Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Ravenclawer88    15/12/2011    1 recensioni
Ciao a tutti. Leggo e rileggo la saga di Harry Potter da dieci anni e fin da subito ho cominciato a rimuginare su come sarebbero potute andare le cose secondo me. E' un progetto molto lungo, in pratica rivisito l'intera saga, con personaggi, prospettive, dialoghi e ambientazioni diverse, insieme, ovviamente, a quelli che noi tutti conosciamo. Cercherò anche di dare una risposta a tutto quello che la Rowling ha lasciato in sospeso. Non posso inserire spoiler, ovviamente, ma posso garantirvi che di novità ce ne saranno moltissime. Un piccolo ma cruciale indizio: e se Lily e James avessero avuto una figlia, invece di un figlio? Spero sinceramente che vi piaccia.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Version:1.0 StartHTML:0000000167 EndHTML:0000039095 StartFragment:0000000454 EndFragment:0000039079

CAPITOLO PRIMO

 

"Tom! Tooooom! Vieni a casa, è ora di cena!", chiamò una voce femminile. L'individuo alto, avvolto in uno scuro mantello svolazzante, ebbe un sobbalzo. Si voltò, stizzito dal fatto che il sentir pronunciare il suo vecchio nome babbano lo facesse ancora trasalire. In altre circostanze, avrebbe sfogato la sua frustrazione su quella donna innocente e suo figlio, ma quella sera doveva agire. Lui era Lord Voldemort. E non poteva permettersi distrazioni di sorta. Quello che aveva da fare quella notte era troppo importante. Il silenzio scese di nuovo nella stradina ormai semi deserta di Godric's Hollow e il mago si avviò a grandi passi verso la sua meta.
Mentre proseguiva il proprio cammino, Voldemort non poteva impedirsi di pensare alla catena di eventi che lo aveva portato ad essere lì, proprio lì, quella sera. Lui, il Signore Oscuro, il più potente mago del male mai esistito, il cui solo nome faceva tremare intere fila di maghi e streghe, che si abbassava a svolgere compiti di bassa manovalanza, per cui ormai poteva tranquillamente mandare qualcuno dei suoi fidati Mangiamorte. Ma quella volta no. Non poteva. Davvero. Non poteva permettersi di rischiare che nulla, nemmeno una virgola, andasse storto quella sera. I Potter dovevano morire. Era fin troppo tempo che dava loro la caccia, erano riusciti a sfuggirgli per ben tre volte, come era stato possibile? In principio, non aveva dato molta importanza alla cosa. Sì, è vero, erano personaggi scomodi, ma non lo impensierivano certo più di qualsiasi altro componente di quel patetico Ordine creato da Silente. Pensavano forse di essere in grado di tenergli testa? Persino in quel momento, così carico di tensione, non poté impedire di lasciarsi sfuggire una risata al solo pensiero di una simile assurdità. Una risata fredda, crudele, senza gioia.
Poi però qualcosa era cambiato e la faccenda aveva cominciato ad occupare la sua mente molto più del dovuto. Era stata davvero una fortuna che Piton si trovasse lì, in quel momento. Chissà cosa sarebbe potuto accadere, se lui non avesse udito Sibilla Cooman profetizzare l'arrivo di qualcuno in grado di sconfiggerlo. Purtroppo, il pub in cui la strega sosteneva il colloquio con Silente era molto affollato e Severus non era riuscito a sentire tutto, dovendo anche stare molto attento a non farsi riconoscere dal mago dagli occhiali a mezza luna. Silente... il solo pensiero del suo vecchio insegnante di Trasfigurazione lo faceva fremere di rabbia. Sempre lui, ancora una volta, sul suo cammino. Sempre lui che poneva un freno alla sua sete di potere, che lo combatteva, che reclutava streghe e maghi da ogni parte, che aveva osato rifiutargli il posto da insegnate di Difesa contro le Arti Oscure! Silente, fin dai tempi in cui frequentava Hogwarts, non lo aveva mai apprezzato quanto gli altri docenti. Lo aveva sempre tenuto sotto controllo, indagandolo con quel suo sguardo inquisitore che tanto a fondo sapeva penetrare nell'animo umano. Ma poi, finalmente, anche il grand'uomo aveva commesso un errore! Lasciare che Peter Minus diventasse il Custode Segreto del luogo in cui erano nascosti i Potter! Ma si poteva essere più idioti? Ma quella, si disse Voldemort, era sempre stata la più grande debolezza di Silente: il volersi a tutti i costi fidare delle persone, l'essere convinto che in tutti ci debba essere sempre e comunque del buono. Patetico... Voldemort sputò per terra, carico di rancore. Il mondo non si divideva certo in buoni e cattivi: era una certezza, quella, che lo accompagnava fin da bambino. Il mondo si divideva in forti e deboli, e lui era senza dubbio il più forte di tutti. Ma Peter Minus... Un patetico, piccolo, grassottello ragazzino che per tutto il tempo trascorso ad Hogwarts si era accodato a compagni più affascinanti e brillanti di lui, cercando invano di godere almeno un po' della loro gloria riflessa. Un individuo debole, inutile... Per lui era stato un giochetto corrompere il suo fragile animo e renderlo uno dei suoi servi più fedeli. Con quanta eccitazione si era presentato strisciando al suo cospetto, balbettando che era in grado di rivelargli dove si nascondevano i Potter. Negli occhi di Voldemort era comparso l'ormai consueto bagliore rosso, mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione di trionfo. Finalmente avrebbe potuto liberarsi una volta per tutte di quella lurida feccia babbanofila ed eliminare l'unica minaccia che ancora si frapponeva fra lui e la conquista del potere definitivo. Certo, Severus lo aveva poi implorato, supplicato di risparmiare la donna, ma lui non si era certo lasciato tediare da quelle ridicole lamentele. Gli aveva semplicemente risposto che sì, in effetti, non sarebbe stato necessario uccidere anche lei, ma che molto sarebbe dipeso dalle circostanze. E in fondo, come poi anche il suo fedele Mangiamorte aveva convenuto con lui, il mondo era pieno di donne, no? Non poteva assolutamente permettere che niente lo distogliesse da ciò che doveva fare quella notte. Padre e figlia dovevano morire. Certo, nel frammento di profezia udito da Piton non veniva specificato che si trattasse espressamente di lei, Ketty o Kylie o come diavolo si chiamava. Esisteva anche qualcun altro nato alla fine di luglio e figlio di chi lo aveva già affrontato tre volte. Ma ciò era fuori discussione. Come poteva essere anche solo possibile dubitarne, dopo quello che era successo l'ultima volta che lui e James Potter si erano incontrati, ormai oltre due anni prima? Già allora il suo istinto lo aveva messo sul chi vive. Non aveva mai letto nulla che potesse riguardare faccende del genere, ma come non preoccuparsi? Doveva, per forza di cose, essersi creato un legame. Era stato così sciocco a lasciare che James...Ma qui il suo flusso di ricordi si interruppe bruscamente. Era arrivato di fronte alla casa dei Potter.

