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Autore: Pwhore    28/11/2011    1 recensioni
Ho ambientato la fic ai tempi di Three Cheers, quando Gerard era ancora un alcolizzato e Lyn-z non era ancora sua moglie.
E' una Frerard, dal punto di vista di Frank, che si renderà conto che il moro non è più solo un amico per lui.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno di Natale arrivò presto.
Gerard si fece sentire quasi tutti i giorni, anche se negli ultimi tempi aveva avuto molto da fare. Mi aveva detto qualcosa al riguardo, una sera, ma io ero troppo ammaliato dai suoi occhi per poterlo ascoltare. Lui sorrideva, quindi avevo dato per scontato che fosse una cosa bella e avevo sorriso, senza in realtà aver capito un cazzo. Lui non rivangò la cosa, comunque, quindi pensai che non fosse stata un'informazione importante e mi godetti la frizzante allegria di Gee.
Non accadde niente di particolarmente importante prima del giorno di Natale, quindi pensavo di sorvolare tutte quelle noiose giornate passate a suonare o a guardare la tv, visto che tutti sembravano avere impegni, e di raccontarvi direttamente del ‘‘Giorno X’’.
Mi svegliai presto, verso le sette e mezza, per prepararmi. Sbadigliando, controllai lo stato dei miei capelli e con una smorfia insoddisfatta realizzai che facevano schifo. Forse pensate che a me non importi niente del mio aspetto, ma non è così. Non del tutto, almeno. A ognuno interessa l'aria che ha quando esce, sotto sotto, anche se si tende a non ammetterlo per paura di essere giudicati vuoti, vanitosi. Per me era abbastanza importante sapere che i miei capelli non sembravano quelli di uno spaventapasseri, visto che speravo sempre che Gee mi notasse. Sono una ragazzina troppo innamorata per nasconderlo, che volete farci? Ad ogni modo, agguantai degli asciugamani ed entrai in bagno, controllando di avere tutto il necessario e aprendo l'acqua. Mi levai il pigiama e rimasi qualche decina di secondi a rimirarmi allo specchio. ‘‘Cazzo, quanto sono magro..’’ osservai, tastandomi lo stomaco. ‘‘Sento addirittura le costole.’’ aggiunsi sconsolato. Odiavo essere così magro, perché quando camminavo al fianco di Gee lo facevo sembrare molto più grasso di quanto non fosse in realtà, e forse lui ci stava male. O forse mi facevo troppe seghe mentali e a lui non fregava un beneamato cazzo di non essere esattamente scheletrico. Scossi la testa leggermente, poi aprii l'anta della doccia e scivolai dentro, rabbrividendo a causa dell'acqua ancora tiepida. Sistemai la temperatura e aspettai che si scaldasse, prima di sistemarmi sotto il getto e godermi gli schizzi d'acqua bollente che mi arrivavano in faccia. Chiusi gli occhi, mentre il vapore risvegliava tutti i miei sensi e i pensieri mi affollavano la mente. Decisi di ignorarli e mi concentrai sulla sensazione di appagamento che ricevevo ogni volta che una goccia calda mi correva dal petto fino alle caviglie, accarezzando il mio corpo nudo. Cristo, certe volte bastava davvero poco per farmi felice, e in quella mattinata gelida una doccia calda era proprio quello che ci voleva. Buttai la testa all'indietro, alla ricerca di un po' di fresco, poi mi piegai e raccolsi lo shampoo. Spostai il getto della doccia e m'insaponai i capelli, riempiendomi le narici del buon odore emanato dal flacone colorato. Frutta mista. A Gerard piaceva, la frutta, e pure a me. Più che altro mi piaceva la scatola del prodotto, ricoperta di disegni e colori sgargianti, foto di fragole, mirtilli e bacche varie. Anche se da come mi vesto non si vede, mi piacciono le cose colorate - mi tirano su di morale. Sono un tipo strano, uh?
