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Autore: MeiyoMakoto    27/11/2011    1 recensioni
‘Un Expecto Patronum?! Ma sei impazzito?!’
‘Fidati, Albus: tua sorella è dotata. Le serve solo un po’ di aiuto per canalizzare la sua magia.’
‘Sì, beh, se mi esplode casa saprò chi ringraziare!’
‘E se invece non esplode? Se stessi esagerando? Dopotutto me l’hai dipinta come una specie di psicopatica, mentre invece è solo ingenua e spaventata.’
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gellert Grindelwald
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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‘Una bacchetta?! Tu sei matto!’

‘È l’unica, Al: deve imparare a canalizzare la sua magia una volta per tutte, altrimenti sarà sempre così.’

Albus non rispose, decidendo che era meglio concentrarsi su quella dannata tomba: perfino lui si rendeva conto che non avrebbe potuto funzionare.

Ariana stava cominciando a rimettersi in forze, ma era un mese, ormai, che era inchiodata al letto. Aberforth non si staccava dal suo capezzale, faticava a mangiare e bere dalla preoccupazione, perché non l’aveva mai vista così a pezzi. Non aveva la febbre, non era ferita e il flusso di magia grezza si era bloccato rapidamente; ma dormiva raramente, e durante la veglia stringeva la manona di suo fratello con quanta forza le permettessero le sue condizioni, e sembrava non riuscire a parlare, se non con balbettii sconnessi.

‘Povera cara,’ -commentava Batty- ‘Deve essere successo qualcosa che l’ha sconvolta: mi ricorda la vostra povera mamma quando capitò l’incidente… Lei si riprese dopo qualche ora, però.’

Albus faceva la sua parte standole il più lontano possibile, temendo la reazione di Aberforth se si fosse avvicinato, e impedendo a Gellert di farle visita.

Il giovane mago infatti, una volta passata la paura, aveva insistito per aiutare sua zia nelle cure, nonostante le proteste dei fratelli, un po’ per curiosità quasi scientifica, e un po’ perché la sorte di quella creatura innocente, diversa da tutti quelli che aveva conosciuto sino ad allora, gli stava veramente a cuore.

L’unica cosa che riusciva a tenerlo lontano da lei erano le ricerche sui Doni della Morte; lui e Albus passavano ore e ore a indagare, studiare e confrontarsi e stavano facendo rapidi progressi.

‘È ora che vada.’ -sospirò Al a un certo punto- ‘Devo fare la spesa, o Abe ed io moriremo di fame.’

Si incamminarono verso casa, godendosi l’aria fredda di Dicembre.

‘Com’è mandare avanti la casa senza tuo fratello a darti una mano?’, domandò Gellert.

‘Un inferno. Quando avremo la Bacchetta costringerò qualche riccone a darmi il suo elfo domestico, così non dovrò più occuparmi di questa roba.’

‘Mi sembra una buona idea. Che fai per Natale?’

Albus si illuminò.

‘Voglio andare nella foresta e tagliare un pino enorme, almeno quindici spanne, e sistemarlo nel salone di casa nostra. Poi io ed Abe decoreremo tutta la stanza, albero compreso ovviamente, e sistemeremo i pacchetti: sarà tutto come ai vecchi tempi, e allora forse Ariana si riprenderà, sentendosi a casa.’

Gellert sorrise calorosamente.

‘Di tutte le belle idee che hai avuto, questa è senza dubbio la migliore.’, dichiarò.

Non gli chiese se poteva dare una mano, sapeva che era una cosa di famiglia, ma cominciò a pensare anche lui al regalo che avrebbe potuto fare a quella bella famigliola.

Il Natale andò esattamente come Albus aveva sperato: Aberforth acconsentì a staccarsi per un pomeriggio dalla sorellina e si dedicò anima e corpo a mettere insieme le decorazioni più belle che il vecchio salotto avesse mai visto. Suo fratello non fu da meno, e quando Ariana entrò quella sera, sostenuta dal braccio forte di Bathilda, si trovò davanti i visi sorridenti dei due fratelli che facevano a gara per mostrarle i pacchetti, le decorazioni, l’albero…

‘Che bravi!’, mormorò lei ammirata.

Ad Abe sfuggì una lacrima: erano le prime parole che avesse pronunciato in un mese.

I tre fratelli si sedettero per terra e si misero a scartare i regali. Erano quasi tutti per Ariana, ovviamente: Abe le aveva intagliato una capretta (‘Ghiozza!’, fu il commento entusiasta), Al le aveva preso un libro di fiabe con magnifiche illustrazioni e Bathilda le aveva un bell’anellino con un turchese. La piccola non avrebbe mai saputo che il gioiello era appartenuto a sua madre.

Anche l’instancabile infermiera ebbe il suo premio: una foto con una cornice intagliata della famiglia Silente di altri tempi, dove tre bambini sorridevano felici al fotografo da sotto le gonne della mamma.

Da parte sua, lei aveva incredibilmente trovato il tempo di ricamare un copricuscino con la scritta L’unione fa la forza.

‘Che bei regali ha avuto la nostra Annie!’, chiocciò Aberforth come si fa coi bimbi piccoli.

‘Altri!’, ribattè sua sorella allegramente.

‘Eh no, cara, non te ne possiamo dare altri!’, rise lui.

‘No, Abe, ha ragione: guarda.’

C’erano altri tre pacchettini che aspettavano pazientemente sotto l’abete. Uno intestato ad Annie da Lion, un altro alla cara zia Batty e l’ultimo semplicemente ad Al.

‘Gellert!’, commentò Bathilda affettuosamente, aprendo il suo.

C’era dentro un bello scialle di seta colorata. Annie trovò un dipinto di un bel leoncino che correva da una parte all’altra, eccitato. I due maggiori si guardarono e decisero tacitamente che non si trattava di niente di pericoloso.

Se però Aberforth avesse visto cosa aveva ricevuto suo fratello, la sua giornata sarebbe stata irrimediabilmente rovinata: una bacchetta piccola, di un legno chiaro.

Sette pollici, legno di betulla, cuore di crine di Thestral. Sai cosa farne, diceva il biglietto.

  

  
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