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Autore: Mystica    17/08/2006    2 recensioni
Magneto, seduto nel parco, gioca una partita a scacchi contro se stesso. Che cosa ne sarà di lui, adesso che non è più un mutante? Mystica trama vendetta verso l'uomo che l'ha abbandonata proprio nel momento peggiore. E lo avvicina, adesso che è lui ad aver bisogno di aiuto...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Erick Lensherr/Magneto, Raven Darkholme/Mistica
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers dall'autice: In questo capitolo c'è una canzone (Secret World, di Peter Gabriel), quindi se volete potete definirlo una "song fic". Inoltre è decisamente più romantico degli altri, quindi anche la categoria è potenzialmente sbagliata. Dato che però l'intera fic non sarà incentrata sull'aspetto romantico (che comunque credo non mancherà), lascio la dizione così com'è, e me ne vado perchè sono già due ore che sto al computer!!! XD

***

- Non sei il solo ad avere difficoltà a recuperare i poteri, sai?

- Cosa ci fai qui?

- Non riuscivo a dormire. Così ho pensato di venire a dare un’occhiata. Forse immaginavo che ti avrei trovato qui…

- Sei insolitamente loquace, Mystica.

- Ci sono cose che vale la pena di dire.

Si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. Magneto non si era mai dato la pena di indagare la sua personalità, finché lei rispettava i patti. Qualcuno aveva detto che l’uomo teme ciò che non conosce: lui non era tipo da aver paura di qualcosa in modo irrazionale, ma sicuramente il carattere di lei lo lasciava assai perplesso.

Di scatto, Magneto si allontanò dalla scrivania e mosse qualche passo verso quel che restava del pendolo, sul pavimento. Mystica si limitò ad osservarlo raccogliere l’oggetto, per appoggiarlo di nuovo, delicatamente, sulla scrivania. Inesplicabilmente, riaffiorarono alla sua mente i ricordi degli ultimi eventi.

L’odio nei confronti di Magneto si andava ormai affievolendo, rimpiazzato da una sorta di invidia mista a rimpianto per aver buttato via tante occasioni. Aveva trascorso anni e anni al servizio del mutante, convinta di essere una sua alleata, per rendersi conto solo alla fine di essere sempre stata solo una schiava. E non era giusto. Era il momento della rivincita.

- Hai già contattato gli altri?

Mystica sussultò. L’improvviso allontanamento fra loro le aveva quasi fatto dimenticare che Magneto era in grado di capire al volo le sue intenzioni. Era il risultato di tanti anni di cooperazione.

Uno sguardo, e lei era certa di non correre rischi, lui e la Confraternita sarebbero accorsi in suo aiuto. Uno sguardo, ed era come se gli avesse raccontato tutto ciò che aveva visto. Uno sguardo le era bastato perfino per capire che era finita.

“La Confraternita non ha bisogno di te, Raven. Sei tu ad aver sempre avuto bisogno di noi” - Non ho idea di dove si trovi Toad, a momento.- rispose, brusca- Per quanto riguarda Sabretooth, non ci dovrebbero essere problemi. Verrà immediatamente.

Magneto le lanciò un’occhiata. In quel momento, avrebbe giurato di scorgere nel rapido sguardo un barlume dell’antico compiacimento che a volte il mutante rivelava di provare nei suoi confronti. Che non osasse considerarla ancora al suo servizio!

- Me ne occupo io- affermò con decisione, a scanso di equivoci.

Magneto rimase in silenzio, come soprappensiero, per qualche minuto.

- Non credevo che sarei tornato qui così presto- disse infine.

Sembrava insolitamente a disagio. Mystica non replicò, temeva che rimanere per troppo tempo accanto al mutante senza parlare di “affari” l’avrebbe portata, naturalmente, a perdonarlo. E lei non ne era intenzionata.

- Che intenzioni hai, Raven?

La domanda la colse alla sprovvista, così che Mystica esitò qualche istante prima di rispondere. Questa incertezza forse lasciò intuire qualcosa a Magneto, che si voltò verso la parete, sogghignando:

- Non importa. Non mi interessano le bugie.

- Vado a cercare Sabretooth, è meglio agire il prima possibile. Ti faccio avere notizie appena torno- e si allontanò.

Rimasto solo nella grande stanza vuota, Magneto rimase immobile per qualche tempo a fissare i resti di una piccola imbarcazione che lottavano contro il nero mare burrascoso, molti metri più in basso.

Le onde trascinavano il relitto verso gli scogli violentemente, accompagnando l’impeto dell’urto con raffiche di vento salmastro, che faceva schizzare lontano le gocce d’acqua e i frammenti di legno. Nel complesso, era una scena piuttosto deprimente.

Magneto non aveva voglia di filosofeggiare. Si allontanò dalla finestra a grandi passi, di nuovo immerso in un turbine di pensieri.

***

Mystica camminava a passo svelto nel buio, stringendosi nella lunga giacca di pelle. Da quando era diventata “umana”, non sopportava più il freddo. Imprecò a mezza voce urtando col piede una radice sporgente dal terreno che per poco non la fece inciampare. Non essere più mutante comportava ben più di qualche svantaggio.

Adesso, però, non cera tempo di pensare a queste cose: era essenziale concentrarsi; doveva trovare al più presto Sabretooth, e quanti altri ex-membri della Confraternita fossero stati disposti a seguirla.

Faticosamente, Raven riuscì a raggiungere lo sportello di quell’informe macchia nera che doveva essere la sua auto. A tentoni, infilò la chiave nella toppa, continuando a imprecare silenziosamente contro la propria condizione. Avviò il motore, poi alzò al massimo il volume della radio.

“I stood in this sunsheltered place

'Til I could see the face behind the face

All that had gone before had left no trace

Down by the railway siding

In our secret world, we were colliding

All the places we were hiding love

What was it we were thinking of?”

