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Autore: ColferAddict    20/11/2011    3 recensioni
"Finchè non sarò morta, o non avrò sconfitto questa maledizione, nessuno di quelli che amo sarà al sicuro."
Fan-fiction scritta come seguito di Breaking Dawn e ambientata sei anni dopo la fine del romanzo che tutti amiamo e tutti conosciamo. Dal punto di vista di Bella, una storia che descrive la sua nuova vita da madre e moglie, le reazioni alla crescita della figlia e l'evolversi del suo rapporto con Edward.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Inizio col dire che il capitolo che segue lo avete già letto! Sì, perchè ho sbagliato la pubblicazione! Mea culpa!!!

In ogni caso ero convinta di aver già pubblicato il capitolo precedente ma poi la mia amica PanteraNera mi ha fatto notare l'errore! Per questo la ringrazio sentitamente!

In ogni caso, il vero capitolo 11 è stato postato mentre questo che segue è il capitolo 12 che voi avete già letto perchè lo avevo pubblicato per sbaglio! Scusatemi ancora e spero che entrambi vi piacciano! ^^

Buona lettura!!!

Capitolo 12: Silenzi

 

Passarono alcuni giorni nei quali tutto rimase come prima: Edward non concedeva alcuna visita di Jacob, Renesmee non lasciava quasi mai la sua stanza ed io non sapevo da che parte stare. Ovviamente mia figlia non aveva ancora perdonato Edward per la sua azione e ovviamente Edward non aveva ancora perdonato Renesmee per ciò che l’aveva scatenata. L’aria in quei giorni era piuttosto pesante ma speravo ardentemente che sarebbe finito tutto al più presto: che la rabbia di Edward e di Renesmee sbollisse. Come ciliegina sulla torta Renesmee era arrabbiata anche con me perché mi vedeva passiva di fronte al divieto imposto dal padre e non sopportava questa mia apparente mancanza di interesse. In realtà ero molto preoccupata per la sua condizione: non mangiava spesso come avrebbe dovuto e usciva raramente dalla sua stanza, restando in silenzio per ore, attendendo la telefonata di Jacob che sembrava sempre troppo distante da quella precedente. Era passata una settimana e forse quello era stato il periodo di separazione più lungo al quale erano stati sottoposti mia figlia ed il suo lupo e, aggiungendo che ora erano entrambi pienamente consapevoli dell’amore che li legava, tutto ciò era insostenibile. Diciamo che il ritorno dalla mia vacanza non era stato dei migliori e sapevo che il clima respirato all’Isola Esme era solo un ricordo per il momento. Alice e Rosalie venivano a farci visita molto più spesso, quasi si alternavano e anche in quel giorno erano presenti quando qualcuno decise di farsi coraggio.

Io e le mie sorelle acquisite eravamo in cucina, intente nel chiacchierare del più e del meno, facendo spesso riferimento a ciò che stava passando Renesmee. Non voleva nemmeno vedere Rosalie, la sua zia preferita. All’improvviso però lei uscì di scatto dalla sua stanza, avviandosi in salotto, dove si trovava Edward. Mi alzai e la seguii, lasciando Rosalie ed Alice immerse in una discussione sul modo di comportarsi del “cane”. Qualcuno bussò alla porta, titubante ma insistente. Tentai di riconoscere l’odore e purtroppo la mia previsione era giusta: Jacob. Edward si alzò dal divano immediatamente e, prima che Renesmee potesse anche solo accennare un movimento, aprì la porta.

«Che ci fai tu qui?» sibilò mio marito, già in preda alla rabbia.

«Andiamo, Edward. È passata una settimana, la punizione è durata abbastanza» disse Jake, ironico. Fece per entrare ma lui non glielo permise, bloccandolo.

«Non mi sembra che qualcuno ti abbia invitato ad entrare» gli ricordò, minaccioso.

«Credo che quella regola valga solo per i vampiri» scherzò Jacob. Renesmee era lì vicino, forse fin troppo consapevole della distanza alla quale si trovava Jake.

«Vattene. Adesso» ordinò mio marito, serio come non mai. Mi avvicinai a lui, conscia che se fosse continuata così, la situazione sarebbe degenerata.

«Jake, vai...» sussurrai.

«Ma, Bella...» tentò di protestare. Il mio cuore di pietra sussultò quasi di fronte alla consapevolezza del dolore che stavo arrecando al mio migliore amico, ma soprattutto a mia figlia.

«Vai» lo implorai quasi. Mi guardò sorpreso, poi furioso. Si sentiva tradito anche da me, forse sua unica alleata in questa battaglia per avere ciò che gli spettava di diritto ma che non poteva ancora assaporare a pieno.

«Da te non me lo sarei mai aspettato» sentenziò Jake poco prima di uscire di scena, turbato e freddo come non mai. Quell’episodio ebbe soltanto tre conseguenze: la rabbia di Edward aumentò a causa della sfacciataggine di Jake nel presentarsi come se nulla fosse successo; la depressione di Renesmee si accrebbe a causa dello stato morale di Jacob e, infine, la mia confusione e la mia stanchezza si protrassero fino all’inverosimile. A volte la tensione era tale nella nostra casetta tanto che l’aria poteva essere tagliata con un coltello. Desideravo parlare con Renesmee, con Edward ma subito ci ripensavo, dicendomi che era tutto inutile e che nulla sarebbe cambiato. Me ne resi conto soprattutto una sera, a casa Cullen. Ovviamente Renesmee doveva proseguire le sue lezioni con Esme o con Carlisle, in vista dell’inizio del suo primo-ultimo anno di liceo e solo per questo ci aveva degnati della sua presenza. Tutto ciò era avvenuto dopo la visita di Jake e mia figlia era più irascibile del solito. Si trovava nello studio di Carlisle con lui che le stava facendo una lezione molto approfondita sulla meiosi. Io ed Edward eravamo in cucina, chiacchierando con Esme e Emmett, gli altri erano tutti a caccia. L’argomento della discussione era piuttosto ricorrente in quel periodo perché gli omicidi non erano terminati.

