Ho ambientato la fic ai tempi di Three Cheers, quando Gerard era ancora un alcolizzato e Lyn-z non era ancora sua moglie.
E' una Frerard, dal punto di vista di Frank, che si renderà conto che il moro non è più solo un amico per lui.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
-
Mi sposo, Frank -. Quelle
parole rimbombavano ancora nella mia testa, ed erano peggio di un
migliaio di pugnalate alla schiena. Volevo urlare, ma la testa mi si
annebbiò e la voce mi morì in gola. -
C-cosa? - mormorai con un flebile mugolio. -
Mi sposo - ripeté il ragazzo, con un sorriso enorme dipinto
sulle labbra. - Sabato prossimo, in un posto vicino-- - -
Non è possibile - sussurrai, interrompendolo. Lui mi
guardò accigliato. -
Perché no? - Lo
guardai con un'aria stravolta. -
Proprio non capisci? - dissero i miei occhi, in cerca di un segno che
mi facesse capire che era tutto uno scherzo. Lui non capì. -
Frank, non è stata una decisione presa così, a
cazzo, io voglio davvero sposarla - ripeté, pronunciando con
enfasi l'ultima parte. - La amo alla follia - sottolineò,
cercando conforto nei miei occhi. Mi sentii tradito, ferito, e non
riuscii a sostenere il suo sguardo, così abbassai il mio
mestamente. -
E tutte quelle parole? - domandai. -
Eh? - boccheggiò Gerard, colto alla sprovvista. -
Tutte quelle belle frasi, quei gesti e quei complimenti? Non hanno mai
significato niente per te? - gli rinfacciai, con voce forte. Gli occhi
mi si riempirono di lacrime, ma strinsi i pugni per cacciarle via.
Dovevo sembrare forte per ottenere qualche effetto su di lui. Gerard
sembrò infastidito dalla mia domanda e si gettò
una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio, come era solito fare
quando non sapeva come rispondere a qualcuno. -
Frankie, non dire scemenze - tagliò corto. - Lo sai che ti
voglio bene e che sei importante per me, ma io amo Lindsey e voglio
sposarla, quindi, perfavore, non farmi questo -. Non
farmi questo? Non
farmi questo? Mi
sentii esplodere dalla rabbia e dalla frustrazione, ma mi morsi il
labbro e inspirai profondamente un paio di volte. Chi era lui per dire
a ME di non ferirlo? Quello che mi aveva fatto star male per settimane
e che mi aveva illuso di provare qualcosa per me più di una
volta; quello che con le sue parole mi aveva fatto tirare avanti ma che
all'ultimo momento mi aveva negato ogni salvezza; quello che dopo
avermi spezzato il cuore pretendeva di essere compreso e perdonato,
senza aver minimamente capito il mio dolore. Fanculo. Respirai a fondo
più volte, stringendo i pugni fino a farmi male, e alzai lo
sguardo. La rabbia aveva scacciato le lacrime, e ora potevo guardarlo
in faccia senza che i miei occhi diventassero libri aperti sul mio
cuore. -
Gerard, sei un coglione - dissi con aria delusa. Lui mi
guardò in silenzio per qualche secondo, poi
sospirò e mi mise una mano sulla spalla. Io voltai la testa,
ma lui non demorse e respirò a fondo. -
Frankie.. - cominciò, interrompendosi per mordersi il labbro
inferiore e trovare le parole adatte. - Capisco che tu ti senta
tradito, ma io non intendevo ferirti. Ti voglio bene più di
qualsiasi altra cosa al mondo e farei qualsiasi cosa per te, lo sai
bene. Proprio per questo ho pensato fosse necessario dirtelo. Volevo
sentire il tuo parere e vedere la tua reazione nel sapere che ho
finalmente trovato qualcuno che mi ami e che sia disposto a passare
l'eternità con me, nella buona e nella cattiva sorte - -
Gerard, io - -
No, non parlare. Sappiamo entrambi che se c'è una persona
che non troverà mai qualcuno nel nostro gruppo, quella
persona sono io, quindi ti prego, Frank, cerca di capirmi. Io la amo
con tutto me stesso e desidero sposarla con tutto il mio cuore, sono
stracotto di lei. So benissimo che avrei dovuto fartela conoscere prima
di prendere questa decisione e mi dispiace, mi dispiace davvero, ma il
fatto è che avevo paura che lei avesse potuto accorgersi di
quanto tu sia meraviglioso e che avesse potuto avere dei ripensamenti..
