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Autore: Viki_chan    12/12/2011    3 recensioni
La dannazione di un'anima solitaria.
Harry Potter per tutti è un'eroe.
Ma cosa vede lui guardandosi allo specchio?
Hermione Granger è una ragazza curiosa, forse troppo.
Per quelli che tramano nell'ombra le persone come lei diventano scomode.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All we need is Harmony'
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Titolo: Damnation of a lonely soul
Rating: giallo/arancio
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Altro personaggio
Prompts: Rapimento, Tradimento, Fame, Fuoco
Ora che siamo adulti e sappiamo che non esiste qualcosa come l'eternità. Ma allora... il tempo si fermò davvero e noi eravamo le uniche persone al mondo. Quell'istante fu così reale eppure così simile a un sogno, sembrò durare solo un attimo ma anche un'eternità. Sono sicura che nei nostri giovani cuori di allora l'eternità fosse realmente esistita.

Damnation of a lonely soul

XI.
 

Quando si vuole soffrire ed amare,
si può molto,
si può il massimo che si possa al mondo.
(Charles de Foucauld)


Malata, stanca, posseduta.
Hermione non riusciva a spiegarsi cosa stesse succedendo alla sua memoria.
Talvolta si trattava di buchi di dieci minuti, ma altre volte..
Il suo corpo lavorava diviso dalla sua mente. Ecco che si trovava in posti in cui non aveva mai pensato di andare.
Si risvegliava lì.
E in più, la sua mente sapeva cose che il resto di lei non conosceva.
Sdraiata a letto con gli occhi spalancati, rifletteva.
Accanto a lei Ron russava beato, il suo petto si alzava ed abbassava regolarmente.
Tranquillo.
E invece lei.. era distante.
Distante come Harry.
Harry che, come sempre, sembrava condividere quel suo malessere.
Hermione non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione che era successo qualcosa mentre lei era via.
“Ron.” disse scuotendo il ragazzo.
Lui aprì gli occhi e si voltò verso di lei, cercando di stingerla al suo petto.
“Hai freddo?”
“No, Ron. Ascoltami.” sussurrò scuotendolo di nuovo.
“Che c'è?”
“Cosa è successo quando ero via?”
“Dobbiamo parlarne per forza adesso?”
“Sì.”
“Niente.” biascicò lui sfregandosi gli occhi. “Ho lavorato, sono uscito con i ragazzi. Non ti ho tradito.”
“Non è quello. Voglio dire.. Harry? Che ha fatto Harry?”
“Niente. Lui... Sai com'è.. si è preoccupato e credeva ti avessero rapito. E' andato a far casino al Ministero, ma tu eri appena tornata, quindi...”
Hermione spalancò gli occhi e lo prese per la maglia del pigiama.
Ron, fraintendendo, la baciò.
Lei accettò di buon grado quel gesto, ma poi si alzò.
“Dove vai? Sono le due di notte.”
“Da Harry.”
“Perchè?”
“Torno presto, ok?”


Erano le due di notte, davvero.
Hermione si infilò i pantaloni e un maglione sul pigiama, smaterializzandosi appena fuori casa.
Grimmauld Place era ancora più squallida alla luce della luna.
Suonò il campanello più volte.
Da dentro provennero dei rumori.
“Sono Hermione.” disse prima che gli fosse chiesto.
La porta si aprì appena, mostrandole il volto di un uomo.
Sul suo volto angosciato, Hermione vide qualcosa.
L'ennesima sensazione di essere ad un passo dalla verità.
“Non c'è Harry?”
“Sta dormendo.”
“Lei chi è? Perché è qui?”
L'uomo non rispose e la precedette in salotto.
“Sono un medico. Il signor Potter mi ha chiamato per la sua influenza.” disse poi sedendosi rigidamente su una poltrona.
“Bugiardo. Lei sa chi sono io, vero?”
“E' una persona abbastanza conosciuta, sì.”
“No, no.” Hermione urlò. “Lei.. mi ha guardato... Lei sa! Devo parlare con Harry, subito!”
L'uomo si schiarì la voce.
“Ha davvero bisogno di riposare, potrà parlare con lui domani mattina.”
“Allora mi dica lei.” disse ormai sull'orlo delle lacrime. “Perchè io non mi ricordo niente? Perché? Perché so cose che non dovrei sapere?”
Il medico la fissò intensamente negli occhi, accentuando ancora di più l'angoscia sul suo volto.
Sembrava soffrire di un dolore fisico enorme.
“Io non lo so signorina Granger. Io no so cosa ci sia nella sua testa. A cosa stia pensando in questo momento.”
Hermione guardò quell'uomo provando la stessa sofferenza.
La stessa delusione.
“Rimarrò qui finchè non si sveglierà.”



