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Autore: Vattelapesca    28/12/2011    2 recensioni
Ho scritto tante cose, ma questa è la mia prima FanFiction in assoluto. Ero curiosa di provare.
La guerra è finita ed il mondo magico è finalmente libero. Ma il dolore per i caduti sembra qualcosa destinato a non finire. Dal primo capitolo: E lui, Harry, in prima fila assieme a tutta la famiglia, addirittura prima di zia Muriel, non poteva sentirsi più estraneo. Era a mille miglia di distanza da tutto e da tutti, dal pianto disperato di Molly Weasley, dallo smarrimento sulla faccia pallida di Lee Jordan, dal dolore soffocato di Fleur e Bill, da quello puro di George, dalle mani intrecciate di Ron e Hermione e dal viso duro di Ginny che lo fissava fiera con gli occhi lucidi di lacrime.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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10. Before they leave

La mattina lo trovò di buon umore per la prima volta dopo tanto tempo. Fu con il sorriso sulle labbra che Harry scese a fare colazione. Anche la spoglia cucina dalle pareti di pietra gli sembrava, in qualche modo, più accogliente. Al tavolo di legno, Ron ed Hermione erano già seduti, gustando il porridge e la pancetta che Kreacher aveva preparato. Entrambi avevano due profonde occhiaie, lascito inequivocabile di una notte passata svegli a parlare, ma le loro espressioni erano di serenità. Vedendoli, Harry si sentì ancora più felice.
“Hai trovato la lettera di Ginny?” chiese ad Hermione. Lei annuì sorridendo.
Rimasero per un po' in silenzio, incerti su come affrontare il discorso. Poi, Hermione parlò.
“Ieri sera io e Ron abbiamo parlato e... ho preso una decisione.”
“Tornerete, non è vero?” chiese Harry.
“Sì, tornerò ad Hogwarts. Ma solo io. Ron non... tornerà.” sembrava serena nel dirlo, anche se sotto sotto Harry poteva vedere l'ombra della tristezza.
Ron le prese la mano e proseguì. “All'inizio, volevo tornare anche io. Ma poi lei mi ha convinto. E' meglio così.”
“Ma perché? L'hai detto tu stessa ,Hermione, è un modo per ricominciare.” disse Harry con entusiasmo. “Ascoltate, io ci ho pensato e mi sembra l'unica soluzione. Nonostante tutto, quello che voglio è diventare un Auror e per farlo devo tornare ad Hogwarts. Quindi, potremo tornarci tutti insieme e...”
“Harry.” lo interruppe Hermione, le labbra appena incurvate in un sorriso. “Sii sincero con te stesso. Vuoi veramente tornare a scuola? Pensaci bene prima di rispondere. Pensa... un altro anno pieno di libri, compiti ed esami. Ma, soprattutto, gli sguardi nei corridoi, i mormorii alle spalle, flotte di ragazze che tentano di rifilarti pozioni d'amore. Vuoi veramente tutto questo?”
Harry aprì la bocca, pronto a rispondere affermativamente, ma qualcosa lo bloccò.
“No.” disse poi, quasi sorpreso di averlo ammesso a se stesso, ma allo stesso tempo felice della scoperta.
Hermione sorrise soddisfatta come volesse dire “Visto?”
“Ma aspetta.” riprese Harry. “ Io devo tornare. Devo farlo per forza. Senza MAGO non posso...”
La risata della ragazza non lo lasciò finire la frase. “Andiamo, Harry. Credi veramente che al Ministero ti rifiuterebbero? Non gliene importerà niente dei tuoi voti, se potessero, ti farebbero Ministro della Magia!”
Harry aggrottò le sopracciglia, ma poi fu costretto ad ammettere “Forse hai ragione.”
“E allora cosa farai, Ron?” chiese rivolgendosi all'amico.
Lui alzò le spalle. “Non penso che verrò con te ad addestrarmi per diventare Auror, mi sembra di aver dato già abbastanza. Magari potrei aiutare George con il negozio, sai, sempre se mi vorrà lì intorno.”
“Certo che ti vorrà.” lo rassicurò Hermione, sorridendogli.
“Ma prima.” riprese Ron “Andremo a riprendere i genitori di Hermione in Australia.”
“No. Io andrò a riprendere i miei genitori. Tu...”
Ron alzò gli occhi al cielo e disse, interrompendola. “Ne abbiamo già discusso. Non puoi impedirmi di venire, e lo sai.”
Hermione era già pronta a ribattere, ma Harry fu più veloce. “Verrò anch'io.”
