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Autore: Miyuki chan    20/12/2011    4 recensioni
Io, giuro, quella ragazza non l'avrei mai capita.
Prima mi ringhiava contro, poi si arrabbiava, poi mi ignorava, poi ancora fuggiva.
E adesso addirittura mi baciava...
*
Io, un giorno o l'altro, a quello stupido pirata avrei staccato la testa dal collo.
Lui e quella sua perenne aria da moccioso compiaciuto, i capelli corvini e ribelli, le lentiggini, gli occhi scuri e ardenti...
Stupido pirata, tanto bello quanto stupido.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Smoker, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Fire and the Tiger'
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I'm strong on the surface, not all the way through


Urlai tutti gli insulti e le imprecazioni che conoscevo, e non smisi nemmeno quando la porta si chiuse con un tonfo davanti ai miei occhi.
Mi accorsi di essere senza fiato: la gola mi bruciava da morire per l’acqua salta e sporadici colpi di tosse continuavano a scuotermi di tanto in tanto.
Per non parlare di come mi sentivo a livello psicologico: avrei ucciso quel dannato pirata, che andassero all’inferno lui e la sua schifosa ciurma!
Odiavo con tutta me stessa quel sorrisino del cavolo su quel viso lentigginoso da marmocchio, mentre con la massima tranquillità rideva di me insieme ai suoi amichetti.
Odiavo come mi ero sentita, debole e inerme mentre quei vermi si prendevano gioco di me.
Avevo sentito la rabbia crescere sempre di più fin quasi a farmi esplodere, e quando mi ero decisa ad attaccarlo – pur sapendo che avrei potuto fare ben poco – non ero nemmeno riuscita a portare a termine il mio proposito: il senso di pericolo che mi trasmetteva il suo odioso sorriso mi aveva gelato il sangue nelle vene.
Avevo sentito un brivido scuotermi come una scarica elettrica, paralizzandomi, mentre mi sembrava di sentire ancora sulla pelle il dolore delle scottature, e le voci che avevo sentito in accademia sul comandante della seconda flotta di Barbabianca tornavano a torturarmi le orecchie.
Affondai le dita tra le lenzuola, furibonda, mentre il groppo che avevo in gola si scioglieva in singhiozzi che non ero più in grado di contenere.
Era tutto così dannatamente sbagliato!
Mi rannicchiai stringendomi le gambe al petto, mentre la rabbia e la frustrazione rigavano il mio viso in lacrime salate.
Avrei voluto alzarmi, imboccare la porta attraverso la quale quello schifoso pirata mi aveva trascinata a forza e…
Non lo so, non so nemmeno io cosa avrei voluto fare dopo.
Avrei voluto sterminare Portgas D. Ace e tutta la sua ciurma, avrei voluto fuggire dalla sua dannata nave, qualunque cosa andava bene!
Solo non volevo rimanere lì, docile e passiva...
Volevo reagire!
Un singhiozzo più forte degli altri riecheggiò nella penombra della cabina, mentre mi rendevo conto non solo che non avevo alcuna possibilità di sconfiggere proprio nessuno, ma che ero in mezzo all’oceano e che in nessun modo me ne sarei quindi potuta andare.
Mi rannicchiai contro il muro tremando per il pianto e per il freddo dell’acqua gelida che mi si era infilata fin nelle ossa, rinunciando definitivamente a trattenermi e lasciando che singhiozzi sempre più forti riempissero lo spazio angusto della cabina.
 

