Capitolo
20
Non
dimenticare mai
Lily fa un leggero cenno con il capo. Un mezzo sorriso, quasi un
ghigno, a metà tra l’ironico e il soddisfatto, si disegna tra le sue guance
ancora rosse per il pianto. Si stringe nelle piccole spalle magre, guardando
Ron. Guardando suo padre. Ron sospira. Sul suo viso una smorfia di gioia e
dolore si dipinge lenta e inesorabile. Si avvicina alle due giovani donne e si
siede loro di fronte, in una morbida poltrona color crema, lui, totalmente
disadatto a quei colori così morbidi, così pacati. sorride.
-grazie. Grazie di questa… opportunità.
Lilian annuisce. opportunità. Sì, perché in fondo lui ha
ragione. Non è altro che questo. Un’opportunità. E se le cose andranno male,
lei potrà sempre lavarsene le mani. Adesso è una donna, e questo nuovo essere
le si dimena nello stomaco, le fa tuonare i polmoni.
-prego.- sussurra, roca, sincera, innocente come non sarà mai
più. Si alza, smuovendosi i capelli ramati dalle spalle con un gesto veloce.
–a questo
punto io avrei una richiesta.
-mi sembra davvero il minimo.- sussurra Ron.
-ho incontrato Fred. Un mio zio, ho scoperto. Non voglio mai più
dover scoprire di avere dei parenti, o scoprire frammenti del vostro passato.
Perché non è poi così passato, siete d’accordo? Quindi, vi prego, presentatemi
la mia famiglia, o tutti coloro che avrebbero dovuto far parte della vostra, della
nostra, vita.
-mi sembra una scelta ragionevole.- dice piano Hermione.
–una richiesta sensata.
-grazie.
-ti porteremo a conoscere i tuoi nonni allora… e persone così.
-grazie mamma.- si china su sua madre e la bacia, rapida.
–vado a fare una doccia… stasera mangiamo una pizza?
Hermione annuisce. –è venerdì… venerdì mangiamo sempre la
pizza.
-sì, infatti.- Lily sorride –dovremo dire ad Al di
aggiungere un posto al nostro solito tavolo.
-credo che per Al non sarà un problema, patata.
Lily aggrotta un secondo un sopracciglio, con fare pensoso, poi
ridacchia appena. Ron, ammutolito, la osserva, mentre lo traina adagio nella
sua vita. –no, non credo.- dice, allegra. –allora vado a
prepararmi.
Hermione e Ron sorridono mentre lei trotterella fuori dal salotto.
Si guardano, sfiniti, svuotati.
-benvenuto Ron.- sorride lei.
-grazie piccola.
-e di cosa?- Hermione ride. –grazie a te di essere
tornato….
Ginevra è appoggiata con il capo al vetro freddo della macchina,
mentre questa scivola pigramente nel traffico denso di auto, di bus, di persone
delle umide strade londinesi. Cercano un parcheggio per entrare in città. Che
cosa scomoda le città pedonali, pensa Ginny. Fuori di li deve fare freddo, e
loro dovranno entrare in uno di quegli autobus pieni di gente bagnata dalla
pioggia. Che cosa schifosa le città pedonali. Harry guida tranquillo, le spalle
rilassate. Eppure, Ginny sa quanto immensa sia l’ansia che lo attanaglia per
l’incontro che adesso dovrà fare. Loro, Ron ed Hermione. I suoi amici, i suoi
inseparabili compagni, che per così tanto tempo aveva cercato solo nei ricordi.
Ma Ginny è contenta. Così felice di sapere che adesso si rincontreranno.
Harry parcheggia delicatamente la macchina scassata dell’amica
in un posto a pagamento. Poi si volta verso Ginny e le sorride appena.
–siamo molto lontani?
Lei scuote il capo. –no, saranno 10 minuti a piedi.
-fantastico…
-Harry, e le tue cose?
-se decideremo di vivere qui, allora andrò a prenderle… ora non
avrei saputo dove metterle.
Ginny si tende verso di lui e gli posa un bacio leggero sulle
labbra.
–andiamo a
vedere come stanno i due piccioncini allora.- fa, ridacchiando.
Harry la prende per mano e insieme si lanciano nella folla
bagnata, sotto quella delicata eppure gelida pioggia primaverile. Rivederli.