***


“Lei stava dalla parte di Hermione, vero? Non è così?” chiese Harry iniziando a tossire in modo incontrollato.
L'uomo che aveva fermato annuì.
“Allora deve venire con me. Mi hanno tolto la capacità di mentire. Io non posso vedere Hermione, o le dirò la verità.”
“Io non... il capo Heartless...”
“Il capo Heartless e quella pazza della Falk mi hanno dato un cellulare. Un fottuto cellulare. Così quando Hermione mi chiederà come mai sto male e spiffererò tutti i vostri segreti potrò mandarvi un messaggio per avvisarvi.” Harry tossì di nuovo. “Crede che avrei chiesto a lei se avessi avuto una scelta migliore? Lei balbetta, è magro da far paura e sembra un gran codardo. Mi scusi, non posso dire bugie.”
L'Indicibile lo osservò a lungo, poi, dopo quella che gli era sembrata un'eternità, seguì Harry fuori dal Ministero.
La mancanza di freni inibitori, l'impossibilità di mentire, ebbe un effetto deleterio su di lui.
Il fisico già corrotto dalla malattia, dalla tristezza, dall'abuso che il suo padrone aveva compiuto su di esso, cedette del tutto.
Harry si appoggiò al portone di Grimmauld Place davanti al quale si era appena materializzato e incitò l'Indicibile ad entrare.


“Che senso ha?”
Quando Harry riaprì gli occhi, l'uomo lo stava osservando con apprensione.
“Che senso ha per un ragazzo come lei, signor Potter. Questo esperimento la sta uccidendo.”
“Anche la mia vecchia vita lo stava facendo. Così sarà solo più veloce.”
Harry rise, poi tossì.
Il suo stomaco brontolò rumorosamente.
“Vuole qualcosa da mangiare? Non ci siamo nemmeno presentati. Non che mi interessi chi è lei.”
“Sono Smith, Conrad Smith.”
“Piacere. Faccia come fosse a casa sua. Vorrei che fosse molto più di un sequestro. Ma lei mi serve.”
Il signor Smith preparò per entrambi bacon e uova strapazzate, nonostante fosse ormai sera.
Harry doveva aver dormito molte ore.
Dopo aver consumato la cena in silenzio, Harry si sentì decisamente meglio.
“Ora viene il bello.” disse appellando poi delle pergamene. “Ho bisogno che lei prenda nota di tutto quello che dico. E' molto importante che mi segua.”
“Vuole affidare ad uno sconosciuto le sue memorie?”
“Non mi viene in mente nessun altro a cui affidarle in questo momento. Sono piuttosto solo.”
“Hermione Granger?”
“Se Hermione leggesse quello che sto per raccontarle, temo che tutto andrebbe a rotoli. Ora, quando è pronto...”
Smith si sistemò meglio sulla sedia e incantò una piuma.
“Questa è la verità. Questo è quello che voglio che tu sappia, Hermione.”


“...ed è stato importante.”
Harry si interruppe per l'ennesima volta.
La tosse, la stanchezza, i dolori.
Tutto lottava contro la sua voglia di parlare.
Conrad Smith non faceva una piega, anche se aveva aumentato la dose di caffè che nelle pause si concedeva.
Quella pausa però, era causata dalla porta.
Qualcuno suonava.
“Chi può essere?” chiese l'uomo.
Trillo lungo, trillo corto, trillo lungo.
“E' lei, riconosco il modo di suonare. Devo nascondermi.” esclamò alzandosi e buttando le pergamene nel minibar accanto al divano.
“E io che gli posso dire?”
“Si inventi una balla. Io non posso dire bugie.”


Hermione Granger era una ragazza forte.
Conrad Smith lo sapeva.
Sapeva che nonostante gli occhi semichiusi dalla stanchezza, sarebbe stata sveglia fino all'alba.
I suoi occhi.
Conrad Smith, che era stato un obliviatore per anni, non si stupì di vedere al loro interno la verità.
Hermione era stata vittima di un incantesimo volontariamente debole.
Scoprire la verità a piccoli pezzi doveva essere una tortura.
Una tortura che solo una persona poteva aver deciso di infliggere ad una ragazza così innocente.
Quando finalmente la ragazza, alle prime luci dell'alba, si addormentò, Smith avvisò Harry Potter.
Non seppe dare un nome all'emozione che provò vedendo il ragazzo guardarla, fare retrofront, uscire di casa.
Angoscia, dolore, rabbia, tenerezza.
Vide l'amore.
Quell'amore che in quella lunga notte l'aveva torturato.


Harry Potter entrò nello spogliatoio e si mise la tunica meccanicamente.
Era l'ultima volta.
L'ultima tortura.
Non sarebbe tornato, no.
Si sarebbe fatto strappare l'ultimo sentimento, l'ultimo grido.
L'ultima emozione.
Entrò nella sala dell'esperimento e attese l'ingresso di Melinda Falk senza provare una particolare emozione, ma con il pensiero fisso di Hermione.
Hermione che dormiva su quel divano.
“Siamo pronti Potter? Oggi ci giochiamo metà del risultato finale.”
L'indicibile Falk gli portò il calice colmo di pozione e controllò come d'abitudine il suo stato di salute.
“Sta meglio, niente febbre.” disse totalmente disinteressata.
Harry fermò la mano magra e un po' rugosa sul suo petto.
“Lo sa vero?”
Melinda Falk non rispose e rimase a fissare il suo braccio bloccato.
“Non tornerò a riprendermi quello che mi strapperete oggi. Potete tenervelo.”
   
 
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