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Autore: Neni Huri    07/01/2012    0 recensioni
Intanto la neve continuava a scendere sempre più fitta. Si stava alzando anche un forte vento che produceva un cupo brontolio tra gli alberi e sollevava turbini di neve tutt’intorno. Per un momento tutti furono distratti dalla bufera che si stava preparando, quando accadde qualcosa di INCREDIBILE E SPAVENTOSO.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’indomani la città si svegliò sotto una coltre bianca spessa almeno trenta centimetri.

Gianni saltò giù dal letto che non era ancora giorno e, per prima cosa, guardò fuori dalla finestra della sua camera, si sentì felice: tutta quella neve ci avrebbe messo un po’ a sciogliersi e di sicuro, il giorno dopo, la scuola sarebbe rimasta chiusa. Fece colazione e uscì sotto lo sguardo perplesso della mamma. L’appuntamento era per le sette e mezza a casa di Lisa.

La porta si spalancò prima che lui toccasse il campanello.

-Ciao Gianni! Sono pronta.-

Lisa si era imbacuccata all’inverosimile. Dalla posizione delle braccia che restavano alquanto rigide e staccate dal corpo, s’intuiva che sotto il giaccone imbottito doveva indossare un numero imprecisato di maglioni. In testa aveva il cappello di lana, ma s’intravedeva appena sotto la sciarpa chilometrica che avvolgeva il tutto, lasciando scoperti solo gli occhi scuri che brillavano per l’eccitazione. Gianni dubitò che potesse fare più di due o tre passi nella neve alta, così impacciata nei movimenti. La vera chicca, però, erano senz’altro le scarpe.

- Dove li hai presi quelli?- Gianni non aveva mai visto niente di simile.

- Belli, vero? Erano di mia madre- rispose lei tutta orgogliosa, protendendo in avanti un piede calzato da un doposci peloso in perfetto stile yeti, come imponeva la moda negli anni settanta.

- Mi sembri uno sherpa tibetano. – Osservò Gianni ridacchiando.

- Un che?- chiese Lisa acida.

- Lascia stare. Dai sbrighiamoci!- L’ignoranza di Lisa era disarmante e poi non voleva iniziare quella promettente giornata con uno sciocco litigio.

Arrancarono, affondando nella neve fin quasi ai polpacci, diretti al parco. Era domenica mattina, e in giro non si vedeva quasi nessuno, neppure le auto circolavano. Con quel clima, non era strano che la gente preferisse restarsene in casa. Pochi passi, e Lisa cominciò a sbuffare come una locomotiva. Gianni nascose il sorriso nella sciarpa e si concentrò sul percorso per non ridere.

Voleva bene a Lisa. Andavano a scuola insieme fin dalla materna e facevano parte della stessa associazione. Erano entrambi scouts: lui lupetto e Lisa coccinella.

Pur essendo coetanei, Lisa sembrava molto più grande di lui. Era molto più alta e anche più… come dire?…Ecco… Gianni non si permetterebbe mai, quindi lo dico io: era decisamente cicciottella! Aveva capelli lunghi e ricci color del miele e un bel faccione bianco e rosso come una mela. A dire il vero, a questo punto della storia, era molto più rosso che bianco.

 

-Che hai nello zaino?- gli chiese ansimando, dopo un po’.

Gianni si fermò per togliersi lo zaino e mostrarne il contenuto all’amica. A dire il vero, anche per farle riprendere fiato. Dentro c’erano un vecchio berretto di lana col pon-pon, che Lisa sentiva di avere già visto, una sciarpa scolorita e una carota bitorzoluta.

-Guarda qui- disse tirando una mano fuori dalla tasca e mostrandole due sassolini neri e lucidi.- Sono della mia collezione, li ho presi al mare l’estate scorsa- precisò. – Saranno perfetti per gli occhi!

Ripresero a camminare, ormai mancava poco. Lisa si era si era sbottonata la giacca e srotolata la sciarpa che adesso penzolava ai lati del collo, strisciando sulla neve.

-Guarda Gianni!- disse d’un tratto, afferrandolo per un braccio e indicando estasiata il parco che si estendeva, deserto e silenzioso, davanti a loro.

Superarono il tornello all’ingresso e s’incamminarono lungo il viale che conduceva al laghetto. La neve era immacolata. Gianni avrebbe desiderato  essere leggero come una piuma  per non rovinarla con le sue impronte. C’era un silenzio ovattato. Il candido, soffice manto ricopriva ogni cosa e smorzava ogni suono. Solo, ogni tanto, piccoli, improvvisi tonfi tradivano gli alberi che si liberavano dal peso eccessivo.

