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Autore: _hurricane    28/12/2011    13 recensioni
Kurt Hummel è un ragazzo molto particolare, di quelli che forse incontri una sola volta nella vita. E’ fiero di sé stesso ma mai spavaldo, pungente ma mai arrogante, e tremendamente impacciato nelle questioni di cuore.
Kurt Hummel è un ragazzo speciale, così speciale che difficilmente potresti trovare un altro come lui… ma quando Blaine, solista dei Warblers della Dalton Academy, incrocia il suo sguardo in un negozio di dischi, non sa che dentro quegli occhi azzurri si nasconde una bugia.
"E intanto Kurt sentiva il suo profumo, e il cuore di Blaine che batteva proprio sotto il suo orecchio, che sembrava chiamarlo e ipnotizzarlo.
Come se battesse per lui.
Cercò di ignorarlo, perché un cuore, un organo fatto di tessuti, carne, vene e sangue, non batte per nessuno se non per il corpo a cui appartiene. Non batte per nessun motivo, se non per assicurare la vita a colui che lo possiede.
Eppure quel battito regolare, più accelerato a tratti – che strano, sembrava più veloce proprio quando Blaine inspirava tra i suoi capelli – alle sue orecchie non appariva meccanico e ripetitivo. A lui sembrava musica."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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30 - Are you afraid?

 

I genitori di Blaine iniziarono a notare qualcosa. A dirla tutta, chiunque con un briciolo di perspicacia avrebbe capito che era innamorato, o che comunque aveva accanto a sé una persona a cui teneva molto: canticchiava per casa più spesso del solito, la sera usciva vestito di tutto punto, e ormai erano tre volte che afferrava le chiavi dal mobile dell’ingresso per precipitarsi chissà dove di gran fretta. Persino suo padre, incline ad ignorarlo, si accorse della cosa quando passava con lui i week-end; ma lasciò che fosse la sua ex-moglie ad interessarsene.

Mancava una settimana a Natale.

“Blaine, io e tuo padre ci chiedevamo se… va tutto bene a scuola” esordì a tavola sua madre, Karen. Durante le vacanze erano soliti cenare insieme, per dare una parvenza di normalità.

“Certo, perché non dovrebbe? Sono anche stato scelto per il duetto dello spettacolo natalizio” rispose Blaine in tono entusiasta, nascondendo la sua irritazione per il fatto che quell’importante risultato sembrasse interessare solo a lui.

“Ci sembri distratto, ecco” rispose sua madre, lanciando un’occhiata al padre di Blaine per ottenere approvazione. Rassicurata dal suo cenno di assenso, continuò: “Non vorremmo che altri pensieri ti distogliessero dallo studio.”

Blaine capì, ma decise di vedere fino a che punto si sarebbero spinti.

“Che tipo di pensieri?” chiese con aria ingenua.

“Beh ecco… la Dalton è una scuola maschile, è normale che tu ti possa distrarre… ma ti abbiamo mandato lì per tenerti al sicuro Blaine, e siamo, uhm, preoccupati” rispose sua madre, leggermente titubante sulle parole da utilizzare.

Era un campo assolutamente inesplorato, senza contare che sapeva benissimo di non poter ottenere niente di più che un cenno da parte del suo ex-marito, che le aveva stoicamente comunicato, anni prima, di non volerne sapere quasi nulla. Non sapeva se Blaine avesse avuto ragazzi in passato, ma se quello era l’effetto che gli facevano, se ne sarebbe sicuramente accorta.

“Siete preoccupati dal fatto che io possa essere felice?” rispose Blaine, improvvisamente serio. Guardò prima sua madre e poi suo padre, Liam, che roteò gli occhi con il palese intento di sminuire la sua affermazione.

“Cosa c’è, papà? Hai finalmente deciso che hai qualcosa da dire?” chiese il ragazzo appoggiando un gomito sul tavolo e fissandolo con sguardo accusatorio.

