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Autore: Lhea    23/11/2011    4 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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EPILOGO

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

 

 

Somebody is gonna miss you
Farewell
Somebody is gonna wish that you were here
That somebody is me


I will write to tell you what’s going in
But you won’t miss nothing but the same old song
If you don’t mind catching up
I’ll spend the day telling you stories about a land far away*

 

[ FarewellRihanna ]



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Los Angeles – Due mesi dopo

 

Irina varcò la soglia del cimitero di Los Angeles con un po’ di apprensione addosso, il mazzo di fiori che teneva in mano a farle quasi da scudo. Guardò il campo santo che si estendeva davanti a lei, prendendo per la prima volta una strada diversa da quella che l’avrebbe condotta alla tomba di sua madre. Non era che era diretta.

 

Mentre camminava sentiva solo i suoi passi sul selciato, il cielo sopra di lei che lasciava cadere le ultime gocce di pioggia, un paio di signori anziani che rassettavano i fiori di una tomba lontana… Non era mai piacevole, venire lì, eppure l’atmosfera di pace che c’era lì riuscì a calmare anche la sua anima in subbuglio.

 

Non ci mise molto a trovare ciò che cercava, anche se il custode del cimitero aveva saputo indicarle solo il campo nel quale poteva guardare. Era l’ultimo, quello in fondo, destinato agli ultimi arrivati.

 

La lapide di William Challagher si stagliava solitaria in un pezzo di terra più grande rispetto a quello degli altri, e sembrava fatta di un pregiato marmo nero dai riflessi argentati. Non c’era nessuna foto, né alcuna frase: solo la data di nascita e la data di morte, e il suo nome scritto con lettere eleganti.

 

Però c’era una donna, a contemplarla. Una donna dal viso sfatto, senza trucco, ma che una volta doveva essere stata molto bella. I capelli biondi le ricadevano flosci sotto un capello pregiato ma ormai vecchio, gli occhi chiari che lampeggiarono verso di lei con espressione triste ma vagamente arrabbiata.

 

La riconobbe subito, anche se non l’aveva mai vista.

 

Era la madre di William.

 

Irina non era mai stata lì, non era mai venuta a vedere la tomba dello Scorpione, nonostante fossero passati due mesi dalla sua morte. Riportare il cadavere dalla Russia aveva richiesto tempo, e quando aveva saputo che ormai era stato seppellito, il senso di colpa che provava nei suoi confronti in qualche modo le aveva fatto mancare il coraggio di andare.

 

La donna la guardò, e molto probabilmente capì che lei era la ragazza che aveva portato suo figlio alla rovina. Tuttavia rimase in silenzio, guardando per alcuni istanti la tomba di William, come se la coincidenza che fossero tutte e due lì la divertisse.

 

<< Nessuno di noi è stato in grado di salvarlo >> disse solo, poi girò sui tacchi e se ne andò, senza mai guardarsi indietro.

 

Solo allora Irina si accorse che la donna non aveva depositato nessun fiore, sulla tomba. La lapide era completamente sgombra, nonostante disponesse di più spazio di tutti gli altri. Nessuno aveva sentito il bisogno di onorare in qualche modo lo Scorpione.

 

Si abbassò, adagiò il mazzo nel vaso vuoto e rimase in ginocchio a guardare la lapide nera, sentendo qualche goccia di pioggia caderle sui capelli. Improvvisamente ebbe freddo.

 

Capiva perché non aveva avuto il coraggio di venire: aveva trovato esattamente ciò che temeva. William era solo, completamente solo anche dopo la morte. Nemmeno sua madre ne sentiva la mancanza.

 

Nonostante tutto, continuava a pensare che non era giusto. Che non era giusto che William fosse morto, che avesse preso quella strada… Avrebbe potuto aiutarlo, non l’avrebbe lasciato da solo…

 

Passò una mano sulla tomba, e la trovò meno fredda di quello che pensava.

 

<< C’erano un sacco di cose che volevo dirti… >> sussurrò.

