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Autore: Feade    30/03/2004    1 recensioni
Un'elfa. Un elfo. Un bosco, un regno, un fratello. Una barriera, una baia, un'isola. Due luci si accesero all'orizzonte....due speranze.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti amo

Il racconto di Laurelin e Telperion

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Ciao a tutti mi presento, sono Feade! Visto che non siete tonte credo che abbiate capito che sono nuova da queste parti e che questa e la mia prima fanfic! Per cui siate clementi, per favore.

 

Il primo capitolo forse è un po’ lungo, ma il bello (secondo il mio autorevolissimo parere) viene dopo.

Cioè una mia amica ne ha già letto un pezzo e la trova fantastica, ma sapete come sono le amiche……!

 

Quindi confido in voi, nei vostri commenti e in Legolas, che non c’entra niente però è figo! Certo non che Aragorn sia da meno. Ma lasciando perdere queste cose………vi saluto e vi invito a esclamare con me: <> J ciao.

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Laurelin

 

- Ti amo! -

Voleva porgli alcune domande, ma dalla sua bocca non uscivano suoni.

- Ti amo! -

“Perché non riesco a parlargli?” pensò fra se: per lei il bisogno di risposte era assillante.

- Ti amo! -

Non riusciva a rispondergli e, con la voce che finì in un’eco, urlò invano: “Come ti chiami, chiami, chiami, chiami…..”

- Svegliatevi mia signora, svegliatevi! -

- Eryn, Eryn dov’è quell’elfo, l’elfo che mi ha detto…… -

- Cosa le ha detto mia signora? -

- Niente……niente Eryn, lascia stare, era solo un sogno. -

 

Laurelin, così si chiamava la dama della baia del Belfalas, come l’albero della Luna a Valinor, il cui nome significa “canto d’oro”. Il suo nome rispecchiava la limpidezza, la bellezza, la dolcezza della sua voce che solo l’antica Luthien Tinuviel poteva superare.

La fama della sua voce era arrivata sino ai confini di Valinor, ma nessuno, tranne i Valar e alcuni elfi, l’aveva mai sentita, per cui rimase una leggenda.

Laurelin viveva solitaria con la sua ancella, nonché amica, Eryn. La sua solitudine era dovuta al fatto che i suoi genitori, entrambi della casata dei Lindar (“cantori”: Teleri), volevano tenerla con loro e prima di morire la segregarono sulla costa della baia, a sud di Dol Amroth, che delimitarono con una barriera invisibile e insuperabile da lei e da esseri maligni, dove rimase rinchiusa per ben 2000 anni cosicché non potesse correre pericoli.

La sua storia col tempo si trasformò in favola e da favola in leggenda e molti abitanti della Terra di Mezzo compirono lunghi viaggi alla ricerca della fanciulla prigioniera; molti di loro sostenevano di averla vista e la descrivevano come un candido angelo dalle immense ali bianche o come una fattucchiera che attirava le sue vittime col suo canto.

Ma tutto ciò non era vero. I suoi capelli erano biondi come l’oro, la sua pelle candida come la schiuma delle onde che s’infrangono sulle scogliere, i suoi occhi sembravano aver catturato la luce dei due alberi dell’isola obliata, la sua figura esile ricordava i giovani salici che si tendono dolcemente verso l’acqua e la luce che emanava era come il sole nell’oscurità; tutto questo aveva un prezzo: lei era come il cristallo, bastava un solo tocco per deturpare quel perfetto quadro di eterea bellezza.

Eppure in quei giorni la luce dei suoi occhi era diminuita; la sua anima era triste, si sentiva sola con le sue abitudini troppo monotone anche se piacevoli.

Laurelin, sulle spiagge della baia, soleva cantare storie antiche con animali di ogni genere: pesci mai visti, con colori simili all’argento e all’oro, guizzavano allegri nell’acqua, la quale venne chiamata dall’elfa, Nen Celeb cioè “acqua d’argento”; uccelli variopinti cinguettavano motivetti allegri e gli alberi rendevano l’atmosfera fresca con un leggero frusciar di foglie; a seguito di una pioggia il frusciare lasciava cadere leggere gocce d’acqua che, accarezzate da sottili raggi solari, creavano una cortina di luce dai riflessi dorati. Anche Eryn accompagnava i canti, ma la sua voce, seppur dolce e melodiosa, non eguagliava quella della sua signora.

