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Autore: SeleneLightwood    08/01/2012    10 recensioni
Oliver Baston è innamorato di Katie Bell da una vita intera. Insomma, se non si conta il fatto che ha solo sedici anni.
Tra una squadra non sempre normale, i gemelli Weasley nel pieno della loro gloria e un tentativo di affogarsi nelle docce dopo ogni due allenamenti Oliver sarà costretto ad affrontare i suoi sentimenti, che tiene nascosti da tanto tempo.
{cit.}
Coloro che bighellonavano intorno al campo di Quidditch, quel giorno, si stupirono non poco nel vedere la squadra di Grifondoro uscire dagli spogliatoi con calma piatta, l’aria estremamente depressa, mentre da dentro non proveniva suono alcuno.
Che Oliver Baston fosse stato ucciso da un Bolide e fosse intento a suonare la sua marcia funebre altrove?
D’altro canto, era ovvio che sarebbe tornato come fantasma. Non c’era nessuna garanzia dell’esistenza del Quidditch nell’aldilà, e Baston non avrebbe certo perso l’occasione di tormentare per sempre Fred e George Weasley, probabilmente per non averlo colpito con il sopraccitato Bolide con la violenza che si addice a due suoi Battitori.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Katie, Bell, Oliver, Wood/Baston
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Nota: Ho superato me stessa, e le diciannove pagine di world

Nota: Ho superato me stessa, e le diciannove pagine di world.

I feel powerfull!

 

Questo capitolo – che spero vivamente vi terrà incollate allo schermo! –

è dedicato a Mary_, la persona fantastica che

ha letto il anteprima il capitolo e

che ha corretto alcune baggianate che avevo scritto.

Fatele un super-mega applauso!

Ma soprattutto è la splendida ragazza

che fa i meravigliosi disegni che trovate all’inizio dei capitoli :D

Grazie, Mary <3

 

 

 

Capitolo 9

- E allora buttiamo giù il muro -

 

 

 

 

Oliver Baston aveva scoperto solo di recente di essere particolarmente superstizioso, anche se, visto che tipo maniacale fosse, c'era da aspettarselo. La visita del Gramo, poi, aveva avuto come unico risultato l'aggravarsi di tutte le sue strane - e patologicamente preoccupanti- convinzioni.

La sfortuna esiste, ci vede benissimo ed e' capace di perseguitarti fino a che il tuo corpo morente non e' a terra e implora pietà. Infierisce anche sul tuo cadavere, magari.

Se esiste la sfiga, però, deve esistere anche la fortuna, in un modo o nell'altro. L'essere riusciti, nonostante una quasi commozione celebrale, a trovare Katie ad Hogsmeade, ne e' la dimostrazione lampante.

 

Oliver rimase immobile come un merluzzo stecchito ad osservarla per qualche secondo, giusto il tempo di godersi il caos che si era scatenato intorno a lei: Angelina e Lee avevano semplicemente spalancato la bocca, come se davanti a loro fosse appena apparso Merlino in persona, in mutande e con un croissant in mano.

Alicia aveva sfoderato uno di quei sorrisi dentro ai quali ci si potrebbe tranquillamente infilare un divano e i gemelli Weasley avevano sobbalzato così violentemente da andare a sbattere con tutto il resto della combriccola. Udì da lontano un vago: “Katie, noi andiamo a fare…”, e tutti si defilarono in fretta, ma lei non diede segno di averli sentiti.

La ragazza, semplicemente, non si mosse.

Se ne stava lì, ferma impalata, a fissarlo con aria sorpresa, come se davvero vederlo li fosse l'ultima cosa che si aspettasse.

Pensò di avvicinarsi con aria soddisfatta e dire qualcosa di estremamente sexy ed epico, del tipo “Bambola, sono arrivato”, ma probabilmente l’avrebbe fatta fuggire a gambe levate. Cosa diavolo gli passava per la testa, poi? Doveva essere colpa della botta...

Dall’esterno la scena doveva essere davvero esilarante, comunque: loro due che si fissavano, ad almeno quindici metri di distanza, mentre tutti gli altri se la davano a gambe, fingendo di non esistere o, al massimo, di essere improvvisamente molto occupati.

Esatto: l’intera squadra di Grifondoro, fatta eccezione per Harry Potter – ma dove finiva tutte le volte, quel benedetto ragazzo? – s’era defilata alla svelta, andando a ripararsi dietro alla vetrina di Mondomago, divenuta trincea improvvisata. Cos’è, credevano di essere improvvisamente diventati invisibili?

Proprio mentre Oliver decideva coraggiosamente di fare un passo avanti,  Katie parve riscuotersi dallo stato d'ipnosi sotto il quale era apparentemente caduta e iniziò a correre nella sua direzione. L'esilarante scena da film fece voltare un paio di streghe che passeggiavano da quelle parti con delle espressioni intenerite dipinte in volto.

Il ragazzo, tuttavia, si paralizzò sul posto, interdetto. Voleva forse picchiarlo a sangue?

Katie esibiva un’espressione a metà tra l’arrabbiato e lo stordito e, quando fu a meno di mezzo metro da lui, gli si buttò addosso, stringendolo in una morsa degna di un boa constrictor in quello che doveva, apparentemente, essere un abbraccio.

«Ciao» mormorò Oliver, allacciandole le braccia dietro la schiena per non farla ruzzolare a terra. Si sentì girare vagamente la testa, probabilmente per colpa del colpo di quella mattina.

Non appena la McGranitt l’aveva riportato indietro tramite Materializzazione Congiunta, infatti, l’aveva assillata per lasciarlo andare ad Hogsmeade anziché in Infermeria, e lei alla fine aveva ceduto, esasperata.

«Ehi» sussurrò allora Katie, imbarazzata per tutto l’entusiasmo che stava mostrando, separandosi appena da lui. Un ciuffo le ricadde sopra agli occhi e lei vi si nascose appena dietro. Oliver sorrise e le sfiorò i capelli per spostarglielo dietro l’orecchio, ritirando poi la mano di botto, come scottato. Da quando si lasciava andare a gesti così teneri con lei? E Katie glie lo lasciava fare?

La ragazza in questione alzò lo sguardo su Oliver, con in testa una marea di domande che premevano per uscire tutte insieme.

Quando posò lo sguardo sulla ferita alla sua tempia, però, aggrottò le sopracciglia.

«Cos’hai fatto alla testa?» domandò, perplessa. Oliver alzò gli occhi al cielo, diventando tutto rosso in zona orecchie.

Era una cosa piuttosto ridicola da spiegare.

Improvvisamente Katie parve illuminarsi, come se qualcuno avesse appena acceso un Lumos sotto il suo naso e, battendosi una mano in fronte con un sonoro schiocco esclamò, scioccata: «Il provino!»

 

Oliver la guardò sbigottito per un secondo e non riuscì proprio a trattenersi.

Erano amici, o forse qualcosa di più, sì, ma a chi importava, in quel momento?

La abbracciò di slancio, allacciandole le braccia sui fianchi, e la tirò su di peso, facendole fare una sorta di bizzarra piroetta. Katie cacciò un urletto e si aggrappò a lui mentre giravano maldestramente sul posto. Quando la rimise a terra, senza smettere di abbracciarla, sorrise dei suoi capelli arruffati e freddi per via del vento gelato di febbraio.

