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Autore: Ziggie    22/12/2011    2 recensioni
E rieccomi qui a scrivere di nuovo del capitan Barbossa. Nei frammenti precedenti ho narrato della sua storia prendendo spunto da situazioni accennate nella sua biografia, qui invecce si cambia musica. In questa storia Hector narrerà dei propri pensieri, delle proprie sensazioni di fronte a quanto ha vissuto: morte, resurrezione e tutte le altre imprese alquanto epiche che lo hanno accerchiato nel corso della saga. Quindi non mi resta che augurarvi buona lettura ;)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ohylà, salve! Lo so, sono in super mega ritardo, ma ho voluto prendermela comoda perchè questo è l'ultimo capitolo, si avete letto bene. Sono stata buona però, ve l'ho postato prima di Natale, così, chi lo attendeva da tanto, può dire che gli ho fatto il regalo xD ... Allora, di che si parla qui?!?! Beh! Degli avvenimenti del quarto film e della vendetta di Hector. Le battute infatti sono prese dall'ultimo capitolo della saga, così come molti avvenimenti, per altri invece c'è molto di mio. Non vi svelo altro, buona lettura :)
 

                             13. “Pirata fin nelle viscere”
 

Nonostante facessi parte della marina britannica, non disdegnavo avere contatti con il porto e i bassifondi: occhi di falco e lingua lunga, i migliori informatori che un uomo potesse mai avere.

Jack Sparrow era a Londra e reclutava una ciurma: si, ed io ero uno stolto. Come sapevo che il presunto Sparrow era una carogna? Semplice, quello vero non avrebbe reclutato una ciurma dall’altro capo del mondo, senza una nave e, soprattutto, si sarebbe spacciato per capitano, sottolineandolo ogni due secondi.

Le mie certezze si rivelarono esatte quando scorsi l’albero di maestra di quella nave, che mi aveva portato via tutto: la Queen Anne’s Revenge. Approdata in un’insenatura poco più in là del porto, sembrava una nave abbandonata, ma che ci faceva Barbanera a Londra?

Non avrei perpetrato la mia vendetta in quel momento, era un’azione troppo avventata, ma non era il rischio a trattenermi, bensì le orde di soldati di cui pullulava la città. Feci, dunque, orecchie da mercante e, giunto al porto in vesti poco consone ad un capitano di marina, ma adatte al sottoscritto, venni a conoscenza della profezia da parte di un tizio tarchiato, che si vantava di far parte della ciurma di Barbanera.

- Il quartiermastro prevede il futuro, compare – mi aveva detto sbronzo – mister Teach è in pericolo di vita, il terrore dei mari troverà la morte, tra due settimane, per mano di un uomo senza una gamba-.

Bevvi un ampio sorso di rum e schioccai le labbra, rimanendo indifferente: a quanto pare il fato tornava a sorridermi, ma non era delle parole di un ubriaco che mi fidavo, avrei compiuto vendetta al di là di quella profezia.
- Non vedo, però, cosa ci possa fare a Londra – convenni, offrendogli un’altra pinta – a parer mio, non è uno tra i posti migliori, per coloro che sono sulla via della fine -.

Scosse il capo, ridacchiando – stiamo raccogliendo uomini per il viaggio più importante della nostra vita, così ha detto il capitano, ma è stato ben muto sulla destinazione – mi spiegò e accennai ad un sorriso, il vecchio Teach era ormai braccato e quale modo migliore di scampare alla morte, se non la fonte della giovinezza?

- Alla vostra, dunque – alzai il boccale, bevvi e mi alzai in piedi, suscitando l’attenzione dell’ubriaco.

- Che coincidenza! – commentò indicando la mia protesi di legno – siete senza una gamba, come colui della profezia! –

- Già, ma di certo non ho né una nave né una ciurma per tener testa al terrore dei mari, non trovate? Ci tengo alla mia pellaccia – dissi prendendo la parte del classico marinaio, che ha visto molto in gioventù e, ora, si da a vita sedentaria: che bravo attore che sono!

