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Autore: La sposa di Ade    04/01/2012    6 recensioni
Volute di fumo si innalzavano dalla macerie di quella che una volta era stata la capitale più fiorente del mondo degli Umani, l’ immensa e sfarzosa Ethis era ora ridotta a un campo di battaglia per un’ ultima guerra.
Una figura, pallida e barcollante, affacciata alla finestra della sua stanza osservava con occhi di pece quello scenario troppo familiare, così poco era passato; quel breve periodo di dopoguerra in cui chiunque si trascinava in cerca di una luce, seppur effimera, era finito. Sostituito da ciò che di peggio si poteva immaginare.
Il suono della battaglia, cozzare di armi, schizzi di sangue e morte si era diffuso ovunque, un requiem caotico risvegliava una sete di sangue che da tempo sperava di aver abbandonato, sperava di averla lasciata in quella cella due anni prima insieme a tutto quel sangue che aveva versato solo per il desiderio di uccidere. Con una daga legata al polso e ciò che restava dell’ Ala d’ Argento avrebbe combattuto, gustandosi tutto il sangue che sarebbe riuscita a versare.
6° Classificata
al contest ‘Aboliamo gli Happy Endings!’ indetto da
WodkaEiffel
Genere: Angst, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dirty souls'
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Salve gente! Ecco il terzo capitolo. Qui verranno svelate un po’ di cose (ma verranno fuori anche altre domande :3 hihi).
Lasciate che vi consigli una canzone anche per questa lettura ^^ http://www.youtube.com/watch?v=IfLoCG1MLqI&ob=av2e come già detto potrebbe disturbare la lettura quindi se vi infastidisce troppo abbassate il volume, oppure non mettetela (ç_ç).

Vi avviso però… A me questo capitolo non mi ha soddisfatto per niente, ma almeno sono riuscita a pubblicarlo antro la scadenza che mi ero prefissata, fiù.
Ancora una cosa (e avrei bisogno di un vostro consiglio), avrei intenzione di pubblicare –magari dal prossimo capitolo- il passato della ragazza magari alternandolo con capitoli in cui la storia ttuale va avanti… Che dite? Altrimenti è difficile per me farvi capire per bene tutta la pappardella u.u.
Bene, con questo è tutto, aspetto vostre recensioni, sia positive che negative, ringrazio chi si prende la briga di recensire (quali la mia amata Raen91 :D e Jo Shepherd, grazie ancora. *.*)
Non mi resta che augurarvi Buona lettura. :D

 

Capitolo 3 – Sospiri di ghiaccio.
2° Anno del Crepuscolo.

“Se l' esistenza di un nemico, può essere la tua ragione per continuare a vivere.”
[Matsuri Hino.]

Il selciato era fradicio e le pietre erano scivolose, per le strade non c’ era nessuno nonostante fossero appena le nove di mattina. La pioggia continuava a scendere con forza sulla città deserta.
I suoi passi erano lenti e silenziosi. Sapeva bene dove andare prima di lasciare la città. Un’ ultima visita alla casa di Rhygen, doveva prendere un paio di cose, poi avrebbe potuto dirgli davvero addio.
La sua abitazione non era che un misero appartamento schiacciato tra due case.
La porta rovinata in legno scuro, la maniglia traballante e arrugginita nascondevano una sala più o meno ampia, con una scrivania in legno scuro strapiena di fogli scritti e un letto dalla parte opposta, per terra, a fianco a quest’ ultimo c’ era un ammasso di coperte. In fondo alla sala c’ era il caminetto, spento, e sopra di esso attaccato con un chiodo un foglietto scritto con inchiostro scuro, ma le parole erano illeggibili, perché cancellate da macchie di inchiostro.
La ragazza entrò e si abbassò il cappuccio guardandosi intorno, la casa era esattamente come se la ricordava, solo un po’ più in disordine.
Con passo sicuro si diresse verso le coperte ammassate accanto al letto e le spostò per poi sfilare dal pavimento una trave di legno, non molto diversa dalle altre.
Ed eccola, li sotto, tra polvere e paglia, la sua spada. 


Ghiaccio.

Era l’ impressione che aveva avuto sentendo la mano della ragazza sulla sua testa. Il suo corpo era ancora percorso da brividi.
Anche se ora si stava riparando sotto il salice, quello dell’ “appuntamento” , e le gocce lo raggiungevano a malapena i brividi continuavano a corrergli per la schiena.