Adesso. Tra 10 minuti. Loro due, Hermione e Ron. I suoi amici. Non gli sembra
vero. Una stretta allo stomaco gli si fa sempre più forte man mano che avanzano
nella folla, man mano che la pioggia li bagna di più. Ginny lo guarda. Sembra
più bello, bagnato, lustro, con quella piccola ruga di concentrazione che gli
divide la fronte, con quel velo di tristezza che gli attraversa gli occhi. Non sembra più bello. E’ più bello. Forte, sicuro, con
quell’alone di triste debolezza, quell’insicurezza che lo spinge a stringere
forte la sua mano nella propria. Harry sospira. Ha paura di quello che leggerà
nei loro occhi adulti, di quello che le loro voci serie gli comunicheranno. Ha
paura che i loro sorrisi siano troppo tristi, i loro volti troppo addolorati,
che tutto in loro sia velato di quella malinconia che lui sente addosso a se
stesso. Ha paura che siano troppo cambiati. Il braccio di Ginny gli scivola
intorno alla vita, lo stringe appena. Lui guarda verso di lei, che gli sorride
con dolcezza, rasserenante e semplice nella sua bellezza.
-Loro non vedono l’ora di vederti, Harry. Andrà benissimo,
vedrai.- sussurra. Harry abbozza un sorriso. Si china su di lei e le bacia le
labbra rapidamente. Come sempre, riesce a dire la cosa giusta nel momento
giusto.
Continuano a camminare, nell’aria bagnata, febbricitante
d’attesa. Sguardi stupiti si inchinano al cospetto del volto di Harry Potter:
qualcuno lo riconosce, qualcuno guarda sospetto quella chioma corvina e quel
sorriso mesto e pieno di antico coraggio, qualcuno tenta di scorgere quel
leggendario cenno sulla sua fronte, altri lo osservano tentando di scavare nei
reconditi abissi della memoria in cerca della fine di quel piccolo eroe, o
forse solo tentando di ricordare a chi somigli il giovane uomo che ora arranca
nel grigiore abbagliante di Londra con una bella donna ridente al braccio. E
per la prima volta nella sua vita, Harry non respinge i loro sguardi. Li
accoglie con semplicità: ha salvato le loro vite, è scappato lontano, ha
lasciato che il mondo smettesse di parlare di lui. Ma ora vuole solo essere
felice, e non permetterà a qualche sguardo più acuto di rovinargli la giornata.
Si stringe a Ginny, ancorandosi a lei con forza, come se lasciandola andare si
potrebbe trovare solo, abbandonato in balia di quella nuova vita. Ma Ginny non
lo lascia. Non l’avrebbe mai fatto allora, e nulla la spinge adesso a farlo.
Arrivano davanti ad un portone. Ginny si sposta dalla fronte la frangia
bagnata, sogghigna. –Eccoci. –sussurra. Cerca nell’elenco del
citofono il cognome dell’amica. “Granger”.
–Pronto?- fa ancora, piano. Harry annuisce.
Le prende il polso e schiaccia lui il pulsante.
Un rumore secco rimbomba nel corridoio meticolosamente ordinato,
lustro, fresco. Lily sporge il capo dalla propria camera, un asciugamano legato
a turbante sulla chioma grondante dopo la doccia. –Ma’, il citofono!
Ron è seduto sul divano, Hermione accoccolata sul suo petto alza
gli occhi su di lui.
-chi diavolo può essere?- chiede Ron.
Hermione sorride piano.
-Penso di saperlo.
Si alza. Non chiede niente. Ancora non ha il coraggio di sapere.
Schiaccia solo il pulsante.
Harry e Ginny si guardano, emozionati. Lei lo precede su per le
scale bagnate, lungo i corridoio di quella vecchia abitazione a schiera. Harry
resta aggrappato alla sua mano come un bambino, nuotando nella sua scia
profumata, annaspando nella sensazione di smarrimento e paura che per anni e
anni l’aveva attenagliato.
-Gin…
Lei si volta, gli sorride. Gli si avvicina e gli mette una mano
sulla guancia bagnata, togliendogli i capelli dalla pelle, con un sorriso
sereno, pieno di forza. –Lo so…- sussurra. Lo abbraccia. –Ma io
sono qui, qui con te…- Harry si lascia abbracciare, e poi continua ad arrancare
dietro di lei, lungo i corridoi e le scale, in quel percorso che gli sembra
infinito. Poi lei si ferma davanti ad un’altra porta e suona in campanello,
senza lasciargli il minimo tempo per ripensarci, per avere esitazioni, per
avere paura.
E prima che Harry se ne renda conto, la porta si apre.
Hermione trattiene un sospiro, il cuore le salta un battito. Per
un attimo teme che sverrà, si attacca con forza allo stipite della porta, tanto
che le nocche le diventano bianche.