Con la coda dell’occhio notò le teste arancione acceso degli Weasley sparire lentamente dentro ad un negozio di articoli da strega, non prima che uno dei due gli avesse fatto un enorme sorriso sornione. Probabilmente era George.

 

Dovrei strapazzarli molto meno durante gli allenamenti. O forse molto di più, considerò una parte del cervello di Oliver mentre la sua presa sui fianchi della ragazza si intensificava. L’altra metà della sua mente – quella che ormai aveva perso ogni capacità di ragionamento e stava liberamente scorrazzando nei meandri del suo cranio – era divisa in due fazioni: una urlava a gran voce “che aspetti, cretino! Spogliala!” e l’altra diceva alla prima di starsene zitta, perché non erano cose da pensare.

Si sentiva un po’ bipolare e anche un po’ maniaco, a dirla tutta, ma se quello era il prezzo da pagare per essere uscito vivo dal provino e avere Katie tra le braccia, ci avrebbe messo la firma a sangue.

Che se ne faceva di un cervello, tanto?

 

«Allora, com’è andata?»

Katie, rossa in viso – magari non proprio per il freddo – era impaziente di sapere, e strappò il ragazzo dai suoi - non esattamente casti - pensieri.  

Oliver scosse la testa – non era proprio il caso di saltarle addosso in quel momento - e alzò un sopracciglio.

Era la mattinata giusta, no? Era arrivato fino a quel momento – vivo – e non aveva nessuna intenzione di mollare proprio adesso che c’era quasi. Era l’occasione perfetta per passare un po’ di tempo con lei, per permetterle di conoscerlo meglio.

Se l’avesse visto in un contesto estraneo al solo Quidditch, forse allora Katie avrebbe iniziato a provare qualcosa per lui.

Aveva ragione il professor Lupin, con quel suo strampalato discorso. La vita era troppo imprevedibile per non cogliere l’occasione al volo e rischiare. Era un giocatore di Quidditch, era il portiere.

Sapeva cosa significava correre un rischio. Solitamente il suo ruolo comportava delle scelte molto rischiose: buttarsi a sinistra anche se il Cacciatore mirava a destra? Lanciarsi dalla scopa pur di prendere la Pluffa al volo?

Che sarà mai, uscire con una ragazza?

Più facile a dirsi che a farsi, pensò Oliver. Ma ehi, o la va o la spacca.

Prese un bel respiro e raccolse tutto il coraggio Grifondoro di cui era capace. Poi, tutto d’un fiato, passandosi una mano tra i capelli castani, disse:

 

«Che ne dici se ne parliamo da un’altra parte?»

 

Katie sorrise e si guardò intorno. Finse di pensarci su, l’espressione più divertita del mondo stampata in faccia, e si strofinò la guancia con fare perplesso.

Oliver scosse la testa.

Sempre la solita.

Era ovvio che stava per proporre un posto in cui avrebbe potuto riempirsi lo stomaco. Quella ragazza mangiava più dei gemelli Weasley messi insieme, e guai importunarla durante i pasti. La sua Maledizione Mollelingua * era famosa, e anche crudelmente familiare ad Oliver.

Mai – mai – disturbare Katie Bell durante i pasti, se si tiene alla propria testa.

 

«I Tre Manici di Scopa?» propose quindi la ragazza, proprio come si aspettava. Aveva per caso fatto un abbonamento al loro menù Babbano?

Forse era un buono spesa: prendi un piatto, ne mangi altri tre.

Solo per ragazze carine con splendidi capelli neri e spaventosi istinti omicidi, ovviamente.

 

Oliver scosse la testa. Se voleva conquistarla senza spaventarla, ci voleva un po’ più di movimento.

Dopo il provino che aveva appena affrontato, poi, si sentiva in grado di fare qualsiasi cosa.

Cos’altro poteva mai succedere, poi?

E’ ora di mettere le cose a posto, pensò, determinato.

 

«Avevo in mente un posto un po’ diverso» ammise, alzando leggermente le spalle.

Katie sbarrò gli occhi in un’espressione di finto orrore.

«Non Madama Piediburro, vero?» domandò terrorizzata, mimando un conato di vomito.

Oliver la guardò sconcertato mentre si piegava in due per poi ritornare dritta, sanissima, poi entrambi si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Il naso gelato di Oliver sfiorò i capelli scuri della ragazza, e solo quando i fianchi di lei premettero leggermente sui suoi si rese conto di stringerla ancora fra le braccia. Alzò un lato della bocca in un sorriso storto e cercò di assumere un’espressione misteriosa.

«Vieni con me»

 

 

*

 

 

«Gli spogliatoi» dichiarò Katie con aria divertita e un sopracciglio inarcato quando oltrepassarono la porta degli spogliatoi del campo di Quidditch, deserti. La quadra di Tassorosso doveva aver finito di allenarsi da un pezzo.

Oliver si grattò la nuca e si guardò le scarpe, impacciato.

«In realtà avrei bisogno di una doccia» ammise. Alzò gli occhi sulla ragazza, in attesa di una risposta del tipo “Sei un pazzo maniaco furioso, ninfomane, marrano!”, ma Katie sembrava solo incuriosita dalla sua aria palesemente imbarazzata.

Solo allora, infatti, la ragazza notò che Oliver indossava una sorta di divisa da Quidditch sotto al mantello scuro.   

«Sarei dovuto passare qui prima e poi venire a cercarti, ma avevo paura di non fare in tempo» confessò, abbassando la testa per non far vedere il rosso che gli invadeva le guance.

«Ti va di aspettarmi? Ci metto cinque minuti» disse con voce sottile, improvvisamente spaventato di un rifiuto da parte della ragazza. Non ci voleva niente ad inventare una scusa, avrebbe benissimo potuto defilarsi e scappare da quel pazzo che si sentiva. Farsi una doccia con Katie ad un muro di distanza, ma ci stava con la testa?

 

Katie sorrise, cercando di far uscire a forza dalla mente i pensieri ridicoli e poco opportuni che erano saltati fuori dalla sua mentalità contorta.

 

Fare la doccia con Oliver non è affatto una buona idea, Katie, smettila, si disse.

Assolutamente no.

Però è allettante, questo è vero.

Beh, sì, sarebbe magnifico, ma non è questo il punto.

Non si può, non si può. Qualcuno mi fermi!

 

«Certo, fai con calma. Ti aspetto qui» disse allora, trattenendosi con forza dallo scuotere la testa per scacciare quell’idea folle. Chissà, però, magari Oliver avrebbe apprezzato.

 

Merlino, Katie, smettila!

 

Tanto per rimarcare il concetto il più possibile indicò la panca in legno scuro di fianco alla bacheca con i turni di allentamento e ci si sedette, facendosi quasi cascare a peso morto. Brutti scherzi che giocava, l’ansia.

Oliver sorrise grato e fece un passo per avviarsi verso le docce, ma a metà strada cambiò idea – così, di punto in bianco - e tornò indietro da Katie.

Si accucciò per arrivare alla sua altezza e le sfiorò appena una mano e lei alzò gli occhi azzurri su di lui, basita e con il cuore in gola.

«Sono contento di essere riuscito ad arrivare in tempo. Cioè, più o meno in tempo.»

Katie scosse la testa e strinse la mano del ragazzo nella sua.

