Capitolo 2
Il segno
nefasto
A Hogsmead si mostrava di nuovo luminosa
una giornata limpida ma gelida. Era passata quasi una settimana da quando Harry si era stabilito
lì. Aveva chiesto un congedo per malattia e non aveva avuto problemi ad
ottenerlo, visto che era occorso un incidente sul lavoro. Non pensava molto ai
suoi impegni, né a Dobby e Winky
rintanati a Grimmauld Place:
in quel momento non pensava a niente di preciso, ma un rimescolio indefinito
gli annodava lo stomaco.
Era
il giorno di San Valentino e Harry e Neville lo
osservavano inermi dietro i vetri appannati. Verso le nove le strade iniziarono
a gremirsi di ragazzini vocianti. Harry li guardò
fisso, quasi interdetto, come se fossero piombati da un altro mondo e poi si
voltò lievemente sulla destra, verso Paciock. Lui
parve non accorgersene: la burrobbirra e il bibo di centacolo (non gli erano
mai piaciuti li alcolici) fumavano nelle loro mani e
la nonna sonnecchiava nel suo quadro. Guardò di nuovo il suo amico e poi i
ragazzini per strada, ora con un’attenzione quasi morbosa. Quell’improvvisa
esplosione di vita per le strade doveva certo appartenere a Hogwarts.
Quanto erano diversi loro due dai tempi della scuola.
Neville Paciock era cambiato molto e ora che era
agente della Squadra Speciale Magica aveva assunto un’aria di
autorità verso i cittadini del luogo. Non era più paffuto e smarrito, ma Harry notava che le
mani gli tremavano ancora e le sue guance arrossivano nei momenti più delicati.
Erano rimaste comunque inconfondibili la pancetta e
l’innata passione per l’erbologia (nel retro della
sua casa il giardino era un’unica vasta serra, piena delle piante più
stravaganti e rare).
Quanto
a lui, si sentiva strano senza la sua cicatrice.
La
sua ferita si era rimarginata quasi del tutto, ma gli unguenti che gi avevano
dato per ricostruire la faccia gli avevano portato via la saetta dalla fronte
(I Babbani sarebbero ricorsi alla chirurgia
plastica! Se le attrici avessero scoperto alcuni di quegli
unguenti magici…sorrise).
Aveva
passato tutta la vita odiandola spesso per le inimicizie i
guai, le maledizioni che gli aveva procurato, ma ora si sentiva un po’ vuoto:
privo di identità. Purtroppo, sentiva una vocina dirgli dentro sé, non era la sola cicatrice a renderlo così…
Quanto a Neville, egli percepiva i suoi pensieri e
capiva il suo stato d’animo, ma si sentiva troppo inadeguato per
aiutarlo. Ormai Harry era un Auror e i segreti che custodiva non erano certo per lui.
Non aveva il coraggio di chiedergli nulla perché aveva timore di ferirlo o, di
fronte ad un suo sfogo liberatorio, di non sapere comunque
cosa fare o dire. La mattina dopo però accadde qualcosa che cambiò prospettiva
ad ogni cosa.
Quando
Neville andò a chiamare Harry per la colazione, il
cuore gli si schiantò di colpo. Era disteso ancora sul letto tuttavia la
fronte, completamente guarita il giorno prima, era
ricoperta di sangue. Harry giaceva scomposto, come un
burattino buttato via senza cura, e con gli occhi vitrei e sbarrati.
Neville
pensò che fosse morto, poi con gioia gli vide muovere lentamente le palpebre e
sentì il suo lievissimo respiro. Dopo averlo chiamato a lungo riuscì a farlo
riprendere dallo shock con una pozione creata apposta da sua nonna per i suoi continui momenti di debolezza infantile e resa più
efficace da degli estratti di piante che lui stesso aveva incrociato fra loro.
A qualcosa servì visto che Harry riuscì a mettersi
seduto sul letto e a riprendere una compostezza umana. Neville lo lasciò allora
un attimo e tornò con una bacinella carica d’acqua. Si mise con cura a pulirgli
dalla fronte il sangue e si accorse con sollievo che la ferita sulla fronte si
riduceva solo ad un taglio.
A
forma di saetta.
La
cicatrice di Harry era tornata.
Harry
continuava a non essere molto cosciente di sé e della gravità della situazione.
Neville incominciò a sudare e le sue mani a tremare: l’unguento collacitrix, datogli all’ospedale, non aveva il benché
minimo effetto sulla saetta. Forse pensò il fatto
che gli sia rispuntata è normale…fa parte profondamente del suo
essere…Forse il suo stato di shock è dovuto al fatto che ha rivissuto la morte
dei suoi… Un sussurro quieto e sinistro di Harry
lo fece raggelare.