-E’ fantastico Lisa! Ed è tutto per noi!- Disse Gianni sottovoce.

 Si sentiva il cuore gonfio per l’emozione davanti a quello spettacolo. La neve si era accumulata anche sui fili della corrente trasformandoli in candidi merletti tesi tra i lampioni. Gli abeti, invece, erano gigantesse vestite di trine e di soffice mussola bianca. Spalancò gli occhi, quasi a volerseli riempire di quella visione che sapeva effimera, per custodirla in sé il più a lungo possibile.

-Allora dove lo facciamo?- chiese Lisa, volgendo intorno lo sguardo alla ricerca del posto adatto, e strappando Gianni dalle sue fantasticherie.

-Dopo il recinto dei giochi, vicino alla fontanella.- Rispose lui deciso.

-Perché così lontano? Non è meglio qui, vicino all’ingresso?- Indagò Lisa, con una nota di apprensione nella voce.

Dopo i primi momenti di stupore e di incanto, tutto quell’abbagliante silenzio le stava mettendo addosso un vago senso di inquietudine. Non aveva la fervida immaginazione di Gianni, pensava piuttosto all’aspetto pratico della sicurezza. Non era opportuno che due bambini soli si allontanassero troppo. Molto meglio restare in vista, non si sa mai! Se, però, qualcuno  glielo avesse chiesto, avrebbe detto che quegli alberi curvi sotto la neve le parevano mostri del gelo pronti a balzarle addosso.

-No- replicò Gianni – ci serve stare vicino alla fontanella per l’acqua.

-L’acqua? A che serve l’acqua per fare un pupazzo di neve?

Gianni alzò testa e spalle e si accinse ad assumere quell’aria di saccente superiorità che le faceva venire tanta voglia di strozzarlo.

-Mia cara- disse, - devi sapere che lisciare il pupazzo con l’acqua oltre a rifinirlo meglio, lo rende anche più resistente, perché diventa come un blocco di ghiaccio e, quindi, ci mette più tempo a sciogliersi.

-Come fai a saperlo? Non mi dirai che hai letto anche un manuale su come fare un pupazzo di neve?-

Gli chiese sarcastica. Ma in realtà era anche un po’ curiosa.

Quando Gianni non giocava a fare lo sciocco saputello, adorava starlo a sentire. Lui sapeva un mucchio di cose sugli argomenti più disparati. Divorava tomi alti così: manuali, romanzi, persino la Bibbia. Per Lisa era un mistero che non gli fosse ancora scoppiata la testa; lei poteva reggere al massimo Geronimo Stilton, ma quelli erano libri più da guardare che da leggere. E poi Gianni sapeva anche inventare storie. Storie magiche, storie divertenti, a volte storie strampalate, ma a lei piacevano un mondo e lui era il suo amico del cuore.

      -Me l’ha detto mio nonno – rispose lui, riprendendo il solito atteggiamento, ma la scintilla di malizia nei suoi occhi tradiva che si era divertito a punzecchiarla un po’.

-Lui è un vero esperto di pupazzi di neve, - continuò - perché ai suoi tempi nevicava molto durante l’inverno, e poi è stato molti anni in Svizzera, e lì sì che li sanno fare!

I due amici raggiunsero la fontanella già fradici per le palle di neve che si erano lanciati lungo il tragitto. Come al solito, Gianni prese in mano la situazione, dando subito prova del suo innato senso pratico.

-Dunque, ci servono tre palle: una bella grossa per la base, una media per fare il tronco, e una più piccola per la testa. Ti faccio vedere come si fa.-

Prese una manciata di neve e la compresse tra le mani dandole una forma vagamente sferica. Poi tentò di rotolarla per terra per ingrossarne il diametro, ma non funzionava. Provò a sollevare l’informe massa, ma quella gli si sfaldò tra le mani, neanche fosse stata neve fresca, lasciandolo perplesso e anche un tantino frustrato.

-Si può sapere che stai facendo? Ti ha detto tuo nonno che si fa così?– chiese Lisa che lo osservava scuotendo la testa.

-Veramente l’ho visto fare tante volte nei cartoni animati – rispose Gianni, ancora sorpreso per il mancato riscontro pratico alle sue teorie.

-Che ne dici di quest’altro metodo? – fece Lisa, cominciando ad ammucchiare neve direttamente sul posto in cui doveva sorgere il pupazzo.