James sedeva in silenzio sul divano, con lo sguardo che vagava torvo per il piccolo soggiorno. Aveva litigato con Lily. Di nuovo. Davvero, non era facile trascorrere la vita rintanati in casa, senza poter muovere un passo al di fuori del cancello. Aveva ventun anni, dannazione! Come si poteva pretendere che se ne restasse lì, senza far niente, a rassettare una stanza peraltro già perfettamente in ordine, mentre fuori c'era una guerra, mentre persone innocenti si mettevano in gioco per la salvezza di tutti e morivano ogni giorno? Era semplicemente assurdo. Ciliegina sulla torta, Silente gli aveva anche sequestrato il Mantello dell'Invisibilità. Certo, ufficialmente era per “esaminarlo”. Ufficialmente, appunto. Ma esaminare cosa? Aveva già visto decine di Mantelli. No, voleva tenerlo sotto controllo, voleva impedirgli di uscire. Il vecchio mago era particolarmente inquieto nell'ultimo periodo. Ma cosa mai sarebbe potuto accadere? L'Incanto Fidelius era stato eseguito alla perfezione. La loro piccola villetta a schiera era invisibile a chiunque non fosse stato informato della sua ubicazione dal Custode Segreto, da Peter, il quale, per giunta, viveva nascosto a sua volta. Peter, uno dei suoi migliori amici, con cui aveva trascorso quasi ogni giorno degli ultimi dieci anni. Cosa mai c'era da preoccuparsi, allora? Eppure Lily non condivideva le sue convinzioni. L'inquietudine mostrata da Silente l'aveva intimorita a tal punto da indurla a confessarli il segreto di tante malefatte di James a scuola, rimaste sempre impunite. Gli aveva parlato del Mantello e del fatto che James a volte lo utilizzasse per sgattaiolare fuori. Silente se l'era fatto immediatamente consegnare, senza riuscire a mascherare il suo stupore nell'avere tra le mani un oggetto di tale qualità. James si era arrabbiato moltissimo con Lily, arrivando ad apostrofarla con un assai poco gentile “fifona paranoica”. Poi, ovviamente, se n'era pentito e le aveva chiesto scusa, ma nei modi in cui sua moglie si rivolgeva a lui, negli ultimi giorni, era rimasto un non so che di rigido. Ora era di sopra a cercare di far addormentare Kylie, che quella sera era particolarmente inquieta e aveva trascorso una buona mezzora a lanciare cucchiai di semolino contro il muro. Con un improvviso moto di insofferenza, James si alzò e salì rapidamente le scale, dirigendosi verso la stanza della figlia. Bussò lievemente alla porta. -Lily?- chiamò con voce attutita. -James, entra, ma fa' piano, si sta finalmente addormentando- rispose sua moglie. James aprì con delicatezza la porta, ma rimase sulla soglia, soffermandosi ad osservare quanto di più prezioso aveva al mondo. La stanza era in penombra, illuminata soltanto dalla flebile luce di un'abat-jour posata sulla cassettiera. Lily era in piedi accanto al lettino della figlia e mormorava con voce sommessa una dolce ninna-nanna, che egli riconobbe immediatamente come la stessa che sua madre gli cantava quando era piccolo e che aveva poi insegnato a sua moglie, la quale, essendo nata Babbana, conosceva soltanto buffe nenie che parlavano di befane (qualsiasi cosa fossero), mucche e agnelli.