«Spero solo che non si ripeta ciò che è successo con Victoria» dissi, stringendomi a mio marito.

«Non succederà, cara. Questi vampiri sono molto più esperti ma non credo che vogliano farci del male...» mi tranquillizzò Esme.

«E anche se volessero, non c’è problema! Li annienteremo senza problema! Non hanno idea di chi hanno contro!» aggiunse Emmett, desideroso di una botta di vita come sempre. Sorrisi all’idea che questa volta almeno non mi sarei sentita inutile ma sarebbe toccato a Renesmee stare in disparte e perdersi il “divertimento”. All’improvviso però Edward si staccò da me e baciandomi la fronte mi rassicurò dicendo che sarebbe tornato subito. Lo sentii dirigersi verso lo studio del padre ed entrare. Carlisle stava spiegando il crossing over quando Edward lo interruppe rivolgendosi a Renesmee.

«Cos’è una triade?» chiese, attirando l’attenzione di mia figlia.

«Ehm, cosa?» ribatté Renesmee, come ridestata da un sogno ad occhi aperti. Quando realizzò cosa aveva fatto il padre, ponendole una domanda scientifica a tradimento, esclamò: «Sto studiando con Carlisle, non con te!».

«Cerca di prestare più attenzione e di pensare meno al cane» rispose Edward con apparente pazienza nel tono della voce.

«Non osare chiamarlo “cane”!» lo difese subito Renesmee.

«Calma!» esclamò Carlisle, per placare gli animi. «Torniamo alla lezione. Nessie se qualcosa non ti è chiaro, dimmelo» aggiunse, ignorando la poca attenzione di mia figlia. Avendo ascoltato l’intera conversazione, sospirai rassegnata di fronte all’evidenza che la situazione sembrava più grave del previsto.

«Tesoro, cosa c’è?» chiese Esme, premurosa.

«Nulla, Esme. Sono solo preoccupata».

«Lascia che ti dica una cosa: quando Edward se ne andò di casa, rimasi così male che credevo non l’avrei superato tanto in fretta, ma, con l’aiuto di Carlisle, tentai e ci riuscii, in parte. Poi mi rassegnai al fatto che non sarebbe mai tornato, anche se dentro di me sapevo che si sarebbe rifatto vivo, se mi concedi l’espressione, e lui si ripresentò a casa».

«E’ sempre stato il ribelle della famiglia» precisò Emmett, ridendo. Sorrisi a quella battuta, cercando di immaginare a quale dolore era stata sottoposta quella povera donna.

«Fu una gioia enorme tanto che per giorni non feci che parlare con lui di tutto ciò che aveva fatto e rassicurandolo perché si sentiva come un mostro, ciò che non è mai stato» terminò.

«Ti capisco... ma il mio caso è diverso...».

«Invece è la stessa cosa! Renesmee ha solo bisogno di tempo e di comprensione. Si riprenderà anche lei».

«La piccola è tosta, deve aver preso dalla madre» disse Emmett.

«Grazie, Emm» dissi. Entrambi sorrisero mentre Edward assisteva in silenzio alla lezione di Carlisle, rendendo Renesmee irrequieta. Chissà se quella situazione si sarebbe mai risolta... Ma di una cosa ero certa: non avrei mai smesso di sperarci come Esme.

I giorni passavano ancora e un’altra settimana trascorse come se nulla fosse. Questo per me. Renesmee diventava sempre più taciturna e sempre più insofferente di fronte al tempo che, senza Jacob, sembrava non trascorrere mai. Desideravo tanto sapere come stava Jake, chiedergli scusa, ma non avevo il coraggio di farlo presente ad Edward, temendo che potesse sfociare in un’altra litigata. Così un pomeriggio decisi di prendere la macchina e di uscire, senza dire nulla. La Volvo sfrecciava per le strade grigie, provocando un ronzio piacevole. Ero felice di essere evasa, anche se per poco, dall’alone negativo che sembrava aleggiare nella mia casetta in quell’ultimo periodo. Non sapevo che dove stavo andando la situazione non era migliore. Giunta a La Push, mi diressi subito verso la casetta di Jacob. Non lo vedevo da quando aveva tentato di far ragionare Edward e sinceramente mi mancava anche un po'. Parcheggiai davanti alla porta di casa e raggiunsi subito la porticina in legno. Bussai con calma, aspettando che Billy venisse ad aprirmi.

«Bella!» mi salutò subito con entusiasmo.

«Ciao, Billy. Come stai?».

«Bene, grazie e voi come state?». Il plurale era diretto a tutti i miei familiari ne ero certa, anche se una in particolare.

«Tutti in forma» risposi, sorvolando sullo stato morale della mia famiglia. «C’è Jacob?».