“Blaine! Non rivolgerti così a tuo padre!” esclamò Karen ad alta voce, raggiungendo un tono decisamente acuto.

Suo padre, come sempre, si prese il suo tempo. Sospirò, si massaggiò la tempia con aria riflessiva, e infine disse qualcosa che puntualmente deluse le aspettative.

“Io non ho niente da dire. Quello che fai nella tua vita privata non è affar mio, Blaine, finchè non influisce sulla tua vita scolastica per la quale paghiamo un capitale.”

“Cosa che non è ancora successa infatti” rispose Blaine a denti stretti.

“Hai detto bene, ancora. Stai al telefono fino a tardi e ti svegli tardi di conseguenza, studi meno per prepararti per uscire… io e tua madre non stiamo insieme, ma non credere che non mi racconti le cose. E’ solo questione di tempo. Torna con i piedi per terra e concentrati sul tuo futuro, su ciò che è davvero importante, invece che su qualche adolescente in vena di sperimentare che evidentemente non ha tutta questa preoccupazione per la sua carriera scolastica.”

L’uomo tornò a guardare la sua cena senza battere ciglio, come per voler appositamente evitare lo sguardo d’ira di Blaine, aizzato in particolare dalla definizione di “adolescente in vena di sperimentare”. Perché sì, la parola “gay” non era mai uscita dalla bocca di suo padre. Dirla avrebbe significato ammettere che era così, dare un nome a ciò che era e quindi riconoscere che lo era davvero.

Blaine ormai ci aveva fatto l’abitudine, ma sentire suo padre sminuire la cosa più bella della sua vita era troppo da sopportare.

Sbattè i palmi sul tavolo, facendo sobbalzare sua madre e le posate ai lati del suo piatto.

“Gay, papà. Siamo gay, è così che si dice.”

Non aggiunse altro, né suo padre replicò. Blaine si alzò dal tavolo e se ne andò in camera sua.

 

* * *

 

Le vacanze natalizie passarono in modo sereno sia per Kurt che per Blaine. Le preoccupazioni dei suoi genitori, infatti, non lo avevano mai toccato più di tanto, visto che aveva deciso che la loro opinione semplicemente non faceva testo.

Anzi, ne approfittò per passare più tempo con Kurt in posti che non fossero casa sua, dove infatti non aveva mai messo piede. A poco a poco, senza dare nell’occhio, stava diventando parte della routine quotidiana della famiglia Hummel, e la cosa lo rendeva felicissimo.

Adorava quanto Kurt fosse sempre perfetto – lacca, profumo, vestiti – ma vederlo nella sua “tenuta da casa” mentre mangiava biscotti senza grassi sul divano era uno spettacolo per il quale probabilmente avrebbe anche pagato. Era un qualcosa di così privato, intimo e naturale… come se gli si fosse rivelata la parte mancante, al di sotto della meravigliosa apparenza. Inutile dire che quella parte andava altrettanto bene per lui, se non di più.

Burt Hummel si rivelò sempre più gentile nei suoi confronti, sinceramente affascinato dalla sua capacità di distinguere Kurt da Colin. Scoprire inoltre che se ne intendeva di auto e di football fu una piacevole sorpresa, che permise a Blaine e al padre di Kurt di iniziare interessanti discussioni a tavola ponendo rimedio a silenzi imbarazzanti.

Colin rimaneva ancora la grande incognita per lui. Non gli stava esattamente simpatico: aveva l’aria di un ragazzo dall’ego smisurato, nonostante passasse davanti allo specchio la metà del tempo rispetto a Kurt. Anzi, forse era proprio quello il punto: probabilmente si considerava irresistibile già così, senza bisogno di tanti costosissimi prodotti alle erbe.