 

Avrebbe voluto dirgli che non lo odiava, che non le importava più quello che le aveva fatto… Che lo aveva perdonato, perché in fondo aveva capito che William aveva solo bisogno di aiuto… Avrebbe voluto dirgli che forse non lo amava come amava Xander, ma che comunque gli voleva bene… Avrebbe voluto dirgli grazie, perché senza di lui non ci sarebbe stata nessuna Fenice.

 

Sospirò. Continuare a pensare a ciò che avrebbe potuto dirgli non aveva senso, non serviva, e lo sapeva. In quei due mesi aveva cercato di dare un senso alla sua morte, ma non ci era riuscita.

 

Ciò che poteva fare, ora, era ricordarlo per quello che comunque era stato: il migliore pilota clandestino del mondo.

 

<< Sono orgogliosa di aver fatto parte della tua Black List >> disse, fissando il nome di William sulla lapide, << Sono orgogliosa di essere stata una dei tuoi piloti. Sono orgogliosa di ciò che sei stato, nonostante tutto >>.

 

Perché alla fine lo Scorpione sarebbe rimasto nella leggenda. Perché lei aveva capito che anche il male e il bene erano due concetti relativi. E lei sapeva che tra il bianco e il nero esistevano centinaia di sfumature. William era stato una di quelle.

 

Una lacrima le solcò il viso, mentre teneva la mano sul marmo della lapide. Provava ancora dolore, per la sua morte. Forse nessuno l’avrebbe mai capita, ma lei lo aveva amato, e non poteva cancellarlo dal suo cuore così in fretta.

 

Si alzò in piedi, asciugando la lacrima che le aveva rigato la guancia, e trasse un respiro profondo.

 

Almeno aveva deciso lui la sua fine. Aveva dimostrato di essere lo Scorpione fino alla fine. E lei glielo riconosceva. Non ci sarebbe stato più nessuno come lui.

 

Guardò un’ultima volta la lapide.

 

“Non ti dimenticherò, William. Lo Scorpione non cadrà nell’oblio”.

 

Alzò lo sguardo, accorgendosi che le nuvole si stavano aprendo e nel cielo stava sbucando un tiepido sole. Era venuta lì per chiudere la loro storia, e ora che gli aveva davvero detto addio sentiva il cuore più leggero. Riuscì a sorridere, mentre un raggio di luce colpiva la lapide, illuminando di splendidi riflessi il marmo nero.

 

Erano liberi entrambi, ora.

 

<< Arrivederci, Will >>.

 

Sospirò ancora, respirando l’aria pulita dopo la pioggia, e si voltò, percorrendo la strada deserta fino all’uscita del cimitero, una strana sensazione addosso. Era come se improvvisamente tutta la tristezza che si era portata addosso da quando William era morto se ne fosse andata.

 

Raggiunse la Punto parcheggiata vicino al fioraio: era tornata nuova, esattamente come era stata prima di partire per Mosca. La vernice bianca brillava sotto le goccioline d’acqua, un nuovo adesivo della fenice nera campeggiava sulla fiancata, i cerchi in lega che scintillavano nuovi di zecca. C’era solo una piccola differenza, rispetto a prima: vicino al parafango anteriore, sopra la minigonna, c’era un piccolo disegno. Uno scorpione nero.

 

Salì sulla Punto, e mise in moto. Guardò la lancetta del contagiri muoversi nervosa, poi gettò un’ultima occhiata al cielo. Forse poteva fare una corsetta, prima di tornare a casa…

 

Il suo cellulare squillò, e lei lo afferrò.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Autostrada, direzione lungomare. Un paio di auto, te ne occupi tu? >>.

 

La voce di Xander le arrivò dritta nelle orecchie, il tono quasi sarcastico.

 

<< Che genere di auto? >> domandò, sorridendo.

 

<< Due piloti alle prime armi, niente di troppo difficile per te >> rispose Xander, << Preferisci che mandi due volanti? >>.

 

<< Ci penso io. Mi raggiungi? >>.

 

<< D’accordo. Ci vediamo lì >>.

 

Irina affondò il piede sull’acceleratore, facendo fiondare la Punto sulla strada, le gomme che lasciavano due segni neri sull’asfalto… Non si curò di aver superato il semaforo rosso, né di aver scatenato le ire dei “normali” automobilisti… Tutto aveva un altro sapore, quando si era un’agente dell’F.B.I..