 

-Bolle, bolle il calderone,

Come sbuffa la pozione.

Vola in alto il Boccino,

La mamma bacia il suo bambino.

Corre svelto l'unicorno,

Tante stelle tutte intorno.

E poi vola la civetta,

ti porta in dono una bacchetta.

Fai la nanna, bel bambino,

Sogna il Pentolone Salterino.

Non sognare cose strane,

Sogna tante Cioccorane.

Dormi bene, mio tesoro,

Sogna di essere Grifondoro!-

 

James aveva sentito quella filastrocca centinaia di volte, fina da quando sua madre l'aveva composta per lui. Eppure, quella sera, gli si formò un groppo in gola e dovette lottare ostinatamente contro i suoi occhi minacciosamente lucidi. Senza far alcun rumore scivolò piano nella stanza, fino ad andare a cingere dolcemente la vita di sua moglie, respirando l'aroma della sua chioma fulva. -James, cosa c'è?- chiese Lily. Cercava ancora di fare la sostenuta, ma si capiva da quella leggera incrinatura che aveva una gran voglia di ridere. -Mi dispiace, Lily. Ci sto malissimo quando litighiamo, lo sai. So che lo hai fatto per il mio bene. Per il nostro bene. Solo che mi sembra d'impazzire a stare sempre chiuso qui dentro! Nemmeno Sirius riesce più a passare a trovarci, visto che deve nascondersi anche lui. Lo sai che suo fratello Regulus è sparito? Silente dice sempre che Voldemort mostra per i suoi seguaci la stessa noncuranza che nutre per le sue vittime-. Lily si voltò a guardarlo in viso con gli occhi pieni di panico -Ho paura, James. Ho tanta paura. Quando finirà?- mormorò, la voce rotta dal pianto, nascondendo il volto nella veste del marito. James la strinse più forte, cercando invano le parole giuste per rassicurarla. Anche lui aveva paura, ovvio. Che ne sarebbe stato di loro? Che ne sarebbe stato di sua figlia? Avrebbe mai potuto avere una vita normale? Si fissarono a lungo negli occhi e l'atmosfera si fese meno tesa. Come al solito, l'un per l'altra erano tutto ciò di cui avessero davvero bisogno. Lo sguardo dell'uomo virò poi sul corpicino di sua figlia, addormentata sotto una spessa coperta di lana, dalla quale spuntavano soltanto alcuni ciuffi di capelli corvini straordinariamente ribelli.Tutto sommato, non aveva molto di cui lamentarsi. Sì, era costretto a restare imprigionato tra quelle quattro mura gran parte del suo tempo, ma nulla avrebbe potuto turbare il rinnovarsi quotidiano del suo amore per le sue due piccole streghette, come era solito chiamarle affettuosamente. Prese sua moglie per mano, dirigendosi verso la porta. Avevano lasciato entrambe le bacchette di sotto e certo non era una buona idea andare a dormire senza averle accanto. Improvvisamente, la magica alchimia di quel momento venne interrotta da un terribile schianto, seguito poi dal suono attutito di passi veloci e nervosi sul selciato del giardino.