- Infatti e, a parer mio, non credo sareste riuscito a sconfiggerlo – biascicò.

- Come darvi torto! – commentai mellifluo, lasciandolo naufragare nei fiumi di rum.

La mia strada rincrociò quella del vero Sparrow al palazzo reale di Londra: un incontro senza mezzi termini. Arrestato sotto accusa di pirateria e possesso di una mappa ben nota, doveva condurmi alla fonte della giovinezza, ordine del panzone di sua maestà: scappò.
Credevo che, nella mia vecchia ciurma, alloggiassero gli imbecilli allo stato puro, dimenticavo che, tra le file della marina, serpeggiava una forte inettitudine; lasciare un prigioniero senza catene, libero di passeggiare per il palazzo: che idioti!

Venuto a conoscenza che Gibbs era prigioniero della torre di Londra, feci leva su di lui e sulla sua fedeltà nei confronti di Jack: non mi aspettavo cantasse subito, per questo, a volte, un cappio è ben invitante.

- Dov’è Jack Sparrow? – molto probabilmente, a quest’ora, era già a bordo della Queen Anne’s Revenge, dato che, sicuramente, avrà voluto testare con mano la sua copia. Spacciarsi per Sparrow: la paura della morte doveva aver annebbiato la mente a Barbanera, chissà chi ne aveva preso le vesti?

- E’ scappato?! – chiese strabiliato Gibbs. Bah! La sua solita ammirazione, che gli faceva brillare gli occhi, ogni qualvolta che Jack commetteva un’impresa impossibile: detestabile!

- Non ho tempo da perdere, Gibbs. La HMS Providence farà vela con l’alba e, a meno che tu non voglia guardare la nave salpare dall’alto, morto e con la bocca piena di mosche, parla adesso – lo invitai: con le buone maniere, si ottiene sempre tutto.

Tirò fuori il pezzo mancante della mappa di Sao Feng, lo srotolò e lo gettò a terra, bruciandolo, dichiarando apertamente di aver ben impresso, quei simboli e quella rotta, nella sua mente. Povero stolto, avrebbe fatto da guida e, con me alle calcagna, non avrebbe avuto vita facile.

Iniziò quel viaggio che, fino a qualche tempo fa, mi sarebbe sembrato impossibile. Guidavo una ciurma di timorosi verso quella che era la dimora dei demoni marini, verso morte certa: whitecap bay. Sono sempre stato un buon oratore e, di certo, non mi sarei fatto sovrastare da un incompetente come Groves, incapace di far carriera, nonché irritato di servire sotto un vecchio pirata. Ancora non aveva capito che, nei discorsi, l’ultima parola era la mia: povero marinaretto incompreso!

- Di cosa hanno paura, dite, sputate il rospo -.

- Whitecap Bay –

- Ah! Whitecap Bay! E qualunque marinaio da poco trema al suo solo nome, ma in pochi osano chiedersi il perchè -.

- Ciò che si racconta è vero?! –

- Dite per cosa vi si stringe il cuore, Gibbs, o lasciatelo lì, nel magico regno della fantasia -.

- Per le sirene, capitano –

- Si! Sirene. Demoni marini, pesci diavolo, sempre affamate di carne umana. Solcheremo i mari delle sirene! Tenetevi stretta l’anima, ci pensano le sirene a prendere il resto, fino all’osso -.

Mormorii si alzarono, un uomo si gettò a mare, ma quella era la rotta e non sarebbe cambiata.

- Signori miei, non chiederò a ciascuno dei presenti più di quanto mi possa dare, ma voglio chiedervi: siamo o no uomini del re?! In missione per conto del re?! Non ho notato paura negli occhi degli Spagnoli quando ci hanno superato, siamo o no uomini del re?!?! –
Il lavoro fu semplice, è bastato ricordargli chi servivano e solleticarli facendogli notare che era la stessa missione, che stavano compiendo gli Spagnoli: un tasto dolente per qualsiasi inglese, essere paragonato ad uno dei nemici di sempre. – Tutti ai posti signori miei, avanti tutta per Whitecap bay -.