«E’ in camera sua» sospirò. Si vedeva che Billy non sapeva come affrontare la depressione di Jake, sembrava così stanco e spossato.

«Grazie» dissi e mi diressi in camera sua. Bussai alla porta con calma, aspettando che mi dicesse di entrare ma quando non udii risposta aprii lentamente la porta, sbirciando prima di entrare.

«Jake…» dissi, esitante. Era disteso sul letto con il volto rivolto verso il muro e si girò solo per guardarmi per un secondo.

«Che ci fai qui?» domandò con voce monocorde anche se un po’ infastidita.

«Volevo sapere come stavi» sussurrai.

«Come ti sembra che stia?». Domanda retorica.

«Jake, mi dispiace» sussurrai, avvicinandomi al suo letto.

«Non so che farmene del tuo dispiacere» disse, duro. Posai una mano sulla sua spalla a mo’ di conforto ma lui si ritrasse subito dicendo: «Non mi toccare, Bella». Sentivo quasi gli occhi gonfi delle lacrime che non potevo più versare.

«Sei crudele, io non ho fatto nulla…». Non riuscivo a capacitarmi che Jacob mi stesse trattando in quel modo ma non mi sentivo arrabbiata, piuttosto ferita e forse era perché mi sentivo colpevole di ciò che mi stava accusando.

«Sarei io il crudele?! Non vedo Renesmee da due settimane!» esclamò in preda allo sconforto. Si girò con il viso verso il cuscino probabilmente per celarmi la sua espressione.

«Non è colpa mia… Edward ha deciso così e io non posso farci nulla…». Alle mie parole si mise subito a sedere, vinto, suo malgrado, dalla rabbia.

«Bella, tu hai la capacità di addolcire ogni decisione di tuo marito…» mormorò. «Io giuro che non la bacerò, non la toccherò nemmeno se Edward preferisce ma, ti prego, fai in modo che io possa vederla!». Per pronunciare delle parole del genere doveva essere veramente disperato. La sua espressione era un misto tra il dolore e frustrazione che comunque mi faceva pena. Pensai a come sarei stata io se Charlie mi avesse impedito di vedere Edward per due settimane e quasi rabbrividii. 

Dato che non riuscivo a rispondere, Jacob disse di nuovo: «Ti prego…». Non volevo acconsentire solo per farlo contento perché non avrei sopportato la reazione di Edward altrimenti. Ma ripensare all’espressione che mia figlia aveva ormai da due settimane, mi fece annuire, seppur senza accorgermene. Jake sorrise, senza entusiasmo però. Forse anche lui temeva un mio insuccesso.

«Jake, che ne dici di uscire un po’ sulla spiaggia, come ai vecchi tempi?» chiesi, poi per alleggerire la situazione.

«Okay…» acconsentì esitante. Camminammo un po' verso il mare, ancora non pioveva ma sentivo, guardando il cielo, che mancava poco che cominciasse. Jacob era stranamente silenzioso e teneva la testa bassa, calciando un ciottolo di tanto in tanto. Volevo che parlasse, che mi dimostrasse di essere sempre lo stesso ragazzo spensierato che avevo conosciuto tanti anni prima, quello che mi faceva tornare sempre il sorriso.

«Sai, Jake...» cominciai. «Renesmee non mi ha voluto raccontare cosa è successo durante la settimana che non ci siamo stati...». Il suo sguardo si fece più curioso, distratto dalle sue fantasie. «Mi chiedevo se non volessi parlarmene un po' tu...».

«Bella... non so se sia il caso...».

«Oh, andiamo! Non stai parlando con la madre della tua ragazza, ma con la tua migliore amica!».

«Non lo so...».

«Jake, prometto di essere comprensiva e di non dirlo a nessuno, okay?». Ci pensò un po' su, guardandomi negli occhi per accertarsi che fossi sincera e, quando fu del tutto sicuro, disse: «Va bene...». Sembrava più incerto forse perché non si sentiva a proprio agio nel parlare con me della sua intimità con Renesmee ma avevo promesso di essere comprensiva e non avrei commentato a meno che non me lo avesse chiesto.

«Se è questo che vuoi sapere ci siamo baciati il terzo giorno della vostra assenza ed è stato... stupendo... non so nemmeno come descriverlo... attendevo questo momento da quando Nessie è diventata abbastanza matura fisicamente da permettermi tali fantasie. Finalmente si è resa conto di amarmi e ti giuro, Bella, è stato il momento più bello della mia vita». Lo ascoltavo con tranquillità mentre si sforzava di trovare le parole che gli mancavano o gli aggettivi adatti e, se non lo avessi conosciuto, lo avrei scambiato per un adolescente innamorato pazzo che si confida con la sua migliore amica. Era molto tenero da parte sua ma con quel tocco di maturità che conferiva obiettività alle sue parole. «La amo con tutto me stesso e quando mi sono reso conto che lei sapeva di ricambiarmi in tutto e per tutto sapevo che nulla poteva dividerci... fino a quando siete tornati...».

«Mi dispiace, Jake» sussurrai.

«Non fa niente, sai. Mi aspettavo che Edward si arrabbiasse ma di certo non che mi proibisse di vederla... questa è pura cattiveria» lo accusò.

«Edward non è cattivo. È solo protettivo e a volte un po' geloso ma non credere che faccia questo solo perché non gli stai simpatico o cosa, lo avrebbe fatto con tutti». Sentii il bisogno di difendere Edward perché capivo come si sentiva e non era giusto che passasse come cattivo, cosa che non era mai stato.