C’è Ginny, i capelli rossi e bagnati che le incorniciano un
sorriso vivo, puro, arzillo e forte come non ne vedeva da tempo. I suoi immensi
occhi azzurri brillano mentre osservano il suo viso mutare, sorridere e
allagarsi di lacrime. Si scosta, si appoggia alla parete, e lascia il tempo ai
due vecchi amici di fronteggiarsi, dopo tanti anni, lontani dalle impenetrabili
mura dei ricordi.
Hermione, nuotando nel mare di lacrime che le affollano gli
occhi, si sporge al di la della porta, e lo studia. Harry Potter. Quell’eroe
che aveva tanto amato, amato in quel modo che solo un’amica può, che solo una
sorella può, che solo una madre può. E che solo chi riesce ad essere tutto
questo, può. È li, splendido come non le era mai apparso, i capelli neri, i
brillanti occhi verdi, le labbra sottili in una smorfia di dolore e insieme di
immensa gioia, contornati da un paio d’occhiali dalla montatura rettangolare,
spessa, adulta. Non ci sono lacrime sul suo viso, ma le emozioni di una vita
intera gli disegnano un’espressione confusa, e insieme forte come non l’aveva
mai avuta. Anche Harry la studia, con una dolcezza che non è mai riuscito ad esprimerle,
con un affetto che ha sempre provato, senza mentirle più, nemmeno con gli
occhi. È li, con i capelli in ordinati boccoli, gli occhi non più bambini
eppure così simili a quelli che la mente gli aveva disegnato in quei 10 lunghi
anni. Le forme precise, curate, il sorriso commosso spoglio dal rancore, dalla
paura, dalla tristezza che vi aveva letto quando aveva aperto la porta.
-Hermione… ciao.- sorride, con tenerezza.
-Harry!- lei gli salta al collo, lo abbraccia, e lui annega nei
suoi ricci. Quell’abbraccio lo riporta indietro, agli abbracci forzati che lei
gli aveva lanciato, ai contatti fugaci, alle confidenze, alle congetture, alle
avventure, a quel mondo duro eppure splendido in cui avevano imparato ad amarsi
e ad odiarsi, a confrontarsi e a sfidarsi, a fidarsi e a dubitare, a deludersi
e a sorprendersi a vicenda. Quel mondo duro eppure splendido che li aveva
portati a diventare così, amici nonostante l’immensità che avevano solcato le
loro menti e i loro corpi. Per la prima volta non c’è imbarazzo in
quell’abbraccio. Non c’è fretta. Harry vorrebbe, potrebbe, non separarvisi mai.
Improvvisamente dietro di lei si muove qualcosa. Harry apre gli
occhi, e incontra un altro sguardo. Uno sguardo forte anch’esso, ma meno, pieno
di una dolcezza nascosta. Uno sguardo sincero, emozionato, rabbioso, fragile,
cristallino, contornato da lentiggini dorate, da una distesa di pelle candida,
da lunghe ciocche di capelli fiammeggianti.
-Oh cazzo… Harry!- dice, con voce roca e striata da lacrime di
commozione. Hermione lo lascia andare, rivolgendogli un frettoloso sorriso,
premuroso come tutti i sorrisi che gli aveva sempre rivolto. Ginny lo spinge in
casa, e Harry sente chiudersi la porta dietro di lui.
-Ron!- Ride Harry. Ron annuisce, scostandosi i capelli dalla
fronte, incredulo. Si sorridono, con quell’intimità, quell’affetto, quella
fraterna complicità e quella tenera rivalità che li aveva legati in tutti
quegli anni, attraverso lezioni difficili, litigi, amori non corrisposti o
corrisposti troppo voracemente, attraverso pericoli immensi e paure troppo
grandi, attraverso le frustrazioni dell’adolescenza e le confidenze più intime
delle amicizie più grandi. Si sorridono, con la limpida sincerità che tra loro
aveva sempre sorvolato ogni differenza, ogni timore, ogni discussione più
assurda, ogni opinione più diversa. Si sorridono, con semplicità, quasi
scusandosi per tutto quel tempo, per tutto quel dolore, per tutte quelle
menzogne. Ron fa un passo. Harry fa un passo. E si abbracciano. Ridendo e
piangendo, mentre alle loro spalle Hermione e Ginny ridono e piangono, parlando
senza dirsi niente, muti ma dicendosi ogni cosa, emozionati e complici, felici,
privati di qualunque bisogno di spiegarsi, di qualunque bisogno di scuse. Dopo
un tempo indeterminato si separano.
Harry e Ron annuiscono, guardandosi, eloquenti, sorridendo
ancora, senza vergogna per quelle lacrime che bagnano le loro guance di uomini
adulti.
-Sono felice di vederti Harry. Come va?