-…Crociatus…- disse e poi svenne. Sulla sua fronte il segno
continuava a sanguinare.
Neville
tornò un ragazzino e si fece prendere dal panico, poi un nuovo moto di orgoglio e dignità lo scosse. Dopo tutto
era un agente e avrebbe fatto qualcosa. Come prima cosa pensò di portarlo in ospedale, ma questo evento avrebbe fatto troppo rumore; un
conto era l’arrivo di un Auror , se pur di nome Harry Potter, con una ferita
procurata da un incidente sul lavoro, un conto era il ritorno così repentino di
un segno nefasto come quella cicatrice.
Pensò
di chiamare Hermione e Ron,
di certo più pronti e preparati di lui in quel momento (in quasi tutti
momenti a dir la verità, si disse sinceramente):
il problema era che forse non era il caso (forse sperò fortemente) di
richiamare l’Ordine, altrimenti non sapeva come contattarli. Poi gli venne in
mente, realizzando di essere in effetti un po’ lento,
che Hermione da quell’anno
insegnava ad Hogwarts. Decise di mandarle un gufo
circostanziato ma che la spingesse a venire
immediatamente da lui. “Vieni ora!”. Sperò che Hermione
non pensasse ad una sua incipiente pazzia visto che non si era mai rivolto a
lei in quel modo, ma in quel momento non gli venne
niente di più convincente da scrivere: d’altro canto non voleva esporre
apertamente la situazione, negli anni aveva imparato ad essere molto prudente.
Vide il suo gufo allontanarsi veloce verso Hogwarts,
del resto non molto lontano e poi tornò ad occuparsi di Harry.
Questi
intanto si era perso in un meandro oscuro di se stesso; aveva imparato, nel
tempo e con costanza, a crearsi un rifugio ovattato e asettico nel suo cervello
per far fronte ai momenti di bisogno. Non ricordava cosa gli fosse
successo, ma non tentava nemmeno di riprendere coscienza di sé. Il
dolore al capo era troppo forte e sentiva salirgli di nuovo dei tremiti che lo
scuoteva tutto. Difatti incominciò a tremare, tutto in
preda a quello che per un babbano sarebbe stata una
crisi epilettica.
Neville
trasalì e pensò alle recenti parole sussurrate da Harry.
Cruciatus!!!. Se
avesse subito uno di quegli incantesimi? Se quello ne
fosse il risultato? E se?Pensò
con terrore ai suoi genitori e al loro vegetare per trent’anni.
Si incupì e un’ira funesta lo impadronì. Si mise a
camminare avanti e indietro accanto al letto dove Harry
sembrava essere ricaduto in un calmo torpore. L’attesa dell’arrivo di Hermione si fece estenuante; le ore passavano lente ed
eguali. Neville si era lasciato andare su una poltrona accanto al letto e
guardava Harry con crescente preoccupazione: se non
fosse stato per il suono irregolare e sibilante del suo respiro, pareva
pietrificato o, peggio ancora, morto. Si avvicinava l’ora di pranzo ma Neville,
come poche volte nella sua vita, non aveva appetito: fissava con insistenza un
angolo della stanza proprio di fronte a lui, dove la carta da parati a
fiorellini si stava lentamente staccando ingiallita.
D’un
tratto un BANG proveniente dal piano di sotto lo fece
sobbalzare. Prima che potesse anche solo rendersi conto di cosa succedesse, un nuovo
suono lo fece trasalire: la voce di Hermione.
Acuta
e fredda, gridò - Paciock!- dal piano di sotto.
Neville guardò Harry disteso e con la fronte
sanguinante. Prese lo straccio bagnato dalla bacinella e tornò a pulirgli la
fronte.
-
Sali su! Prima porta a destra!-
La
sentì sbuffare e salire imperiosa le scale. Arrivata sulla soglia sentì il suo
passo bloccarsi interdetto. Lasciò lo straccio nella bacinella e si voltò. Hermione, col la divisa da
professoressa, era impeccabile nel suo ordine e nella sua compostezza. I
capelli erano tirati all’indietro sotto il cappello viola scuro a punta e, se
non fosse stato per la larghissima differenza di età,
ricordava
-
E’ per lui che mi hai chiamata?- disse a Neville.
Si
era posta in piedi accanto a lui, ma il suo sguardo era rivolto a Harry, disteso scomposto.