Fu una carneficina.
Quanto trovammo a terra era solo la dimostrazione che Barbanera era sulla via giusta, per ottenere quello che voleva: dovevamo affrettare il passo e non era certo stando a guardare, la nave e l’equipaggio che veniva sterminato, che bruciavamo le tappe.

- La rotta, Gibbs? – silenzio, tutti erano inorriditi per quanto stava accadendo ai loro compari al largo e, forse, anche per la mia decisione di non muovere un dito, ma cosa può un uomo contro un esercitò di sirene? Ero lì per una missione, non per salvare vite.
- La rotta o ti rompo – gli  puntai la pistola carica sotto il mento – lascio a te la scelta, non mi interessa quale -.

Ci addentrammo nella boscaglia ed iniziai a raccogliere i frutti del veleno, che mi avrebbe garantito la vendetta: rospi. Un gesto strano all’apparenza, ma loro che ne potevano sapere?

- Che c’è? Un povero vecchio non può avere qualche passione? Qui ogni scusa è buona! Marciare! Dormirete da morti, poltroni! -.

Secondo le indicazioni di Gibbs, i calici d’argento si dovevano trovare sulla nave di Ponce de Leon, non lontano da dove ci eravamo fermati: perfetto, poteva essere un possibile luogo d’incontro con Barbanera. Andai da solo, ignorando ogni sorta di richiesta da parte degli altri e affidando la truppa a Groves, tanto per farlo contento.

La nave era attraccata, in bilico, su un’altura rocciosa: era giunto il momento di mettere alla prova le mie condizioni fisiche, la gamba di legno non mi avrebbe fermato. Scalai la parete, non dando peso alla fatica di tale atto, raggiungendo poi un varco nella chiglia del veliero: doveva essere l’entrata. Mi issai, entrando in quella che era la cabina del capitano, la cabina di Ponce de Leon: non mi sbagliai, lo scheletro dell’uomo la faceva da padrone al centro di un ampio letto. Mi guardai intorno, la stanza era ricca di tesori di ogni specie: dalle semplici monete ai gioielli, fino a qualche idolo d’oro. Un cofanetto, dalle medie dimensioni, si trovava vicino al letto; mi incamminai cauto in quella direzione, attento a non sbilanciare la nave, cercando di non toccare nulla e mantenere in equilibrio ogni singolo oggetto. Raggiunsi la scatola d’argento, mi chinai e la aprì: vuota. Al suo interno solo la forma di quanto conteneva: i calici e, ad occuparne il posto, delle rocce. Gli Spagnoli erano arrivati prima, poco male, ero lì per un altro motivo. Chiusi la scatola e con un calcio la rimandai sotto il letto, notando, poi, una poltrona nella penombra della sala: avrei atteso la mia vendetta riposandomi, meglio di così!

Attesi per più di mezza giornata, finché un rumore, proveniente dal fondo della sala, da dove ero salito, colse la mia attenzione; misi mano alla spada.

- Se quaranta pirati sognassero per quaranta notti, non eguaglierebbero i tesori stipati qui –

- Tu – disse una voce ben nota. Diamine, aspettavo Barbanera e chi mi si presentò?! Sparrow! Dovevo però considerare il fatto che poteva tornarmi utile: andavamo nello stesso posto, avevamo un nemico in comune e, questa cosa l’avrei maggiormente assodata, quando gli avrei raccontato della Perla: avremmo collaborato? Probabilmente si!

-  Tu – ribadì io, un po’ seccato.

- No, tu – sfoderò la sua spada, roteai gli occhi.