- mormorò. - So che è una cosa stupida, scusa, ma
non riuscivo a scacciare quel pensiero dalla testa. Io la amo davvero,
Frank, e vorrei tanto che tu riuscissi a capirlo - terminò,
guardandomi negli occhi. Deglutii, ricacciando indietro le lacrime e
annuendo. -
Capisco.. - sussurrai, la voce che mi moriva in gola. Il suo
voltò si rasserenò di colpo. -
Davvero? Oh, Frank, grazie - esclamò, due lacrime che gli
solcavano il volto. - Non sai quanto questo significhi per me -
aggiunse, stringendomi. -
Non significa niente rispetto a quello che significa per me.. -
sussurrai nella sua spalla, in modo così lieve che lui non
mi sentì neanche. Gerard si staccò da me e mi
guardò felice, le mani posate sulle mie spalle. -
Non so come ringraziarti - sorrise. - Sei la prima persona a cui lo
dico - fece poi, per sottolineare quanto la mia opinione fosse
importante per lui. Lo guardai con occhi vitrei e annuii, incurvando le
labbra in quello che avrebbe dovuto essere un sorriso ma che sembrava
più una smorfia cretina. Gerard se la fece bastare. Mi
abbracciò nuovamente e mi strinse la mano, asciugandosi le
guance con la manica libera. -
Ti voglio bene - sussurrò. -
Anch'io - replicai, liberandomi delicatamente dalla sua presa e
dirigendomi verso il bagno. -
Aspetta! - esclamò il moro, venendomi dietro. Io mi fermai,
guardandolo con la coda dell'occhio. -
Cosa dovevi dirmi? - domandò. -
Non ha più importanza ormai - tagliai corto uscendo dalla
stanza. Aprii la porta del bagno e me la chiusi alle spalle,
appoggiandomi pesantemente al lavandino. Mi fissai allo specchio,
sospirando. Cos'avevo che non andava? Cos'aveva lei più di
me? Diedi un pugno al piano e aprii l'acqua, gettandomene un po' in
faccia. Mi lavai per bene il volto e cancellai le tracce di pianto, poi
respirai in silenzio per un paio di secondi. Dissi qualche frase ad
alta voce e feci tornar normale il mio battito, quindi mi asciugai e
uscii dalla stanza. Gerard era tornato al suo posto e aveva ripreso a
mangiare come se niente fosse. Mi sedetti silenziosamente al suo fianco
e non lo guardai fino alla fine della portata, anche se sentivo il suo
sguardo puntato su di me. Imprecai dentro la mia testa e mi concentrai
sul cibo, per evitare il ritorno delle lacrime. Finii di mangiare il
primo e alzai lo sguardo verso Bob, che stava chiacchierando
amorevolmente con Mikey della partita di football dell'altra sera.
Guardai quindi Ray, ma lui stava ancora mangiando quello che
probabilmente era il suo terzo piatto di pasta, così decisi
di farmi coraggio e voltarmi verso Gee. Il ragazzo mi stava guardando,
come temevo, e aveva un'aria pensosa. Lo scrutai qualche secondo, poi
sospirai e tornai a fissare il mio piatto. Perché Natale
deve sempre far così schifo? Mi morsi il labbro e
giocherellai con le mie dita, senza sentirmi in grado di chiedere al
moro che cosa stesse pensando. Credo che lui intuì il mio
disagio, perché mi mise una mano sulla gamba e mi sorrise.
Era un sorriso bello, rassicurante, e la cosa mi
tranquillizzò. Gli sorrisi a mia volta e lui parve
soddisfatto, quindi si voltò e chiese al fratello di portare
a tavola il secondo. Mikey sparì in cucina e
ritornò in sala dopo pochi minuti, stringendo un enorme
piatto contenente il suo famoso tacchino. -
Voilà! - esclamò, togliendo il coperchio di
sicurezza e poggiando il tutto sul tavolo. - Servitevi pure - ci
incoraggiò, prendendo posto al tavolo e mettendo al centro
dei barattoli di salse varie di cui nessuno usufruì. -
Tieni, Frankie - sorrise Gerard, passandomi un piatto pieno di carne e
patate. Ringraziai e lo presi, aspettando che tutti gli altri fossero
pronti per mangiare. Mangiammo tranquillamente, chiacchierando e
scherzando come al solito, fino alle due e mezza - tre, quando Bob si
alzò e annunciò che sarebbe andato a dormire sul
divano fino al prossimo Natale. Ray rise, lanciandogli addosso una
felpa. -
Tiè, usala a mo' di coperta - gli consigliò
paciosamente, mentre l'altro si sdraiava e se la metteva sulla schiena.