Si vestiva sempre in quel modo così dimesso e menefreghista, e Blaine non era uno che faceva tanto caso a queste cose, ma era l’atteggiamento a fare la differenza. La sfrontatezza con cui parlava al telefono con una ragazza, e mezz’ora dopo con un’altra, ripetendo addirittura le stesse falsissime frasi su quanto avesse voglia di rivederla.

La cosa che rendeva tutto terribilmente divertente era Kurt, che quando succedeva lanciava a Blaine espressioni divertite e complici o gli mimava con le labbra “E’ un idiota”, facendolo scoppiare a ridere nel silenzio, con il rischio di essere scoperto da Colin stesso.

Una scenetta del genere stava accadendo davanti ai suoi occhi in quel momento: era seduto con Kurt sul divano del salotto, un braccio avvolto pigramente intorno alle sue spalle, mentre il suo ragazzo faceva zapping con il telecomando. Burt era uscito a prendere una birra con degli amici, mentre Colin stava parlando al telefono, camminando avanti e indietro per la stanza: aveva una specie di patologia che gli impediva di parlare stando fermo, a quanto pareva.

“Tesoro, si sarà sbagliato, io frequento solo te” stava dicendo il ragazzo, un leggero ghigno divertito sulle sue labbra ma lo sguardo concentrato di chi lo dice credendoci. Blaine alzò lo sguardo al di là dei capelli di Kurt e roteò gli occhi.

“Finalmente una di loro se n’è accorta?” sussurrò all’orecchio di Kurt, che abbozzò una risatina.

“Figurati, tanto la convincerà. Oppure lei farà finta di crederci, è sempre così.”

“Proprio non capisco cosa ci trovino in lui” borbottò Blaine, lanciando di nuovo uno sguardo a Colin che ora aveva il gomito appoggiato al rilievo del caminetto e vi stava tamburellando sopra con le dita della mano libera.

“Beh, facile: è uguale a me” rispose Kurt, inclinando la testa per toccare quella di Blaine.

“Quanto sei modesto” rispose lui, stringendolo di più a sé.

“A-adesso? Ma dolcezza, è tardi, e-“

Pur non potendolo vedere, fu chiaro a entrambi che Colin era in difficoltà. Il suo tono sembrava aver perso la solita spavalderia. Per un attimo ci fu silenzio, interrotto soltanto dal vociare sommesso proveniente dalla tv al quale né Kurt né Blaine stavano prestando particolare attenzione.

“Casa libera, eh?” sentirono dire a Colin, la voce maliziosa. Come non detto.

“Mmh, ah si? E che altro? Continua a parlare baby, metto la giacca e arrivo.”

Colin passò davanti a loro, superando il divano, per raggiungere l’appendi-abiti dell’ingresso e prendere la sua giacca nera di pelle mentre teneva il telefono fermo tra la guancia e la spalla. Restrinse gli occhi nella loro direzione, mimando un sommesso “Cosa c’è?!” davanti ai loro sguardi interrogativi.

“Metti quello rosso, arrivo” disse al telefono con voce roca, e riagganciò. Si infilò la giacca e se la lisciò sul petto con fare soddisfatto.

“Beh?” ribadì scocciato, mentre si guardava attorno per cercare le chiavi della macchina.

“Non doveva venire Judy?” chiese Kurt alzando un sopracciglio, riferendosi ad una matricola che Colin aveva rimorchiato in mensa.

Colin si passò una mano tra i capelli e sospirò.

“Sì, infatti, per quello stavo prendendo tempo… ma insomma, è una matricola, dovrei insegnarle tutto io. Questa è roba seria.”

“Almeno dille di non venire, non ho intenzione di sorbirmi i suoi pianti a dirotto su quanto tu le abbia spezzato il cuore senza pietà” rispose il fratello. Blaine non potè fare a meno di pensare che fosse successo molte volte in passato.

“Cavolo, quell’episodio con Kathy ti ha proprio segnato nel profondo” disse Colin, facendogli capire di aver azzeccato in pieno. Blaine trattenne una risata.