Angoscia.
Gli sembrava di avere ancora la sua mano sulla testa, fredda come ghiaccio e leggera come una piuma, ma pesante, tanto quanto un fardello sul cuore.
E ora si trovava seduto con la schiena attaccata al tronco rugoso e umido, aveva paura, doveva ammetterlo. Ma doveva andare avanti per realizzare il suo sogno, e quello era un buon modo per fare il primo passo verso un mondo unito. Tornò al passato sorvolando sull’ infanzia rubata.

Speranza.
Fin da piccolo sperava che un giorno, umani e creature Oscure non sarebbero state razze tanto diverse come era normale in quegli anni, era certo che tutti la pensassero così, ma si sbagliava, col passare degli anni la situazione non era cambiata, anzi, sembrava essere peggiorata. Tanto che, una volta fattosi grande, decise di parlarne con il padre, discussero a lungo fino a che non giunsero a un accordo, tanto conveniente al padre quanto poco favorevole ai propositi del giovane.
Suo padre, il re Eiron strinse un’ alleanza con il popolo delle Viere, tanto abili nell’ arte dell’ arco quanto belle. Presto l’ alleanza divenne un pretesto per ingaggiare guerriere in battaglia. Le giovani donne furono costrette a battersi contro le creature Oscure, contro la propria famiglia, il proprio popolo a costo di avere salva la pelle.
Ma lui voleva cambiare tutto, voleva una convivenza facile, non forzata come aveva imposto suo padre.
Sospirò, pensando al mondo unito che tanto desiderava e il flusso di pensieri lo portò a quello che sarebbe successo da lì a circa un’ ora.

Paura.
Si, aveva paura, molta. La cosa che lo preoccupava di più era il fatto di non aver capito chi era la ragazza e la sensazione di aver commesso un grosso sbaglio.
Se ne sarebbe potuto andare in quello stesso istante e fingere che non fosse successo niente.
E lasciare perdere i suoi buoni propositi? No, mai.
Il suo sguardo vagò per il cimitero silenzioso e deserto soffermandosi sulla lapide per cui si era celebrata da poco la cerimonia, ricordava il momento in cui la ragazza aveva posato quel misero mazzo di lavanda e gli era sembrato di vederla fragile, tanto quanto un semplice umano, era stato quello a dargli la speranza, la certezza che umani e creature Oscure non fossero tanto dissimili.
La pioggia continuava a scendere insistente e non si accorse della presenza dietro di sé.
La ragazza era arrivata ed era appoggiata con la spalla destra al tronco, con un’ espressione insofferente e sorpresa, probabilmente non si aspettava di trovarlo lì.
Aveva il cappuccio abbassato e la lunga treccia scura si appoggiava al suo petto, ciuffi di capelli scuri le incorniciavano il volto pallido. Si perse a osservare i suoi lineamenti e notò qualcosa di diverso rispetto a prima, gli occhi, ma prima che potesse parlare la ragazza prese parola.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda” L’ espressione del ragazzo di fece momentaneamente dubbiosa, poi ricordò l’ unica cosa che gli aveva chiesto.
“Sono Rhies figlio del re Eiron” La ragazza fu piacevolmente sorpresa.
Il viaggio per raggiungere la reggia sarebbe stato lungo e l’ idea di dover vivere in un ambiente del genere la infastidiva, e non poco, temeva che troppi ricordi sarebbero tornati a farle visita. Vivere in una reggia, circondata da gente boriosa, che entusiasmo. Avrebbe preferito vivere in una mezza catapecchia come era successo da lì a due anni prima.
“Tu invece dovresti essere un mutaforma” Disse lui con aria risoluta.
“Da cosa l’ hai dedotto?” Disse lei infastidita.
“I tuoi occhi, prima erano del colore dell’ ambra, mentre ora sono neri” La ragazza si portò la mano al viso e con il pollice si accarezzò un paio di volte il labbro inferiore voltandosi leggermente, stava riflettendo e sembrava annuire impercettibilmente. Cosa che fece illudere il figlio del re.
“Sei totalmente fuori strada” Quest’ affermazione spiazzò il principe, se era davvero così non aveva la più pallida idea di chi lei fosse.
Si aspettava che la ragazza si rivelasse, cosa che non fece, e questo lo fece irritare.
“Tu invece? Si può sapere chi sei?” Chiese lui con arroganza. Lei si voltò e guardandolo male, non rispose.
“Beh, ho il diritto di saperlo.” Il suo tono si era alzato e lei era visibilmente infastidita. Si avvicinò al ragazzo e lo prese per il bavero attirandolo più vicino a sé.
“La prossima volta che fai un’ offerta del genere assicurati prima con chi tu stia parlando, questa volta hai fatto un grave errore e ora ne pagherai le conseguenze.” Gli sussurrò lei. Il ragazzo tentò di liberarsi dalla stretta della ragazza, inutilmente
“Non osare toccarmi! Sono il figlio del re!” A quel punto la rabbia della ragazza trabocco e scuotendolo gli rispose.
“Ascoltami bene, insulso umano, se qui c’ è qualcuno che deve portare rispetto allora quello sei proprio tu.” Ringhiò lei.
E proprio in quel momento vide ciò che non si sarebbe mai immaginato.
Gli occhi della ragazza si tinsero di rosso cremisi. Ma aveva notato un’ altra cosa, mentre lei parlava aveva visto i suoi canini fin troppo lunghi, anzi, sembrava che lei glieli avesse mostrati di proposito.
Che fosse un vampiro? Possibile? Eppure sapeva che si erano estinti tutti. Non poteva crederci.
La ragazza sembrò notare la sua espressione e i suoi occhi si velarono di tristezza poco prima di lasciare il ragazzino, che perse quasi l’ equilibrio.
“Sei… davvero un vampiro?” Lei sospirò.
“Si, uno dei pochi rimasti.” Rispose tristemente, la storia del suo popolo era alquanto drammatica e non poteva dire che non fosse a causa sua.
“Ero certo che si fossero estinti tutti.” Alla ragazza quella parola non piacque, estinti, sembrava parlasse di animali.
“Siamo rimasti in pochi,” In effetti erano solo in due, o massimo tre. “molto pochi.” Ma lei ormai non si considerava più un vampiro, era stata rinnegata dai suoi simili e da sé stessa, ma di certo non era neanche umana, né avrebbe mai voluto esserlo.
Il silenzio si fece pesante.
“Che strana spada.” Disse lui per interrompere il silenzio e cambiare argomento, in effetti aveva notato la sua particolare spada, la portava sulla schiena a tracolla ed era lunghissima.
“Da che parte dobbiamo andare?” Chiese lei ignorando totalmente la domanda che le era stata fatta.
Quella spada faceva parte del suo oscuro passato, e quello non era il momento per ricordare.
Il ragazzo rimase un attimo interdetto, poi pensando che non sarebbe stato saggio insistere rispose alla sua domanda.
“Dobbiamo andare a Nord, uscire da questa città, proseguire per la Foresta Nera ed entrare a Ethis. La reggia è nel centro-città, quindi non impiegheremmo molto tempo per raggiungerla” Immaginò l’ intero viaggio e pensare di farlo accanto ad una creatura Oscura, più precisamente con uno degli ultimi vampiri, non lo rassicurava affatto.
“Posso almeno sapere il tuo nome?”
“Neah.” Rispose lei dopo un lieve sospiro.
 