- C’ero prima io. Tu, perché sei qui? –

- Mi ha mandato Barbanera e tu? –

- Calici d’argento, per il mio sovrano – risposi come se la cosa fosse ovvia.

- Oh! Piantala! – cercò un affondo, che parai alla svelta.

- No, fermo! La dobbiamo bilanciare, la nave potrebbe scivolare giù – lo ammonii, possibile che dovevo dirgli tutto?!?!?!

A furia delle continue oscillazioni la scatola, che avevo rimandato sotto al letto, uscì fuori.

- Lì dentro che c’è? – chiese Jack.

- I calici – commentai ovvio, spostandomi all’indietro per portare lo scrigno dalla mia parte. Capicollammo e ci trovammo sedere a terra.

Jack non demordeva, io neppure, nonostante sapessi che là dentro non c’era più nulla: stavo semplicemente recitando la mia parte, così come avevo fatto dall’inizio di quell’avventura. Gattonammo fino alla scatoletta, poggiammo le mani sopra e ci guardammo negli occhi, alquanto decisi – Insieme -.

Una volta scoperto che gli Spagnoli si erano impossessati del tutto, iniziò la nostra corsa ai calici: ci addentrammo nella foresta e fummo raggiunti, a breve, da Gibbs e dai miei.

- L’astuzia supera la forza, da qui in poi, ci penso io, considerate le tue condizioni. Non è che hai termiti, vero? –

Di certo non gli avrei dato il merito, ne gli avrei permesso di girare i tacchi dall’altra parte; quella gamba di legno poteva ostacolare tutti, non me. – Apprezzo la tua attenzione, Jack, ma verrò a tenerti compagnia ugualmente. State qui tenente comandante, vi farò un segnale -.

Attraversammo il piccolo lago, che divideva la sponda sulla quale eravamo da quella dove gli Spagnoli erano accampati. A spada sguainata procedemmo nella foresta, studiando, da lontano, i movimenti del nemico. Proseguimmo a gattoni per non farci scorgere.

- La tua spada ha un odore strano – convenne Jack.

- Si, veleno! Dalle viscere di rospi velenosi. Basta un graffio e, in qualche minuto, sei morto -.

- Levamela dal naso, gentilmente, non amo i rospi – ed iniziai, così, a far sospettare Jack.

Ma Sparrow, se non si fa riconoscere, non è degno di lui; decise, così, di improvvisare.

Gli tenni dietro e fecimo un ottimo lavoro, lo devo ammettere: sono passati gli anni, ma non la nostra abilità di compiere imprese impossibili. Proseguimmo indisturbati: un inglese e un pirata, in mezzo ad un campo spagnolo. Fummo scorti, ma quelle tre guardie ebbero vita breve: peccato che, un plotone ci accolse, dietro l’angolo, con i fucili carichi. Ci presero prigionieri e ci legarono a due palme: eccolo, il mio momento per rivelare il tutto a Jack e garantirmi la via spianata verso la fonte, verso la vendetta, verso Teach.

- Finiscono, così, le tue vie di fuga? – chiese, Jack, con fare superiore.

- E’ per lasciarti improvvisare – ribattei prontamente.

- Ci sto provando, forse riesco a liberare una mano – lo lasciai fare, sapevo che l’unico modo per attirare la sua attenzione era sfilarmi la gamba e bere un sorso di rum, così feci – Oh! Hai un coltello, può essere utile! –

- Meglio – ghignai, stappai la mia piccola riserva personale e ne bevvi un lungo sorso.

- Ne voglio una anche io – commentò lui con occhi sognanti, gliela porsi. – Alla vendetta! Dolce e serena – mi disse prima di bere.

- Alla vendetta – tenni dietro io, aveva capito tutto.

- Andiamo Hector, che non c’erano i calici lo avevi già scoperto da un po’. Stavi tendendo un agguato… A Barbanera -.

- Oh! – mi finsi sorpreso.

- Corsaro a servizio di Re Giorgio, parrucca… Tutto un teatrino di facciata, non mi incanti! –

- Tu non c’eri quella notte -.