«Ma è questo il punto! Io non sono tutti! Dovrebbe sapere che non farei mai soffrire Renesmee e che la amo come nessun altro».

«Dubito che ti avrebbe anche solo fatto avvicinare a lei dal primo momento se non lo avesse saputo».

«E allora perché tutta questa riluttanza ad accettare la nostra storia?».

«Non so cosa dirti, Jake...» mormorai, desiderosa di cambiare argomento. «Magari è solo troppo presto». Non rispose ma si limitò ad andare verso un tronco disteso sulla spiaggia per sedersi.

«Ricordi quando ci sedevamo qui e parlavamo per ore?» chiese, guardandomi.

«Si, all’epoca eravamo spensierati eppure ci credevamo pieni di problemi» dissi, sorridendo.

«Magari tu eri spensierata ma io dovevo convincere una ragazza che lei mi amava anche se non ne era consapevole, o forse fingeva di non esserlo» precisò, sfoderando un sorriso beffardo.

«Dubiti della mia buona fede umana?» risposi, ridendo.

«Dovevi essere davvero cieca per non accorgertene! Persino il succhiasangue se ne era reso conto!».

«Credevo che avessimo abolito questi nomignoli stupidi» lo ripresi.

«Loro continuano a chiamarmi “cane” o “bastardo”».

«Io ed Edward non lo abbiamo mai fatto».

«Si, invece» controbatté. «Edward continua a farlo di tanto in tanto ma tu lo hai fatto l’ultima volta quando ti ho baciata di fronte a casa mia».

«Ero fuori di me, non me ne sono nemmeno resa conto!».

«Bella scusa!». Cominciò a ridere ed io mi unii a lui, sedendomi sul tronco. Cominciammo a ricordare i vecchi tempi, ridendo delle situazioni imbarazzanti e rimpiangendo i momenti più spensierati. Poi, però, all’improvviso, iniziò a piovere a dirotto. Non mi ero accorta che ci fossimo allontanati tanto ma, visto che la spiaggia non era del tutto priva di gente che cercava di ripararsi, dovemmo correre a velocità umana lungo quasi tutta la banchina. Giunti a casa di Jake, ci rifugiammo nel garage improvvisato che ricordavo dai miei appannati occhi umani, ridendo come pazzi. Quando la smettemmo, consapevoli di essere bagnati fradici, dissi: «Forse è ora che io vada, che ore saranno?». Jacob prese il telefonino che gli aveva regalato Renesmee a Natale dalla tasca e guardò l’orario.

«Le sei» rispose, indifferente. No! Ero rimasta fuori per più di tre ore!

«Oddio! Forse è meglio che vada» mi affrettai a dire.

«Aspetta, Bells. Parlerai con Edward?» domandò, appena feci il gesto di prendere la macchina poco distante dal nostro rifugio improvvisato.

«Te lo prometto».

«Okay... ah, e... grazie».

«Per cosa?».

«Perché mi hai fatto trascorrere un bel pomeriggio immerso nei ricordi» mormorò. Tornai verso di lui e gli diedi un piccolo bacio amichevole sulla guancia. Sorrise e poi prese un asciugamano per asciugarsi un po'. Io mi infilai in macchina più in fretta che potevo e, accendendo la radio, tornai a casa il più in fretta possibile. Anche se la Volvo non era la mia Ferrari, raggiunsi la nostra casetta in poco meno di venti minuti. Durante il tragitto, però sentii una vibrazione dal sedile posteriore e mi resi conto di aver lasciato la borsa con il telefono in macchina. Mi allungai tenendo il volante fino a prenderla e ad estrarne il cellulare. Cinque chiamate perse. Tre di Edward, una di Alice e una di Charlie. Richiamai subito Edward, conscia che fosse stato il più insistente.

«Bella, dove sei?» chiese appena ebbe risposto.

«Sto tornando a casa. Non mi sono resa conto dell’orario» mi giustificai.

«Perché non rispondevi? Mi hai fatto preoccupare».

«Ho lasciato il telefono in macchina. È tutto apposto».

«Okay. Ci vediamo tra poco».

«Ti amo».

«Si, anch’io». Così chiudemmo la conversazione. Non avevo molta voglia di richiamare Charlie, sicuramente voleva che andassimo a trovarlo e in quel momento non mi veniva in mente nessuna buona scusa per liquidare la sua offerta. Per non parlare di Alice che erano settimane che non aveva altro argomento se non il nuovo guardaroba di mia figlia e quello che stava preparando per Jacob che, a parer suo, ne aveva vero bisogno. Non sarei davvero voluta essere nei loro panni. Letteralmente. Quando parcheggiai la Volvo, Edward mi fu subito vicino, pronto ad aprirmi lo sportello della macchina. Scesi, inzuppata com’ero, e lo salutai con un veloce bacio sulle labbra.

«Dove sei stata?» chiese, squadrando il mio aspetto.

«Ehm... da Jacob...» sussurrai, seppur con determinazione. Si girò per celarmi la sua espressione ma non rispose. Evidentemente non gli importava dello stato del mio migliore amico.