 

Nonostante tutto Laurelin sentiva l’impellente bisogno di andarsene, di uscire da quella prigione invisibile.

- Mia madre disse prima di morire: “Nessuno ti farà del male finché questa barriera ti proteggerà. La barriera verrà infranta……….”; sono sicura che il resto della frase conteneva la soluzione per distruggere la barriera, purtroppo non ricordo quelle parole. -

- Non ti preoccupare, troverai la soluzione a questo tuo enigma! - interloquì Elatan, - Noi elfi di Tol Falas ti aiuteremo e non ti abbandoneremo mai, sei come una figlia per noi. -

- Grazie senza il vostro aiuto non ce l’avrei mai fatta a resistere. -

- Ti ricordi quando ti abbiamo trovata, per caso, nel bosco? -

- Si, mi avete puntato gli archi contro credendo che fossi una preda - rise dolcemente.

- Tu piangevi  perché eri spaventata e sola, eri ancora piccola! -

- Poi tu mi presi in braccio e io cominciai a tirarti i capelli perché volevo difendermi e…… -

- Ti addormentasti tra le mie braccia. Comunque eri brava a tirare i capelli, avevi una forza incredibile per la tua età! -

- Scusa, ma tu cosa avresti fatto se un gruppo di venti elfi sconosciuti ti avessero puntato contro gli archi nell’azione di colpirti?! Poi mi spaventai ancora di più quando tentasti di portarmi via  dalla baia. -

- Mi dispiace, ma non potevo saperlo. Quando salii sull’imbarcazione tu mi cadesti dalle braccia come se ci fosse stato un muro; solo allora capii che la tua esistenza era segnata da un sortilegio. -

- Non scorderò mai quello che vidi al contatto con la barriera: morte e distruzione. Ma li c’eri tu: una luce nell’oscurità; così cantai. -

- Da quel giorno non ti abbiamo mai abbandonata! Tentammo di tutto per distruggere quel muro, ma non ci riuscì nemmeno Mithrandir. -

-Forse dovrei smettere di sognare e convincermi che sono destinata a questa prigione invisibile. -

- Non dire così, non pensarlo neanche: non devi smettere di sperare! -

Le baciò la fronte come un padre alla sua figlia, le sorrise teneramente e lentamente si diresse verso la spiaggia.

 

Elatan era il capo degli elfi della vicina isola di Tol Falas, dalla quale molti di essi portavano viveri e doni per Laurelin che in cambio li deliziava col suo canto. Lui era molto attaccato all’isola fin dai tempi antichi (era figlio di un Primo Nato) e a tutti gli elfi nati lì. Inoltre conosceva ogni segreto dell’isola.

Molte volte lei aveva chiesto di raccontarle come fosse l’isola e la descrizione era sempre la stessa, ma non le importava, le bastava sognare.

Così ogni volta Elatan diceva:

-Tol Falas ha tre punte sulle quali ci sono altrettanti porti: a sud ovest Dinlond, “porto silenzioso”, ormai in disuso perché affacciato sul mare esterno dove navighiamo molto raramente e dal quale un giorno partiremo per l’Isola Perduta; a sud Eldalond, “porto delle stelle”, dov’è situata la torre osservatrice dalla quale si può ammirare lo splendore della volta celeste notturna; a nord Alqualonde, “porto dei cigni”, in memoria dell’antico porto dei Teleri in Aman. L’isola è circondata da spiagge con una sabbia bianca e fine, simile a minuscoli diamanti che, per i suoi riflessi cristallini, poniamo su oggetti, gioielli e armi; nell’entroterra collinare crescono prati di un verde rigoglioso e una piccola foresta di salici, Taur Tathren “foresta del salice”, dove gli elfi dell’isola, elfi Sindar o Teleri, si ritirano spesso per meditare (il che può durare per intere settimane) oppure per chiedere o dare consigli agli Ent nati lì.

