L’indomani
la città si svegliò sotto una coltre bianca
spessa
almeno trenta centimetri.
Gianni
saltò giù dal letto che non era ancora giorno e,
per
prima cosa, guardò fuori dalla finestra della sua camera, si
sentì felice:
tutta quella neve ci avrebbe messo un po’ a sciogliersi e di
sicuro, il giorno
dopo, la scuola sarebbe rimasta chiusa. Fece colazione e
uscì sotto lo sguardo
perplesso della mamma. L’appuntamento era per le sette e
mezza a casa di Lisa.
La
porta si spalancò prima che lui toccasse il campanello.
-Ciao
Gianni! Sono pronta.-
Lisa
si era imbacuccata all’inverosimile. Dalla posizione
delle braccia che restavano alquanto rigide e staccate dal corpo,
s’intuiva che
sotto il giaccone imbottito doveva indossare un numero imprecisato di
maglioni.
In testa aveva il cappello di lana, ma s’intravedeva appena
sotto la sciarpa
chilometrica che avvolgeva il tutto, lasciando scoperti solo gli occhi
scuri
che brillavano per l’eccitazione. Gianni dubitò
che potesse fare più di due o
tre passi nella neve alta, così impacciata nei movimenti. La
vera chicca, però,
erano senz’altro le scarpe.
-
Dove li hai presi quelli?- Gianni non aveva mai visto niente
di simile.
-
Belli, vero? Erano di mia madre- rispose lei tutta
orgogliosa, protendendo in avanti un piede calzato da un doposci peloso
in
perfetto stile yeti, come imponeva la moda negli anni settanta.
-
Mi sembri uno sherpa tibetano. – Osservò Gianni
ridacchiando.
-
Un che?- chiese Lisa acida.
-
Lascia stare. Dai sbrighiamoci!- L’ignoranza di Lisa era
disarmante e poi non voleva iniziare quella promettente giornata con
uno
sciocco litigio.
Arrancarono,
affondando nella neve fin quasi ai polpacci,
diretti al parco. Era domenica mattina, e in giro non si vedeva quasi
nessuno,
neppure le auto circolavano. Con quel clima, non era strano che la
gente
preferisse restarsene in casa. Pochi passi, e Lisa cominciò
a sbuffare come una
locomotiva. Gianni nascose il sorriso nella sciarpa e si
concentrò sul percorso
per non ridere.
Voleva
bene a Lisa. Andavano a scuola insieme fin dalla
materna e facevano parte della stessa associazione. Erano entrambi
scouts: lui
lupetto e Lisa coccinella.
Pur
essendo coetanei, Lisa sembrava molto più grande di lui.
Era molto più alta e anche più… come
dire?…Ecco… Gianni non si permetterebbe
mai, quindi lo dico io: era decisamente cicciottella! Aveva capelli
lunghi e
ricci color del miele e un bel faccione bianco e rosso come una mela. A
dire il
vero, a questo punto della storia, era molto più rosso che
bianco.
-Che
hai
nello zaino?- gli chiese ansimando, dopo un po’.
Gianni
si fermò per togliersi lo zaino
e mostrarne il contenuto all’amica. A dire il vero, anche per
farle riprendere
fiato. Dentro c’erano un vecchio berretto di lana col
pon-pon, che Lisa sentiva
di avere già visto, una sciarpa scolorita e una carota
bitorzoluta.
-Guarda
qui-
disse tirando una mano fuori dalla tasca e mostrandole due sassolini
neri e
lucidi.- Sono della mia collezione, li ho presi al mare
l’estate scorsa-
precisò. – Saranno perfetti per gli occhi!
Ripresero
a camminare, ormai mancava poco. Lisa si era si era
sbottonata la giacca e srotolata la sciarpa che adesso penzolava ai
lati del collo,
strisciando sulla neve.
-Guarda
Gianni!- disse d’un tratto, afferrandolo per un braccio e
indicando estasiata
il parco che si estendeva, deserto e silenzioso, davanti a loro.
Superarono
il tornello all’ingresso e s’incamminarono lungo il
viale che conduceva al laghetto. La neve era immacolata. Gianni avrebbe
desiderato essere
leggero come una piuma per
non rovinarla con le sue impronte. C’era
un silenzio ovattato. Il candido, soffice manto ricopriva ogni cosa e
smorzava
ogni suono. Solo, ogni tanto, piccoli, improvvisi tonfi tradivano gli
alberi
che si liberavano dal peso eccessivo.
-E’
fantastico
Lisa! Ed è tutto per noi!- Disse Gianni sottovoce.