Mi sciacquai la testa e mi insaponai nuovamente, raccattando il bagnoschiuma e spargendolo lungo il mio corpo. Mi sistemai sotto il getto d'acqua bollente e finii di lavarmi, rilassato. Dopo due o tre minuti spensi l'acqua e aprii l'anta della doccia, mentre il vapore s'insediava nella stanza e faceva appannare lo specchio. Rabbrividii e mi abbracciai lo stomaco, agguantando un asciugamano. Ne presi un altro e mi ci asciugai i capelli, per evitare che continuassero a gocciolare in giro. Riadattandomi alla temperatura tiepida di casa mia, mi legai l'asciugano alla vita e uscii dal bagno, determinato a chiudere la finestra che avevo dimenticato di chiudere prima di lavarmi. Nel toccare la manopola mi venne la pelle d'oca e ricominciai a sentir freddo. Tornai velocemente in bagno e finii di asciugarmi, poi andai in camera e raccattai un paio di boxer. Li indossai e scelsi i vestiti per la giornata, indossandoli subito dopo. Visto che dovevo andare da Gee, mi vestii in modo abbastanza normale, anche se sopra i jeans evitai di mettere una maglietta con sopra teschi o chessoio. Mi allacciai le scarpe e diedi un'occhiata all'orologio: le otto e quaranta. ‘‘Non ci ho messo poi così tanto.’’ constatai alzandomi dal letto. Mi diressi verso l'armadio e tirai fuori degli oggetti, che poi posai sul tavolino in soggiorno, accanto a della carta da pacchi e un paio di forbici. Feci un respiro profondo e mi sedetti, cominciando a incartare i regali.

Finii verso le dieci, grazie alla mia indubbia velocità e a tre pause sigarette. Ero piuttosto compiaciuto del mio lavoro, considerato che ero negato per queste cose. Misi i regali in una busta extra-large e posai il tutto vicino alla porta, per evitare di dimenticarmene. Rimisi a posto la stanza - o meglio ancora, buttai tutto nell'angolo, e mi spaparanzai sul divano, facendo cadere la testa sui cuscini. Profumavano ancora di Gee, e la cosa mi mandò in estasi. Rimasi lì a fissare il vuoto per una decina di minuti, poi decisi che era ora di andare e mi alzai. Mi infilai una giacca e i guanti che mi aveva regalato Gee, quelli con le ossa di scheletro che mi piacevano tanto e che, soprattutto, tenevano un caldo della Madonna, pur essendo senza dita. Agguantai la sacca e uscii da casa, chiudendo a chiave la porta. M'infilai le chiavi in tasca e mi incamminai verso l'ascensore, sbuffando a causa del peso dei regali. Cinque minuti più tardi ero già per strada, a congelarmi la faccia. Faceva particolarmente freddo, quel giorno, e la condensa del mio fiato era enorme. Rabbrividii e mi strinsi nella mia giacca, velocizzando il passo. Poi però rallentai, ricordandomi che ero decisamente in anticipo. Scossi la testa e mi diedi un'occhiata attorno, per vedere se c'era un negozio aperto in cui intrufolarsi. Per mia fortuna un negozietto di roba artigianale stava aprendo, quindi attraversai la strada e lo raggiunsi, fiondandomici dentro. Mi guardai in giro fingendo di cercare qualcosa, in modo da non venir cacciato fuori dopo due minuti dal commesso, che aveva intuito che non avrei comprato niente di niente.
- Fa freddo, eh, caro? - domandò una voce alle mie spalle. Io sobbalzai, girandomi di scatto. Una signora anziana, probabilmente la proprietaria del negozio, era seduta al bancone e fissava con malinconia le strade deserte, sospirando. Non mi ero nemmeno accorto del suo arrivo, e sicuramente lei lo aveva intuito. - Lavoro qui da tanti anni, ormai, ed è sempre così a Natale.. Tutti dai parenti, tutti dagli amici, e nessuno che viene a fare visita a una vecchia come me.. - poi si voltò a guardarmi.
- E tu? Come mai sei qui? - domandò con aria stanca.
- Io? Uhh - esitai un attimo. - Sto.. sto cercando un regalo per un amico, e mi chiedevo se avessi potuto trovare qualcosa qui - buttai lì, sapendo di essere stato sgamato.
- Beh, carino da parte tua. Per chi è? - chiese ancora.
- Per un caro amico a cui tengo veramente tanto. - risposi io, dando uno sguardo alla merce in esposizione.
- Capisco.. - mormorò lei, persa nei suoi pensieri. Io annuii, senza cercare di continuare la conversazione - anche perché non avevo intenzione di comprar niente. Girovagai tra gli scaffali per un'altra decina di minuti circa, poi finsi di ricevere un messaggio e me ne andai.
- Buon Natale, signora. - feci con un cenno del capo.
- Anche a te, figliolo, anche a te. -
Una volta uscito da quel piccolo locale, l'aria pungente della mia città mi sembrava più fredda di quella del Polo Nord, quindi controllai l'orologio e decisi di andare da Gee. Mi sgranchii le mani e ripresi a camminare, la busta che sembrava sempre più pesante passo dopo passo. Aumentai la velocità e arrivai sotto casa del moro dopo quaranta - quarantacinque minuti. Ripresi fiato e mi fumai una sigaretta, poi citofonai e aspettai che Gee venisse ad aprire.