A Tol Falas non esiste una città, anzi la città è Tol Falas stessa: noi elfi abbiamo costruito le nostre case  in luoghi diversi dell’isola, per cui non c’è un posto con un’alta concentrazione di abitazioni e di conseguenza non c’è una città. Le nostre case sono esternamente piccole ma dentro, come per magia, direbbero gli uomini della Terra di Mezzo, sono talmente spaziose da ospitare comodamente tre famiglie di elfi. Nelle case l’atmosfera è calma e gioiosa allo stesso tempo, si medita e si gioca e la sera, nella stanza del fuoco, nel cui camino arde una fiamma eterna ed eterea, si narra e canta di tempi antichi, gloriosi eroi, storie d’amore, di solitudine che parlano di elfi, mezz’elfi, uomini, mezz’uomini, Valar e, molto raramente, dei nani. Questa atmosfera ricorda, volutamente, la piccola casa del gioco perduto, “Mar vanwa tyalieva”, di cui si ricorda una poesia che descrive la spensieratezza di quel posto a Tol Eressea:

 

“Un tempo sapevamo quella terra, Tu e Io,                                  

    e una volta là vagando siamo andati                                           

nei lunghi giorni da lungo tempo nell’ oblìo                                  

    una bimba bruna, un bimbo con i capelli dorati.                       

Forse per i sentieri del pensiero al focolare                                       

    nella stagione fredda e bianca,                                                  

o nelle ore intessute di blu crepuscolare                                       

di piccoli letti presto rimboccati                                                   

d’ estate nella notte stanca,                                                         

nel Dormire tu e io viaggiammo sicuri                                               

    e là ci siamo incontrati,                                                           

sulla vestina bianca i tuoi capelli scuri                                       

    e i miei biondi arruffati?                                                      

                                                                                      

Camminavamo timidi per mano,                                                 

in sabbia d’ oro tracce di bambino,                                                     

raccoglievamo perle e conchiglie nei secchielli                              

e tutt’ intorno cantavano gli uccelli,                                           

    gli usignoli in alto tra le fronde.                                                   

Scavammo a cercare argento con le pale

Cogliendo scintillii di sponde,

poi corremmo a riva lungo ogni radura erbosa

per scoprire la tiepida viuzza tortuosa

che ora non sappiamo più trovare,

    tra gli alti alberi e il loro sussurrare.

 

Non era notte, non era giorno compiuto,

ma un crepuscolo perpetuo di luci soffuse

quando la prima volta allo sguardo si dischiuse

    la Casa Piccina del Gioco Perduto.

Pur vecchissima, appena innalzata,

bianca, e il tetto di paglia dorata

    con i trafori di grate per spiare

        che guardavano verso il mare;

c’eran la nostre aiuole di bambini,

i non -  ti - scordar che ornano i giardini,

margherite rosse, senape e crescione,

    e ravanelli per il tè…

Là tutti i lati, adorni di bosso,

erano colmi dei fiori preferiti: il flogo,

il lupino, il garofano e l’ altea,

    sotto un albero di maggio rosso;

la gente invadeva i giardini

e parlava i propri linguaggi bambini,

    ma non con Me e Te.

 

Perché certi, con argentei innaffiatoi,

    si bagnavano le vesti tutte intere

o spruzzavano gli altri; alcuni poi,

per costruire case, città piccole o dimore

    negli alberi, stendevano il progetto.

Certi si arrampicavano sul tetto;

altri cantavano, soli e isolati; o in tondo

qualcuno danzava i cerchi delle fate,

avvolto in ghirlande di margherite

    e c’ era chi stava in inchino profondo

dinanzi a un piccolo re che di bianco s’ abbigliava,

la corona di calendule; e cantava

    le strofe di tanto tempo fa…

Ma due piccoli bimbi affiancati,

teste vicine, capelli mescolati, 

    camminavano qua e là

per mano ancora; e quanto tra loro si diceva

prima del Risveglio, che separarli doveva,” ……-

-……”solo noi conosciamo, ora e qua.”- diceva l’elfa accompagnando la voce di Elatan.