 

 

Voldemort sentiva l'eccitazione crescere dentro di sé, mentre il suo stomaco si contraeva ripetutamente. Non era paura, figuriamoci, per quale assurdo motivo lui, il mago più potente del mondo, avrebbe dovuto temere una simile plebaglia? Eppure era inquieto, non riusciva a pregustare il suo trionfo come era solito fare tutte le volte che si accingeva a compiere un omicidio. Non vedeva l'ora che fosse tutto finito. Quando anche quell'ultima, inspiegabile minaccia fosse scomparsa dalla sua strada nulla avrebbe più intralciato la conquista definitiva del potere. Era inutile stare a rimuginare sull'assurdità della cosa, sul perché e sul come quella bambina, poco più che una neonata, rappresentasse un pericolo per lui. “Ecco giungere la sola persona con il potere di sconfiggere l'Oscuro Signore, nata da chi lo ha tre volte sfidato, nata sull'estinguersi del settimo mese...”. Questo era tutto ciò che Severus era riuscito a sentire, prima che il barista della Testa di Porco lo sbattesse fuori, intimandogli di non farvi ritorno. Era senza dubbio abbastanza per metterlo in allarme. Ma di quale tremendo potere avrebbe mai potuto essere in possesso una neonata, per lo più figlia di una Nata Babbana? Questo pensiero non aveva mai smesso di tormentarlo negli ultimi mesi, per tutto il tempo passato a cercare il nascondiglio di quel traditore del suo sangue e famiglia. Quando finalmente, pochi giorni prima, Codaliscia era strisciato al suo cospetto per rivelargli quanto agognava sapere, aveva deciso che, in fin dei conti, scoprire il perché di quella presunta minaccia non era così importante. Ciò che veramente contava era liberarsene una volta per tutte. Rotti dunque gli indugi, si preparò ad attaccare.
-Bomarda Maxima!- esclamò. Immediatamente il cancello della villetta fu scagliato in aria con una violenza inaudita, seguito poco dopo dalla porta della casa. Grida soffocate di panico si levarono dall'interno dello stabile -Lily, è lui! Scappate! SCAPPATE!-
Voldemort non trattenne una risata di fronte a James Potter, il quale si era precipitato nell'ingresso, cercando di fronteggiarlo (cosa già folle di per sé) addirittura senza bacchetta. -Stavolta non hai il tuo Mantello o quell'altra tua stupida casacca a difenderti, eh, Potter?- lo apostrofò con voce stridula e canzonatoria. -Vattene! Lasciaci in pace!- urlò disperato James. Il ragazzo sapeva di non avere alcuna possibilità e di stare vivendo i suoi ultimi istanti di vita; sperava solo di poter guadagnare abbastanza tempo per permettere a Lily e Kylie di fuggire. Improvvisamente, però, lo sguardo gli cadde sul divano del soggiorno e il sangue gli si ghiacciò nelle vene: anche la bacchetta di sua moglie era ancora lì. Disperato, accecato dalla paura, si slanciò in avanti, tentando di disarmare il suo avversario con un pugno. Voldemort lo schivò ridacchiando. -Patetico, Potter, davvero patetico. Sai, in altre circostanze sarei rimasto volentieri a divertirmi un po' con te, ma stasera ho qualcosa di più importante da portare a compimento-. Gli occhi rossi incontrarono quelli nocciola per un breve istante. -Avada Kedavra!- sibilò l'uomo più alto. La maledizione colpì James in pieno petto. Nell'attimo in cui le pupille si dilatavano e la vita abbandonava per sempre i suoi occhi, il suo ultimo pensiero andò a sua moglie e a sua figlia, pregando con tutta l'anima che riuscissero in qualche modo a fuggire. Cadde a terra, giacendo immobile con gli occhi spalancati.
Voldemort scavalcò rapidamente la sagoma scomposta del giovane mago, senza degnarla di uno sguardo. Dal piano di sopra si udiva l'eco di mobili spostati e un raspare frenetico contro la porta, il tutto accompagnato dal pianto sommesso della bambina. Salì le scale due gradini per volta, guidato dai rumori che provenivano dal piano superiore con intensità sempre crescente. La porta della stanza dove la donna si era barricata venne fatta saltare esattamente come quella d'ingresso, rivelando dietro di sé un cumulo di macerie. La donna, evidentemente senza bacchetta, doveva aver tentato di sprangare la porta accatastando tutti i mobili della stanza. Era in piedi, davanti al lettino della figlia, il volto rigato di lacrime ma con incisa un'espressione di risolutezza e coraggio. Voldemort levò la bacchetta, pronto a colpire, quando improvvisamente un pensiero gli attraversò la mente: Severus... sì, aveva promesso di risparmiare la donna, giusto. Non che un'eventuale tentativo di resistenza da parte di quest'ultima lo avrebbe in alcun modo dissuaso dai suoi propositi. -Spostati- le disse freddamente. Lily era paralizzata dalla paura, ma non accennava a muoversi. -Spostati, ho detto- ripeté Voldemort, la cui voce di faceva sempre più acuta e minacciosa. Lily scosse violentemente il capo -No! Ti prego, risparmia mia figlia! Prendi me, ma lasciala stare!-
L'uomo scoppiò nuovamente nella sua consueta risata fredda e crudele, avvicinandosi ulteriormente alla sua vittima. -Te lo ripeto un'ultima volta: spostati, non è necessario che tu muoia, ma togliti di mezzo!-. Lily si rifiutò nuovamente di eseguire quel comando, reggendosi ora più saldamente sulle gambe e spalancando le braccia nel tentativo di proteggere sua figlia. -Sei una stupida, come tuo marito, e meriti di morire. Avada Kedavra!- gridò Voldemort, centrando anche la sua seconda vittima in pieno petto. Lily si accasciò al suolo, esanime, gli occhi ormai vuoti rivolti verso il lettino della figlia. Quest'ultima, che era rimasta in silenzio durante lo scambio di battute tra la madre e Voldemort, riprese a piangere, quasi avesse in qualche modo intuito di essere rimasta sola. L'uomo le si avvicinò, sul volto una feroce espressione di trionfo represso. Per un lungo istante rimase a fissarla, ancora incredulo che una bambina così piccola, all'apparenza perfettamente normale, potesse rappresentare una minaccia per lui. -Oh, beh, immagino che dovrei dire qualcosa di solenne, giusto per sottolineare l'importanza del momento... la mia totale e definitiva conquista del potere!- esclamò con voce stridula Voldemort, la mano che gli tremava leggermente per l'eccitazione – Ma dubito che una stupida neonata saprebbe apprezzare l'onore che le viene concesso nel morire per mano di Lord Voldemort. E Lord Voldemort non spreca le proprie parole. Avada Kedavra!- gridò l'uomo per la terza volta quella sera.