“Per l'amor del cielo, Harry, adesso non ti ci mettere anche tu.”
“Ron ha ragione, non puoi impedircelo. Ricordi cosa mi hai detto quando volevo partire da solo per cercare gli Horcrux? Abbiamo iniziato insieme e finiremo insieme. Voi ci siete sempre stati per me, è venuto il momento di ricambiare.”
“Ma... ma... è una cosa completamente diversa!”
“No che non lo è. E poi te l'ho detto, sono in debito.”
“Esattamente, e io devo venire. Insomma sono il tuo... il tuo...” Ron arrossì in zona orecchie e si ammutolì.
“Il mio cosa?” chiese Hermione alzando un sopracciglio.
“Oh, smettila. Non tentare di cambiare discorso. Noi verremo con te, punto e basta. Hai bisogno di noi e lo sai anche tu, solo che il tuo orgoglio non te lo fa ammettere.”
Hermione parve colpita e per un attimo Harry temette che si sarebbe arrabbiata, ma poi sospirò, abbandonandosi sulla sedia.
“Oh, e va bene. Razza di zucconi. Andremo insieme in Australia!”
“Ma prima.” aggiunse Harry. “Dobbiamo finire quello che siamo venuti a fare qui. Ossia, sistemare questo posto.”
“Hai intenzione di venirci a vivere?” chiese Hermione.
“Non so. Insomma, sarebbe piuttosto comodo quando frequenterò il corso per Auror. Però... non sto bene qui. Troppi ricordi, forse. Credo che alla lunga non riuscirei più a viverci.”
Ron annuì, guardandosi intorno.
“Ne abbiamo passate tante qui. Vi ricordate di quando progettavamo il piano per intrufolarci al Ministero. Sembrava quasi una casa, al tempo.”
“E come potrei dimenticarlo? Adesso, comunque, non mi sembra ci sia molta differenza. Stiamo qui rinchiusi come dei fuggitivi. Forse abbiamo sbagliato a venire qua, dovremo uscire.”
“Vuoi uscire?” ghignò Ron inarcando un sopracciglio. “Accomodati pure, amico. L'altro giorno io ci ho provato e, fidati, non è stato piacevole. Ma comunque penso potrete vedere le foto sul giornale, quindi...”
Harry ridacchiò. “Dovremo tirare fuori il mio vecchio mantello dell'invisibilità.”
“Va bene.” sentenziò Hermione “Adesso basta, abbiamo tanto lavoro da fare ed un viaggio da organizzare.”
“Dimentichi una cosa: abbiamo Molly Weasley da affrontare. Potrebbe sbucare fuori da un momento all'altro.” aggiunse Ron storcendo la bocca.
“Un motivo in più per darci una mossa. Avanti, andiamo.”
Stavano tutti per alzarsi, ma una voce li interruppe.
“Ma prima.” disse Kreacher, sbucando fuori dalla credenza “Finirete la vostra colazione!”
Scoppiarono tutti a ridere e, Harry ne era piuttosto sicuro, anche l'elfo inclinò la bocca in qualcosa di molto simile ad un sorriso.
 
Quella che venne fu una settimana impegnativa e stancante. Prima di tutto dovettero affrontare una Signora Weasley convinta come non mai a riportarli alla Tana. Ci volle un pomeriggio intero e più di una Burrobirra a convincerla anche se, senza il miracoloso intervento del Signor Weasley che arrivò verso sera , non ce l'avrebbero mai fatta. Fu un po' contrariata alla notizia della loro imminente partenza per l'Australia ma non si oppose, anche perché era convinta almeno quanto loro che Hermione avesse bisogno dei suoi amici. Ovviamente, non vide di buon occhio il fatto che lei e Ron andassero a fare un viaggio del genere da soli. E, quando Harry fece notare che avevano appena passato un anno in giro per l'Inghilterra dormendo in una tenda, lei lanciò uno sguardo eloquente inarcando le sopracciglia, che fece arrossire le guance di Hermione almeno quanto le orecchie di Ron.
Alla fine della serata, quando i signori Weasley se ne andarono dopo un'ottima cena preparata da Kreacher, i tre amici erano talmente stanchi e stravolti che andarono a letto senza nemmeno augurarsi la buonanotte.