 

Poi l’elfo proseguiva:

- Noi di Tol Falas svolgiamo ogni lavoro possibile e immaginabile, ma siamo soprattutto portati per la navigazione e la fabbricazione di oggetti che mirano ad eguagliare i Silmarilli ormai perduti.

La vita è calma, forse troppo monotona, di sicuro l’ideale per la nostra stirpe anche se quest’ultima anela sempre di più all’isola persa di Valinor, dove un tempo crescevano rigogliosi i due alberi del Sole e della Luna.-

 

Era incredibile come quell’elfo descrivesse l’isola; se qualcuno non l’avesse mai vista si sarebbe immaginato un paradiso e così era.

Purtroppo Laurelin era una di quei “qualcuno” che non l’avevano mai vista.

E continuava a pensarci: lei era costretta ad osservare quella splendida isola dalle rive della baia ogni giorno, ne conosceva tutti i vari profili e le diverse ombre che si spostavano durante il giorno a celare alcuni suoi angoli; non ce la faceva più.

Quei 2000 anni che per gli elfi erano passati con immensa velocità, per lei erano stati lunghi e interminabili……eterni come lei stessa.

 

- Elatan - chiamò singhiozzando, - Elatan, ti prego, aspetta. -

L’elfo quasi arrivato alla barca si voltò.

Si accorse della strana reazione della ragazza e corse da lei.

Inginocchiandosi l’abbracciò e lei si rannicchiò contro il suo petto.

- Laurelin, piccola…… -

- Ti prego Elatan, non lasciarmi. - disse mentre il pianto diventava più violento e il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi, - Ho paura! Non voglio rimanere sola; sono stanca di rimanere rinchiusa in questo posto. Resta per favore, resta! -

Rimase tra le braccia dell’elfo, che in tutta la sua lunga vita non aveva mai visto piangere così uno della sua stessa razza.

Il pianto diminuì

- Resta. - sussurrò.

Elatan sospirò tristemente.

- Non ti lascerò - disse alzandosi e prendendola in braccio.

Guardò il cielo stellato.

- Questa notte starò con te e Eryn - le sussurrò.

- Grazie. - disse in un sospiro addormentandosi.

Elatan chiamò uno dei tre elfi che lo stavano aspettando alla barca.

- Avvisa mia moglie che tornerò domani, lei capirà. -

- sarà fatto. -

Gli elfi salutarono il loro capo e partirono alla volta di Tol Falas.

 

Elatan portò Laurelin fino alla casetta e la depose sul letto.

Eryn, che non aveva assistito all’accaduto, lo guardò interrogativamente.

- Resterò con voi questa notte. - disse con un cenno del capo verso l’elfa addormentata.

Eryn annuì.

- Puoi dormire nel mio letto. - disse.

- No, grazie. Io resto accanto a Laurelin. - disse cercando qualcosa da mettere sul pavimento per stendersi.

L’elfa sorrise.

- Aspetta. - sparì nella stanza adiacente e ricomparì con quattro coperte.

L’elfo era dubbioso.

- Quattro? - chiese.

- Certo: due per sdraiarsi, una come cuscino e una come coperta! Io penso a tutto! - disse sottovoce per non disturbare la ragazza.

Eryn andò a dormire nella sua stanza augurando la buona notte.

Elatan si preparò il giaciglio accanto al letto di Laurelin e vi si stese sopra prendendo la mano di lei nella sua.

L’amica di Laurelin fece capolino dalla porta. Sorrise e la richiuse.

Laurelin sognò.

 

 

CONTINUA……

 

COMMENTATE!!!!!!!!!!!!!!!

Please! Si ammetto che questo capitolo è un po’ noioso, ma i prossimi sono un pò più…………………….OK!

Secondo il mio parere.

Ma, vedete voi………..CIAO!

 

 

 

  
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