Anche a distanza di anni, Voldemort non avrebbe mai saputo descrivere con precisione cosa accadde la prima volta che tentò di uccidere Kylie Potter. Si sentì letteralmente strappare via dal suo corpo, fu come essere investiti da una potente nube di gas tossico. Improvvisamente non era più se stesso, era ma allo stesso tempo non era, non poteva dirsi morto, ma neppure vivo. Tutta la sua vita gli scorse in un lampo davanti agli occhi, proprio come, dando credito ad un ben noto luogo comune, ci si aspetta da chi si accinge a lasciare questo mondo. Eppure, continuava ad esistere. In quale forma, non è dato sapere. Meno che spirito, pura essenza invisibile ad occhio babbano, eppure era ancora lì, attanagliato da un terrore devastante, ma c'era. Evidentemente, qualcuno dei suoi esperimenti per tutelarsi dal normale decadimento che affligge ogni essere umano doveva aver funzionato. Ancora più incredibile, però, era il fatto che quella bambina continuasse a vivere. Eccola lì, davanti a lui, urlante come non mai, eppure viva e tutto sommato in buona salute, a parte per un bizzarro segno rossastro sulla fronte. Sibilla Cooman aveva dunque previsto il vero? Era forse quello il potere a lui sconosciuto? C'era qualcuno in grado di resistere all'Anatema Che Uccide? Qualunque fosse la risposta a quegli interrogativi, non poteva restare. Doveva fuggire, nascondersi, riordinare le idee e trovare un modo per riconquistare quanto aveva perduto. In preda ad una collera cieca e terribile, si allontanò rapidamente da quel maledetto luogo che era stato testimone della sua sconfitta, urlando nella notte tutta la sua disperazione.

