma le gambe a volte cedono, il corpo a volte non reagisce.
E capita di sentirsi perso, di non avere scampo. Quella volta non sarei sfuggito alla morte, e la vedevo già con un sorriso malvagio a sformargli il volto, felice, che finalmente il più terrificante tra gli angeli fosse suo.
Vedevo quegl’uomini sfumare sul fondo dei miei occhi spenti, ne avvertivo le presenze, i respiri mozzati.
Quella volta, quando era finita, quando sperare non serviva a nulla, quando ormai anche la bianca farfalla aveva finito le sue 24 ore.. lo dissi.
Perché mentire, anche a me stesso, ormai era inutile.
E l’avevo fatto per anni fino a quel momento.. e mi domandai perché era occorsa la morte per rendermi conto di amarlo.
Nonostante i secondi passati li sprecai per pensare il contrario, l’attimo prima del buio lo sussurrai. A chi, a cosa non so. Ma volevo liberarmi. <
Il peso nel mio petto, doveva essere l’ultimo fardello da lasciare in quel mondo..
« Ti amo…Ok stronzo? Sei… contento?» La mia voce era soffocata, stanca.
Non mi aspettavo niente. Finalmente potevo andarmene in pace, essendo me stesso, esprimendo per la prima volta qualcosa che ancora stentavo a considerare vera.
Così, lo ripetei, e lentamente, mentre le fiamme dell’inferno mi corrodevano fino alle ossa…sprofondai nel più totale buio.


“Meno 17”


Morire era dolce.
Dolce come il nome che vagava nitido tra i miei pensieri.
Matt, Matt, Matt, Matt…
Poi ricordai. La morte porta con se tanti dettagli a cui non diamo peso.
Il giorno in cui cambiammo covo, dallo specchietto retrovisore vidi un miraggio. Fu buffo, uno scherzo del sole…
Ma ne rimasi incantato, come quando per la prima volta vidi la farfalla.
Il verde, quello che mi circondava anche nella fine, apparve, in un barlume di pazzia e speranza.


La morte era dolce. Mi faceva ricordare  quanto tempo avevo perso ad amarlo…senza ammetterlo. Già, che stupido.
Nemmeno l’orgoglio poteva farci niente. E intanto lo chiamavo..

« Matt…Matt…Matt»



"Meno 16"



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