“Comunque le mando un sms, così voi potete rimanere qui a fare i cowboys” continuò, facendo arrossire Kurt fino alla punta delle orecchie. Colin gli rivolse uno sguardo divertito, aprì la porta e se la richiuse alle spalle.

 

* * *


“Kurt?”

“Sì, Blaine?”

“Non… ecco, non dobbiamo fare i cowboys, puoi anche respirare adesso.”

Kurt si ricordò improvvisamente di farlo. Si voltò leggermente, torcendo il busto, per guardare Blaine.

“Vorresti, non è vero? So che è così” disse, abbassando subito lo sguardo.

Blaine gli prese il mento con due dita e lo costrinse ad incontrare il suo, pieno di calore e di amore.

Dio, se lo voleva. Dal duetto alla Dalton, i suoi sogni erano diventati fin troppo nitidi.

Ogni volta che si baciavano, o che le loro dita si intrecciavano, inevitabilmente sentiva di desiderare di più. Connettersi alla persona che amava nel modo più intimo del mondo, quello che non aveva condiviso mai con nessuno.

Farlo avrebbe significato fondersi completamente con Kurt, e non c’era niente al mondo che potesse valere più di quello.

Blaine voleva fare l’amore con Kurt, e solo in quel momento se ne rese conto, proprio quando lui glielo chiese così esplicitamente. Lo voleva così tanto.

“Sì” disse. Non avrebbe più mentito, era una promessa importante che avevano fatto e l’avrebbe mantenuta, anche a caro prezzo. “Ma… non dev’essere una cosa obbligatoria, Kurt. Solo quando e se anche tu lo vorrai.”

Ti prego, non dirmi che vuoi farlo dopo il matrimonio o cose del genere. Ti prego.

“E’ solo che… la sola idea mi terrorizza, Blaine” rispose Kurt, continuando a guardarlo. La tv ormai aveva la sola funzione di illuminare debolmente i loro profili, vicinissimi l’uno all’altro. C’erano solo loro, i loro respiri, sussurri e paure inconfessate, a quanto pareva.

“Va bene” rispose l’altro, il tono tranquillo di chi ha tutto sotto controllo. “Allora facciamo una cosa: quando senti di avere paura, dimmelo.”

Senza aspettare la risposta, Blaine catturò le labbra di Kurt con un bacio, avvolgendo il suo viso con entrambe le mani. Kurt sospirò mentre si baciavano, rilasciando un po’ della tensione dovuta alla conversazione.

Era vero: il sesso lo terrorizzava. Era innegabile il fatto che le cose alla Dalton fossero state… interessanti. Ma il solo pensiero di essere nudo, scoperto e vulnerabile davanti ad un’altra persona era troppo. Persino Colin, con il quale aveva condiviso i primi 9 mesi della sua esistenza, era obbligato a tenersi alla larga dal bagno quando faceva la doccia.

Però… quello era Blaine. E Kurt lo amava, tanto. Non era forse quello il punto? Abbassare le difese, certi del fatto che l’altra persona non se ne approfitterà mai?

Così Kurt cercò di rilassarsi, perché doveva a Blaine una chance. E anche a sé stesso, francamente. Perché insomma, se tutti alla sua età parlavano di sesso doveva pur esserci un motivo, e se Colin usciva di casa agli orari più improbabili al solo sentir nominare la parola “mutande”, doveva proprio valerne la pena. Scacciò dalla mente quell’ultimo pensiero – Colin unito a “mutande” – e tornò alla realtà, a quello che stava accadendo.

Blaine spostò una mano ai suoi capelli, attraendolo a sé per la nuca, e con la lingua lo invitò silenziosamente ad aprire la bocca. Kurt lasciò che il bacio divenisse più intenso, perché anche se si vergognava ad ammetterlo, amava quando succedeva.