Si sentiva il cuore
gonfio per l’emozione davanti a quello spettacolo. La neve si
era accumulata
anche sui fili della corrente trasformandoli in candidi merletti tesi
tra i
lampioni. Gli abeti, invece, erano gigantesse vestite di trine e di
soffice
mussola bianca. Spalancò gli occhi, quasi a volerseli
riempire di quella
visione che sapeva effimera, per custodirla in sé il
più a lungo possibile.
-Allora
dove lo facciamo?- chiese Lisa, volgendo intorno lo sguardo alla
ricerca del
posto adatto, e strappando Gianni dalle sue fantasticherie.
-Dopo
il recinto dei giochi, vicino alla fontanella.- Rispose lui deciso.
-Perché
così
lontano? Non è meglio qui, vicino all’ingresso?-
Indagò Lisa, con una nota di
apprensione nella voce.
Dopo
i primi momenti di stupore e di incanto, tutto
quell’abbagliante silenzio le stava mettendo addosso un vago
senso di
inquietudine. Non aveva la fervida immaginazione di Gianni, pensava
piuttosto
all’aspetto pratico della sicurezza. Non era opportuno che
due bambini soli si
allontanassero troppo. Molto meglio restare in vista, non si sa mai!
Se, però,
qualcuno glielo
avesse chiesto, avrebbe
detto che quegli alberi curvi sotto la neve le parevano mostri del gelo
pronti
a balzarle addosso.
-No-
replicò Gianni – ci serve stare vicino alla
fontanella per l’acqua.
-L’acqua?
A
che serve l’acqua per fare un pupazzo di neve?
Gianni
alzò testa e spalle e si accinse ad assumere
quell’aria
di saccente superiorità che le faceva venire tanta voglia di
strozzarlo.
-Mia
cara- disse, - devi sapere che lisciare il pupazzo con
l’acqua oltre a rifinirlo
meglio, lo rende anche più resistente, perché
diventa come un blocco di
ghiaccio e, quindi, ci mette più tempo a sciogliersi.
-Come
fai a
saperlo? Non mi dirai che hai letto anche un manuale su come fare un
pupazzo di
neve?-
Gli
chiese sarcastica. Ma in realtà
era anche un po’ curiosa.
Quando
Gianni non giocava a fare lo sciocco saputello, adorava
starlo a sentire. Lui sapeva un mucchio di cose sugli argomenti
più disparati.
Divorava tomi alti così: manuali, romanzi, persino la
Bibbia. Per Lisa era un
mistero che non gli fosse ancora scoppiata la testa; lei poteva reggere
al
massimo Geronimo Stilton, ma quelli erano libri più da
guardare che da leggere.
E poi Gianni sapeva anche inventare storie. Storie magiche, storie
divertenti,
a volte storie strampalate, ma a lei piacevano un mondo e lui era il
suo amico
del cuore.
-Me
l’ha detto mio
nonno – rispose lui, riprendendo il solito atteggiamento, ma
la scintilla di
malizia nei suoi occhi tradiva che si era divertito a punzecchiarla un
po’.
-Lui
è un vero esperto di pupazzi di neve, - continuò
- perché
ai suoi tempi nevicava molto durante l’inverno, e poi
è stato molti anni in
Svizzera, e lì sì che li sanno fare!
I
due amici raggiunsero la fontanella già fradici per le palle
di neve che si erano lanciati lungo il tragitto. Come al solito, Gianni
prese
in mano la situazione, dando subito prova del suo innato senso pratico.
-Dunque,
ci
servono tre palle: una bella grossa per la base, una media per fare il
tronco,
e una più piccola per la testa. Ti faccio vedere come si fa.-
Prese
una manciata di neve e la compresse tra le mani dandole
una forma vagamente sferica. Poi tentò di rotolarla per
terra per ingrossarne
il diametro, ma non funzionava. Provò a sollevare
l’informe massa, ma quella
gli si sfaldò tra le mani, neanche fosse stata neve fresca,
lasciandolo
perplesso e anche un tantino frustrato.
-Si
può sapere che stai facendo? Ti ha detto tuo nonno che si fa
così?– chiese Lisa
che lo osservava scuotendo la testa.
-Veramente
l’ho visto fare tante volte nei cartoni animati –
rispose Gianni, ancora
sorpreso per il mancato riscontro pratico alle sue teorie.
-Che
ne dici
di quest’altro metodo? – fece Lisa, cominciando ad
ammucchiare neve
direttamente sul posto in cui doveva sorgere il pupazzo.
Continuò
ad aggiungere neve e a pressarla via via che il
mucchietto cresceva. Quando ebbe ottenuto un bel cumulo alto una
cinquantina di
centimetri, lo spianò in cima e, tutta soddisfatta si
rivolse all’amico che era
rimasto a guardare.
