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Autore: chingycuba    18/12/2011    0 recensioni
Leyse è una giovane mezzelfo, l´unica in tutta la terra del Galen. La sua vita è costantemente minacciata dalla continua avanzata di un essere: Focros. La decennale guerra per il dominio del mondo conosciuto la costringerà a scappare dal suo villaggio, portandola ad affrontare un lungo viaggio attraverso terre di cui non conosceva l´esistenza. Un enorme potere la renderà protagonista di insidiose avventure alla scoperta di se stessa. Per poi arrivare alla consapevolezza di essere l´unica in grado di salvare il mondo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Alle prime luci dell´alba un frastornante rumore di metalli, fece svegliare tutti al villaggio.

Un corteo di soldati avanzava lentamente, trasportando carri e brandine. Erano gli uomini del villaggio di ritorno dalla battaglia. Il loro morale era basso. Erano stati sconfitti. Tutti accorsero ad aiutarli: c´era gente mutilata o fasciata dalla testa ai piedi, chi gemeva dal dolore e chi, trasportava i corpi esanimi dei loro commilitoni.

Leyse, come tutti in casa, balzò giù dal letto affacciandosi alla finestra: Il corteo si era fermato, e come una macchia, le persone si erano riversate nella strada circondandoli.                                                                                                               

Corse, giù per le scale, attraversò il salotto, e i pochi istanti fu fuori. Cercò di farsi strada tra la folla;  e l´angoscia l´assalì … dov´é Nigar?                                             

Si guardò attorno sperando di trovarlo, ma niente.       

 In lontananza, in fondo alla strada due figure iniziarono a emergere dalla nebbia. Reggevano una branda, su di essa una figura giaceva immobile.                         

Leyse rimase come impietrita per alcuni istanti. Dall’insanguinata branda il braccio di un uomo pendeva. Il fiato le si mozzò in gola: riconosceva quegli spallacci di cuoio.

Corse con tutta la forza che aveva: le lacrime le scendevano rigandole il pallido volto. Cacciò un urlo «No… papà!».                                                                                                                   

I due uomini vedendosi venire in contro la ragazzina si fermarono: Nigar era disteso, privo di sensi. Insanguinate fasciature, gli avvolgevano il busto. Perdeva molto sangue e il suo volto era bianco cadaverico. Leyse tentò di abbracciarlo, ma fu fermata.Si dimenó,  piangendo disperatamente.                       

 Semar e Adua sopraggiunsero alcuni istanti dopo.                                                                            

 Adua rimase immobile lacrimante; Semar si avvicinò al figlio. Appoggiò per alcuni secondi la mano al volto dell´uomo: guardò i due soldati e disse con premura:«Portatelo dentro, presto!»

In pochi minuti i due portarono Nigar all´interno della capanna; lo appoggiarono su un incerto giaciglio nella stanza. Semar corse alla dispensa, estrasse un vasetto impolverato da uno scaffale e corse verso il figlio.                                                                                                                  

Delle erbe secche profumarono in pochi istanti la stanza; Semar tagliò le fradice fasciature, rivelando il corpo dell´uomo: un grande squarcio si apriva lungo l´addome. La donna tentò di fermare il sangue facendo pressione con le mani ma nulla. Lo cosparse di erbe e rifasciò la ferita.                                                                   

«Questa non basterà» borbottò Semar con gli occhi lucidi «C´é bisogno di un medico … e qui al villaggio non ce ne sono» Leyse all´esterno continuava a piangere ,tenuta a se da quel soldato. Voleva correre da Nigar; dirgli che gli voleva bene; che avesse paura; e che non poteva vivere senza di lui. 

 Semar uscì pochi minuti più tardi, seguita dai due soldati.                                                                                                                               

 Leyse si divincolò dalla presa dell´uomo. Corse verso Semar e l´ abbracciò piangendo. Alzo lo sguardo, cercando negli occhi di Semar una risposta.                                                                                                      

«Si, Leyse ma é debole, molto debole.», tentò di rasserenarla Semar.                                                     

 Leyse si staccò e si diresse verso il padre: Adua era lì, immobile vicino al giaciglio.  Si gettò al capezzale del padre, pianse.

 Passarono ciò che restava della notte così, ferme, pronte a intervenire in qualunque momento. Più di una volta Leyse cambiò le fasciature, che come prima grondavano di sangue.

 

Al tramonto un piccolo esercito avanzava verso il villaggio; capeggiato da un´esile figura coperta da un bianco mantello, in sella a un imponente renyan.                              

 La misteriosa figura si avvicinò a un vecchio in prossimità di una torretta; «Vi prego, ditemi, dove posso trovare Sir Nigar.», espresse una lieve voce femminile.            

L´uomo guardò incuriosito:«Chi siete?»                                                                                       

La misteriosa figura si scostò il mantello: una dorata corona svettava sulla chioma bionda di una giovane donna.         

 «Sono Dahart, sovrana del Lerid», la regina non ebbe neanche il tempo di finire che il vecchio Ogar si gettò in ginocchio.                                                                                        

 «Scusatemi vostra maestà, perdonatemi. L´uomo da voi cercato abita in fondo  al molo, sulla spiaggia, é tornato malridotto dall´ultima battaglia.» «Allora non c´é tempo da perdere, portate questi medici dove c´é bisogno. Voi Vallár, venite con me!», fece a uno strano individuo in sella a un grasso renyan.                    

Dahart spronò la bestia ed essa avanzò con passo veloce.                                             

 

La sovrana bussò: due tocchi.                                                                                         

 L´unico rumore proveniente dalla casa era quello dello scoppiettare del fuoco.  