«Anche io, Oliver»

 

 

*

 

 

Sotto la doccia, Oliver si sciacquò freneticamente i capelli, ad occhi serrati, cercando di non uccidersi con lo shampoo e rischiando nel frattempo di scivolare su una saponetta e rompersi un gomito sulle piastrelle bianche alle sue spalle.

 

Doveva riuscire a calmarsi e rimanere concentrato, o avrebbe finito per uscire dalla doccia completamente nudo e iniziare ad urlare per tutto lo spogliatoio, preda di un’evidente crisi nevrotica.

E non era una buona tattica per piacere ad una ragazza, ovviamente. No, non avrebbe funzionato.

Afferrò la saponetta e quella gli scivolò di mano, così si piegò a prenderla, ma nel rialzarsi sbatté la testa sul cono della doccia.

Quella saponetta stava tramando contro di lui. Ora perfino gli oggetti inanimati cercavano di farlo secco!

 

Il suono della sua craniata sulla doccia rimbombò sordo e ovattato per la stanza, probabilmente arrivando fino a Katie, seduta semplicemente dall’altra parte del muro.

Chissà se avrebbe fatto irruzione per controllare il suo stato di salute…

No, Oliver, datti una calmata, si impose con forza. Pensare a Katie sotto la doccia quando lei è a solo pochi metri di distanza, ma che idea geniale, davvero!

 

Si sfiorò le guance da sotto il getto dell’acqua: erano bollenti.

Proposito per il mese di febbraio: smettere di arrossire come un ragazzino davanti a Katie.

Certo, come se fosse possibile.

Ogni volta che anche solo pensava a lei, in effetti, si ritrovava ad essere un camino vivente.

Finì di insaponarsi in fretta e furia e ficcò nuovamente la testa sotto il getto dell’acqua, cosa che solitamente lo aiutava a riflettere nei momenti di panico. Oh, come avrebbe voluto avere sempre a portata di bacchetta una doccia tascabile. Avrebbe risolto metà dei suoi problemi sul momento, probabilmente.

Desiderò non dover più uscire là fuori, dove lo attendeva un destino oscuro e sconosciuto. Poi si ricordò di essere un coraggioso Grifondoro, capitano della squadra di Quidditch. Era il capo, per la miseria! Quella ragazza aveva la straordinaria capacità di fargli provare qualcosa di meraviglioso senza nemmeno dover tirare in ballo il Quidditch.

Possibile che non riuscisse nemmeno ad avvicinarsi?

 

Pensa, Oliver, si disse. Pensa.

Devo farlo. Oggi la bacio.

Assolutamente.

Punto.

 

Riemerse dai suoi pensieri sconnessi con uno sputacchio quando si accorse di aver preso una bella boccata di ossigeno sotto l’acqua nel tentativo di sospirare melodrammaticamente.

Annaspando in cerca d’aria con la quale riempire i polmoni, accecato dallo shampoo che gli era inevitabilmente finito negli occhi, uscì barcollando dalla doccia e si buttò addosso un paio di asciugamani, cercando di asciugarsi il più in fretta possibile.

Si rivestì alla velocità della luce – per fortuna non era stato abbastanza idiota da lasciare i vestiti là fuori, dove c’era Katie, e si diede un’ultima occhiata allo specchio prima di uscire.

 

Il maglione bianco che portava era a collo alto, e copriva almeno in parte anche il mento. Aveva un filo di barba che avrebbe davvero dovuto tagliare e l’aria di uno che…beh, che ha preso un bolide in faccia.

Gli parve di essere una sorta di piccolo pinguino raggomitolato nella lana, effettivamente tutt’altro che sexy.

La ferita alla tempia era rossa e probabilmente infiammata, ed effettivamente, ragionò, metterci dello shampoo non era stata una delle idee migliori della giornata.

Sullo zigomo sinistro iniziava a intravedersi un ombra scura, probabilmente dovuta al colpo. Sembrava che qualcuno lo avesse preso a pugni in faccia, e non era sicuro che quest’aria da duro sfasciato facesse effetto su Katie.

Al massimo poteva intenerirla e ottenere un po’ di coccole. Non che le avrebbe disdegnate, in ogni caso.

Era stato fortunato a non rompersi la faccia e, ragionandoci ora, a mente più o meno fredda, era stato anche uno stupido.

Sarebbe potuto succedere di tutto, e a lui non era affatto importato!

Si decise ad uscire dal bagno, perché purtroppo non poteva rimanere rintanato lì per sempre.

Quando tornò nello spogliatoio quello era immerso nel vapore caldo causato dalla sua doccia. I vetri della porta erano appannati a causa del contrasto tra il freddo che regnava fuori e il calore umido della stanza. S’era fatto buio, segno che dovevano essere circa le cinque.

Tempismo perfetto, si disse.

 

Katie era seduta sulla stessa panca sulla quale l’aveva lasciata, e si era messa comoda: aveva la schiena appoggiata al muro e le gambe incrociate. Si era tolta il mantello e lo stava usando come coperta – non che fosse freddo, lì dentro – e aveva un’aria assorta mentre sfogliava con interesse un vecchio volume blu scuro con un grosso boccino disegnato sul davanti.

Oliver ridacchiò tra se e se. Avrebbe riconosciuto quel libro tra mille.

«Il Quidditch attraverso i Secoli» mormorò, il sorriso sulle labbra.

Tutto il panico dei minuti precedenti era svanito. Era nel suo elemento, dopotutto.

 

Katie alzò la testa dalla sua lettura e parve impiegare un paio di secondi per metterlo a fuoco.

 

Non sarà mica miope? In campo ci vede benissimo…

 

«Con tutto questo vapore ti vedo a stento» rise invece lei, sventolando una mano davanti al viso per cacciarne un po’ mentre assottigliava gli occhi e guardava nella sua direzione.

Oliver si avvicinò automaticamente e si sedette vicino a lei, sfiorando il volume con tenerezza, quasi fosse un figlio o un cucciolo di gatto.

Alzò gli occhi su Katie, incuriosito. Chissà come mai ce l’aveva lei…

La ragazza sostenne il suo sguardo per un attimo, poi alzò le spalle e spiegò: «Mi stavo informando sul Puddlemere United, l’ho preso in Biblioteca».

Fece una pausa, osservando attentamente il libro, poi continuò.

«Sapevi che hanno vinto ventuno campionati, ma non vincono più dal…?»

«1990, sì» completò Oliver per lei, soprappensiero. Rispondere era stato quasi automatico, non stava veramente pensando di farlo.

Era troppo occupato ad osservare rapito i capelli neri di Katie, solitamente lisci, che si arricciavano dolcemente sulle punte per via del vapore e dell’umidità.

Katie lo osservò stupita, poi riprese, alzando le labbra in un accenno di sorriso.

«E la loro divisa è blu oltremare, con disegnate come simbolo delle…»

«…mazzesorde d’oro, incrociate tra di loro» completò di nuovo Oliver per lei, stando al gioco e guardandola con aria di sfida.

 

Probabilmente somiglio a Percy in una delle sue migliori facce da professore…

 

Katie gli diede una spintarella con una spalla che quasi lo buttò giù dalla panca. Dimenticava sempre quanto fosse forte quella ragazza, nonostante apparisse delicata e mingherlina.

«Sai a memoria tutto il libro?» domandò allora lei ridacchiando senza ritegno.

«Forse» biascicò Oliver, restituendole la spintarella, decisamente più leggera e soffice.