Nemmeno cinque minuti dopo i fatti appena narrati, un altro uomo fece la sua comparsa in Sword Street a Godrc's Hollow. O meglio, apparve, perché qualsiasi Babbano che si fosse trovato ad essere testimone della situazione, avrebbe giurato che era letteralmente spuntato fuori dal nulla.
Severus Piton era divorato dall'angoscia. Al diavolo tutte le norme di sicurezza, al diavolo lo Statuto di Segretezza! Corse lungo la strada con la bacchetta levata, desideroso come non mai di fare presto, ma allo stesso tempo terrorizzato all'idea di quello che avrebbe potuto trovare. Oh, se solo non fosse mai arrivato in fondo alla via! Alla vista di casa Potter il suo cuore mancò un battito. Il cancello e la porta della villetta erano stati fatti saltare e finiti chissà dove, mentre la parte destra del piano superiore della costruzione era del tutto inesistente, quasi fosse evaporato, quasi non fosse mai esistito. Si precipitò dentro, senza chiedersi cosa avrebbe potuto inventarsi qualora l'Oscuro Signore fosse ancora lì dentro a godersi il suo trionfo. I suoi peggiori timori furono immediatamente confermati. Appena varcata la soglia, il suo sguardo si posò sul cadavere ancora caldo di James Potter. Sebbene non fosse certo venuto per salvare lui, non poté fare a meno di fermarsi. La vista del suo odiato rivale che giaceva immobile a terra non gli procurò il piacere che si era sempre aspettato. Quante volte ne aveva immaginato la morte, magari per mano sua! Eppure, non c'era un briciolo di soddisfazione in ciò che provava. Era di fronte ad un uomo che odiava, vero, ma era un uomo morto con coraggio, un uomo che aveva ancora impressa sul volto la disperazione di chi lotta fino alla fine per difendere ciò in cui crede, per salvare quelli che ama. Anche lui si sarebbe comportato allo stesso modo e non poteva certo ignorarlo. Non era così che voleva andassero le cose. Voleva Lily, è vero, Dio solo sapeva quanto la voleva! Ma non così. Non per mancanza di scelta, non per abbandono da parte del rivale. Un rivale che, in fin dei conti, si era dimostrato migliore di lui; un rivale che aveva saputo opporsi al potere devastante del Signore Oscuro con la sola forza dei propri ideali ed era morto pur di difenderli fino in fondo. Cos'era allora quella sensazione che si stava faticosamente facendo strada dentro di lui, compassione, forse? Com'era possibile per lui anche solo pensare di poter provare compassione per James Potter? Cosa diavolo gli stava succedendo?
Tuttavia, la parte di lui che ancora conservava un briciolo di lucidità lo riportò bruscamente alla realtà. Non c'era tempo di perdersi in simili pensieri. Non era per lui che era corso lì quella notte. Con un gesto di stizza scavalcò il corpo del giovane mago e si diresse al piano superiore con tutta la velocità che i resti scricchiolanti delle scale gli consentivano.
La porta dell'unica stanza illuminata sembrava così lontana...
Paura, panico, terrore.
Eccola.
Disperazione, dolore, morte.