«Edward, ascoltami» lo implorai. Volevo subito togliermi il pensiero. «Jacob e Renesmee hanno bisogno l’uno dell’altra. Sai come sta Renesmee e Jacob non è da meno, credimi se non peggio. Io gli voglio bene e non posso vederlo così per non parlare poi di Renesmee. Quasi non mi rivolge più la parola e non lo sopporto più...». Mi stavo sfogando ma Edward rimaneva impassibile di fronte a me. Fortunatamente aveva smesso di piovere ma volevo comunque tornare a casa, avvertivo la presenza di Renesmee e volevo parlarle. All’improvviso mi interruppe, posandomi due dita sulle labbra.

«Cosa dovrei fare? Rimangiarmi tutto e chiedere scusa per qualcosa che hanno fatto loro? Sapevano entrambi come avrei reagito ma ciò non li ha frenati da fare qualcosa di tanto stupido».

«Stai dicendo che il primo bacio di nostra figlia è una cosa stupida?».

«Sto dicendo che non lo sarebbe stato se fosse avvenuto con maggiore cognizione di causa».

«Sono stanca di discutere sempre di questo argomento».

«Anch’io» controbatté guardandomi negli occhi.

«Perfetto».

«Non è che la prendi così sul personale solo perché Jacob ti ha chiesto di parlarmene? Renesmee non lo avrebbe mai fatto ne sono certo» mi accusò. A quel punto sentii montare la rabbia.

«E se anche fosse? Mi sta a cuore lo stato d’animo del mio migliore amico e soprattutto di mia figlia! Dovrebbe stare a cuore anche a te ma forse non te ne importa nulla ne dell’uno ne tanto meno dell’altra!» urlai, fuori di me, camminando verso l’ingresso di casa tenendo comunque lo sguardo su mio marito. Mi accorsi di averla detta grossa solo nel momento in cui lui sgranò gli occhi e poi abbassò la testa, sopraffatto dalla mia veemenza. Appena mi resi conto di ciò che avevo fatto mi riavvicinai subito a lui.

«Scusami, scusami. Davvero non volevo. Non pensavo ciò che ho detto, davvero. Mi dispiace» implorai, alzandogli il viso alla mia altezza. «Sono stata impulsiva. Perdonami, ti prego». Azzardò un mezzo sorriso come per tranquillizzarmi ma sapevo che non era autentico. «Edward, davvero, mi dispiace...».

«Bella, non devi mai temere di dirmi ciò che pensi...» mormorò, fissando i miei occhi ormai ambrati.

«Ma non lo penso davvero! Non l’ho mai pensato. Come potrei?» lo rassicurai.

«Va bene, ti credo. Ora, però, sarà meglio rientrare» sussurrò, passandomi una mano sulla guancia, delicatamente. Mi strinse un braccio intorno alla vita e rientrammo in casa. Non riuscivo ancora a capacitarmi di aver detto cose simili ad Edward, accusandolo di essere indifferente al dolore della figlia. Mi vergognavo di me stessa.

«Preparo la cena per Renesmee...» disse lui, prima di lasciarmi sola nel salotto.

«Okay» mormorai in un soffio. Mi diressi verso il bagno e mi feci una doccia, cosa che non facevo da anni forse. Lo trovai molto rilassante come ricordavo e lavai i capelli con un shampoo che profumava di fragole, il mio preferito. Sentivo Edward all’opera vicino ai fornelli e Renesmee che parlava al cellulare, probabilmente con Jacob. Almeno su quello Edward non aveva posto divieti. Sapevo di aver sbagliato dicendogli quelle cose ma sapevo anche che era stato irremovibile nonostante tutti i miei sforzi. Ma questo incubo poteva mai volgere al termine? Non sopportavo più la tensione che si era innescata tra Edward e Renesmee e soprattutto non riuscivo più a sostenere la depressione di mia figlia. Non usciva di casa nemmeno per andare a casa Cullen e inoltre non riusciva a confidarsi con me perché mi riteneva responsabile del fatto che non potesse vedere Jacob. Quando ebbi finito, indossai un pantalone della tuta nero con una maglietta rossa sopra, un abbigliamento che Alice non avrebbe di certo approvato. Andai in cucina dove Edward aveva quasi finito di preparare la cena e mi accomodai sul bancone. Lui mi sorrise, vedendomi vestita come una volta e poi mi chiese di chiamare Renesmee perché la cena era in tavola. Ubbidii subito, andando verso la stanza di mia figlia.

«Renesmee, la cena è pronta» la chiamai.

«Non ho fame» rispose. Tentai di aprire la porta ma era chiusa a chiave e avrei dovuto fare forza per entrare se ciò non avesse fatto arrabbiare Renesmee ancora di più.

«Dai, amore... dovrai uscire dalla tua stanza prima o un poi...».

«Ora non ne ho voglia». Mi arresi quasi subito perché non era la prima volta che rispondeva così ad una mia richiesta. Tornai in cucina dove Edward aveva apparecchiato inutilmente per l’ennesima volta.

«Non ha fame, neanche stasera».

