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Autore: Jen92    19/12/2011    1 recensioni
"Ed è stato in quell’istante che ha deciso che sì, anche lui avrebbe imparato come muoverlo. Sarebbe stata la sua chiave per il successo, il colpo di genio che da tempo rincorreva."
Cosa può essere disposto a fare un ragazzo innamorato per dar voce ai suoi sentimenti? Leggete e scopritelo. Ovviamente, recensite ^^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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"Time to play."

Chapter II
Explain.

 
Si volta. Per forza, non può evitare. Eppure è una lentezza esasperante quella che lo conduce ad incrociare lo sguardo di lui. Il suo migliore amico. Quell’adorabile guastafeste che al momento lo sta fissando neanche fosse sul punto di morire, colpito da chissà quale rarissima ed incurabile malattia.
L’espressione di Harry ha qualcosa di comico, senza dubbio. Gli occhi sgranati, il sopracciglio inarcato, le labbra schiuse e l’aria di chi davvero non sta capendo nulla. Ed intendiamoci, potrebbe anche avere ragione.
Il fatto è che trovare Ronald Bilius Weasley seduto ad un pianoforte, metterebbe a dura prova i nervi di chiunque. Ed è assolutamente comprensibile se il moro si stia chiedendo se è ubriaco o meno.
Ma no, in ogni caso gli si risponderebbe che più sobrio non potrebbe essere. E che quello che ha davanti agli occhi è vero.
Lo fissa allora, cercando di mettersi in volto una maschera di pura tranquillità. Come se non stesse assolutamente facendo nulla di male. O meglio, di anormale. Ma è abbastanza inutile sottolineare quanto non gli riesca affatto. Al contrario, sembra il classico bambino beccato con le mani dentro alla marmellata. E quando parla, le parole sono inframezzate da un tono imbarazzato e da un balbettio che la dicono lunga su come davvero si senta in quel momento. Braccato, in gabbia. Scoperto.
-Io.. Beh, ecco, io.. –
Nulla più di questo dalle sue labbra, mentre una certa ansia comincia a salire. E se qualcun altro lo avesse sentito? Se alla fine non era davvero solo come credeva? Cosa potrebbe dire in sua difesa?
La mente comincia a lavorare febbrile, ma quel che partorisce è solo un ammasso di pensieri sconnessi. Ed intanto il ragazzo in piedi accanto allo stipite della porta del salotto ha cominciato ad avanzare, aumentando e non di poco la pressione sulle spalle del povero rosso. Ogni passo è una goccia di sudore in più, un respiro affannato ed un secondo in meno per pensare. Nel mentre, sul viso ancora quell’aria fasullamente sfacciata, quasi scocciata dall’essere stato interrotto. O perlomeno, è quello che immagina ed ancor più spera di trasmettere all’altro. In realtà, ha piuttosto la faccia stranita e quasi spaventata di chi non sa davvero che pesce pigliare. Tra l’altro, quando vede l’amico dipingere un sorrisetto beffardo sulle labbra, si sente davvero morire. E’ la fine di tutto.
- Allora..? –
Mai domanda è suonata più inopportuna alle sue orecchie. Allora cosa? Che vuole? Perché non può semplicemente essere lasciato in pace?
Sbuffa, ma non tanto per il fastidio, quanto perché spera che quel gesto possa servire a calmarlo. Ma no. Non cambia nulla. E si ritrova a fissare quelle iridi verdi sperando che, tenendo socchiuse le palpebre un po’ più a lungo del normale, riaprendole siano scomparse. Con loro, ovviamente, anche il suo migliore amico.
Una magia, ecco ciò di cui avrebbe bisogno in questo momento. O forse di un miracolo. Decisamente, vorrebbe che si trattasse solo di un brutto scherzo della su mente paranoica.
- Ma niente, dai.. Stavo solo..-
Non sa bene nemmeno lui cosa stava cercando di fare e, ripensandoci, qualunque cosa fosse gli sembra particolarmente stupida.
Cosa credeva di fare? Darsi dell’idiota è fin troppo facile per lui. Il suo piano, lo stesso che lo ha tenuto sveglio tutta la notte ed eccitato al pensiero che potesse andare in porto, ora gli si sta rivoltando contro come il peggiore dei nemici. Ma perché le idee geniali vengono solo agli altri? Stiracchia un sorrisetto, come se fosse quello il proseguo della frase, e la sua conclusione. Ma, evidentemente, non basteranno quelle poche parole scarne a placare la curiosità del compagno ritto davanti a lui. Ne è certo.
Eppure, qualcosa nella sua espressione lo convince che c’è dell’altro. Sì, perché il moro gli rimanda ora uno sguardo comprensivo, come quello che una mamma riserverebbe ad un bambino particolarmente cocciuto. Tenere, oseremmo dire.
Ed allora è lui a non capire. Sbatte le palpebre, inerme ed al tempo stesso spaventato da quello che le sue orecchie potrebbe udire di lì a poco. Ovvio che lo sguardo voli anche oltre le spalle dell’amico, nella speranza che quel dialogo rimanda davvero a due, e non si espanda ulteriormente. Al momento però, tutto tace.
Fino a che il silenzio viene sì squarciato, ma il tono non è esattamente quello che si sarebbe aspettato. Assolutamente no.
- L’hai vista anche tu, eh? –
Sospira, allora, quasi rassegnato. E gli occhi azzurri esprimono molto più di quanto non vorrebbero. Oh sì, beccato in pieno senza nemmeno essere costretto a nessuna confessione. Ed anche ora passa ad offendersi da solo, semplicemente però per aver pensato che il suo migliore amico potesse non accorgersene. Chiude gli occhi, indugiando un momento, prendendo fiato ed aspettando il momento della verità. Come se poi ci fosse davvero bisogno di dare conferma a quella domanda. Non è abbastanza palese?
- L’ho vista anche io. –
Ed ora?

 
  
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