Camminarono tutto il giorno, praticamente senza mai fermarsi. La pioggia si era fatta leggera ma continuava, incessante, a scendere.
Si era fatta quasi sera quando raggiunsero una squallida locanda al confine della città.
Un’ omaccione sedeva dietro al bancone con un boccale di birra in mano e quando li vide quasi cadde dalla sedia per la sorpresa di avere dei clienti che non fossero i topi.
“Come posso servirvi?” Nonostante le apparenze i suoi modi non erano affatto bruschi.
“Vorremmo un posto per mangiare e una stanza per dormire questa notte.” Rispose il principe mentre la ragazza si scrollava dall’ acqua.
“Certamente, accomodatevi al tavolo che preferite” Disse alzandosi per prendere un paio di chiavi da sotto il bancone. “Ecco le chiavi.”

Spera solo che ci siano i letti separati altrimenti… Oh, Andhera, non ne posso più. Pensò la ragazza prendendo dalle mani del grassone le chiavi, pronta a dirigersi verso la stanza senza mangiare.
“Aspetta Neah, non mangi?” Lei, che già aveva messo un piede sul primo scalino, si voltò e guardò il principe con un sopracciglio alzato, senza dire niente, sperando che capisse la stupidata che aveva appena detto.
“Ah.” Disse solo, abbassando lo sguardo sul tavolo ancora vuoto e il viso in fiamme, lo rialzò quando sentì i passi della ragazza iniziare a salire le scale, rimase a fissare la sua schiena scura interrotta solo dal fodero bianco della lunga spada fino a che non scomparve dalla sua vista.
Solo in quel momento, dopo parecchie ore, riuscì a rilassarsi e a stendere tutti gli arti contratti.
Sospirò quando gli venne messo sotto il naso una scodella di minestra fumante. Era deciso in quello che faceva, voleva raggiungere il suo obbiettivo, anche a costo di andare contri i prìncipi del padre.
Ma stava davvero facendo la cosa giusta?

  
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