-
Beh, sì. Ho pensato di chiamarti sperando che arrivassi al più presto…E’ da
stamattina che si trova in questo stato- al lieve e timido rimprovero, che Hermione percepì nelle parole di Neville, si scusò frettolosamente e con poca convinzione. Infatti non aveva preso il suo messaggio con la dovuta
urgenza che avrebbe meritato.
-
Ho dovuto prima finire le lezioni della mattinata e poi non potevo
usare la metropolvere perché non hai nemmeno un
camino. Sono dovuta uscire da Hogwarts prima di
potermi materializzare qui-
Ci
fu una brave pausa. Paciock
sapeva cosa Hermione stava per dire e infatti lo disse:
-
Potevi essere più preciso nel messaggio! Cosa gli è successo?-
-
Beh, non so con esattezza, ma ho pensato ci volesse
qualcuno di più esperto; non so se è una cosa grave, ma…- e principiò a
raccontarle quello che era accaduto quella mattina. Quando pronunciò la parola
“crociatus” Hermione staccò per la prima volta gli occhi da Harry e lo guardò profondamente negli occhi: Neville non riuscì a reggere lo
sguardo. Hermione aggirò il letto e si pose davanti a
Neville, con le spalle alla finestra: si inginocchiò.
- Harry- sussurrò e Neville guardandola pensò che forse le voci sui dissapori fra loro non erano veri poiché il viso di
Hermione era carico di una dolce apprensione. Ella si avvicinò ancora di più ad Harry.
- Harry- disse di nuovo sussurrandogli all’orecchio; le sue
labbra lo sfioravano. – Harry- di nuovo, piano, e
dolcemente gli pose la mano sul braccio. Harry,
semplicemente, aprì gli occhi. Neville trattenne un gesto di esultazione, in realtà non sapeva ancora se stava bene e se
era veramente sveglio. Ma poi parlò;
- Hermione- la sua voce sembrava provenire dal buio profondo
di una caverna. Harry vide una luce fioca e calda
penetrare con violenza nel suo rifugio e riemerse pian piano da quel suo
angolo, galleggiando verso la fonte di quel calore. Vide Hermione
affiorare nitida davanti ai suoi occhi: la luce proveniente dalla finestra dietro
di lei la circondava di un’aurea di splendore, algido. Tornò rapidamente alla
realtà, come se qualcuno lo avesse repentinamente scalciato via del liquido anmiotico nel quale si sentiva sommerso. Si tirò su e notò
la nonna di Neville che lo guardava curiosa e preoccupata dalla cornice sulla
parete di fronte a lui. Si rese conto di trovarsi a casa di Paciock
e di avere lui stesso accanto a sé, altrettanto preoccupato. La fronte gli
bruciava ai limiti dell’impossibile: se la toccò e vide le sue mani sporche di
sangue. Si sentiva debole. Il suo amico gli passò sulla fronte una benda
bagnata che un po’ lo ristorò; si pose a sedere sul letto e guardò con fare
interrogativo Hermione, come se non l’avesse notata
fino ad allora.
- Che cosa mi è successo? Professoressa Granger, che ci fa qui?-
Neville
pensò che Harry stesse scherzando, ma notò lo sguardo dei due che si stavano fronteggiando,
guardandosi duramente. Cercò di “alleggerire” l’atmosfera raccontando per
l’ennesima volta l’accaduto di quella mattina, al che Harry
si alzò e si mise davanti allo specchio.
-
La mia cicatrice- disse toccandosela, in realtà ora era un taglio profondo che
continuava a sanguinare. Il dolore spesso lo attraversava lancinante, ma un
sorriso gli sorse sul viso: si sentiva più sicuro e fermo con quel segno sulla
fronte.
-
Forse è meglio che le procuri una pozione Rimpollisangue.-
disse Hermione rompendo il silenzio e , senza aggiungere altro, senza salutarli e nemmeno
guardarli negli occhi, si smaterializzò. Rimasero soli e in silenzio per un bel
pezzo. Harry, non curandosi di
Neville parecchio interdetto, continuava a guardarsi allo specchio. I
suoi occhi seguivano attenti le gocce che uscivano
lentamente ma costantemente dalla sua fronte. Il sangue gli colava sul viso.
Poi con una semplicità che disarmò Neville, schiacciandolo ancora di più sulla
poltrona, disse:
-
Credo a questo punto che stanotte mi abbiano
torturato: devo indagare, ma ora mi sento troppo debole. Mangiamo qualcosa?-
Ciao a tutti!
Grazie alle due anime pie che mi hanno lasciato un commento…
Aspetto altre recensioni per migliorare il mio lavoro e avere uno stimolo in più.
Alla prossima!