I giorni che seguirono furono pieni di strani oggetti di cui sbarazzarsi e stanze polverose da esplorare. In realtà, non era rimasto poi molto dopo la grande disinfestazione avvenuta ai tempi in cui la casa era stata trasformata in quartier generale dell'Ordine, ormai quattro anni prima, ma c'erano comunque un sacco di cose che Sirius aveva lasciato stare. Per lo più erano cianfrusaglie magiche con ogni probabilità molto pericolose che Harry fu felice di buttar via. Tutto il resto erano cimeli della famiglia Black di cui lasciarono scegliere il destino a Kreacher. Il vecchio elfo si sentì molto onorato e scelse quelli che secondo lui erano i pezzi migliori, ovvero quasi tutti, per conservarli. Harry gli permise di disporli come meglio credeva nello studio al primo piano, in modo che potesse andare a guardarli ogni volta che voleva.
Quelle furono le uniche cose che Harry conservò, ma lo fece solo perché sapeva quanto Kreacher ci tenesse. Si diceva che Sirius avrebbe voluto così. Ed in fondo era vero, il suo padrino odiava quella casa. E, nonostante per lui fosse stato un rifugio sicuro per alcune settimane durante la guerra, Harry non riusciva a sentirsi bene lì dentro. C'erano troppi ricordi, in ogni ombra poteva rivedere la figura magra ed oscura di Sirius, i capelli di tutti i colori di Tonks erano nei riflessi lucidi del lungo tavolo in cucina, sulle forme lasciate nelle poltrone consunte c'era Lupin che leggeva un libro.
Era come se un velo di tristezza e nostalgia fosse steso su tutto, come quando nelle case disabitate si trovano i mobili coperti da lenzuoli polverosi.
Fu con sollievo che alla fine si accorsero di aver girato tutte le stanze. Adesso avrebbero potuto sbrigare con calma gli ultimi preparativi prima della partenza.
Ma c'era un'ultima cosa che Harry doveva sapere prima di poter partire. E l'unico che poteva dargli quella risposta, al momento, era un gufo. Fu così che, quella notte calda di fine Luglio, qualche giorno prima del suo compleanno ed anche della partenza, che era prevista per il primo d'agosto, quando Harry vide arrivare un Errol arrancante alla sua finestra, quasi lo strozzò nella fretta di prendere la lettera.
Lui e Ginny avevano continuato a scriversi piuttosto frequentemente, ma quella volta lei ci aveva messo un po' di più a rispondere.
Harry aprì la lettera velocemente, impaziente di leggerla.
 
Scusami per il ritardo,Harry, ma non volevo risponderti senza aver preso una decisione. Non farò troppi giri di parole. La risposta è no. Non verrò in Australia con voi. Mi piacerebbe, sono sicura che lo sai. Ma non penso che mamma sarebbe felice di vedermi andare via, anche se per poco, e, ora come ora, preferisco rimanere. E poi te l'ho detto, adesso è il tuo turno di aspettarmi!
So che mi puoi capire.
Comunque, domani sarò a Londra. Ci possiamo vedere davanti alla Gringott alle dieci? Ti devo dire una cosa.
So già che Errol non potrebbe mai portare la risposta in tempo, perciò non prenderti la briga di scrivere. Non vedo alcun motivo per cui domani tu non possa venire, quindi ci diremo tutto là.
A presto,
Ginny.
 
Harry rimase un po' deluso nel leggere che Ginny non sarebbe partita con lui. Ma in fondo, proprio come diceva lei, capiva la sua decisione. La capiva perché era la stessa per cui non era venuta a Grimmauld Place.
Inoltre, la lettera conteneva una notizia troppo bella perché lui potesse perdere troppo tempo a crucciarsi. Il giorno seguente avrebbe rivisto Ginny. Gli pareva troppo bello per essere vero.
Ovviamente, non aveva potuto non notare quel “Ti devo dire una cosa.”
La frase lo intimoriva. Che cosa doveva dirgli? E perché proprio alla Gringott? Ma forse a quello poteva dare una risposta sensata. Anche Hermione aveva programmato di recarsi a Diagon Alley il giorno seguente, in modo da avere tutto l'occorrente per la scuola prima di partire. Ginny, molto probabilmente, lo sapeva ed aveva deciso in modo da poter rivedere anche lei e Ron. In realtà Harry aveva deciso di non accompagnarli a fare compere ma, ovviamente, la presenza di Ginny cambiava ogni cosa.
Si stese sul letto riponendo gli occhiali sul comodino. Dalla finestra aperta non passava nemmeno un filo d'aria e presto il cuscino si fece caldo come un forno. Il ragazzo lo rigirò dalla parte opposta, beandosi della momentanea sensazione di fresco e asciutto. Chissà perché, era convinto che addormentarsi, quella notte, sarebbe stata un'impresa assai ardua.