Gerard scosse la testa, ridendo sotto i baffi, e io mi limitai a
osservarlo con interesse. -
Che cosa ti ha mostrato Gee? - mi domandò dopo un po' Ray,
sporgendosi verso di noi. -
Niente di che - scrollai le spalle. -
Gli ho ridato l'accendino che aveva dimenticato qui l'altro giorno -
spiegò meglio il moro, soddisfacendo la curiosità
del chitarrista. Cadde il silenzio per qualche minuto, quando
improvvisamente il cellulare di Ray squillò e il ragazzo si
portò l'attrezzo all'orecchio. -
Pronto? Sì. Aha. Va bene, capito. Arrivo subito - rispose,
riattaccando. - Scusate ragazzi, devo proprio andare - fece,
guardandoci negli occhi. -
Fa niente, non ti preoccupare - lo rassicurai con un sorriso, mentre
lui raccattava la giacca e si fiondava giù per le scale.
Sentii la porta sbattere violentemente e mi girai verso Gee. -
Facciamo due passi? - proposi. Lui annuì, convinto. -
Mikey, ti va di venire con noi? - domandò, voltandosi verso
la cucina. Udimmo un "no grazie", così ci alzammo e uscimmo
senza di lui. Le strade erano deserte, ma mi sentivo tranquillo e
rilassato come al solito. Lanciai uno sguardo veloce al moro. Camminava
spensieratamente, le mani nelle tasche e la testa nelle nuvole. Fui
tentato dal saltargli addosso e abbracciarlo, ma mi trattenni. Ripensai
a Gee, al matrimonio, alle sue parole, poi lo guardai di nuovo. Niente,
non riuscivo a odiarlo o a provare niente di negativo nei suoi
confronti, per quanto mi ci sforzassi. Avete presente quando amate
qualcuno così tanto da non riuscire a percepire niente di
brutto in lui? Ecco, mi sentivo così. Schiavo di un amore
non corrisposto che diventava sempre più grande e
significativo giorno dopo giorno, e che mi avrebbe portato alla follia
nel giro di pochi mesi. Bello. Mi ficcai le mani in tasca e accellerai
il passo, in modo da rimanere a fianco del moro, e mi fermai davanti a
lui. -
Cosa..? - cominciò Gerard, alzando le sopracciglia. -
Ti voglio bene - sussurrai. “Ti amo.” - Sono
contento che tu abbia trovato qualcuno che sappia renderti felice -
“Anche se quel qualcuno vorrei essere io”, aggiunsi
mentalmente. - Quindi sì, be', auguri e figli maschi -
buttai lì, imbarazzato. Gee sfoderò uno dei suoi
migliori sorrisi e mi abbracciò stretto, ringraziandomi di
tutto. Fu
allora che capii. Non
importava chi lui amasse o chi lui avesse deciso di sposare, io l'avrei
amato sempre e comunque e sarei rimasto al suo fianco fino alla fine. Signori
e signore, il mio nome è Frank Iero, e amerò
Gerard Way fino alla morte.
Nota
dell'autrice: Allora,
innanzitutto non fucilatemi D: È
da settembre che ho in mente questo finale, e fino all'ultimo ero
indecisa se metterlo o meno, anche se alla fine ho deciso di
sì. Perché? Perché nelle ultime
Frerard che ho letto tutto si è sempre concluso bene e,
sebbene i finali romantici mi piacciano, a volte mi sono trovata a
pensare “Cavolo, ma finiscono tutte
così?”. Allora ho deciso di scrivere io una
Frerard, ma di non farla finire come tutti si aspetterebbero,
cioè con Gerard e Frank che scopano allegramente o che si
mettono insieme e vivono per sempre felici e contenti. In
più mi piaceva l'idea di un Frankie disposto ad aspettare
anni prima che l'amico lo pensi come qualcosa di più.
È come se i suoi sentimenti fossero più profondi
e radicati nel suo cuore, non so se mi spiego ono Vabbè,
comunque preferisco questo finale a quello classico col bacio.
Ammazzatemi pure eue
Grazie
a chiunque si è preso la briga di recensire questa storia,
lo apprezzo molto.