Non ci sono parole per descrivere quello che Piton provò in quel momento. Un solo istante, la durata di un battito di ciglia, con lo sguardo posato sul corpo immobile di Lily bastò a gettare un velo incancellabile di rimpianto sui ricordi di una vita intera, quei ricordi a cui tanto ostinatamente restava attaccato, l'unica cosa che ancora lo spingeva ad alzarsi dal letto la mattina, vista la piega che aveva preso la sua vita. Come pesavano ora sulle spalle quei maledetti ricordi! Aveva odiato tutto e tutti, convinto com'era che fossero una minaccia alla sua libertà. Era stato libero, alla fine. Aveva scelto. E il risultato di tale scelta era lì, immobile, davanti ai suoi occhi. Ogni giorno, sul Profeta, poteva leggere di persone scomparse, barbaramente torturate, uccise. Ogni giorno poteva leggere di eroi della sua stessa età, di persone come James e Lily Potter. E lui invece dov'era? Eccolo lì, a piangere sul latte versato, come si suol dire, a nascondersi dietro maghi più grandi e potenti di lui. Certamente, lui era diverso. Più colto, più intelligente, brillante, se vogliamo. Tuttavia, come tutti, si era perso dietro alle proprie fantasie. In fin dei conti, in una vita come quelle narrate nei romanzi, un po' ci credeva, come tutti. E c'era chi l'aveva ottenuta, anche se per poco, quella vita. Ma per lui non era così e non lo sarebbe mai stato. Lui era in piedi, in mezzo ad una stanza completamente distrutta, costretto a contemplare il prezzo pagato per i suoi errori. Niente lieto fine, per lui. Niente bene, neppure la sua personale idea di bene, che trionfa sul male. Improvvisamente, come spesso accade nei momenti in cui siamo maggiormente sconvolti, un pensiero assurdo, quasi surreale, gli attraversò la mente. Capiva ora quell'espressione babbana colta di sfuggita tante volte nelle canzoni che ascoltava suo padre: i tatuaggi fanno male anni dopo, ma soltanto per quello che ricordano. E così era per tutta la sua vita, per tutti i suoi errori. Ogni ricordo costituiva ora un tassello a sé, un gradino ben distinto di quella scala che l'aveva condotto ad essere lì, quella sera, in quel momento. Quanto odio aveva provato e represso in vita sua! Eppure, quella notte come non mai, quell'odio era rivolto tutto verso se stesso.
Con passo incerto si avvicinò al cadavere della donna tanto amata. Cadde sulle proprie ginocchia, prendendo delicatamente tra le braccia il corpo della giovane donna. - Lily... Lily, perdonami! Io... Io non volevo!-. Le lacrime cominciarono a scorrere copiosamente lungo i contorni del suo naso un po' troppo pronunciato. - Vorrei... Vorrei solo essere morto io!- gemette, accarezzando con aria assente quella chioma fulva che tanto aveva infestato i suoi incubi negli ultimi anni.
D'un tratto il silenzio opprimente che regnava nella stanza fu rotto da un piccolo singhiozzo. Severus trasalì. Che il Signore Oscuro fosse ancora nella stanza, pronto a colpire anche lui? Non che la cosa avesse più alcuna importanza, a quel punto. Il suo sguardo fu però attirato da qualcosa che si muoveva tra i resti del lettino. Appoggiò delicatamente Lily a terra e si avvicinò a quel cumulo disordinato di lana e legno. Impossibile. Non poteva essere vero. Davanti a lui, singolarmente tranquilla e incredibilmente incolume, c'era una bambina che lo fissava con gli occhioni spalancati. E che occhi, poi! Gli stessi di sua madre. Occhi affusolati, con un che di felino, di un colore indefinibile, tra l'azzurro e il viola, che mutavano a seconda dell'umore della proprietaria. Occhi che non avrebbe mai potuto dimenticare. Piton fissava attonito la piccola Potter, incapace di credere che fosse ancora viva. Il Signore Oscuro doveva essere lì, allora! Pronto a colpire, a finire il proprio lavoro. Istintivamente, sollevò la manica sinistra della veste. Sopresa e incredulità si impadronirono nuovamente di lui. Il Marchio Nero non c'era più. O meglio, c'era, ma era ridotto a poco più di un'ombreggiatura, un tratteggio sbiadito, un fantasma di quello che era stato fino a pochi minuti prima. -Non è possibile...- mormorò. Spostò nuovamente lo sguardo sulla bambina e stavolta la sua attenzione venne attirata da un segno rossastro che aveva sulla fronte. Una cicatrice. Ma non una cicatrice qualunque. Una Cicatrice da Anatema. Una sottile saetta sul lato destro della fronte era tutto ciò che restava dell'Anatema Che Uccide evidentemente scagliatole contro poco prima? Ma com'era possibile tutto questo? Che ne era stato di Voldemort?
Ancora attonito, Piton allungò debolmente un dito per scostare i capelli dalla fronte della bambina ed osservare meglio quell'incredibile segno. Tuttavia, questo non gli fu possibile. La piccola tese le manine e afferrò il suo indice destro, scoppiando in una tenera, deliziosa risata di bambina. Piton si sganciò bruscamente dalla presa, infastidito da quel contatto. - Sei una stupida - apostrofò la sua giovane interlocutrice – Esattamente come tuo padre. Non ti sei minimamente resa conto di quello che è successo. Potrei essere qui per ucciderti e tu che fai? Ridi – borbottò, conscio dell'assurdità delle proprie parole, ma desideroso come non mai di scaricare la sua frustrazione su qualcun altro. Si alzò, pronto ad andarsene. Non aveva più alcun motivo di restare lì. Presto sarebbe venuto qualcuno a vedere cos'era successo e non era certo il caso di farsi trovare lì. Forse turbata da quel movimento repentino, Kylie cominciò a piagnucolare. Piton si voltò, indeciso sul da farsi. Lentamente, senza saper motivare neppure a se stesso un simile comportamento, tornò sui suoi passi, accostandosi ai resti del lettino. Prese delicatamente in braccio la bambina, tenendola però ben distante dal proprio corpo. -Non preoccuparti- le disse, stavolta in tono più rassicurante – Presto qualcuno sarà qui ad occuparsi di te. Non ti accadrà nulla di male- concluse. Fece per rimetterla giù, ma poi ebbe un ripensamento – Vedi di restare viva, capito? Tua madre è morta per proteggerti, glielo devi. Io ti proteggerò. Non permetterò che ti accada nulla. Onorerò il mio debito -
Forse avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma fu bruscamente interrotto dal rombo di un motore in lontananza. “Black e la sua dannata moto”, pensò. Che fare? Black era il Custode Segreto dei Potter, per quanto ne sapeva lui, e la piccola era senza dubbio in pericolo. Ancora indeciso se restare o meno, venne però rassicurato dal passo pesante del pilota appena smontato dalla moto e dalla voce profonda che chiamava a gran voce James e Lily. “E' Hagrid”, pensò. “Deve averlo mandato Silente”. Depose nuovamente la bambina tra i resti del suo letto e, con un ultimo sguardo alla sua amata Lily, si Smaterializzò.