 
Le sue supposizioni non furono errate. Dopo ore e ore passate insonne a rigirarsi nelle lenzuola, con un caldo opprimente che lo faceva sudare ad ogni minimo movimento si era addormentato all'alba con la voce di Ginny che gli sussurrava nell'orecchio “Ti devo dire una cosa.”.
Quando si svegliò poche ore dopo, fu felice di poter abbandonare il letto, nonostante la stanchezza. In bagno, passò diversi minuti a guardare il suo riflesso nello specchio annerito dagli anni che, con molto poco tatto, gli disse. “Hai un aspetto orribile. Datti una pettinata.”
E aveva ragione. Sembrava uscito da una notte di volo ad alta quota. I capelli erano scompigliati più del solito, ma non positivamente. Non c'era nulla di ribelle o di anche vagamente attraente in quello che aveva in testa. Sembravano un mucchio di alghe nere, o qualcosa del genere. E, nonostante i consigli dello specchio, non ci fu verso di migliorare la situazione, continuava a sembrare uno spaventapasseri. Alla fine lasciò perdere, sperando che nel tempo che gli rimaneva si sarebbero messi apposto da soli. Attuò la stessa strategia con le occhiaie, anche perché non si fidava affatto degli incantesimi suggeriti dallo specchio.
Quando, finalmente, scese a fare colazione, trovò Ron ed Hermione già pronti a partire.
“Ma a che ora vi siete svegliati?” chiese stupito, erano appena le nove.
“Poco meno di un'ora fa, è che abbiamo deciso di andare a fare colazione fuori.” rispose Hermione, aggiustandosi i capelli.
“Potevate dirmelo.”
“Pensavo avessi un appuntamento con Ginny, no?” gli fece notare la ragazza con un sorriso.
“Sì.” rispose Harry “A proposito, ha scelto Diagon Alley perché sapeva che c'eravate anche voi, giusto?”
“Veramente siamo noi che...” iniziò Ron, ma Hermione lo interruppe dandogli una poco discreta gomitata nelle costole.
“Ouch! Che c'è?”
“Niente.” rispose lei evasiva. “Te lo spiego dopo. Ciao Harry, noi andiamo.” disse poi in fretta prendendo Ron per un braccio e trascinandolo verso la porta.
“Ehi!” esclamò Harry, rincorrendoli lungo il corridoio “Ron! Voi cosa? Rispondimi!”
“Oh, niente, lascia perdere... sai cosa, amico, datti una pettinata magari, eh?” Ron si fermò un attimo a dirgli, un piede già fuori dalla porta. Poi Hermione lo strattonò via e l'uscio si chiuse con un tonfo, lasciando Harry più agitato di prima.
Dopo una colazione sbocconcellata per far contento Kreacher, Harry si decise ad uscire, nonostante mancassero ancora più di venti minuti.
Si smaterializzò e in un attimo fu davanti al Paiolo Magico. Era ancora presto, ed in giro c'era poca gente, ma aveva comunque deciso di portare il mantello dell'invisibilità. Se lo fece scivolare addosso, poi aspettò che qualcuno entrasse o uscisse dal Pub. Non ci volle molto, dopo pochi minuti una strega corpulenta spalancò la porta, e lui si infilò nel locale velocemente. Gli bastò uno sguardo per capire che aveva fatto bene a nascondersi. Il Pub era pieno di maghi e streghe, anche a quell'ora. Non gli piaceva ricorrere a certi mezzi, ma se si fosse presentato a capo scoperto lo avrebbero riconosciuto di sicuro. Si chiese come Ron ed Hermione avessero fatto, perché era certo che adesso le loro facce erano famose almeno quanto la sua.
Svincolò le persone, attento a non urtarle e giunse al cortiletto che gli interessava. Con la bacchetta picchiettò i mattoni giusti, proprio come aveva fatto Hagrid il giorno del suo compleanno di tanti anni prima. Attraversò l'arco che si aprì per lui, pronto a rivedere Diagon Alley dopo tanto tempo. La strada sembrava aver dimenticato i giorni bui della guerra ed assomigliava molto a quella che viveva nei suoi ricordi, eppure era diversa. Alcuni negozi erano scomparsi, le vetrine scure e vuote. Passando accanto alla gelateria di Florian Fortebraccio, Harry rammentò con nostalgia il vecchio proprietario, morto per mano dei Mangiamorte. Il locale era chiuso, ma dei grandi cartelli color verde menta ne annunciavano la prossima apertura.
