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Autore: Contessa    24/11/2011    3 recensioni
Hermione sbatté un tacco per terra, arrabbiata.
“Bene. Benissimo. – disse raccogliendo da terra la propria borsa. – Me ne andrò io, brutto… brutto maleducato! – la aprì frettolosamente e cercò d’infilare dentro il foglio. La richiuse con uno scatto, senza accorgersi che il foglio aveva fluttuato per un paio di secondi nell’aria prima di atterrare sul pavimento. – Goditi la stanza, maleducato!” urlò prima di andarsene in tutta fretta.
Draco alzò un’altra volta le spalle. Si avvicinò al foglio e lo raccolse; era una lettera.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo III

 

 

21/2/1999

 

Domenica era il giorno peggiore della settimana: niente lezioni, nessuna attività scolastica in più, e nessuno con cui passare la giornata. Da quando anche Ginny aveva lasciato Hogwarts, Hermione si era ritrovata a parlare di più con i professori che con i suoi coetanei; probabilmente anche i fantasmi avevano una vita sociale più attiva della sua. Sicuramente erano notati di più.

Non si aspettava di trovarlo lì; lui le rivolse un cenno della testa, tornando subito a guardare fuori dalla finestra, come se stesse osservando qualcosa di molto importante. Dal campo di Quidditch, in lontananza, venivano le urla e i cori dei loro compagni; ma fuori dalla finestra, nella Foresta Proibita, non si muoveva una foglia. Il campo era esattamente dall’altra parte della scuola.

“Non mi è mai piaciuto volare, non mi fido nemmeno degli aerei. – disse Hermione all’improvviso – Perciò non sono mai stata una grande tifosa di Quidditch. Ma tu cosa ci fai qui?”

Draco rimase in silenzio a lungo.

“Cosa sono gli aerei?” chiese a sua volte alla fine.

“Sono dei grossi oggetti che permettono ai Babbani di volare.” spiegò la ragazza. Lui annuì un paio di volte, anche se probabilmente non l’aveva veramente ascoltata, né gli interessava molto sapere cosa fossero gli aerei.

La folla trattenne il respiro con un “oooh” collettivo, poi esplose un boato; Draco sorrise alla foresta.

“Non avevo voglia di vedere la partita.” disse alzando le spalle.

“Non intendevo a vedere la partita. Volevo sapere perché non la stai giocando.”

Il ragazzo strinse i pugni con rabbia; Hermione vide le sue nocche sbiancare. Poi, lentamente, riaprì le mani. Le unghie avevano lasciato piccoli segni rossi sui palmi.

“Non mi hanno voluto.”

“Ma sei sempre stato nella squadra, com’è-“

“Non hanno voluto un Mangiamorte nella squadra.” precisò voltandosi verso di lei. - Credo pensino che io abbia invitato Voldemort a stare a casa mia per un po’, l’anno scorso.” aggiunse con una risata che non aveva nulla di divertito.

“Io non… non lo sapevo. - Hermione abbassò lo sguardo, a disagio. Le mani di Draco si richiusero di nuovo; tremavano nella morsa della sua rabbiosa frustrazione. Lei d’istinto gliene prese una, e infilò dolcemente l’indice nel pugno chiuso; Draco la guardò sorpreso, ma lasciò che lei gli aprisse la mano. – Non ne vale la pena.” disse passando un dito sui segni delle unghie. Gli lasciò la mano e se ne andò in silenzio, così com’era arrivata.

Draco si guardò la mano, incredulo per quel contatto così intimo e imprevisto; i segni delle unghie stavano già sparendo. E allora perché la mano gli bruciava così tanto?

 

***

 

23/2/1999

 

“Ho sentito che Serpeverde ha perso.” disse Hermione mentre arrotolava una pergamena.

Draco sorrise. “Già.”