Katie affondò il viso sulla sua spalla, strofinando la guancia sul maglione morbido. Oliver deglutì e cercò di mantenere un contegno.

 

Non baciarla. Non baciarla. Non puoi farlo ora. Non baciarla…

 

«Sei maniacale» commentò Katie, lanciandogli un’occhiata tra il divertito e l’esasperato.

«Ah, sono maniacale?» domandò Oliver, strappato ai suoi deprimenti pensieri. Katie notò negli occhi del ragazzo un lampo di divertimento, così decise di prenderlo un po’ in giro.

«Esageratamente maniacale, Oliver. Fred e George ti chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Contraddetto-Sul-Campo-Da-Quidditch»

 

Oliver rimase basito per un attimo, poi scoppiò a ridere.

Sì, devo proprio tormentarli di più, agli allenamenti.

«Ah si?» sussurrò, tra le risate di Katie che si era unita a lui. Lei, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere, annuì e si massaggiò le guance rosse. Oliver prese a punzecchiarla sui fianchi e quando lei si tirò indietro con un urletto ed un paio di saltelli, esclamò: «Tu soffri il solletico!»

Katie lo fissò spaventata, ancora in lacrime per il troppo ridere, e si staccò lentamente dalla sua spalla.

«Oh, no. Certo che no.» biascicò, cercando di assumere un’aria seria senza successo.

Oliver ghignò.

«Oh, sì» disse avvicinandosi lentamente con un sorriso sornione degno di Fred e George.

«No» disse Katie, iniziando a sporgersi indietro in cerca di una via di fuga. «Oh, non oseresti…»

Non le lasciò finire la frase.

Mentre lei cercava di darsela a gambe dopo aver appoggiato con grazia il libro sulla panca, la acchiappò per i fianchi e prese a farle il solletico, mentre lei si piegava in due e alternava un gridolino ad una risata, tentando prima un valoroso contrattacco, poi una veloce ritirata.

 

Infine gli mise le mani sulle spalle e cercò di attirare la sua attenzione, e Oliver dovette ammettere che averla così vicina al viso, rossa e con i capelli scompigliati, era uno spettacolo per il quale avrebbe in ogni caso messo una firma a sangue.

Non c’era bisogno di attirare la sua attenzione, quindi. Oliver era perfettamente consapevole del corpo della ragazza stretto tra le sue braccia, delle sue mani sulle spalle e dei suoi capelli che gli sfioravano il viso.

 

«O-Oliver» disse la ragazza, senza fiato, di nuovo con le lacrime che le scendevano sulle guance in fiamme. «Tregua, ti prego. Non respiro!»

 

Lui scoppiò di nuovo a ridere e smise di farle il solletico scuotendo la testa con finta aria esasperata, ma non spostò le mani dai suoi fianchi.

Continuarono entrambi a ridere come pazzi.

Oliver prese coraggio e piegò lentamente la testa per appoggiare la fronte sulla spalla di Katie, strofinandogli delicatamente una guancia sul viso.

 

Si domandò distrattamente da dove venissero tutta questa spontaneità e tutta questa intraprendenza, da parte di entrambi.

Chissà, forse aveva solo capito che se non si fosse dato una mossa l’avrebbe fatta scivolare via da lui come sabbia tra le dita e, sinceramente, non ne aveva nessuna intenzione.

Katie appoggiò le mani alla sua schiena facendole scivolare sulle sue braccia con lentezza che Oliver giudicò esasperante, ancora scossa dalle risate. Pian piano queste scemarono, facendoli scendere in un silenzio caldo e tranquillo.

 

Katie lo ruppe con un sospiro, e Oliver sapeva cosa stava per domandare.

«Allora, questo provino?» chiese con voce dolce.

Oliver non rispose subito, troppo perso nel bearsi del suo profumo e nella vicinanza dei loro corpi caldi, e lei si scostò di qualche centimetro per convincerlo ad alzare il viso per guardarla.

Quando Oliver incontrò il suo sguardo, notò che vi era nascosto un velo di preoccupazione, dietro alla semplice curiosità. 

«Non dici nulla» commentò lei, scrutando il suo viso come se fosse in cerca di segni di delusione o tristezza.

Ma Oliver fece un sorriso talmente entusiasta che non poteva essere frainteso per uno di circostanza.

«Non è andato come speravi?» chiese allora, dubbiosa.

«E’ andato» rispose enigmatico lui, aggrottando le sopracciglia.

 

Poi, un rumore strano proveniente da qualche parte in basso li distrasse.

Katie ridacchiò, scuotendo la testa e abbassando il viso sulla pancia di Oliver.

 

Ignora gli addominali, Katie. Non ci si può fondare un fan club, è da ninfomani*.

 

«E’ il tuo stomaco, quello che brontola?» chiese quindi con tono di rimprovero, ignorando gli addominali, che in realtà non erano nemmeno in vista, coperti dal maglione chiaro.

 

Ma io so che ci sono, si rispose Katie dubbiosa. E parlo da sola. Magnifico.

 

Oliver alzò gli occhi al cielo.

«Non è che io abbia propriamente fatto colazione, ecco» ammise.

«O pranzo, se è per questo»

 

Katie gli diede un lieve schiaffetto sul braccio.

 

«Come sarebbe a dire, non hai mangiato niente?» domandò, minacciosa.

Oliver la guardò con un’espressione da cucciolo bastonato per la serie “non picchiarmi, io ti voglio bene e sono coccoloso”, e Katie ammorbidì lo sguardo proprio mentre lo stomaco di Oliver brontolava di nuovo, tanto per dire la sua sulla faccenda.

 

«Non ho molta voglia di passare di nuovo attraverso i Sensori Segreti di Gazza,» commentò Oliver con un brivido. «e sono le cinque del pomeriggio» aggiunse, buttando un’occhiata all’orologio attaccato alla parete. «Dove pensi di trovare da mangiare?»

 

Gli occhi di Katie furono attraversati da una luce malandrina, e Oliver indietreggiò istintivamente.

E’ ora di mettere in pratica gli insegnamenti di Fred e George, pensò la ragazza.

 

«Vieni» disse quindi, alzandosi dalla panca e afferrando il libro con un sorriso.

Oliver si alzò insieme a lei, inarcando un sopracciglio con aria perplessa.

 

«Hai una scorta segreta di cioccolato in Sala Comune? Sempre saputo, io» commentò sarcastico, spolverandosi le ginocchia con finta aria indaffarata.

Katie gli lanciò l’ennesima occhiata di rimprovero.

 

«Hai intenzione di dirmi cosa hai fatto alla testa, Baston

«Più tardi, Bell»

 

Katie alzò gli occhi al cielo, esasperata. Cosa poteva mai aver combinato di imbarazzante o stupido, per essere così restio a raccontare cos’era successo?

Scosse la testa con pacata rassegnazione e si portò una mano ai capelli scuri per sistemarli dietro le orecchie.

«Allora muoviti, tocca a me portarti in un posto» disse girandosi per prendere il mantello. Prima che ci riuscisse, però, Oliver si esibì in un sorriso che la abbagliò, tanto era…sorridente.

Quando si fu ripresa da tutta quella luce e tornò a vedere normalmente – o quasi - si accorse della mano bollente di Oliver che stringeva la sua.

L’aveva distratta con un sorriso per prenderle la mano e ora esibiva quell’aria da angioletto innocente?

