In un secondo ricordai il motivo per cui mi trovo qui da tre anni ormai.
Ricordai mia madre; mia madre che con violenza mi si accaniva contro per un nonnulla. Quella donna, se così la si può chiamare, che spesso si faceva aiutare da mio padre. Come quando, sentendomi poco bene, avevo avvisato che avrei saltato un allenamento di pallavolo e che questo non avrebbe infierito sul mio rendimento sportivo dato che ero una tra le più brave della squadra femminile della scuola. Non mi lasciarono nemmeno il tempo di finire la frase che mi si accanirono contro entrambi, insieme, usando una violenza inaudita e urlando come in preda al delirio più totale.
Non capivo cosa stesse succedendo. Tutto succedeva tutto veloce.
Mi ritrovai accasciata a terra, senza possibilità di difendermi; inerme.
Calci e pugni si scagliarono sul mio viso e sulla mia pancia come le onde si scagliano sugli scogli durante un maremoto.
Il mio papà d’un tratto uscì dalla stanza e, come se non stessi già soffrendo abbastanza, tornò impugnando un coltello, uno di quelli che sono riposti insieme in cucina, in un barattolo in legno ormai evidentemente vecchio e logoro. Mi inflisse otto tagli ben profondi nelle parti meno visibili ma dolorose del corpo: uno sotto il lobo di entrambe le orecchie, due per ogni tallone che formavano una X quasi precisa e uno su ogni ascella.
Intanto mi gridavano contro, minacciandomi di farlo ancora se avessi raccontato l’accaduto a qualcuno.
Avevo solo otto anni.
Quando riprendo conoscenza della realtà che mi circonda mi accorgo di essere rannicchiata tra la poltrona di Amelia e il divano dove prima erano accomodate Teresa e Melissa. Un attacco di panico.
Un altro. L’ennesimo direi.
Continuando a guardarmi intorno vedo che tutto è diverso, soprattutto l’atmosfera è cambiata: Leila e Melissa ora sono inginocchiate davanti a me e mi accarezzano con delicatezza le gambe, Teresa credo sia in cucina in cerca di un bicchiere pulito da riempire d’acqua da porgermi poi, ma sarà difficile dato che abbiamo fatto giusto in tempo a finire di cenare che ci hanno chiamate subito nel salotto a chiacchierare, dimenticandoci di lavare i piatti.
Mi guardo ancora attorno. Dov’è Amelia? Ancora qualche secondo. Amore e calore si infondono in me.
Due braccia intorno alle mie spalle mi stringono a mo’ di mamma.
Parole sussurrate dolcemente nelle mie orecchie. "Sei al sicuro ora". Amelia.
Ero a casa.