- Chi è? - fece il ragazzo, la voce resa più metallica dall'apparecchio elettronico.
- Ehy. Sono io, Frank. - risposi io, sorridendo tra me e me.
- Oh, Frankie! Aspetta, ora ti apro! - esclamò con voce radiante. Dopo cinque secondi il portone si aprì e io mi feci a piedi le poche rampe di scale che conducevano all'abitazione del moro, ansimando lievemente per il peso dei pacchi. Arrivato davanti alla sua porta, non feci neanche in tempo a bussare che lui mi aprì, invitandomi a entrare con un sorriso a trentadue denti. Lo ringraziai e lo salutai, posando la mia giacca insieme alla sua e a quella di Mikey.
- Sei il primo ad arrivare. - mi informò Gee, prendendo la busta e posandola nell'angolo. - Fa molto freddo? -
- Si crepa. - risposi io, levandomi i guanti. Lui sorrise, avviandosi in sala. Trotterellai dietro di lui, guardandomi attorno. Tutto l'appartamento era addobbato, e un'enorme tavola imbandita faceva la sua porca figura nel bel mezzo della sala. Mi lasciai sfuggire un'esclamazione di stupore e ammirazione, e Gerard non se la perse.
- Carino, eh? Ci ho messo ere a preparare tutto. - gongolò orgoglioso.
- Potevi anche chiamarmi, chissà quanto avrai faticato. - obiettai, fissando le decorazioni minuziosamente attaccate ai mobili.
- Nah, non ti preoccupare. Non mi andava di sfruttarti pure il giorno di Natale. - ridacchiò lui, stiracchiandosi e sedendosi sul sofà. Seguii il suo esempio, rilassando le mie gambe doloranti e sospirando tranquillamente.
- E Mikey? - domandai.
- Boh. Dovrebbe arrivare dopo con Ray, o qualcosa del genere. - rispose lui, annoiato.
- Oh. Quindi siamo solo noi due? -
- Già. Che c'è, ti dispiace? - scherzò il moro.
- Ma che dici! - sbottai, arrossendo abbastanza visibilmente.
- Scherzavo, scherzavo. Lo so che ti piaccio, sennò non saremmo amici. - sorrise lui.
- Cretino - mormorai alzando gli occhi al cielo.
- Sono anni che continui a ripetermelo. - commentò Gee, chiudendo gli occhi e posando la testa all'indietro.
- È la sacrosanta verità. Gerard Way sei un cretino! - ripetei con una finta aria stanca. Lui sorrise placidamente e appoggiò la testa contro la mia spalla. Per fortuna aveva gli occhi chiusi, perché io ero rosso come l'inferno.
- Ho un sonno della madonna.. - sbadigliò il ragazzo, passandosi una mano sul volto.
- Dormi. Ci penso io agli ospiti. - lo tranquillizzai.
- Grazie mille. Ti voglio bene. - fece lui, grato.
- Ti voglio bene anch'io. - sussurrai, chiudendo gli occhi e sentendo il suo respiro tiepido sulla spalla. Un sorriso idiota mi si stampò sulla faccia e mi lasciai scappare un sospiro soddisfatto, mentre mi voltavo a osservare la pelle candida del moro, così delicata e morbida in confronto ai suoi capelli corvini e ribelli. Avrei voluto urlare da quanto era carino, ma mi trattenni e rimasi a guardarlo finché non sentii qualcuno bussare ripetutamente alla porta. Con malavoglia mi alzai e andai ad aprire, per ritrovarmi davanti un Mikey sorridente e pieno di pacchetti.
- Frank! Ciao! - esclamò al settimo cielo. - Da quanto non ci si vede! -
- Da qualche settimana, in effetti - constatai io, stupendomene.
- Sembra molto di meno. - commentò il ragazzo, posando i pacchetti accanto ai miei.
- Dov'è Gerard? - domandò poi, guardandosi intorno.
- È di là che dorme. - lo informai. - È meglio non svegliarlo, ha lavorato molto. - aggiunsi. Mikey annuì comprensivo e si avviò silenziosamente verso la cucina.
- Del cibo mi occupo io. - mi spiegò. - Non sono un asso in cucina, ma sicuramente sono meglio di voi. - ridacchiò allegro. Come dargli torto?
- Comunque ho ordinato qualcosa dal cinese, quindi se quello che preparo fa schifo abbiamo un piano di riserva. - sorrise.
- Daje! - annuii, soddisfatto. Poi lo lasciai lavorare e andai ad aprire agli altri ospiti, che pian piano cominciavano ad arrivare.
   
 
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