«Le passerà» disse come per tranquillizzarmi. Non mi sentii di controbattere perché altrimenti avremmo continuato a litigare e sinceramente non ne avevo voglia. Se avessimo continuato così, prima o un poi sarei impazzita. Dopo un po' Edward andò a caccia con Jasper, giusto per cambiare un po' aria e mi lasciò a casa da sola con una figlia che non voleva assolutamente parlare con me. Allora decisi di accendere la televisione e distrarmi un po' ma quando notai che non riuscivo a seguire nemmeno un programma ma che tendevo sempre a divagare con la mente decisi di spostarmi nel nostro giardinetto segreto: era sempre stato un luogo pacifico e tranquillo e con l’aiuto di un buon libro sarei riuscita a pensare ad altro. “Orgoglio e Pregiudizio” era uno dei miei libri preferiti che riusciva sempre a rilassarmi. Iniziando a leggere le prime pagine però non potei fare a meno di fare il confronto con la famiglia Bennett. Loro non avevano altro obbiettivo nella vita se non quello di maritare le cinque figlie mentre nella mia famiglia per uno bacio prevedibile era successo il finimondo. Chiusi il libro e cominciai a concentrarmi anche sulle cose più stupide: tutto pur di non pensare. Le rose in fiore, i cespugli rampicanti rigogliosi, il piccolo stagnetto brillante alla luce della luna. La temperatura era quasi tiepida ma ciò non concedeva un attimo di pace dai nuvoloni addensati senza sosta nel cielo della foresta di Forks. Mi alzai di scatto e passai in rassegna a tutto quello che potevo fare: avrei potuto fare un po' di pulizia, giusto per tenermi impegnata, non che la casa ne avesse bisogno. Ma prima avrei fatto un ultimo tentativo per convincere Renesmee a mangiare qualcosa. Mi avviai verso la sua stanza, pensando a cosa dirle ma quando bussai e non ricevetti risposta in alcun modo, feci più forza sulla porta che si spalancò al mio primo sforzo. Vuota. La stanza era vuota. La finestra era aperta. Non potevo crederci! Renesmee aveva approfittato dell’assenza del padre e della mia distrazione per sgattaiolare via. Era ovvio dove fosse diretta: a La Push, per incontrare Jacob, che probabilmente non sapeva nulla. Mi precipitai nel piccolo angolo di foresta dove tenevamo le quattro auto e notai che aveva preso la sua Audi per andare. Edward sarebbe stato furioso. Non potevo andare a cercare Renesmee perché lui sarebbe tornato da un momento all’altro ma, d’altronde, temevo di rimanere a casa perché Renesmee era da sola, di notte, per le strade deserte con una macchina che a mala pena sapeva guidare. Proprio mentre stavo formulando quel pensiero lo scatto della porta d’ingresso mi fece sobbalzare. Inconsapevolmente ero tornata nella stanza di Renesmee e così ne uscii subito, chiudendomi la porta alle spalle, come se quello potesse aiutarmi. Edward avrebbe percepito subito l’assenza della figlia. Gli andai incontro, timorosa ma decisa a non dargliela vinta. Renesmee aveva agito così per un unico motivo: aveva bisogno del suo lupo, non riusciva a vivere senza ed Edward non poteva impedirle di vederlo.

«Amore, dov’è Renesmee?» chiese subito appena mi vide entrare nel piccolo salottino.

«E’ andata da Alice, voleva farle vedere qualche nuovo abito per la scuola...». Una piccola bugia non avrebbe fatto male a nessuno. Ovviamente tranne che a me. Odiavo mentire, soprattutto perché non sapevo farlo. Edward alzò le spalle, probabilmente contento che Renesmee si stesse svagando un po’.

«Quindi abbiamo la casa tutta per noi?» sussurrò, venendomi incontro e stringendomi tra le sue braccia. Il senso di colpa mi inondò. Io gli avevo mentito e lui non vedeva l’ora di passare la notte con me, ignaro del vero luogo dove si trovava nostra figlia. Sorrisi, quasi meccanicamente ma non riuscii a ricambiare il suo sguardo. Lasciai che mi conducesse in camera da letto ma, quando cominciò a baciarmi, lo allontanai da me.

«Aspetta, Edward. Devo dirti una cosa…» ma non riuscii a finire. Il suo palmare squillò all’improvviso, vibrando nella tasca dei suoi jeans. Mi fissò interrogativo ma poi spostò lo sguardo sullo schermo del cellulare.

«Alice?» sussurrò, notando il mittente. Sospirai mentre portava il telefono all’orecchio. Mi allontanai da lui, portandomi una mano nei capelli, nervosa che Alice potesse smascherarmi.

«Ciao, Ed! Puoi passarmi Nessie?». Ecco fatto.

«Credevo fosse con te». “Grazie tante, sorellina” pensai tra me e me.

«Okay, possiamo anche smettere» sussurrai, avvicinandomi ad Edward e prendendo l’i-phone.

«Bella, che sta succedendo?» chiese Edward, iniziando ad alterarsi, forse temeva di conoscere già la risposta.

«Ciao, Alice» la salutai prima di chiudere la telefonata e senza attendere risposta.

«Mentre tu eri a caccia, Renesmee è scappata, prendendo la sua macchina. Non me ne sono nemmeno accorta fino a quando non sono venuta a chiamarla per chiederle se aveva fame…» cercavo di spiegare in qualche modo ma sembrava come se Edward non mi ascoltasse.

«Perché non me lo hai detto subito?» domandò, dopo qualche minuto di silenzio.

«Temevo che tu andassi subito a cercarla e non voglio che sia così. Penso di sapere dove si trova e comunque credo che sia meglio se le diamo un po’ di fiducia…».

«So per certo dove si trova e ciò mi fa infuriare, dovresti saperlo» disse, trattenendo a stento la voce per la rabbia. Non riuscii a rispondere fin troppo consapevole di ciò che avevo fatto e lui si allontanò dalla nostra stanza. Appena me ne resi conto non potei evitare di seguirlo.