*

 
Con un fremito, aprii gli occhi; mi guardai intorno, stordita e indolenzita, mentre il freddo tornava ad aggredirmi.
Mi rannicchiai maggiormente su me stessa, sentendo la disperazione del giorno precedente assalirmi di nuovo mentre improvvisamente ricordavo dove mi trovavo e perché.
Ispirai profondamente sentendo già le lacrime salire a bruciarmi gli occhi, i primi singhiozzi nascere nella mia gola.
Mi schiacciai con la schiena contro le assi fredde del muro, deglutendo mentre mi imponevo di calmarmi.
“Piantala di fare la bambina impaurita” ripetei più e più volte nella mia mente, concentrandomi sul mio respiro mentre cercavo di tenere sotto controllo il mio lato più fragile.
 Qualche minuto dopo, mi sentivo finalmente più calma e lucida.
Analizzai la situazione: ero bloccata su una nave pirata, sola, e non avevo idea di dove fosse Smoker.
Avvertii il mio cuore agitarsi nel petto, mentre per la prima volta da quando ero caduta in acqua mi rendevo conto che non avevo idea di cosa fosse capitato a lui e al resto dell’equipaggio.
Deglutii: il fatto che Portgas e i suoi fossero tutti interi non era certo un buon segno, Smoker non li avrebbe mai lasciati andare senza un valido motivo.
Sentii un buco scuro aprirsi nel mio petto simile ad una voragine, mentre la mia mente andava considerando tutto ciò che poteva aver impedito al marine di trattenere il pirata: e nessuna di queste opzioni mi piaceva.
Rimasi immobile, i miei pensieri come congelati sulle supposizioni peggiori: dovevo assolutamente sapere cosa era realmente accaduto.
Realizzai soltanto dopo diversi minuti che, sicuramente, Portgas sapeva la risposta alla domanda che mi tormentava.
Improvvisamente decisa su come agire, mi misi seduta sul ciglio del letto.
L’uniforme ancora umida e impregnata di sale sfregò la mia pelle, ma ignorai il fastidio: dovevo trovare quel dannato pirata ed avere la mia risposta.
Mi alzai persino in piedi avvicinandomi alla porta, prima di fermarmi a pensare a ciò che stavo per fare: il viso beffardo del pirata tornò ad occupare la mia mente insieme alle risate di scherno dei suoi uomini e alla paura, in ricordi così chiari e vividi che mi mozzarono il fiato.
Mi ritrassi istintivamente:  davvero volevo affrontarli di nuovo?
Magari mi avrebbero uccisa.
Questo pensiero mi scosse come una secchiata d’acqua gelida.
Per la prima volta mi resi conto che, incredibilmente, ero ancora viva, che incredibilmente quei pirati non sembravano intenzionati ad uccidermi.
Voglio dire, se avessero voluto lo avrebbero fatto quando ero così debole per l’acqua di mare da non reggermi nemmeno in piedi giusto? O mi avrebbero direttamente lasciata affogare giusto?
Sì, per la prima volta realizzai che, incredibilmente, i pirati non sembravano volermi fare del male.
Questa nuova consapevolezza comunque non cambiava ciò che provavo per loro, luridi bastardi.
In fondo non ero stata io a chiedergli di non uccidermi e non gli avevo nemmeno chiesto di salvarmi, si sbagliavano di grosso se si aspettavano che gli avrei mostrato gratitudine.
La questione però rimaneva: era abbastanza importante per me Smoker da spingermi ad affrontare di nuovo la ciurma?
Non ebbi bisogno di pensarci su a lungo: si.
Mentre cercavo di racimolare coraggio a sufficienza per affrontare la mia piccola impresa, sentii dei passi echeggiare appena fuori dalla porta del mio alloggio.
Rimasi paralizzata, trattenendo il fiato: erano sempre più vicini.
Arretrai bruscamente verso il fondo della cabina mentre la porta di legno massiccio veniva spalancata con un lieve cigolio, ritrovandomi a fissare gli occhi scuri e lievemente sorpresi di Portgas in persona.
Un brivido mi scosse mentre schiacciavo la schiena contro il muro, in un disperato tentativo di allontanarmi dal pirata.
Questo si riprese subito dalla sorpresa:
 “Buongiorno”
Disse tranquillo, mentre un sorriso irriverente si apriva sul suo volto.
Non risposi, osando appena respirare, mentre mi chiedevo come avrei dovuto comportarmi: avrei voluto saltargli addosso e cancellare quel sorriso con le mie stesse mani, sebbene la sola idea di avvicinarmi a lui mi faceva letteralmente tremare le gambe.
Ma, d’altra parte, era più facile che mi dicesse ciò che volevo sapere se mi fossi dimostrata un po’ più docile e accondiscendente.