- Quando la Perla fu perduta? –

- Catturata non perduta – convenni, a bassa voce, era tempo che sapeva i dettagli – Eravamo sulla costa di Hispaniola quando venimmo attaccati, senza preavviso, negoziato, offerta di patti. Quante bombe e quanti cannoni! Ma poi le acque sotto la Perla si fecero torbide; la Perla beccheggiava e stramazzava. Le assi, bompresso e parapetto presero a scricchiolare; le sartie erano come vive: la nostra nave ci si rivoltava contro! Avvolgendo la ciurma come spire di serpi e avvolgendo la mia gamba, ma avevo le braccia libere e la spada a portata. Sono io padrone della mia nave e non Barbanera; sono io padrone del mio fato e non Barbanera. Così feci ciò che andava fatto e sono sopravvissuto! –

- Quindi, non stai cercando la fonte? – mi chiese, dopo un istante di silenzio.

- Non credo in re Giorgio o a storie di taverna, che parlano di arti guariti. Darei il braccio sinistro pur di incontrare Barbanera -.

- Non il destro? –

- Quello buono mi servirà per passare, a fil di lama avvelenata, il suo cuore marcio -.

- Te lo faccio incontrare io, compare – mi assicurò, non chiedevo di meglio.
Notai che si era liberato e che trucco adottò? Lo stesso che avevo usato io quando, tempo addietro, Beckett ci aveva preso prigionieri nelle sue miniere: però! Il ragazzo aveva imparato in fretta! Non era poi così vero che ignorava ogni quanto dicevo o facevo, ne ero, in parte, stupito.

Osservando jack arrampicarsi come meglio poteva, mi ricordò uno dei tanti motivi per cui chiamai la mia scimmietta così, anche se, ovviamente, la scimmia era mille volte più intelligente di lui. Con tutto il trambusto che fece, attirò l’attenzione della guarnigione spagnola, ma trovò il modo di stenderli, la sua solita fortuna, e il modo per riprendere i calici. In mio aiuto giunse Groves, immaginando che tutto quel movimento fosse il segnale: immagina bene, quando vuole!

Raggiungemmo di corsa gli altri e Jack, arrivò poco dopo, con tanto di calici.

- Desolato per i calici Jack, ma, ho un appuntamento, come sai e non torno indietro -.

Sorrise, agitandoli in aria – una bevutina?! –

- Berremo alla fonte! –

Si, berremo alla fonte! Ora che la mia via era spianata, sentivo il profumo di vendetta solleticarmi le membra, presto sarei tornato a vestire quei panni che mi avevano reso grande; presto avrei rivendicato la Perla e la mia ciurma; presto avrei ripreso la mia vita.

La fonte era un luogo dal volto cupo, nella nebbia paludosa che ti immetteva ad essa e, luminoso, nel mostrare i punti centrali di tale posto. Scheletri, in svariate posizioni, consigliavano di evitare la strada dell’eterna giovinezza: non ero lì per quel motivo e, presto, la carcassa di Teach, avrebbe fatto compagnia a quei cadaveri.

La nebbia mi presentò accompagnando, per l’ennesima volta, il mio cammino, come ai tempi della maledizione, con la differenza che, l’unica cosa ad essere maledetta, era la spada avvelenata, che avrebbe mandato nella tomba, una volta per tutte, il terrore dei mari.

- Edward Teach! Per i crimini da voi commessi in mare aperto, con l’autorità conferitami da sua maestà il re e con una buona dose di personale soddisfazione, sono qui per affidarvi alla custodia della corte e, vi dichiaro, ufficialmente, mio prigioniero – dettai legge, mentre mi avvicinavo al cospetto di Barbanera.

- Devo lasciare il timone, questo dite? –

- Tali crimini includono, ma non si limitano a pirateria: tradimento, omicidio, torture della più iniqua sorte, incluso il brutale furto di una gamba destra usata, storta e piena di peli -.