“E’ comunque la tua Casa, non penso che sarebbero felici del fatto che tu gioisca per la vostra sconfitta.”
“No; credo che sarebbero felici se me ne andassi, però.” disse il ragazzo.

“Quanti… quanti siete rimasti, del settimo anno?” gli chiese Hermione piano.

“Quattro. Compreso me. E dire che l’anno scorso eravamo tutti Serpeverde, eh. – rispose scuotendo la testa. Hermione lo guardò con disapprovazione. – Pansy ha resistito solo per due settimane. I suoi genitori non erano nemmeno veri Mangiamorte, ma lei non aveva mai… fatto mistero delle sue idee. Zabini non è tornato dopo Natale. Lui era arrivato a tanto così dal Marchio.” avvicinò indice e pollice finché non rimase un minuscolo vuoto tra le dita. Uno spiraglio di salvezza, quello che lui non aveva mai avuto.

“E tu? Tu perché sei rimasto?” azzardò Hermione.

“Mia madre vuole che completi la mia istruzione. E poi non avrei molto da fare, a casa. Ah, inoltre non ho più una casa.”

“Cosa vuoi dire?”

“Ci hanno portato via Malfoy Manor. Ci hanno detto di dover fare dei controlli. Probabilmente si aspettano di trovare un altro Horcrux, o qualcosa del genere.”

“Non è divertente.” disse Hermione freddamente. Chiusa la propria borsa con uno scatto.

“Non è divertente nemmeno dormire nella stanza di fianco a Voldemort. O sapere che i tuoi genitori lo stanno facendo mentre tu sei lontano. – rispose Draco. – Nessuno ci aveva detto che sarebbe stato così. Non… doveva essere così.”

“Almeno tu avevi un tetto sopra la testa, Malfoy, e la tua foto non era tra quelle dei ricercati in ogni singolo numero della Gazzetta del Profeta.”

“Già, non eri venuta molto bene in quella foto. Dev’essere stato terribile per te, vederla.”

“Mi dispiace che tu sia rimasto deluso da Voldemort, Malfoy. Tu, invece, sei esattamente come mi aspettavo. Non capisco nemmeno perché stia ancora perdendo tempo con te.” ribatté Hermione alzandosi.

“Perché sei rimasta sola. – disse Draco. Proprio come me, pensò, ma evitò di dirlo ad alta voce. – E in minima parte per la lettera.”

“Talmente sola che ora andrò dai miei amici; tornerò domani a prendere la mia lettera.” la ragazza si avviò verso la porta a passo di marcia.

“Stai parlando di amici immaginari o di quella scema della Brown?”

Hermione si fermò un attimo, indecisa se rispondergli o no; poi scosse la testa.

“Non ne vale la pena.” disse varcando la porta. Non si attardò nemmeno a sbatterla.

 

***

 

24/2/1999

 

Hermione aspettava appoggiata al muro, vicino alla finestra, le braccia incrociate sul petto.

“Hai la lettera?” gli chiese quando arrivò, con tutta calma, a pomeriggio inoltrato.

“No.”

“Sei venuto a scusarti?”

“No. E tu?”

“Io non ho niente di cui scusarmi!”

“Ok. Ti sei divertita ieri, con i tuoi amici?” le chiese sedendosi e iniziando a sfogliare distrattamente un libro.

“Non sono affari tuoi.”

“Mi sembravi piuttosto sola, a cena.”

“Oh, parla quello che è circondato da amici, vero? Chissà perché ci sono sempre almeno due posti liberi vicino a te, eh?” ribatté Hermione con una risatina.

“Chissà perché hai perso tempo a guardare me, se eri tanto impegnata con i tuoi amici, eh?”

Hermione arrossì e non rispose. Si girò e appoggiò le mani sul davanzale della finestra; l’aria era immobile e fredda. Lasciò passare qualche minuto.

“E’ troppo presto per scherzare sugli Horcrux. E su Voldemort. – disse senza voltarsi. – Tu non sai cosa vuol dire tenere un Horcrux al collo. E’ una cosa terribile. Una cosa che ti cambia.”