-Direi
che come
base può andare, non credi?-
Non
le dispiaceva prendersi la sua piccola rivincita su Gianni,
ogni tanto: senso pratico contro teoria, uno a zero per questa volta.
La sua
autostima aveva recuperato qualche punto.
-Allora,
resti lì impalato o mi aiuti a fare il tronco?-
Usarono
il metodo di Lisa per fare tronco e testa e, in meno
di un’ora, vicino alla fontanella faceva mostra di
sé il più bel pupazzo di
neve che si fosse mai visto in quella città, per lo meno
loro due ne erano
assolutamente convinti e tanto bastava.
Superava
di poco il metro di altezza e lo avevano dotato di
due belle guanciotte tonde che rendevano molto simpatico il suo
sorriso: un
semplice solco nella neve, sotto il naso di carota. Con alcune bacche
di
cipresso gli avevano fatto dei bottoni e lo avevano lisciato ben bene
con
l’acqua, come aveva suggerito il nonno di Gianni.
C’era stata una piccola
discussione su come fargli le braccia, ma Lisa l’aveva
spuntata su Gianni che
pretendeva di setacciare il parco alla ricerca di due ramoscelli adatti
e
avevano raggiunto il felice compromesso di fargli due specie di manici
, per
simulare le mani in tasca. Gli avevano messo in testa il cappello col
pon-pon e
la sciarpa intorno al collo, ma il tocco da maestro erano gli occhi. I
due
sassolini neri riflettevano la luce, facendoli sembrare quasi vivi.
Si
allontanarono di qualche passo per contemplare l’opera e
Gianni mise il piede su quello che si rivelò essere una
grossa fetta di
corteccia sepolta sotto la neve.
-Mi
è venuta
un’idea! – disse, chinandosi a raccoglierla.
Si
guardò intorno e andò a prendere una canna che
sbucava
dalla neve e che doveva essere il tutore di una qualche piantina
sepolta lì
sotto. Con un pezzo di gesso, che teneva sempre in tasca, scrisse
qualcosa
sulla corteccia e poi, dopo averla incastrata in una spaccatura della
canna,
andò a conficcarla in una delle braccia del pupazzo, che
adesso aveva l’aria di
un dimostrante ad un corteo di protesta. Poi ritornò al
fianco di Lisa per
valutarne l’effetto: MI CHIAMO JACK FROST
diceva l’insolito cartello.
-Forte!
Ma chi è Jack Frost? – chiese Lisa.
-E’
il personaggio di un film – rispose Gianni – Era un
pupazzo di neve che
prendeva vita. Però ho letto sul dizionario
d’Inglese che è anche il nome con
cui viene chiamato il Gelo nelle fiabe, come dire … Generale
Inverno , capito?-
-Brr…
adesso
mi fai venire i brividi…A proposito, guarda… sta
nevicando! – Disse Lisa,
levando gli occhi al cielo che si era chiuso in una cappa plumbea,
senza
spiragli.-
-Hai
visto Maurì? I mocciosi hanno
fatto un pupazzo di neve. Com’è carino! Gli hanno
dato pure il nome! – fece una
voce alle loro spalle.
Gianni
e Lisa si voltarono, giusto in tempo per beccarsi due
palle di neve dritte in faccia.
-Bel
colpo
Gennà! Il mio però è stato pure
meglio. Gli ho fatto cadere gli occhiali a
quattrocchi! Ah. Ah, ah…-
Un
gruppetto di ragazzi, era sbucato da dietro gli alberi e
aveva preso a bersagliarli con palle di neve. Non quelle palle di neve
soffice
che si sgretola quando ti colpisce. No. Quelle erano palle di neve
compressa,
autentici bolidi: facevano male quando arrivavano a segno.
Gianni
aveva riconosciuto la voce di Salvatore, un mezzo-bullo
che abitava vicino alla casa dei suoi nonni e che lo prendeva sempre in
giro
per gli occhiali o per la divisa da lupetto. Gli altri dovevano essere
i
componenti della sua piccola banda, senza gli occhiali non li vedeva
bene: date
le circostanze, lui e Lisa non potevano fare un incontro peggiore.
-
Gianni, filiamocela! – gli sussurrò
Lisa – sono in troppi!-
-Mi
sono
caduti gli occhiali! Aiutami a cercarli.-
Lisa
si chinò rapida alla ricerca degli occhiali e ci mise un
attimo a recuperarli, ma nel frattempo il drappello di piccoli
mascalzoni li
aveva raggiunti e circondati. Erano in sei e li fissavano con
l’aria di sei
gatti che stanno per avventarsi su due topi. Ecco,
ora siamo spacciati! Pensò.