Continuò ad aggiungere neve e a pressarla via via che il mucchietto cresceva. Quando ebbe ottenuto un bel cumulo alto una cinquantina di centimetri, lo spianò in cima e, tutta soddisfatta si rivolse all’amico che era rimasto a guardare.

-Direi che come base può andare, non credi?-

Non le dispiaceva prendersi la sua piccola rivincita su Gianni, ogni tanto: senso pratico contro teoria, uno a zero per questa volta. La sua autostima aveva recuperato qualche punto.

-Allora, resti lì impalato o mi aiuti a fare il tronco?-

Usarono il metodo di Lisa per fare tronco e testa e, in meno di un’ora, vicino alla fontanella faceva mostra di sé il più bel pupazzo di neve che si fosse mai visto in quella città, per lo meno loro due ne erano assolutamente convinti e tanto bastava.

Superava di poco il metro di altezza e lo avevano dotato di due belle guanciotte tonde che rendevano molto simpatico il suo sorriso: un semplice solco nella neve, sotto il naso di carota. Con alcune bacche di cipresso gli avevano fatto dei bottoni e lo avevano lisciato ben bene con l’acqua, come aveva suggerito il nonno di Gianni. C’era stata una piccola discussione su come fargli le braccia, ma Lisa l’aveva spuntata su Gianni che pretendeva di setacciare il parco alla ricerca di due ramoscelli adatti e avevano raggiunto il felice compromesso di fargli due specie di manici , per simulare le mani in tasca. Gli avevano messo in testa il cappello col pon-pon e la sciarpa intorno al collo, ma il tocco da maestro erano gli occhi. I due sassolini neri riflettevano la luce, facendoli sembrare quasi vivi.

Si allontanarono di qualche passo per contemplare l’opera e Gianni mise il piede su quello che si rivelò essere una grossa fetta di corteccia sepolta sotto la neve.

-Mi è venuta un’idea! – disse, chinandosi a raccoglierla.

Si guardò intorno e andò a prendere una canna che sbucava dalla neve e che doveva essere il tutore di una qualche piantina sepolta lì sotto. Con un pezzo di gesso, che teneva sempre in tasca, scrisse qualcosa sulla corteccia e poi, dopo averla incastrata in una spaccatura della canna, andò a conficcarla in una delle braccia del pupazzo, che adesso aveva l’aria di un dimostrante ad un corteo di protesta. Poi ritornò al fianco di Lisa per valutarne l’effetto: MI CHIAMO JACK FROST  diceva l’insolito cartello.

-Forte! Ma chi è Jack Frost? – chiese Lisa.

-E’ il personaggio di un film – rispose Gianni – Era un pupazzo di neve che prendeva vita. Però ho letto sul dizionario d’Inglese che è anche il nome con cui viene chiamato il Gelo nelle fiabe, come dire … Generale Inverno , capito?-

 

-Brr… adesso mi fai venire i brividi…A proposito, guarda… sta nevicando! – Disse Lisa, levando gli occhi al cielo che si era chiuso in una cappa plumbea, senza spiragli.-

-Hai visto Maurì? I mocciosi hanno fatto un pupazzo di neve. Com’è carino! Gli hanno dato pure il nome! – fece una voce alle loro spalle.

Gianni e Lisa si voltarono, giusto in tempo per beccarsi due palle di neve dritte in faccia.

-Bel colpo Gennà! Il mio però è stato pure meglio. Gli ho fatto cadere gli occhiali a quattrocchi! Ah. Ah, ah…-

Un gruppetto di ragazzi, era sbucato da dietro gli alberi e aveva preso a bersagliarli con palle di neve. Non quelle palle di neve soffice che si sgretola quando ti colpisce. No. Quelle erano palle di neve compressa, autentici bolidi: facevano male quando arrivavano a segno.

Gianni aveva riconosciuto la voce di Salvatore, un mezzo-bullo che abitava vicino alla casa dei suoi nonni e che lo prendeva sempre in giro per gli occhiali o per la divisa da lupetto. Gli altri dovevano essere i componenti della sua piccola banda, senza gli occhiali non li vedeva bene: date le circostanze, lui e Lisa non potevano fare un incontro peggiore.

- Gianni, filiamocela! – gli sussurrò Lisa – sono in troppi!-

-Mi sono caduti gli occhiali! Aiutami a cercarli.-

Lisa si chinò rapida alla ricerca degli occhiali e ci mise un attimo a recuperarli, ma nel frattempo il drappello di piccoli mascalzoni li aveva raggiunti e circondati. Erano in sei e li fissavano con l’aria di sei gatti che stanno per avventarsi su due topi. Ecco, ora siamo spacciati! Pensò.