Meschino

 Deglutì rumorosamente mentre lui starnutiva, ma quando il ragazzo alzò di nuovo lo sguardo su di lei, stava sorridendo. Cosa aveva da perdere, tanto?

 

«Ti porto a riempirti lo stomaco»

 

Oliver fece schioccare la lingua e le diede una lieve spintarella, per poi indicare la porta con un ampio gesto della mano libera.

 

«Agli ordini, capo»

 

Il suo stomaco brontolò di nuovo, probabilmente d’accordo con il loro proposito, facendoli scoppiare a ridere di gusto.

 

 

 

*

 

 

 

Oliver osservava a bocca aperta le immense cucine di Hogwarts. Sembrava impossibile che fossero state semplicemente costruite sotto al Castello e Oliver ebbe il sospetto che si estendessero silenziosamente anche sotto una parte del villaggio di Hogsmeade.

I tavoli erano pieni di ogni tipo di cibo immaginabile, dal Tacchino arrosto al Salmone in Salamoia, e almeno un migliaio di bottiglie erano sparse ovunque. Molti arrosti erano ancora in fase di preparazione, segno che quella era probabilmente la cena.

Oliver si domandò cosa diavolo facessero, gli studenti di Hogwarts, per aver bisogno di essere nutriti così tanto.

Lesse distrattamente l’etichetta della bottiglia più vicina, trasparente e piena di un denso liquido giallo-arancione.

Succo di Zucca.

La cosa che lo stupì di più, tuttavia, tanto che quasi cacciò un urletto ben poco virile, fu l’orda zampettante di Elfi Domestici che lo circondava, proferendosi in profondi inchini, le larghe orecchie che svolazzavano a destra e a sinistra.

«Cosa possiamo portarvi, signorini?» domandò sorridente un elfo minuscolo con uno straccio marrone addosso.

Katie gli sorrise dolcemente e alzò lo sguardo su Oliver, ancora immobile sul posto con la mascella spalancata per la sorpresa.

Non sapeva se ciò che lo sorprendeva di più era l’esistenza di un posto così immenso eppure così invisibile o semplicemente il fatto che Katie ne fosse a conoscenza.

Considerata la sua amicizia con i gemelli Weasley, comunque, a pensarci due volte non era poi così tanto strano.

Ma dov’era stato, in tutto quel tempo?

 

«Allora, cosa vuoi mangiare?» gli domandò Katie avvicinandosi e posandogli una mano sul braccio.

 

Oliver si prese un paio di secondi per osservare i tavoli stracolmi di cibo, cercando di nascondere il fremito che gli era uscito spontaneo quando Katie lo aveva sfiorato.

 

Ingurgitare un pollo arrosto non era una cosa da fare alle quattro del pomeriggio davanti alla ragazza dei tuoi sogni, vero?

 

«Latte e biscotti» esalò infine, indeciso se dirlo a Katie o direttamente all’elfo. Optò così per una via di mezzo e si rivolse al muro tra i due, mentre Katie chiedeva con voce dolce una cioccolata calda e sfiorava con delicatezza la testa dell’elfo più vicino. Quelli si inchinarono tutti insieme e corsero di nuovo alle loro occupazioni.

Oliver e Katie si scambiarono un’occhiata e la ragazza si trattenne dal ridere dello sguardo spiritato del ragazzo.

Pensava forse che l’amicizia con Fred, George e Lee non l’avesse traviata almeno un pochino?

Vana speranza… 

 

Quando un’elfa ancora più piccola del precedente arrivò zampettando con il vassoio in bilico sulla testa e le orecchie enormi che spuntavano di lato – che creaturine adorabili! - lo presero ringraziando e si sedettero a terra, vicino al camino acceso.

Il fuoco scoppiettante emanava un calore piacevole e li riscaldò. Quando furono abbastanza caldi e abbastanza vicini – anche se secondo Oliver sarebbero dovuti stare molto più attaccati – Katie si stiracchiò e appoggiò la schiena al muro.

 

«Allora» iniziò, sorridendogli da sopra la sua tazza. Gli occhi azzurri erano limpidi e sfacciati.

«Il piano è questo. Mangia e racconta, io ascolto. Poi, forse, ti gratificherò con il racconto della mia giornata»

Oliver sorrise e si arrese con un sospiro.

 

In realtà moriva dalla voglia di parlare con lei della sua incredibile mattinata, ma temeva di annoiarla, ecco.

 

«Non saprei da dove cominciare» disse, con aria sognante.

Katie notò con una punta di divertimento che i suoi occhi, non appena lei aveva accennato alla questione, si erano accesi di una luce entusiasmata e quantomai preoccupante.

Gli sorrise incoraggiante, invitandolo a continuare con un occhiata.

 

«Perché non cominci dal dirmi come ti sei fatto quella roba alla testa?» propose, facendo un cenno del capo in direzione della ferita in bella vista sulla sua tempia.

«Ah, quello» borbottò Oliver passandosi una mano tra i capelli con aria impacciata. «Ehm…» disse.

Alla fine si arrese con un sospiro e si nascose dietro ad un biscotto al cioccolato, seminando briciole tutt’intorno.

«Hopresounbolideintestaesonosvenuto!» esclamò, tutto d’un fiato.

Katie alzò un sopracciglio e lo guardò con aria di rimprovero, così Oliver sospirò per la miliardesima volta quel giorno e si decise a parlare a velocità umana.

 

«Ho preso un bolide in testa. Sono svenuto.» disse, rosso come un peperone. «Però quella pluffa l’ho parata!» aggiunse, come se fosse una giustificazione valida per la sua stupidaggine.

Katie cercò con tutte le sue forze di trattenersi dal ridere.

E’ che Oliver è così tenero e divertente, quando fa il pazzo in quella maniera…

 

Certo, era molto meno tenero quando li costringeva a fare giri della morte ad oltranza durante gli allenamenti, ma quello era un banale, inutile e perfettamente ignorabile dettaglio.

 

«E’ perfettamente da te» disse allora. «Anzi, scommetto che tutto ciò» e si sporse verso di lui per sfiorargli lo zigomo più scuro con la punta delle dita. «è frutto di un piano geniale messo a punto lì sul momento e che prevedeva il tuo suicidio»

Oliver la guardò negli occhi per un istante, indeciso sul da farsi.

Certo era, comunque, che il tocco tiepido della ragazza sulla guancia lo stava facendo sudare freddo.

Alla fine, quando lei stava per ritirare la mano e abbassare il viso, alzò la propria e la mise sopra quella della ragazza, strofinandosela delicatamente sulla guancia. Katie abbassò gli occhi e lo lasciò fare, quasi fosse persa in pensieri lontani. Effettivamente Oliver non aveva idea di quali elucubrazioni mentali stessero avendo luogo in quel momento nella testa della povera ragazza, né avrebbe mai potuto indovinarlo.

 

Una parte del suo cervello, quella timida, sfortunata e amante del quieto vivere stava urlando a piena voce un coraggiosissimo “scappa finché sei in tempo!”; l’altra parte, quella terribilmente tenera e anche terribilmente attratta da Oliver, stava opponendo una fiera resistenza tramite uno sciopero della voce, esibendo lo striscione “Bacialo, per Morgana!”.

 

Oliver la osservò spostare lo sguardo sul fuoco scoppiettante e si perse per un istante a contemplare le ombre che proiettava la luce del camino sulle sue guance.