- Voi osate affrontare questa spada? – mi chiese.

- Così distanti dalla vostra nave? Certo! – ma che domande!

Jack ci mise del suo in quel dialogo, ma non fu minimamente calcolato. Il clangore delle lame, che cozzavano tra loro, risuonò per quel luogo ameno; corpi cadevano a terra inerti, ma il duello più importante era quello che stavo combattendo. Un avversario arduo Teach, ne avevo affrontati di migliori.

Affondi, giravolte, parate, potevo avere la meglio, lo sapevo, ma Barbanera mi colse in contropiede, liberandomi della gruccia, o così credeva lui: l’aveva spezzata, vero, ciò non gli impedì di beccarsi l’appoggio in faccia. Mi sbilanciò e caddi a terra, indietreggiando appena, alla ricerca di un appoggio per potermi rialzare. Ghignai.

- E’ fuori luogo quel sorriso sulla faccia, quando sto per ucciderti – dei passi provenirono dal fondo di quella grotta a cielo aperto: gli Spagnoli.

- Girate lo sguardo, Edward Teach -.

I cattolicissimi Spagnoli entrarono in scena come se fossero i padroni di quel luogo mitologico, attirando l’attenzione di tutti, compresa quella di Barbanera, permettendomi così di alzarmi in tutta calma. Lascia che Teach facesse il filosofo con lo Spagnolo, prima di ferirgli la mano: un taglietto, che lo disarmò, quel veleno era micidiale!

- Che diavoleria è mai questa? – chiese quasi stupito, voltandosi verso di me, appena.

- Per la Perla! – lo trapassai, senza pietà. Tre semplici parole che racchiudevano ogni sorta di emozione andata perduta e, ora, recuperata. – Reclamo da Barbanera nave e ciurma e, questa spada, a compenso, per la gamba persa – dettai, impugnando la spada di Tritone e avviandomi fuori da quel luogo che, presto, avrebbe visto la fine, seguito dalla ciurma della Queen Anne’s Revenge.

- La vendetta è mia –. Non avevo solo ripreso le redini della mia vita, non mi ero soltanto vendicato di Teach. Ora avevo una nave che si chiamava Revenge, vendetta e, non era ironia della sorte, quella, sottolineava semplicemente il mio essere vendicativo e, in quel periodo, lo avevo ben dimostrato.

Prima cosa che feci salito a bordo fu quella di rimettermi in ghingheri, bruciando quegli obrobri vistosi, quali erano i vestiti della marina e riprendendo i miei vecchi abiti.

- Signore, era sottocoperta – mi avvertì un giovane mozzo, porgendomi il cappello, mentre mi trovavo sul cassero di poppa ad imbracciare il timone.

Il mio cappello, allora per una cosa dovevo essere grato a Teach, quasi, quasi tornavo indietro a ringraziarlo! Lo presi e, con un gesto fluido, me lo rimisi in testa: ora, ero davvero completo. Sguainai la spada di Tritone e, come se nulla fosse, i velacci si sciolsero e il fasciame vibrò: partimmo.

- Gente! Alla via! Dateci dentro, insulsi scarafaggi! – gridai a pieni polmoni, ridacchiando e incalzandoli – La corona mi ha reso un buon servizio, ma ora, per gli dei di cielo e mare, spiegate le vele per Tortuga! – strappai quelle lettere di marca, che mi avevano permesso di compiere il tutto e le lasciai al vento.

Stolto fu chi credette all’apparenza di quell’abito nobile: potevo essere ripulito alla vista, ma dentro ero la solita carogna marcia; stolto fu chi credette che lavorassi, seriamente, per il re; stolto fu chi credette ad una mia disfatta morale: l’abito non fa il monaco e un pirata, degno di tale posto nella società, nasce pirata e rimane tale per tutta la vita. Io lo sono fin nelle viscere. 
  
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