«Dove vai ora?» urlai, correndo per raggiungerlo. Era diretto alla sua macchina, ne ero sicura.

«A prendere Renesmee» rispose, mettendo in moto la sua Austin Martin, la più veloce delle sue auto.

«Non puoi! Edward!» gridai invano. Non mi diede ascolto nemmeno per un secondo ma non ci pensai due volte: presi la mia Ferrari e lo seguii. Sicuramente Jacob si sarebbe arrabbiato ed Edward era abbastanza furioso da far finire la faccenda in uno scontro come era successo poco tempo prima. Non potevo permetterlo. Presi il mio cellulare e composi il numero di Jacob perché ovviamente Renesmee aveva lasciato il cellulare a casa.

«Pronto, Bella? Senti, prima che tu possa dire qualsiasi cosa...».

«Jacob, sta’ zitto. Edward sta venendo lì ed è furioso. Non sono riuscita a coprire la fuga di Renesmee e dille che di questo faremo i conti più tardi...».

«Dici sul serio?».

«No, per finta! Jacob, sto arrivando. Non vi muovete da dove siete».

«Okay, ciao».

«Ciao». Continuai a sfrecciare sulle strade deserte con Edward che correva davanti a me. Provai anche a chiamarlo ma aveva lasciato il cellulare a casa, troppo preso dallo shock per ricordarselo. Giungemmo in men che non si dica a La Push, parcheggiando le due auto vicino casa di Billy. Edward puntò subito alla porta, bussando con tale forza da buttarla quasi giù. Probabilmente fece venire un infarto a Billy che venne ad aprire.

«Dov’è Jacob?» ringhiò.

«Ciao, Edward... ehm... Jacob non c’è... se vuoi puoi...» sussurrò Billy, timoroso.

«Grazie» lo interruppe, mirando alla spiaggia. Subito mi accostai al padre del mio migliore amico che sembrava spaventato.

«Scusalo Billy. È solo preoccupato per Renesmee».

«Cos’ha fatto Jake?».

«Non permetterò che gli faccia del male, non temere» lo tranquillizzai. Sembrò acquietarsi un po' e così ripresi a seguire mio marito che ormai aveva già trovato ciò che cercava.

«Come hai osato disubbidirmi?!» urlò, probabilmente rivolto a Renesmee.

«Papà, calmati...» sussurrò lei, probabilmente timorosa come me che potesse finire come la prima volta. Arrivai giusto in tempo per sentire dal vivo Jacob che difendeva mia figlia, riparata dietro di lui.

«Edward, non ti permetterò di farle del male, non davanti a me!» sibilò Jacob, rabbioso.

«Jacob, te l’ho detto. Non ripeto mai lo stesso errore due volte» ringhiò mio marito.

«Non mi sembra!».

«Lei è mia» sibilò Edward. Il tono di voce uguale a quando Jacob mi aveva baciata per la prima volta e lui lo avevo affrontato fuori casa di Charlie.

«Lei è mia!» ribatté Jacob, iniziando anche lui ad urlare.

«Io non sono proprio di nessuno!» urlò Renesmee, scostandosi dal suo ragazzo. Assistevo a quella scena impotente ma non riuscivo più a sopportarlo. Alice aveva ragione: stava a me risolvere tutto.

«Renesmee, vieni subito a casa» ordinò Edward.

«No!».

«Lei fa ciò che vuole!».

«Lei fa ciò che dico io!».

«Ora basta!» urlai, con una tale forza da farmi quasi tremare. «Renesmee può rimanere ma fino a mezzanotte. Non un minuto di più» decretai. «Edward, noi andiamo a casa» ordinai. Tutti mi fissarono sbalorditi ma io non vedevo più nulla, accecata com’ero dalla stanchezza di quella situazione.

«Grazie, mamma» sussurrò Renesmee, abbracciandomi. Strinsi forte a me la mia bambina, mi mancavano tanto quei momenti con la mia piccola brontolona.

«Non fare tardi» mormorai tra i suoi capelli.

«Te lo prometto».

«Grazie, Bells» disse Jacob e strinse la mano di Renesmee prima di portarla in casa. Edward era rimasto scioccato, tanto da non opporsi e da non ribattere nulla al mio ordine. Salimmo semplicemente nelle rispettive macchine, senza dire una parola mentre lo precedevo nella strada verso casa. Giungemmo subito nella foresta e subito raggiungemmo la nostra dimora, di fronte alla quale notai una Porche gialla: Alice. Uscii dalla mia auto, con sguardo affranto, sapendo cosa mi attendeva e entrai, con aria annoiata.

«Ehy, Bella! Mi avete fatto preoccupare prima, poi vengo qui e trovo la casa vuota...». L’entrata furiosa di Edward la interruppe.

«Perché lo hai fatto?!» urlò contro di me, questa volta. L’espressione di Alice mutò considerevolmente. Forse non aveva mai visto Edward così, o almeno mai nei miei confronti.

«Sono stanca, Edward! Stanca! Non posso più sopportare né la tua rabbia, né quella di Jacob, né tantomeno la depressione di Renesmee!» ribattei. Alice sembrava scioccata, quando notai che aveva preso tra le mani il cellulare per un secondo. Cosa poteva aver fatto con quel coso? Mah, in quel momento avevo problemi più urgenti.

«Ma non puoi venire lì e scavalcare la mia volontà come se nulla fosse!».