Le parole arrivavano a mala pena alla sua mente, che si era già messa in moto verso l’obbiettivo. Per prima cosa, sarebbe andata a cercare Sabretooth, sempre che si trovasse ancora lì. Lui forse avrebbe potuto dirle dov’era Toad. Infine, assieme ai due, avrebbe utilizzato la solita vecchia tattica, andando in cerca di mutanti insoddisfatti della propria situazione in giro per i bassifondi newyorkesi.

“So I watch you wash your hair

Underwater, unaware

And the plane flies through the air

Did you think you didn't have to choose it

That I alone could win or lose it

In all the places we were hiding love

What was it we were thinking of?”

“E finalmente potrò attuare la mia vendetta”

Tuttavia... Era davvero quello che voleva? Qualcosa, infondo alla sua mente, le suggeriva che, anche continuando a nutrirsi di quella convinzione, non sarebbe arrivata a niente. Erano successe troppe cose perché un piano così semplice potesse essere realizzato senza essere scoperto.

Soprattutto, di cose ne erano successe troppe anche perché un’idea del genere avesse bisogno di essere attuata. La verità, talmente difficile da ammettere, era che lei Magneto lo aveva già perdonato.

“In this house of make believe

Divided in two, like Adam and Eve

You put out and I recieve

Down by the railway siding

In our secret world, we were colliding

In all the places we were hiding love

What was it we were thinking of?”

Mystica spense la radio con un gesto rabbioso. “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, aveva detto qualcuno. A che cosa stava pensando? Non era il momento di lasciarsi prendere dal sentimentalismo, né dai rimorsi.

Voltò a sinistra, lasciando l’autostrada per imboccare una strada più stretta, che presto la condusse verso un sentiero in mezzo ai campi. Erano ormai quasi due ore che viaggiava così, in perfetto silenzio, senza osare riaccendere la radio per paura di trovare di nuovo una di quelle maledettissime canzoni che fanno riflettere. Il rumore delle ruote sull’asfalto, simile a un mantra meccanico, la stava facendo scivolare in un torpore che non prometteva niente di buono, così si concentrò sul paesaggio circostante. Aveva cominciato ad albeggiare. Il sole, spuntando da dietro i monti proprio alla sua sinistra, aveva diffuso attorno a sé un alone accecante di luce dorata, illuminando il cielo tutto intorno in una sciarada di colori improbabili. La shilouette della campagna si distingueva a malapena in tutta quella luce. Poi, improvvisamente, una casa.

Piccola, un po’ storta, infondo a un sentiero sterrato; una di quelle case che sembrano appena uscite da un vecchio film, con tanto di mura rivestite di legno, veranda e comignolo sul tetto. A completare il quadro, dal retro spuntavano i rami di un grosso melo.

Alcuni oggetti appoggiati al muro, tra cui una vanga e un ammasso metallico contorto che poteva essere un vecchio motore; una jeep parcheggiata fuori, con i parafanghi schizzati e il cofano leggermente ammaccato sulla destra. Raven parcheggiò accanto ad essa, sollevando una nuvola di polvere con una frenata.

Scese.

Tutto era silenzioso, le finestre chiuse, ma la mutante sapeva che l’occupante della casa era sveglio. Non poteva non aver fiutato la sua presenza, se lo conosceva come, in effetti, era convinta di conoscerlo. Si guardò attorno, cercando di scorgere un movimento che tradisse la sua presenza. Niente.

Allora si avvicinò alla porta. Sabretooth non avrebbe mai potuto riconoscerla, sotto quelle sembianze. Forse non le avrebbe creduto, ma era necessario provare: se fosse riuscita a convincerlo, si sarebbe certamente alleato senza pensarci due volte.

“Bisogna essere proprio disperati per andarsene in giro a implorare aiuto in questo modo” si disse, nervosa. Non sopportava di dover chiedere l’elemosina.

Mystica scrutò il muro accanto all’ingresso: niente campanello. Bussò energicamente con il pugno destro, chiuso. Nessuna risposta. Impaziente, bussò di nuovo. Dall’interno giunsero dei movimenti confusi, poi un chiaro rumore di passi sul pavimento di legno. Non era però possibile stabilire se si stessero avvicinando oppure allontanando.

“Adesso si tratta solo di tatto. E fortuna”

La porta si socchiuse. Raven sentì il rumore di un respiro trattenuto. Nella stanza buia, un uomo dall’aspetto truce scrutava fuori, i muscoli tesi e pronti all’attacco nel caso che l’ospite non fosse risultato gradito. Tuttavia, sembrò ritenerla innocua.

- Apri, Sabretooth. Non ho voglia di giocare- disse Raven, con la voce piatta.

L’uomo spalancò la porta. Era molto alto, e di corporatura solida ma asciutta. Raven, che era decisamente esile, sembrava minuscola accanto a lui. Folti capelli biondo cenere gli ricadevano sulle spalle scompostamente, simili al pelo di un animale. La barba era incolta e gli occhi neri come il carbone.

- Cosa ci fai qui, Raven?

Mystica sussultò. Come aveva fatto a riconoscerla? Fece per parlare, ma il mutante la anticipò:

- Non crederai mica di ingannarmi con un travestimento del genere, dopo tutto il tempo che abbiamo lavorato insieme?

Lei lo fissò negli occhi. Le parve di scorgere un barlume di divertimento: del tutto logico, visto il soggetto a cui si stava rivolgendo. Quella espressione così rilassata la fece sentire, in qualche modo, consapevole di quanto fosse misera la sua condizione in quel momento.

- Il punto è- disse, così piano da sembrare un sussurro- che questo non è un travestimento, Sabretooth.

  
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