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Autore: _diana87    28/11/2011    5 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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- Questa storia fa parte della serie 'Keep followin' your daily routine'
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TRAMA

Ho iniziato a leggere un libro sulla guerra del Vietnam di Oriana Fallaci e ho avuto questa ispirazione: spero di essere riuscita a fare un bel lavoro e di non aver deluso nessuno, ce l'ho messa tutta, questa storia la sento dal profondo :)
Buona lettura :)

 

 

 

Keep followin' your daily routine.

 

 

 

Oggi è davvero un gran giorno per cominciare a lottare.

 

 

 

Oggi è uno di quei giorni in cui niente deve andare storto.

La terapia continua ad andare bene, tu stai bene, Kate, continuo a ripetere a me stessa, illudendomi, immaginandomi che non c'è niente che non vada in me, quando so che dentro mi sento morire... che mi manca il fiato a volte... che continuo a sentire gli spari, le urla delle persone, il sangue, l'ospedale, e poi il vuoto.

 

Oggi è uno di quei giorni in cui mi siederò dietro la mia scrivania, tirerò su i capelli, e inizierò a prendere sul serio il primo caso che mi capita nelle mani.

Cammino per la strada, sentendo la gente che mi viene addosso, chi lo fa di proposito, chi per caso.

Non sento niente.

Non provo niente.

Mi manca il contatto umano, e quando sono tra le persone, mi sento come persa.

Sono circondata da tanti newyorkesi che vanno a lavoro o a scuola frettolosi, ed io mi sento vuota.

Arrivo finalmente davanti al 12esimo distretto; mi guardo intorno sospettosa, sempre all'erta, come se qualcosa potrebbe accadere da un momento all'altro. E' stupido, lo so.

Durante alcune nostre sedute, Roger, il mio psicanalista da qualche mese dopo la sparatoria, lo chiama "sesto senso". Io allora ribatto "No, è intuito femminile", e così iniziano una serie di battibecchi amichevoli che spaziano tra la filosofia e l'ambientalismo; mi piace Roger, è un buon amico.

Con lui non sono mai in soggezione. Lui non mi costringe a guardarmi alle spalle, anzi, mi dice di guardarmi dentro, nel mio cuore.

"Ma io non riesco a guardarci dentro, dovrei fare una lastra!" dico io ironicamente, "Kate, Kate, il cuore ha le sue prigioni che la ragione non conosce", risponde Roger, sempre pronto a trovare una risposta ad ogni cosa.

Guardo quell'enorme costruzione davanti a me. Tengo la borsa più stretta, mordendomi il labbro. Poi faccio un bel respiro e chiudo gli occhi.

 

Oggi è uno di quei giorni in cui niente e nessuno potrà rovinare questa splendida mattinata.

Poi un'esplosione, come un cannone.

E poi ancora, fuoco, fiamme, rumore di sirene.

La gente intorno a me, scappa e si rifugia. Qualcuno grida, i bambini piangono, le persone anziane pregano, gli uomini coi cellulari in mano, interrompono le loro conversazioni per vedere il distretto in fiamme. Il fumo inizia a salire in alto, raggiunge il cielo, quasi a mandare un segnale d'aiuto da lassù. Vedo il distretto sgretolarsi davanti a me, con mattoni che volano a destra e sinistra. Istintivamente, metto una mano davanti il viso per coprirmi.

In una frazione di secondo, salto in aria, all'indietro, e cado a terra, sbattendo la testa.

L'ultima cosa che ricordo, seppur è in ricordo offuscato, è il volto di un uomo, che sopra di me chiama flebilmente il mio nome.

"Kate, Kate... non lasciami... resta con me..."

Castle.

Sì, oggi è davvero un gran giorno per cominciare a lottare.

   
 
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