Trasportato dal movimento della lingua di Blaine, tese anche lui le mani e le avvolse ai suoi ricci. Blaine, con una lentezza misurata ed estenuante, spostò una delle sue alla sua spalla, poi lungo il braccio e infine al fianco, facendola passare sotto la coscia di Kurt per invitarlo ad alzarla. Se lo mise a cavalcioni, interrompendo il bacio soltanto per un attimo.

Si guardarono negli occhi con straordinaria intensità.

“Hai paura?” chiese Blaine, soffiando sulle sue labbra.

“No” rispose Kurt, inclinandosi nuovamente e prendendo l’iniziativa, stavolta.

No, non aveva paura. Certo, era ancora totalmente vestito, ma le mani di Blaine che gli accarezzavano la schiena sopra la maglia, e il calore del suo corpo sotto di lui, e le sue labbra irruente non sembravano cose da cui scappare.

Una mano di Blaine arrivò a toccare il bordo inferiore della sua maglietta, iniziando ad alzarla leggermente. Kurt si irrigidì, ma lo lasciò fare. Alzò le braccia e se la fece togliere, rimanendo a petto nudo. Arrossì visibilmente quando Blaine rimase a fissarlo, lo sguardo rapito come fosse in trance a causa del colore etereo della sua pelle.

“Blaine, potresti… toglierla anche tu? Mi sento a disagio” disse, mordendosi un labbro.

Blaine rise nel vedere quanto fosse adorabilmente impacciato, e naturalmente si premurò di accontentarlo. Si sfilò la polo a maniche lunghe e la lanciò sul pavimento, poi prese una mano di Kurt con la sua e se la portò sul petto.

“Lo senti?” chiese. Kurt chiuse gli occhi per lasciare il mondo fuori. Era il battito del suo cuore, quello che aveva tanto amato sulla panchina, mesi prima, quando Blaine lo aveva stretto tra le sue braccia per farlo smettere di piangere.

“Batte solo per te” continuò Blaine, e Kurt sorrise radioso, pur mantenendo gli occhi chiusi.

Sentirlo dire a Blaine era una sensazione indescrivibile, era tutto quello che aveva sempre voluto.

Tum tum. Tum tum.

Il cuore di Blaine picchiettava sotto la pelle del suo palmo, come se volesse bussare. Sembrava dirgli “Lasciati andare”, o almeno a lui sembrò così.

Kurt aprì gli occhi di scatto, come se una rivelazione lo avesse colpito all’improvviso.

“Kurt? Tutto ok? Possiamo-“

“Ti amo” disse, portandosi la mano al suo cuore stavolta. Oddio. Lo aveva detto davvero.

Passarono secondi interminabili per lui. Blaine si sarebbe sentito obbligato a dirlo? Aveva rovinato un bel momento dicendo una cosa che avrebbe potuto dire in qualsiasi altro? Ma in fondo, una cosa più importante di quella non c’era.

Kurt avrebbe voluto dirgliela ogni giorno, ma era una cosa così palese, che quasi non ne sentiva il bisogno impellente. Ma quel momento fu diverso.

Il cuore di Blaine batteva per lui e avuta quella conferma, non poteva più tenerselo dentro. Le parole gli scoppiarono fuori dal petto come fuochi d’artificio e nonostante fosse in apprensione, non se ne pentì. Avevano un suono così bello, più bello di tutte le volte in cui se le era ripetute nella mente. Aleggiavano ancora nell’aria, poteva sentirle.

Non avrebbe mai pensato che dirlo potesse essere così liberatorio e sconvolgente. Ma allora, come doveva essere sentirlo dire di rimando?

Blaine lo guardò per secondi altrettanto interminabili, perché Kurt lo aveva colto di sorpresa. Era assurdo, ma non si era mai preoccupato di essere ricambiato. Amava Kurt e andava bene così. Sapere di poterlo avere accanto era abbastanza, era tutto ciò di cui aveva bisogno… non era il tipo da fissare un sentimento in qualcosa di stereotipato come una frase.