Un’anziana donna aprì la porta: i suoi occhi azzurrini si erano incupiti e arrossiti dal troppo piangere. Si leggevano chiaramente la disperazione e la stanchezza di chi ha tentato, ed ha fallito, di chi si é arresa all´ormai irrimediabile destino del figlio.                      

«Vo, vostra Maestà», Semar non riuscì a esprimere altro.

«Semar, non disperate» disse in tono di conforto la regina.«Lasciate che Vallár curi le sue ferite».  

 Il misterioso individuo si scoprì: Una magra figura dalle lunghe orecchie appuntite e dai lunghi capelli bianchi legati in una treccia si rivelò.                                                                

 Leyse e Adua rimasero a fissarlo nella sua avanzata dall´ingresso, dietro di lui una ragazza, morbidi boccoli dorati contornavano il suo roseo viso.

Quell´essere era un elfo. Nigar le aveva spesso parlato di quelle creature, del loro mondo e del legame che riuscivano a creare con la natura.  

L´elfo si avvicinò a Nigar: tagliò le umide fasciature. Una profonda, fresca ferita grondava di sangue. Vi appoggiò la mano destra.                                                                         

«Questa é stata inflitta da un icá-en, le loro lame sono intrise dalla magia oscura, queste armi non feriscono solamente. Infettano il corpo!», posò entrambe le mani; socchiuse gli occhi e iniziò a pronunciare parole incomprensibili a bassa voce.                    

 Dal suo palmo un caldo lampo di luce si sprigionò.                                                               

 Leyse rimase come incantata, assopita dal tenue calore prodotto dal costante lampo rossiccio.                                                                                                                                 

La ferita si stava rimarginando lentamente.                                                                                   

 L´elfo fece molta fatica a mantenere la concentrazione. I suoi occhi si spalancarono, fissando la spoglia parete di fronte.

Adua era quasi terrorizzata; Semar guardava sbalordita. Pochi istanti e la ferita si sarebbe richiusa completamente. L´elfo vacillò perdendo la concentrazione: la ferita si riaprì.

 Quell´individuo era chiaramente stanco, ma chiese un ultimo sforzo alle sue mani. Il lampo di luce riapparve più forte e intenso di prima. La ferita riuscì a richiudersi.                                                                                      

 L´elfo si drizzò con fatica:«Sono riuscito a rimarginare la ferita, ma il veleno pervaderà per sempre il suo corpo. Ha bisogno di molto riposo e, temo non possa più proseguire nella carriera militare... ».L´elfo fece un veloce inchino, e uscì silenzioso. Semar non smise più di ringraziarlo.                                                                                                                     

Leyse si avvicinò al padre, lentamente il volto tornò roseo. Prese la sua calda mano e la tenne stretta.    

Dahart si sedette. Guardò Nigar, poi fu attratta dall´insolita ragazzina dinanzi a lei. Dahart non aveva mai visto un elfo dai capelli rossi. Distolse lo sguardo e parlò.                                                                                                                          

«Vostro padre é stato un eroe, eravamo inferiori numericamente e i konradiani ci hanno attaccato dal mare, e dalla steppa. Nigar mi é sempre stato accanto, se non fosse stato per lui, sarei morta per mano di uno di quegli mostri.» si alzò, «Ha fatto più del suo dovere, é tempo che si riposi.»; fece un elegante inchino, si avvolse nel mantello e uscì accompagnata da Semar.                                                                                               

 Leyse quasi non fece caso a ciò che la regina aveva detto; sapeva che suo padre era un eroe, e non aveva bisogno che qualcuno glielo dicesse. Tenne stretta la mano del padre e giurò a se stessa: sarò io a proteggerti adesso!

I mesi passavano e le giornate si facevano più corte; l´inverno era ormai alle porte. Nigarn era riuscito  lentamente a riprendersi e nel villaggio tornó la precaria quiete.

Adua aprì la porta della capanna con dei ceppi di legno in mano. Un vento caldo l´avvolse .Chiuse velocemente la porta dietro di se, lasciando che le cerniere cigolassero. Appoggiò a terra i tozzi di legno e si avviò verso la cucina. Sul solito vecchio tavolo Leyse era appoggiata, con il mento sulle braccia conserte: guardava immobile Nigar sorseggiare del vino.

«Leyse, non dare fastidio a nostro padre»

Leyse quasi rispose, ma fu fermata da un gesto di Nigar.

«No, Adua, no», disse pacatamente «non è un fastidio», proseguì sottile.

Leyse guardò Adua con un sorrisetto arrogante, contenta che il padre avesse preso le sue difese.

Adua attizzò il fuoco facendo scoppiettare le braci. Avanzando verso la cucina urtò l´armatura di Nigar, accantonata in un angolo.«Padre, manca la vostra spada!»

Nigar mandò giù un altro sorso.«l´ho perduta»,tossì, «persa in battaglia», fissò il bicchiere ruotandoselo tra le mani.«Che cos´é un cavaliere senza la sua spada? Senza la sua forza? Senza onore!».Appoggiò con brutalità il bicchiere sul tavolo.

Leyse sussultò, ignara.«Papà?»

«Andate a letto!»>

«ma?»

«A letto ho detto!»,intimò con rabbia alle figlie.

Leyse si allontanò, scrutando il padre. In lui vedeva un valoroso cavaliere, che aveva combattuto con coraggio, e che era caduto con onore. Ma questo non sembrava lo stesso pensiero dell´uomo seduto dinanzi a lei.

Si avviò silenziosa verso le scale, preceduta  dalla sorella, lasciando Nigar seduto ad affogare i suoi problemi nel vino.

  
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