 

Prese la sopraelevata che l’avrebbe condotta al lungomare, il sole che si faceva sempre più forte nel cielo. Si mise a sinistra, lasciando che la lancetta del tachimetro salisse sempre di più, superando un camion senza nemmeno guardarsi indietro… Infilò l’uscita, ritrovandosi sul lungomare…

 

Vide un paio di auto truccate correre dirette verso l’autostrada, e le scappò un sorriso. Non sapevano con chi avevano a che fare… Oppure sì, lo sapevano benissimo. Nessuno scappava alla sbirra con l’auto italiana.

 

Alla sua sinistra comparve una Ferrari 458 Italia rossa, il motore che ruggiva aggressivo. Vide Xander farle un cenno oltre il vetro, e lei gli sorrise.

 

Sarebbe stato facile, prendere quei due, chiunque fossero. L’esperienza certo non le mancava. Era per quello che l’F.B.I. l’aveva presa a tempo indeterminato per dare la caccia ai piloti clandestini… E lei aveva accettato, perché a Mosca aveva davvero capito cosa voleva fare nella sua vita.

 

Rimanere metà Fenice e metà Irina. Rimanere una pilota clandestina al servizio della giustizia.

 

Accelerò, lasciando che Xander la seguisse, e imboccò l’autostrada senza mai perdere di vista le due auto truccate che correvano a trecento metri di distanza. Le vide aumentare la velocità, perché li avevano visti…

 

“Adesso vi prendo, pivellini”.

 

Affondò il piede sull’acceleratore, poi qualcosa baluginò nell’angolo del suo specchietto, e non era l’auto di Xander.

 

Lontana, appena distinguibile, Irina vide un’Audi grigio carbonio. Una R8 che avrebbe distinto tra mille.

 

Il tempo di un secondo, e l’auto era sparita. Irina tornò a guardare davanti a lei, e sorrise.

 

Forse si era sbagliata, o forse era troppo presto. Non poteva già essere lui…

 

Lo sapeva che lo avrebbe rivisto.

 

Lo sapeva che sarebbe tornato, prima o poi.

 

Dimitri.

 

Guardò nuovamente indietro, ma non vide nessuno. Solo auto normali e gente normale.

 

Forse aveva solo sognato, ma sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo.

 

Gettò un’occhiata verso Xander, e lo vide farle un cenno.

 

“Uno è mio e uno è tuo”.

 

Annuì, carica di euforia.

 

Qualcuno avrebbe giudicato male la sua scelta, ma lei era quello. Era la ragazza che amava le auto, la ragazza che correva più veloce degli altri, la ragazza che sceglieva di essere un’agente dell’F.B.I., al posto che essere una persona qualunque. Lei era quella che portava nel cuore il re dei piloti clandestini, che aspettava il ritorno di uno di loro e che amava uno sbirro che aveva cercato di arrestarli.

 

Il suo destino non era quello di vivere con il piede sul freno. Il suo destino era quello di schiacciare l’acceleratore fino in fondo, di rischiare, di sfidare sé stessa e il resto del mondo.

 

Era una pilota clandestina, e lo sarebbe rimasta.

 

Sì, le piaceva la sua nuova vita. Le piaceva perché l’aveva scelta lei. Le piaceva perché ora era davvero libera.

 

Perché finalmente era ciò che voleva essere: Irina, la Fenice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Traduzione:

A qualcuno mancherai
addio
Qualcuno desidererò che tu sia qui
Quel qualcuno sono io

[Rihanna]
Ti scriverò per dirti cosa sta succedendo
Ma non ti mancherà nulla se non la stessa vecchia canzone
Se non ti dispiace attrarre l’attenzione
Passerò la giornata a raccontrati storie di una terra lontana

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Solo poche parole per dirvi grazie, grazie per avermi seguito fino a qui. Vi lascerò il tempo di pensare, e dare un giudizio alla mia storia. Fra qualche giorno pubblicherò i veri ringraziamenti, e risponderò alle vostre eventuali domande.

Vi prego solo di lasciare un commento, se ne avete voglia.

 

Ancora grazie, grazie mille.

 

Ps: fra un piango…

  
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