Anche perché una frase non rendeva bene l’idea. Per niente. Blaine amava Kurt in modo… totale. Amava anche i suoi difetti, le sue assurde manie, l’odore obiettivamente tremendo della sua lacca biologica, tutto. Non sarebbe riuscito a trovare un modo per renderlo a parole neanche se l’avesse voluto.

Eppure, avevano un suono così bello. Sentì il cuore battere all’impazzata mentre guardava Kurt e realizzava, solo in quel momento, che Kurt lo amava. Allo stesso modo.

E non appena se ne rese conto, fu più naturale e più facile che respirare prendergli il viso con entrambe le mani, avvicinarlo al suo e dirgli “Ti amo anch’io. Ti amo da impazzire.”

Kurt sorrise e lo baciò, avvolgendogli le braccia intorno e stringendolo a sé.

Rimasero così, stretti l’uno all’altro, il viso di Kurt nell’incavo del collo di Blaine.

“Da sempre” esordì lui all’improvviso, spezzando il silenzio. Kurt alzò leggermente il viso per guardarlo.

“Come?”

“Non saprei dirlo con certezza. Ma credo sia così da quando ti ho conosciuto, Kurt. Quando ho detto che i tuoi occhi brillano… Non era così per dire. E’ la verità. Non puoi neanche immaginare come siano adesso” rispose Blaine, perso in quella luce che lo abbagliò così tanto da farlo quasi commuovere.

“Blaine… anche per me è così” rispose Kurt, e l’altro assunse un’espressione sorpresa.

“Dal Lima Bean? Non ci credo” disse, avvicinando il naso al suo e accarezzandolo con dolcezza con la punta.

“Da Teenage Dream. So che è stupido, ma era come se… cantassi per me” riprese Kurt, assecondando il movimento di Blaine con un sorriso.

Blaine si ritrasse per dare un tono serio a ciò che stava per dire.

“Non è stupido. E’ così” rispose, prima di tirare di nuovo Kurt in un abbraccio.

 

* * *

 

Kurt e Blaine non fecero l’amore quella sera. Non fecero niente.

Ma l’amore impregnò l’aria comunque, molto più di quanto riesce a fare il sesso con il suo odore pungente, reale.

L’amore non ha odore, si sa. Così come non ce l’ha la felicità, o il dolore.

Le cose che contano, quelle che vengono dal cuore, non si possono né sentire, né vedere, né toccare. Eppure la loro presenza sembra molto più vivida di quella del vento, della pioggia sulla pelle o della sabbia sotto i piedi nudi.

L’amore era lì, sulla pelle dei loro petti attaccati e delle loro dita strette tra i capelli dell’altro. Fluttuava nella stanza come una densa foschia, che forse qualcuno avrebbe dissolto aprendo la porta da un momento all’altro, ricordando loro che quella era la realtà e nella realtà non si può restare seminudi sul divano di casa propria senza aspettarsi conseguenze.

Eppure, quando lentamente si rivestirono, ripresero a guardare la tv tenendosi per mano e infine si addormentarono, Burt entrò con aria assonnata dall’ingresso, e la foschia non svanì affatto.

L’uomo sembrò ridestarsi per un attimo, giusto il tempo di guardarli, per sorridere deliziato dalla gioia che evidentemente era troppo palese sui loro volti assopiti per non essere notata.

L’amore li cullò nei sogni e aspettò pazientemente il loro risveglio, e così avrebbe fatto per tutte le notti a venire.

 

 

 


 

 

Note di _hurricane:

Ho unito due capitoli che avrebbero dovuto essere separati, perchè mi sento davvero TROPPO in colpa per la lentezza degli aggiornamenti! Purtroppo sono ferma allo stesso punto della trama da molto tempo, quindi sto cercando di guadagnarne. Spero che ci sarete comunque, indipendentemente dall'attesa.

Love you <3

   
 
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