La grande figura bianca della Gringott si stagliava vicina nel cielo azzurro, luccicando al sole. Harry fu felice di notare che i danni che lui, Ron e Hermione avevano provocato l'ultima volta che erano stati lì sembravano essere stati riparati. Avrebbe voluto rivedere anche l'interno, ma non si azzardò ad entrare, neanche con il mantello, perché confidava che Folletti avessero preso ogni misura possibile per tenerlo lontano. Erano delle creature dalla lunga memoria, dopotutto.
Si tolse il mantello dell'invisibilità, riponendolo in un piccolo astuccio rigido su cui aveva fatto applicare da Hermione un incantesimo estensibile permanente. Si mise dove Ginny avrebbe potuto vederlo, preparandosi ad aspettare.
Dopo quella che gli parve una vita la ragazza arrivò. La prima cosa che riconobbe fu la fiamma scintillante dei suoi capelli, poi, man mano che si avvicinava la sua figura di delineò chiaramente. Sorrideva strizzando gli occhi per via del sole ed Harry seppe, in quel momento, di avere un'espressione del tutto ebete dipinta sul viso, ma non gli importava. Aspettò che lei arrivasse proprio davanti a lui e poi, con la gola secca, le disse.
“Ciao.”
Lei gli mise una mano dietro alla nuca, attirandolo a se per baciarlo con trasporto. Ad Harry parve di essere finito in un altro mondo. Le infilò le dita tra i capelli morbidi, stringendola di rimando. Alla fine, quando si staccò dalle sue labbra, aveva il fiatone.
“Ciao.” gli rispose lei con un sorriso.
“Camminiamo, ti va?”
Lui annuì, prendendola per mano e si avviarono a passo lento lungo la via.
“Cosa dovevi dirmi?” le chiese subito Harry, incapace di trattenersi.
Lei abbassò lo sguardo, ma solo per un attimo, poi alzò il mento per fissarlo direttamente negli occhi.
“Tornerò ad Hogwarts con Hermione.” disse semplicemente.
“Oh.” rispose Harry, fermandosi per la strada, incapace di dire altro.
“Pensavo che lo sapessi, o che almeno lo avessi immaginato.”
Harry riprese a camminare, riflettendo. In realtà, tra tutte le cose che aveva immaginato Ginny gli potesse dire, quella non c'era. Aveva tolto la scuola dall'equazione. A pensarci, però, era piuttosto logico.
Ridacchiò piano, dandosi dello stupido. Ginny lo guardò con aria interrogativa. “Che c'è?”
“Niente, è che non ci avevo pensato. E' quello che vuoi, vero?”
“Sì, e poi credi veramente che mia madre mi permetterebbe di lasciare la scuola?”
“Sei maggiorenne.”
“Questo non fermerebbe Molly Weasley, lo sai. E poi, tecnicamente, non sono ancora maggiorenne.”
“Oh, no.” disse Harry.
“Cosa?”
“Spero di essere già tornato per il tuo compleanno.” *
Ginny alzò le spalle. “Non importa. Dovete prendervi il tempo necessario, non stare a pensare al mio compleanno.”
Harry le sorrise, poi un pensiero improvviso gli attraversò la mente. “Ecco cosa Hermione non voleva che Ron mi dicesse stamattina! Lei lo sapeva, vero?”
“Beh, certo. E' stata lei che mi ha aiutato a decidere. Immagino lo abbia detto anche a Ron.”
“Ma non a me, perché sapeva che me lo volevi dire tu.” concluse Harry, facendo combaciare tutti i pezzi.
Hermione aveva deciso di fare compere per la scuola proprio quel giorno perché sapeva che anche Ginny lo avrebbe fatto, e non il contrario, come aveva pensato lui.
“Quindi adesso dovremo andare a riempirci di pacchetti, dico bene?”
“Perché credi ti abbia voluto qui con me, se non per portarmi le buste?”
 
 
Ps:
forse sono un po' in ritardo per l'aggiornamento settimanale ma le feste e una nuova insana passione per iscrivermi ad ogni contest che vedo mi hanno presa. Volevo fare un capitolo natalizio, ma essendo la storia ambientata in piena estate mi sa che sarebbe stata filino fuori tempo massimo. Per stavolta vi siete salvati dal mio dilagante spirito natalizio, vi è andata bene.
*Il compleanno di Ginny è l'undici Agosto, come wikipedia comanda.
Ovviamente, ringrazio tutti quelli che hanno commentato, letto e messo tra i seguiti.
Sappiate che sta per finire. Prevedo altri due capitoli, forse. Presto non dovrete sopportarmi più ;D
  
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