 “Ti ho persino portato la colazione”
Disse con una leggera nota di ironia nella voce voltandomi le spalle, appoggiando il vassoio che reggeva in mano sul tavolino vicino alla porta, con una calma ed una lentezza che mi parvero innaturali.
Mi rilassai impercettibilmente, approfittando di quei momenti in cui non si curava di me per osservarlo: era piuttosto alto con un fisico asciutto e atletico, i capelli neri appena ondulati che arrivavano a solleticargli la nuca, imprigionati da un improbabile cappello arancione da cowboy.
Sentii un altro brivido quando tornò a voltarsi verso di me, i pozzi neri dei suoi occhi che inghiottivano i miei.
Mi sentii trafitta dal suo sguardo, e ciò mi spinse ad assumere un espressione ostile ed aggressiva nel vano tentativo di impedirgli di leggere ciò che provavo.
“Stupido pirata” era tutto ciò che riuscivo a pensare.
“Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
Chiese beffardo e per nulla intimorito, mentre un sogghigno accentuava la sua espressione da marmocchio ribelle suggerita già dalle lentiggini e dalla capigliatura disordinata e un po’ arruffata.
Cercai di trattenere il ringhio che sentivo nascermi in gola, mentre l’odio nei suoi confronti tornava a bruciare più forte che mai.
“Come ti pare allora”
Concluse con un alzata di spalle e un espressione serena sul viso.
Si voltò, facendo per uscire e chiudersi la porta alle spalle.
“Aspetta!”
Esclamai all’improvviso, quasi senza rendermene conto.
Portgas si fermò, continuando a darmi le spalle.
Lo sentii ridere, una risata bassa e breve, mentre con un sorriso compiaciuto si voltava finalmente verso di me, in attesa che parlassi di nuovo.
“Devo chiederti una cosa”
Dissi ringhiando appena, frustrata dall’essere costretta a rivolgergli la parola.
“Deve essere davvero importante per spingerti a parlare”
Commentò corrugando appena le sopracciglia scure senza smettere di sorridere.
“Infatti.”
Ammisi brusca.
Presi fiato, cercando di formulare la mia domanda nel modo più breve e chiaro possibile, ma Portgas mi precedette:
“Una domanda per uno, risponderò alla tua se tu risponderai alla mia”
Disse guardandomi con superiorità.
Mi irrigidii, alla consapevolezza che non avevo altra scelta se non stare alle sue regole: annuii, scura in viso.
“Molto bene. Il tuo nome?”
Chiese, l’imperturbabile sorriso arrogante sul volto.
“Mikami”
Risposi tagliando corto, e senza dargli il tempo di ribattere gli posi la mia domanda:
“Smoker… Cosa è successo?”
Mi uscii a fatica.
Le sue sopracciglia si incurvarono maggiormente: era evidente che non si aspettasse una domanda del genere.
“Non ne voleva sapere di lasciarmi andare, quando ci siamo lasciati la nave alle spalle era avvolta dalle fiamme”
Rispose atono, studiando attentamente la mia reazione.
Accusai il colpo, sentendo come se una lancia di ghiaccio si fosse appena conficcata nel mio petto.
Ero decisa a non dargli nessuna soddisfazione, quindi mi limitai a ringhiare un “capisco” nel tono più brusco che mi riusciva, cercando di dissimulare il tremito della mia voce.
Socchiusi gli occhi con fare aggressivo, sperando che nella penombra non notasse che in realtà erano colmi di lacrime.
Mi studiò ancora per qualche istante poi, girandosi, uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Rimasi immobile.
Quando fui certa che si fosse allontanato, quando l’eco dei suoi passi si perse nel corridoio, mi lasciai cadere a terra, mentre i miei singhiozzi tornavano a soffocarmi e a vibrare nell’aria pesante della piccola cabina per la seconda volta in appena due giorni.
 

 
Spazio autrice:
Terzo capitolo servito!
Un po' tragico, ma cosa ci volete fare, capita anche questo ù_ù
Spero di aver soddisfatto una piccola parte delle vostre curiosità: adesso sapete il nome del mio personaggio e potete farvi un idea un po’ più chiara del carattere della signorina, che era invece parecchio nebuloso nelle parti precedenti ^^
Ringrazio tutti quelli che stanno leggendo i capitoli, in particolare Hariken che ha aggiunto la storia tra le seguite e Killy, valepassion e Lenhara che continuano a seguire la storia e a recensire, grazie davvero :*
Al prossimo aggiornamento ;)
 

 
 
  
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