«Sono stato preso» disse così, dal nulla.

Era l’unica persona alla quale desiderava dirlo, in quel momento. L’unica che voleva che sapesse.

Katie alzò di scatto lo sguardo su di lui, spalancando gli occhi azzurri in un’espressione a metà tra il sorpreso e il felice.

Si guardarono negli occhi per un altro millesimo di secondo, poi lei emise un gridolino e gli buttò le braccia al collo, facendolo sbilanciare e cadere all’indietro, da seduto qual’era, con lei spalmata addosso.

Le cinse automaticamente la vita con le braccia e finalmente scoppiò a ridere sulla sua spalla, sereno, mentre lei lo stringeva di nuovo in un abbraccio stritolatore.

Le risate si propagarono per tutta la cucina. Oliver poteva sentire distintamente il corpo caldo di Katie sopra di sé, e una parte del suo cervello era definitivamente impazzita e scorrazzava per conto proprio, sparando una sequela ininterrotta di domande.

 

Si domandava, per esempio, perché non la stesse baciando, invece di fare il cretino.

Eppure sentiva che non era il momento giusto. Erano usciti insieme sì e no mezza volta…

 

L’ultima cosa che voleva era spaventarla e non pensava che si sarebbe sentito mai meglio di come si sentiva ora.

Perché rischiare proprio in quel momento? Era lì, tra le sue braccia. Per qualche oscura ragione, a lui, sembrava tenerci. Lo dimostrava il fatto che fosse lì, abbracciata a lui, e non da qualche altra parte con i suoi amici.

Forse era semplicemente il massimo che potesse pretendere.

Era così terribilmente indeciso…

 

Un’altra parte di se stesso, comunque, stava cercando di ricordare il momento esatto in cui avevano deciso di buttare giù tutti i muri che li separavano.

 

Stavano demolendo pezzo per pezzo l’incertezza assurda che si creava tra di loro ogni volta che si rivolgevano la parola o anche solo sfioravano.

Ora aveva il cuore in gola, sì, e quasi gli tremavano le mani a sfiorarla, vero, ma non riusciva a non sentirla una parte di sé.

 

L’imbarazzo non era semplicemente scivolato via con il vapore. Avevano buttato giù quel muro, probabilmente usando Percy come ariete, e poi vi avevano lanciato un Incantesimo Antiricostruzione – Magia Avanzata, livello sei -  per evitare che si erigesse di nuovo tra di loro.

Il mondo, finalmente, girava dal verso giusto, gramo o non gramo, e Oliver non poté fare a meno di sentirsi la persona più fortunata sulla faccia della terra.

Che il Karma esistesse davvero?

In ogni caso, non avrebbe permesso neanche ad un mattone di mettersi di nuovo tra di loro, questo era certo.

 

«Sono così contenta» mormorò Katie con voce ovattata, affondando nuovamente il viso nel suo maglione, dopo un tempo che gli era parso infinitamente minimo.

«Anche io» sussurrò lui, posando il mento sulla sua spalla.

«Non è niente di che» si affrettò ad aggiungere poi, allontanandola di poco per guardarla in viso. Le appoggiò una mano sul collo e dovette trattenersi dal fremere al contatto. Non che avesse importanza. Katie, sopra di lui, tremò appena quando lui la sfiorò.

 

«Mi hanno preso per un altro provino. Ma è un passo avanti» disse sorridendo.

Katie lo strinse forte e fece un sorriso che le illuminò il viso e ad Oliver parve il più bello del mondo.

«E’ fantastico» disse, e il ragazzo si sentì finalmente completo.

 

 

*

 

 

Tornare in sala comune fu complicato, tra le risa e i barcollamenti di Katie, che non sembrava soddisfatta se non riusciva ad inciampare almeno ogni tre passi.

Durante il lungo tragitto Oliver la osservò incespicare, rimproverare due Serpeverde del secondo anno e poi sbilanciarsi di nuovo.

Era una ragazza straordinariamente goffa, oggettivamente. Sembrava essere sempre in mezzo quando qualcuno arrivava di corsa e non la vedeva svoltare l’angolo, o quando un albero cascava proprio a due centimetri da dove si trovava, e catastrofi di simile portata.

Anche nel Quidditch, sembrava che i Bolidi sapessero costantemente dove fosse Katie, e avessero sviluppato una particolare predilezione per il suo sangue. Erano apparentemente sempre in allarme, pronti a spaccarle la testa non appena Fred e George si fossero distratti.

Seconda solo ad Harry, probabilmente.

 

Insomma, era talmente sfortunata che probabilmente la Cooman la seguiva vestita a lutto, e presto avrebbe iniziato a sparare profezie su di lei. Chissà se anche Katie aveva avuto un’incontro ravvicinato con un gramo…

 

Oliver scosse la testa, cercando di dissipare la nebbia di pensieri idioti che aveva preso possesso del suo cervello. Forse era di nuovo la botta in testa che aveva preso: lo stava mandando fuori di zucca.

 

Ovviamente Katie non era semplicemente una bella ragazza con una determinata dose di sfortuna. Era minuta e dall’aspetto delicato ma picchiava con la forza di uno scaricatore di porto irlandese e se era arrabbiata era meglio non trovarsi nei paraggi, a meno che non si volesse rischiare la vita.  

 

Non era una Grifondoro avventata, anzi, sapeva essere molto riflessiva.

Ogni tanto, però, agiva d’impulso, e quell’unica, semplice volta compensava tutte le altre occasioni in cui aveva riflettuto su quello che stava per fare. Tipo quella volta che aveva schiantato Shoumey, di Serpeverde.

 

Lì sì che avevano finito per fare a botte alla maniera Babbana con la squadra di Quidditch di Serpeverde! Katie nemmeno era in squadra, figuriamoci! Era così piccola!

Oliver non avrebbe mai dimenticato la sensazione meravigliosa del pestare Flitt e essere decisamente più in forma di lui. Quella specie di sasso ammuffito era stato giusto in grado di dargli un pungo nello stomaco, prima di venire steso dal suo gancio destro.

Avrebbe davvero dovuto iniziare a praticare uno di quegli sport babbani di lotta o arti marziali, tipo Puligiato, o qualcosa del genere.

 

Non aveva mai amato particolarmente Babbanologia, Oliver, e si vedeva.

Questo era in parte strano, perché era per metà Babbano, ma in fondo come avrebbe potuto conoscere il mondo non magico, se non aveva mai conosciuto suo padre, un semplice Babbano?

Non aveva nemmeno dei vaghi ricordi di lui, aveva solo un anno quando era scomparso nel nulla, lasciando sua madre sola a crescerlo.  Era quindi cresciuto nel mondo di sua madre, Rose, strega Purosangue dai gusti stravaganti.  

Oh, ma a chi importa del sangue?, pensò Oliver tranquillamente. La guerra magica ormai è bella che finita, no?

 

 

Katie si appoggiò ad Oliver, ansimando leggermente, a metà della rampa di scale che stavano percorrendo.

 

«A che piano siamo?» domandò con voce flebile, passandosi una mano sulla fronte.

Oliver inarcò un sopracciglio.

«Ancora al secondo. Strano, pensavo che i miei giocatori fossero un po’ più allenati di così» commentò, alludendo alla scarsa resistenza della ragazza. La torre di Grifondoro era solo al settimo piano, Santo Godric!