“Anche ospitare Voldemort in casa tua lo fa. – Hermione si voltò verso di lui per dire qualcosa, ma lui la precedette. – Non sto scherzando.”

“Era tutto quello che volevi fino a meno di un anno fa; perdonami se non sono molto colpita dal tuo improvviso pentimento.”

“Tu sai che non ho potuto scegliere se diventare un Mangiamorte o meno.”

“Ma so anche che mi hai odiata e insultata apertamente negli ultimi sette anni.”

“E non ho mai detto di aver smesso.” precisò Draco. Hermione sbuffò sonoramente.

“Non puoi proprio resistere alla tentazione di fare una battuta idiota, eh? Si può sapere dove vuoi andare a parare?”.

Draco respirò profondamente. “Lui non aveva veramente bisogno di me. Aveva bisogno di servi che gli obbedissero ciecamente, di burattini. Quando mi sono accorto che non era quello che volevo, mi sono ritrovato con un padre ad Azkaban e il compito di uccidere il Preside della mia scuola.”

“Tu odiavi Silente.”

“E tu odi me, ma non mi hai ancora ucciso. Io volevo semplicemente… essere lasciato in pace. Essere lasciato fuori da tutta questa storia.”

“Come puoi volere una cosa del genere? Questa guerra ha avuto conseguenze anche sulla tua vita!”

“Me ne sono accorto, grazie. – disse Draco con una risatina. – Ma, vedi, non tutti possono essere Potter o Voldemort; alcuni sono piccoli spettatori, persone… normali. La cicatrice che mi ha lasciato quello stupido ippogrifo non vale decisamente come quella di Potter.”

“Si chiamava Fierobecco, e quella cicatrice te la sei meritata.”

“Non puoi proprio resistere alla tentazione di puntualizzare sempre, eh? – disse Draco imitando la voce della ragazza. – Hai capito quello che volevo dirti?”

Hermione fece ondeggiare la testa a destra e sinistra.

“Più o meno.”

“Se non rido di queste cose, diventerò pazzo. Se mi fermo a pensare che la mia famiglia ha perso tutto, e l’unica persona che mi parla ancora è una nata Babbana che ho sempre odiato, rimarrò paralizzato per il resto dei miei giorni, troppo spaventato o depresso per fare qualsiasi cosa.”

“Domenica non sembravi così determinato.”

Draco si morse un labbro e annuì. “Certi giorni nemmeno io credo alle mie bugie.”

“Io non… non riesce a ridere di questo. Non posso. – disse Hermione sedendosi. – Non finché sognerò ogni notte la battaglia. Come faccio a non pensarci, quando mangio tre volte al giorno nel luogo in cui Voldemort è morto? Ho quasi paura di vedere ancora il sangue sulle pareti dei corridoi. – chiuse gli occhi e cercò di scacciare quell’immagine dalla memoria. – E la cosa peggiore è che sono qui completamente sola. Ron, Harry, Ginny… persino Neville se n’è andato. Sono tutti andati avanti. Sembra che abbiano semplicemente dimenticato.”

“Magari l’hanno fatto davvero.”

“Dubito che Ron possa dimenticare di aver appena perso un fratello, anche se ne ha parecchi. Magari è più semplice così. – disse Hermione con un respiro profondo. – Ma a me non sono mai piaciute le cose semplici.”

“Allora il problema è solo tuo.” ribatté Draco alzando le spalle.

“Non posso ridere di una cosa che… che mi spaventa.”

“Voi Grifondoro non dovreste essere quelli coraggiosi?”

“Non sei molto d’aiuto, sai?”