A quel punto Gianni fece una cosa che l lasciò di stucco..

-Non vi avvicinate, o sarà peggio per voi! – Gridò, con le mani protese in avanti.-

La minaccia suonò così assurda che tutti scoppiarono a ridere, tranne Gianni. Lui afferrò una mano di Lisa e profferì uno strambo avvertimento:

-Non vi avvicinate, se vi preme la vita! Questo non è un pupazzo qualsiasi, questo è Jack Frost! Se fate un altro passo vi ingoierà uno ad uno e vi porterà nel suo palazzo di ghiaccio, dove sarete i suoi schiavi per l’eternità!-

Lisa lo guardò a bocca aperta. Non c’erano dubbi: Gianni aveva qualche rotella fuori posto. Non c’erano altre spiegazioni. Credeva davvero che quei delinquenti ci sarebbero cascati, o voleva stenderli a suon di battute? Quelli infatti si stavano davvero sbellicando dalle risate. Lisa ebbe un’illuminazione! Forse era questo il piano di Gianni: tirarsi fuori dai guai facendosi prendere per matto. No… Non credeva che avrebbe funzionato: quelli non erano tipi da provare compassione per un povero pazzo. Finito l’effetto della battuta li avrebbero ridotti in briciole.

Accidenti a Gianni e alle sue idee brillanti!  Lo dicevo io, di restare vicino all’uscita

Intanto la neve continuava a scendere sempre più fitta. Si stava alzando anche un forte vento che produceva un cupo brontolio tra gli alberi e sollevava turbini di neve tutt’intorno. Per un momento tutti furono distratti dalla bufera che si stava preparando, quando accadde qualcosa di INCREDIBILE E SPAVENTOSO.

In un istante il pupazzo di neve era cresciuto a dismisura. Ormai aveva raggiunto i pini più alti, poi, si era voltato a guardare verso il basso. La sua faccia era molto cambiata: i due occhietti neri avevano una luce crudele e il simpatico sorriso si era trasformato in un immenso buco nero. All’improvviso, prima che avessero il tempo di stropicciarsi gli occhi, con uno scatto fulmineo, piombò a bocca spalancata su Maurizio e lo ingoiò.

Pietrificati dal terrore, nessuno riusciva a muoversi.

Il mostro di neve si abbassò di nuovo e in un attimo ingoiò un altro ragazzo. Questa volta l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e tutti si diedero alla fuga, urlando. Ma il mostro, senza staccarsi neppure dal suolo, allungandosi come un gigantesco serpente, li ingoiava uno ad uno, prima che potessero allontanarsi. Gianni e Lisa si nascosero dietro un cespuglio e si tennero stretti l’un l’altra, con gli occhi chiusi, mentre la tormenta sibilava intorno a loro.

Di colpo tutto finì. Con la stessa rapidità con cui si era scatenata, la tempesta si placò.

Rimasero in ascolto ancora per un po’.

- Sembra tutto tranquillo- sussurrò Gianni - Diamo un’occhiata.-

Con estrema cautela si affacciarono da dietro il cespuglio. Erano soli. Il pupazzo era al suo posto, col cartello e tutto il resto. Era proprio lui, il simpatico ometto di neve che avevano completato non più di dieci minuti prima.

Forse avevano immaginato tutto! Forse nulla era accaduto in realtà. Già, probabilmente tutto quel bianco abbagliante… la storia di Jack Frost… il fatto di essere tutti soli nel parco….insomma c’erano tutti gli elementi utili a scatenare anche un’immaginazione meno fervida della loro.

Questo pensavano i bambini, ognuno per proprio conto. Adesso si vergognavano anche un po’  di essersi nascosti e cercavano il modo di uscirne in maniera non troppo ridicola. Nessuno dei due voleva che l’altro pensasse che si era comportato da fifone.

Sempre ognuno per proprio conto, alla fine, entrambi giunsero alla conclusione che la cosa migliore fosse far finta di niente. Alla luce di questa inconsapevole, comune soluzione, tirarono tutt’e due un sospiro di sollievo. Provate a immaginare come reagirono, quindi, quando dando un’occhiata all’innocente pupazzo, questi fece loro l’occhiolino?

Gianni e Lisa urlarono con tutto il fiato che avevano in gola e fuggirono a gambe levate senza voltarsi neppure una volta. Non persero tempo a ruotare il tornello all’uscita, ma lo scavalcarono con l’agilità che solo la paura sa dare e si fermarono solo quando raggiunsero la piazza.
  
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