Lei per tutta risposta gli diede una gomitata nelle costole che avrebbe potuto rompergli la cassa toracica, se fosse stato appena più gracilino.

 

«Tutto quello che devo fare è stare seduta su una scopa. Non è che serva molto allenamento sul fiato!» disse, cercando di prendere un bel respiro.

Oliver la guardò incredulo.

«Stai scherzando? E se vi capitasse di giocare in apnea per via del vento?» domandò, scandalizzato. Sgranò gli occhi per poi scuotere la testa con finta aria delusa.

«Non se ne parla. Da lunedì venti giri di campo, a piedi»

Katie alzò lo sguardo su di lui, terrorizzata, ed incontrò gli occhi del ragazzo, accesi della solita luce maniacale e folle.

 

«Piedi, Oliver? Ma piedi piedi? Ma sei matto?»

 

«Sono un normalissimo capitano in ansia. Vedila così: ti servirà per mettere su un po’ di muscoli sulle gambe»

 

Katie gli lanciò un’occhiata di traverso, incrociando le braccia al petto e dimenticando la fiacchezza.

 

«Cos’hai contro le mie gambe, Baston?»

 

Oliver avvampò di botto e deglutì.

 

«Splendide. Sono splendide. Dovete solo lavorare sul fiato un pochino…»

 

Oliver si fece piccolo piccolo all’occhiataccia della sua Cacciatrice.

 

«Io ti boicotto gli allenamenti! Correre! Intorno al campo da Quidditch! Ma hai idea di quanto sia grosso?» Oliver aprì la bocca per rispondere. «Non provare a dirmi la misura, Oliver. Sei un pazzo!»

 

Lo guardò incredula per un altro paio di secondi, poi scosse la testa con fare melodrammatico.

 

«Tu mi vuoi uccidere»

 

Veramente ti vorrei baciare, in questo momento, rispose mentalmente Oliver. No, forse non è il caso di dirglielo così…

 

«Ma no, ti voglio bene!» disse invece, arrossendo.

 

Katie scosse di nuovo la testa, ma ormai non riusciva più a nascondere il sorriso che le spuntava in viso.

Le voleva bene…Oh, non era tenero?

«Ricordami perché ti do queste splendide idee?» chiese, continuando a fingere di non star sorridendo come un’idiota.

«Perché ti piace passare del tempo con me?»

«Sfacciata, questa!»

«Mpf!»

Fu battibeccando allegramente che si ritrovarono di fronte al quadro della Signora Grassa, che stava allegramente ronfando, senza rendersi conto di esserci arrivati. La donna non fu  affatto felice di essere svegliata e li lasciò passare di malavoglia, commentando con un infastidito: “Oh, questi sportivi!”.

 

Katie si sarebbe aspettata di trovare la Sala Comune vuota, o quasi – era sicura che fossero tutti ancora ad Hogsmeade – ma si sbagliava, e di grosso.

Seduti in angoli opposti della stanza, apparentemente concentrati ognuno in una cosa differente, c’erano Fred, George, Alicia e Lee. I primi due stavano giocando a scacchi, e Katie spese un paio di secondi ad osservarli.

Non sapevano nemmeno distinguere i Pedoni dai Cavalli, quei cretini, figuriamoci giocare seriamente!

 

Alicia sfogliava distrattamente le pagine di un libro consunto, e almeno non lo stava tenendo al contrario.

 

Lee, invece, fissava il vuoto davanti a lui con aria colpevole.

Probabilmente non era riuscito a trovare qualcosa da fare che non destasse sospetti abbastanza velocemente, e aveva optato per quello – che invece, di sospetti, li destava eccome.

 

Oliver non parve tanto sconcertato dalla presenza di quei quattro elementi proprio in Sala Comune, chiaro segno che probabilmente se lo aspettava. D’altro canto era ovvio che stessero attendendo che i due comparissero in Sala Comune, solo per sbirciare un pochino.

 

Si limitò quindi ad alzare sbrigativamente le spalle e, dopo aver lanciato un occhiata a Alicia come per assicurarsi che non stesse guardando proprio loro – o forse l’esatto contrario – prese per mano Katie e la portò nel lato meno in vista della Sala Comune. Lei gli sorrise e si lasciò guidare docilmente.

Ovviamente sia Fred e George che Alicia e Lee si voltarono in simultanea verso di loro per sbirciare, ma Oliver cercò di ignorarli. Si sedettero su uno dei divani che dava le spalle al branco di unicorni curiosi là dietro e il ragazzo si mosse a disagio sul suo posto, indeciso.

Doveva avvicinarsi di più? O magari l’avrebbe fatto Katie. E se non lo faceva?

 

Oddio, fu l’unico pensiero che riuscì a formulare.

 

«Grazie per oggi» disse Katie sorridendo e avvicinandosi impercettibilmente. «Non avrei mai immaginato che…saresti riuscito a venire» Esitò appena. Stava per dire “avresti voluto”, ma il ragazzo aveva ampiamente dimostrato il contrario, no?

 

Lui avvampò leggermente e scosse la testa.

«Ne è valsa la pena» disse semplicemente, sottovoce.

 

Un lieve imbarazzo calò su di loro, ma Oliver era deciso a buttarlo fuori di peso, così prese coraggio e si sporse verso di lei, sfiorandole una guancia con il dorso della mano e finendo per sistemarle una ciocca scura dietro l’orecchio. Katie lo guardò dritto negli occhi e Oliver si sentì bruciare.

Stavolta le guance della ragazza non si colorarono di rosso e Oliver lo prese come un buon segno.

Erano coperti dal divano, giusto? E Alicia, Fred, George e Lee non sarebbero riusciti a sbirciare, no?

 

Si avvicinò ancora di più a Katie e lei lo guardò incuriosita, piegando leggermente la testa di lato, come se non avesse realizzato che stava per baciarla.

Ma allora stava per baciarla?

Il suo cervello vagò febbrilmente alla ricerca di un’espressione che potesse farglielo capire – che Merlino di faccia ha uno che sta per baciarti? – ma rinunciò subito e decise di tentare  in maniera diversa.

Le mise una mano dietro la schiena e Katie sorrise. Aveva capito qualcosa?

Se sorrideva doveva essere ok.

Doveva esserlo.

 

Non posso mandare tutto quanto alle ortiche, non ora.

 

Lei gli posò una mano sulla spalla, ma non lo spinse via, anzi. Continuava a sorridere e a guardarlo, negli occhi, e Oliver era sempre più vicino…

«Oliveeer!»

Oliveeer sobbalzò e fece un salto sul divano di almeno mezzo metro mentre Katie sprofondava dalla sua parte, rossa come un pomodoro.

Davanti a loro comparve Harry, accaldato e con una pergamena scura in mano.

«La McGranitt dice che devi spostare l’allenamento di domani» disse, sorridendo loro timidamente e salutando Katie con un sorriso.

Oliver non ebbe il coraggio di ringhiare, né di tagliarli la testa, né di dire alcunché.

 

Annuì con un cenno depresso del capo e Harry li salutò in fretta per andare a riunirsi con i suoi amici, la ragazza dai capelli impossibili e il gatto intrattabile e il fratello dei gemelli, Rosso numero sei.

Oliver, visto che tanto ormai era ufficialmente depresso e ufficialmente consapevole dell’esistenza della sfortuna, spese un paio di secondi ad osservare il giovane Weasley afferrare al volo con una sola mano una Cioccorana che Harry gli aveva lanciato.