Un paio d'ore dopo Rubeus Hagrid atterrava in Privet Drive con la moto presa in prestito da Sirius Black. Ad attenderlo trovò Albus Silente e Minerva McGranitt che parlottavano tra loro a bassa voce. - Santo Cielo, Hagrid! C'era bisogno di fare tutta questa confusione? Abbiamo già un bel da fare a mantenere la segretezza, con festini che spuntano in ogni dove, senza che ti ci metta anche tu con quell'arnese infernale!- esplose la professoressa McGranitt, una donna alta e dall'aria austera. -Mi scusi, professoressa- bofonchiò Hagrid – E' che non ci stanno scope abbastanza grandi per me -
In effetti, Hagrid era alto due volte un uomo normale e aveva l'aria di pesare almeno il triplo. La McGranitt scrollò le spalle e si rivolse al mago alto dalla lunga barba argentea - Albus, sei sicuro di volerla lasciare proprio qui? Ho osservato questi Babbani tutto il giorno e sono rimasta letteralmente disgustata. Non sarà di sicuro bene accetta in questo posto-
- Minerva, ne abbiamo già parlato. Kylie ha bisogno di tutta la protezione possibile, in questo momento, e non c'è luogo migliore di dove è ancora vivo il sangue di sua madre- rispose Silente, con un tono che non ammetteva repliche. Ancora dubbiosa, la donna scostò dolcemente le coperte che avvolgevano la bambina ancora in braccio ad Hagrid. - Somiglia tutta a Lily – mormorò, mentre gli occhi le si inumidivano nel ricordo di una delle sue studentesse preferite – Ma i capelli no, quelli sono di James, inconfondibilmente ed ostinatamente spettinati. Povera piccina... Ti aspettano anni difficili qui, sai? Tieni duro, presto potrai fare ritorno – concluse, storcendo bizzarramente il naso, quasi a voler scacciare un fastidioso prurito.
- Bene, non perdiamo altro tempo – li esortò Silente. - Hagrid, controllati, sei peggio di una mandragola – intervenne la professoressa McGranitt rivolta al terzo componente del gruppetto, che singhiozzava ormai senza ritegno. Senza proferire altra parola, si avvicinarono rapidamente alla porta del numero 4 della via, lanciandosi occhiate nervose alle spalle per essere sicuri non incontrare sguardi indiscreti. Deposero con delicatezza la bambina sull'ultimo scalino, mettendole tra le mani una lettera indirizzata a Vernon e Petunia Dursley. Con un'ultima occhiata alla porta immacolata della villetta a schiera, sparirono nella notte.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ravenclawer88