A
quel punto Gianni fece una cosa che l lasciò di stucco..
-Non
vi
avvicinate, o sarà peggio per voi! –
Gridò, con le mani protese in avanti.-
La
minaccia suonò così assurda che tutti scoppiarono
a ridere,
tranne Gianni. Lui afferrò una mano di Lisa e
profferì uno strambo
avvertimento:
-Non
vi
avvicinate, se vi preme la vita! Questo non è un pupazzo
qualsiasi, questo è
Jack Frost! Se fate un altro passo vi ingoierà uno ad uno e
vi porterà nel suo
palazzo di ghiaccio, dove sarete i suoi schiavi per
l’eternità!-
Lisa
lo guardò a bocca aperta. Non c’erano dubbi:
Gianni aveva
qualche rotella fuori posto. Non c’erano altre spiegazioni.
Credeva davvero che
quei delinquenti ci sarebbero cascati, o voleva stenderli a suon di
battute?
Quelli infatti si stavano davvero sbellicando dalle risate. Lisa ebbe
un’illuminazione! Forse era questo il piano di Gianni:
tirarsi fuori dai guai
facendosi prendere per matto. No… Non credeva che avrebbe
funzionato: quelli
non erano tipi da provare compassione per un povero pazzo. Finito
l’effetto
della battuta li avrebbero ridotti in briciole.
Accidenti
a Gianni e alle sue idee
brillanti! Lo
dicevo io, di restare vicino all’uscita
Intanto
la neve continuava a scendere sempre più fitta. Si
stava alzando anche un forte vento che produceva un cupo brontolio tra
gli
alberi e sollevava turbini di neve tutt’intorno. Per un
momento tutti furono
distratti dalla bufera che si stava preparando, quando accadde qualcosa
di
INCREDIBILE E SPAVENTOSO.
In
un istante il pupazzo di neve era cresciuto a dismisura.
Ormai aveva raggiunto i pini più alti, poi, si era voltato a
guardare verso il
basso. La sua faccia era molto cambiata: i due occhietti neri avevano
una luce
crudele e il simpatico sorriso si era trasformato in un immenso buco
nero.
All’improvviso, prima che avessero il tempo di stropicciarsi
gli occhi, con uno
scatto fulmineo, piombò a bocca spalancata su Maurizio e lo
ingoiò.
Pietrificati
dal terrore, nessuno riusciva a muoversi.
Il
mostro di neve si abbassò di nuovo e in un attimo
ingoiò un
altro ragazzo. Questa volta l’istinto di sopravvivenza ebbe
la meglio e tutti
si diedero alla fuga, urlando. Ma il mostro, senza staccarsi neppure
dal suolo,
allungandosi come un gigantesco serpente, li ingoiava uno ad uno, prima
che
potessero allontanarsi. Gianni e Lisa si nascosero dietro un cespuglio
e si
tennero stretti l’un l’altra, con gli occhi chiusi,
mentre la tormenta sibilava
intorno a loro.
Di
colpo tutto finì. Con la stessa rapidità con cui
si era
scatenata, la tempesta si placò.
Rimasero
in ascolto ancora per un po’.
-
Sembra tutto tranquillo- sussurrò Gianni - Diamo
un’occhiata.-
Con
estrema cautela si affacciarono da dietro il cespuglio.
Erano soli. Il pupazzo era al suo posto, col cartello e tutto il resto.
Era
proprio lui, il simpatico ometto di neve che avevano completato non
più di
dieci minuti prima.
Forse
avevano immaginato tutto! Forse nulla era accaduto in
realtà. Già, probabilmente tutto quel bianco
abbagliante… la storia di Jack
Frost… il fatto di essere tutti soli nel
parco….insomma c’erano tutti gli
elementi utili a scatenare anche un’immaginazione meno
fervida della loro.
Questo
pensavano i bambini, ognuno per proprio conto. Adesso
si vergognavano anche un po’
di essersi
nascosti e cercavano il modo di uscirne in maniera non troppo ridicola.
Nessuno
dei due voleva che l’altro pensasse che si era comportato da
fifone.
Sempre
ognuno per proprio conto, alla fine, entrambi giunsero
alla conclusione che la cosa migliore fosse far finta di niente. Alla
luce di
questa inconsapevole, comune soluzione, tirarono tutt’e due
un sospiro di
sollievo. Provate a immaginare come reagirono, quindi, quando dando
un’occhiata
all’innocente pupazzo, questi fece loro
l’occhiolino?