«E invece si! Altrimenti quella discussione non sarebbe mai finita!». In quel preciso istante, Jasper varcò la soglia di casa. Subito mi sentii più calma, rilassata, pronta a perdonare qualsiasi cosa.

«Smettila, Jazz! Non è il momento!» urlò Edward, seppur sotto l’effetto del fratello.

«Ed, non avete mai litigato così...» mormorò Alice.

«C’è sempre una prima volta» controbatté. A quel punto mi sentii rigida e spossata, come se avessi bisogno di distendermi e non sapevo se fosse normale per un vampiro. I vampiri non potevano svenire, vero?

«Jazz!» esclamò Alice, come se avesse prevenuto ciò che avevo pensato. Subito sentii delle braccia forti che mi sostenevano, calde e sicure. Jasper mi fece sedere sul divano e mi spostò una ciocca di capelli dal viso.

«Ti senti bene, Bella?» sussurrò, come per calmarmi. E lo fece.

«Si» mimai con le labbra, senza sapere se il suono della mia voce fosse davvero uscito.

«Solo questo riesci ad ottenere con le tue stupide discussioni. Vedi? Renesmee continuerà a scappare, Bella a stare male per te. È questo ciò che vuoi?». Sentivo Alice che cercava di far ragionare Edward ma, alzando lo sguardo, incrociai i suoi occhi fissi su di me. In pochi attimi mi fu accanto, inginocchiato davanti a me, mentre mi accarezzava le mani con gesti frenetici e imploranti.

«Mi dispiace, per tutto. Per quello che ho detto, per quello che ho fatto. Ho sbagliato. Potrai mai perdonarmi?» mi pregò. Sorrisi e Jasper si alzò dal divano per fare spazio ad Edward che lo rimpiazzò subito. Alice e Jasper fecero per andarsene, silenziosi, per lasciarci un po' da soli ma Edward li fermò.

«Alice, Jasper grazie. Di cuore. Vi devo un favore» aggiunse sorridendo.

«Molto più di questo» precisò Alice.

«Ma non temere, torneremo a riscuotere un’altra volta» proseguì Jasper facendo l’occhiolino. Per l’ennesima volta, e non sarebbe stata l’ultima, ringraziai il cielo di avere la famiglia migliore del mondo. Uscirono dalla porta d’ingresso e li sentii mentre tornavano a casa Cullen. Edward nel frattempo si accontentava di accarezzarmi le mani, per calmarmi e rassicurarmi. Quando incrociai il suo sguardo mi alzò il mento alla sua altezza.

«Puoi perdonarmi?» chiese di nuovo, speranzoso. Annuii, incapace di proferir parola davanti a quei due laghi d’oro splendente, incorniciati da ciglia folte e lunghissime. Mi baciò le mani e mi accarezzò i capelli prima di continuare. «Ti prometto che non interferirò più con il rapporto di Jacob e Renesmee. Ormai ho capito che non serve a nulla, non più».

«Finalmente» sospirai. Sorrise, guardandomi negli occhi e in quel preciso istante, Renesmee varcò la soglia di casa, insicura e titubante.

«Sono a casa» mormorò. Guardai l’orologio: erano le undici e quarantacinque. Molto previdente da parte sua. Mi alzai e con me anche Edward. Renesmee che si aspettava una sfuriata tentò di mettersi subito in salvo in camera sua ma Edward la chiamò.

«Tesoro?». L’espressione di mia figlia passò dal timore alla sorpresa più totale. Potevo immaginare i suoi pensieri: “Da dove usciva quel tesoro?”. «Possiamo parlare un secondo?».

«Certo». Attese che si sedesse in salotto sul divano, dove io presi posto al suo fianco mentre Edward si sedette sul tavolino di fronte a mia figlia.

«Vedi, tua madre e i tuoi zii mi hanno fatto capire che stai soffrendo molto per il mio comportamento e, anche se ci ero già arrivato da solo, credevo che tutto questo ti facesse bene, che ti facesse capire che le azioni eccessive che avevi compiuto non erano accettabili. Ma stanotte ho compreso che tentare di dividere te e Jacob sarebbe come tentare di dividere me e tua madre: nemmeno la morte può riuscirci» spiegò con tutta calma. «Ti voglio bene e non voglio più vederti soffrire per causa mia, voglio essere un padre comprensivo, diverso da quello che sono stato fin’ora. Non ti prometto nulla ma giuro che ci proverò, okay?» finì. Renesmee aveva gli occhi spalancati dallo stupore mentre io la guardavo pazientemente per osservare la sua reazione alle parole del padre.

«Grazie» disse semplicemente. Baciò Edward sulla guancia e si diresse in camera sua, dove la sentii cambiarsi e andare a letto. Mio marito mi guardò, sperando nella mia approvazione.

«Dalle tempo... Forse deve ancora realizzare quanto le hai concesso» lo rassicurai.

«Forse» concordò, sorridendo.

«E’ finalmente finita? Me lo prometti?».

«Assolutamente».

«Ora ti riconosco» dissi e gli buttai le braccia al collo, baciandolo delicatamente. Edward era tornato e non il padre iperprotettivo e perennemente arrabbiato che avevo conosciuto in quelle due settimane, ma il mio Edward, l’uomo dolce, paziente e sensibile che amavo dal primo giorno che lo avevo conosciuto.

NDA: Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi con questa storia!!! Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni!!! =)

Un bacio e al prossimo aggiornamento!

Federica

   
 
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