A quella domanda ci sarebbero molte risposte. Ma a Harry ne viene in mente solo una:
-Benissimo.
Li guardo, sentendomi un po’ un’intrusa. Non ho mai visto la
mamma con un sorriso più radioso, accoccolata tra le enormi braccia di mio
padre. Improvvisamente i miei occhi si legano a quelli di Harry. Gli rivolgo un
sorriso velato. Lui non lo sa, forse non sa nemmeno chi sono io. Ma, caro Harry
Potter, questo è un sorriso di scusa. Per averti odiato tanto prima ancora di
aver visto il tuo viso, le tue lacrime, i tuoi occhi, il tuo sorriso. E se
prima di quest’istante mi sono chiesta cosa, cosa, avesse spinto mia madre, mia zia,
mio padre a distruggersi tanto per quest’uomo, per te, ora lo so. Emette come
una luce diversa dagli altri. Anche lui mi sorride. È un sorriso adulto, un
sorriso sincero. Forse ha capito chi sono. Dispiego le dita della mano e le
agito appena in un saluto, al quale lui risponde piano, cingendo Ginny in una
nuova stretta possessiva e piena di tenerezza. Ricordo quello che la mamma mi
aveva detto sul perché del mio nome: “volevo che lui sentisse che adesso aveva
una famiglia”. Sorrido, mentre quello sguardo un po’ smarrito scivola via dal
mio lentamente, per spostarsi sugli altri, per accarezzarli. Sono stata felice.
Sono stata serena. Ma non sono mai stata completa. Non sono mai stata normale.
Adesso so il perché. Io non sono normale, sono figlia di due maghi. Di due
grandi maghi, e questo scorre con forza nelle mie vene, ruggisce dentro di me.
Ora le cose andranno bene. Meglio, di sicuro. Saremo felici. Lo dico a Harry in
un ultimo rapido e timido sorriso. E sento che lui capisce. Siamo esattamente
sulla stessa lunghezza d’onda, noi 5. Io e loro. Il mio mondo. La mia famiglia.
È stato difficile, ma la strada è in salita. Ci vuole coraggio, ancora una
volta, per andare avanti, lasciarci tutto indietro. Li vedo, con tutto quello
che hanno vissuto che grava sulle loro spalle, ma con i loro occhi che puntano
a un nuovo orizzonte, un nuovo futuro. Ma quello che è stato è li, lì e ci sarà
per sempre, a segnarli e a renderli così come sono, eroi, guerrieri, maghi, ma
infondo ancora i bambini che sono stati, quelli della splendida ed affascinante
storia che li ha portati qui, sotto i miei occhi. E quell’ultimo sguardo che
Harry rivolge loro, li supplica di non dimenticare mai.
FINE
ROSYBLACK
Carissimi lettori, è con un po’ di malinconia, devo dire, che
alla fine vi posso dire: ce l’abbiamo fatta! Dopo mesi e mesi di tristezza
(perché SoloMomenti non ha fatto piangere solo voi, ve lo assicuro!), vi ho
finalmente dato il vostro meritato lieto fine… Spero di non avervi deluso! Mi
spiace molto di avervi fatti aspettare, davvero, ma purtroppo, come forse
sapete, mi si è rotto il computer prima della partenza e poi sono stata in
Liguria dove non ho avuto la connessione internet per un mese (non sapete che
sofferenza)! In ogni caso, ora ci siamo… spero che tutti quelli che hanno
iniziato a leggere riescano a finire, altrimenti aiutatemi a spargere la voce,
visto che magari dopo tanto tempo la gente smette di controllare… In ogni caso,
volevo ringraziare i fedeli lettori, quelli che mi sono stati vicini con i loro
preziosi consigli, commenti, appoggi… Siete i migliori “fan” che si possa
desiderare! Io e zia Row siamo fortunati ad avervi… eheh… Grazie davvero,
questa storia è per voi! Voglio anche specificare (ora che mi viene in mente)
che i personaggi, tranne Lilian, (casomai qualche demente non lo sappia, eh?
Ihih…) non sono miei, ma della mitica e ineguagliabile J.K.ROWLING. Non sto
nemmeno a dire che di spoiler non ce ne sono e che ho lavorato solo di
fantasia… che il lavoro non è a fine di lucro e palle simili perché mi
conoscete, e lo sapete tutti!
E con questo, miei adorati, vi saluto, perché tra due giorni mi
aspetta una vacanza al lago… per cui grazie mille per tutti questi bei giorni
passati insieme, grazie di tutto! Ci sentiremo presto, tenete gli occhi aperti
per le nuove ficc che la mia mente diabolica sta già architettando e… buone
vacanze!