“Se preferisci puoi andare a parlare con la Brown. – rispose Draco. Hermione roteò gli occhi. – Non hai nessun altro anche tu, vero? – la ragazza annuì. – A me piace questo posto; penso che ci verrò ancora piuttosto spesso. – si alzò, si pulì i pantaloni e mise nella borsa il libro che aveva tirato fuori. – E, sai, non mi dispiace così tanto un sottofondo umano, mentre sono qui.” aggiunse roteando l’indice vicino al proprio orecchio.

“Intendi una voce?”

“Intendo la tua voce.”

Hermione rimase seduta sul pavimento della stanza finché non tramontò il sole; si alzò solo quando si accorse di avere freddo. Avrebbe dovuto rispondere a Ron, quella sera, pensò mentre tornava nella Sala Comune, ma alla fine non lo fece. Dopotutto, la sua lettera era arrivata solo da tre giorni, e lui una volta l’aveva fatta aspettare per due settimane e quattro giorni.

Si accorse di avere un leggero mal di gola, e si chiese se fosse dovuto al fatto che da mesi non parlava così a lungo.

 

***

 

28/2/1999

 

Lo vide non appena finì la lunga rampa di scale: era messo in modo da tenere d’occhio la porta, ma essere lontano dallo spiffero della finestra; quel giorno l’aria era gelida. Hermione si chiese se la stesse aspettando. Cercò di avvicinarsi il più silenziosamente possibile, ma quando era ancora a qualche passo dalla porta Draco si voltò verso di lei. Stava attendendo di sentire i rumori che anticipavano il suo arrivo o era un caso?

Hermione entrò salutandolo con un cenno della mano.

“Non sei venuta, nei giorni scorsi.” disse Draco cercando di sembrare il più disinteressato possibile.

“Ho avuto molto da fare. – rispose la ragazza sedendosi accanto a lui; non ancora veramente vicino, ma meno lontano di prima. – I M.A.G.O. si avvicinano.”

“Mancano ancora più di tre mesi.”

“Appunto.” ribatté Hermione prendendo il libro di Erbologia dalla propria borsa.

“Immagino che l’anno scorso continuassi a chiederti cosa stessimo facendo qui, eh?” disse Draco con una risatina.

Hermione ripensò al freddo, al terrore, alla solitudine dei campi gelati che avevano girato per tutto l’inverno. Annuì.

“Mi sarebbe piaciuto molto essere qui.” rispose piano aprendo il libro.

Non aveva letto nemmeno un paragrafo quando Draco glielo chiuse; si voltò a guardarlo, e lui glielo tolse dalle mani con gentile fermezza.

“L’altro giorno, mi hai detto che io non so cosa vuol dire tenere un Horcrux al collo. E’ vero, non lo so. Ma so cosa vuol dire essere spaventati a morte, esattamente come te. – disse. Sembrava tranquillo, ma Hermione vide le sue nocche sbiancare mentre stringeva il libro troppo forte. – Dimmi com’è. Raccontami dell’anno scorso.”

Hermione lo guardò un po’, come se non fosse certa di quello che aveva appena sentito. Scosse leggermente la testa.

Stava già per rifiutarsi, per alzarsi e andarsene, perché quello era troppo, troppo difficile per lei, quando lui allungò la mano destra e prese una delle sue. Hermione si aggrappò a quella mano come se fosse l’unica cosa che poteva salvarla dal buco nero dei suoi ricordi.

Inspirò profondamente e iniziò a parlare.

 

 

Ed eccoci al terzo capitolo, che per me è davvero un traguardone! :D

Ringrazio Bambolinazzurra ed Alvigi per le belle recensioni che mi hanno lasciato! J La lettera, che all’inizio è solo un espediente, sarà un po’ il fil rouge di tutta la storia… per quanto riguarda Harry, Ron, Ginny, Blaise e chi più ne ha più ne metta, in realtà è canon il fatto che i primi due non siano tornati a Hogwarts per completare il settimo anno. Gli altri due li ho tolti io, come ho scritto in questo capitolo.

Spero che la mia storia continui a piacervi!

A presto,

Contessa

   
 
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