Bella presa, pensò Oliver.

Poi osservò più attentamente. Cavolo, ci sapeva fare, il ragazzo.

Chissà se…

 

Un colpo di tosse alla sua sinistra lo distrasse. Si voltò di nuovo verso Katie, che lo guardava con aria estremamente impacciata, ma raggiante.

«Sarai stanco» disse lei, avvicinandosi nuovamente a lui.

Oliver ponderò l’idea di dire qualcosa di idiota del tipo “dove eravamo rimasti?”, ma sembrava troppo un consiglio preso da Come conquistare una strega e vivere felici, di Gilderoy Allock, perciò rinunciò immediatamente.

 

Si limitò ad annuire e passarsi una mano sui capelli.

Non era davvero il caso di provare a baciarla di nuovo, ormai l’occasione era andata.

Però magari se si fossero visti un’altra volta avrebbe potuto capire di più se lei provava qualcosa per lui o meno.

Avevano passato una giornata splendida, sì, ma cosa sentiva veramente Katie? Se n’era mai preoccupato?

In fondo aveva quindici anni e poteva benissimo non essere interessata ai ragazzi.

O a lui.

 

«Credo che andrò in Dormitorio, devo ancora vedere Percy» disse allora, alzando le spalle e regalandole un sorriso stanco ma felice.

 

«Giusto, il Prefetto!» disse lei, ridendo.

Quel Percy aveva l’aria strana, ma gli stava simpatico. E poi era amico di Oliver, no?

 

«Io vado a farmi una doccia, tutta quella fatica per salire le scale al tuo passo – quindi di corsa – mi hanno davvero distrutto!» lo rimproverò la ragazza, incrociando le braccia al petto.

 

Dire “vengo anche io” non è una buona idea, e devo convincermene, si impose mentalmente Oliver.

La terrorizzerei. O forse no. Per Godric, Oliver, finiscila.

 

Oliver alzò gli occhi al cielo e pensò che se non lo faceva, ora, mai più, quindi si buttò.

 

«Ti va di vederci, domani? Visto che non ci sono gli allenamenti…» disse, strofinandosi una manica sulla guancia per dissimulare la goffaggine che lo aveva nuovamente colto alla sprovvista.

Katie si illuminò, ma il sorriso le morì sulle labbra e lasciò il posto ad una smorfia triste.

 

«Dovrei studiare Trasfigurazione, in realtà. Sono pessima, in questo periodo. La McGranitt mi caccerà dal corso» mormorò dispiaciuta.

Poi scosse la testa, l’attacco di responsabilità già passato. «Ma andiamo, non ho voglia di studiare Trasfigurazione! Vada per domani! Al parco? Ora scappo, prima di sentirmi in colpa!»

 

Oliver si sporse in avanti, sconcertato dal veloce cambio di idea della ragazza, e Katie aggirò il suo viso per scoccargli un bacio sulla guancia. Poi, rossa in viso, strillò un «A  domani!» e si catapultò su per le scale, diretta al suo dormitorio.

La porta sbatté con un tonfo sordo nell’esatto istante in cui Oliver si alzava, disorientato – quindi avevano un appuntamento? – e si guardava intorno.

Alicia gli sorrideva dall’altra parte della Sala Comune, mentre i gemelli avevano rinunciato a fingere di giocare a scacchi e parlottavano tra di loro, le teste vicine. Lee osservava attento la ragazza, come se non volesse perdersi nemmeno un suo movimento.

Oliver sorrise di rimando ad Alicia, perplesso.

Contemporaneamente i gemelli si accorsero di lui e alzarono i visi per guardare prima Alicia, poi Oliver.

Sorrisero – due identici ghigni spaventosamente consapevoli – e Fred, o George, al diavolo!, alzò il pungo in segno di vittoria, mentre Alicia gli faceva teneramente l’occhiolino.

 

Oliver alzò un sopracciglio, cercando di sembrare il più naturale possibile mentre se ne andava a naso insù verso il suo dormitorio, ignorandoli.

Non riuscì nel suo intento, però, perché uno dei Weasley gli gridò dietro, con voce allegra: «Vai a farti una doccia fredda, Baston?», seguito a ruota dal fratello, che commentò: «Altro che fredda. Dovrebbe infilarsi in una vasca piena di cubetti di ghiaccio»

 

Oliver fu tentato di estrarre la bacchetta e schiantare Fred – o chi per lui – ma si trattenne.

Non era il caso di dargliela vinta, alla fine. Non valeva la soddisfazione.

Aver quasi baciato Katie, quello sì, che la valeva.

 

 

*

 

 

Alla fine dei conti, l’idea di George (o Fred) non era poi così male.

Era salito in Dormitorio – deserto - e si era buttato sul letto, sfinito.  

Percy doveva essere ancora fuori con Penelope.

Aveva aspettato circa una decina di minuti, ma si annoiava e aveva bisogno assoluto di allentare la tensione, quindi sì, era finito di nuovo sotto la doccia.

Scosse le spalle cercando di calmarsi sotto al getto caldo della doccia. Si sentiva sovraeccitato, triste e sull’orlo delle lacrime contemporaneamente, per tanti motivi diversi – di cui nessuno normale, ovvio.

 

Numero uno: era stato preso per un altro provino. Insomma, era piaciuto.

Un provino vero. Con il Puddlemore United, una squadra vera.

Che non vinceva da qualche anno, con un allenatore pazzo e un Cercatore di riserva simpatico.

Numero due: aveva quasi baciato Katie.

Non sapeva se iniziare a sbattere la testa sulle piastrelle della doccia per il quasi o per il baciato Katie.

Tutte e due, probabilmente.

Afferrò la saponetta e la stritolò nel vano tentativo di calmarsi, ma non ci riuscì.

Erano successe troppe cose tutte insieme per poter stare semplicemente tranquilli.

 

Alla fine scoppiò e diede davvero una testata alle piastrelle, sentendosi estremamente ridicolo. Stava piangendo, ma per cosa, poi?

Era stata una giornata fantastica, dov’era il problema?

Lo stress, probabilmente. O la commozione celebrale, non dimentichiamolo.

 

Si asciugò frettolosamente le lacrime e piazzò la faccia dritta contro il getto d’acqua, come suo solito. Era uno dei pochi metodi con il quale riusciva a calmarsi e riflettere.

Quasi soffocò e iniziò a tossire, per poi scoppiare a piangere di nuovo.

Cos’era, una crisi isterica?

 

Prese un respiro profondo – spostando la testa da sotto l’acqua, visto che non aveva le branchie, né dell’Algabranchia a disposizione – e cercò di sciogliere tutti i muscoli ancora in tensione scuotendo le spalle e stiracchiandosi.

 

Assurdo, pensò. Sono fuori di testa.

 

Fortunatamente, a forza di insaponare, respirare lentamente e sciacquare con forza riuscì a tranquillizzarsi, e dieci minuti dopo era seduto sul suo letto, a gambe incrociate.

 

Stringeva il cuscino al petto e vi aveva appoggiato il mento, insonnolito ma deciso ad aspettare Percy. Quando aveva pensato che Katie fosse l’unica persona alla quale valesse la pena dire che aveva superato il provino si sbagliava, ma se n’era reso conto solo in quel momento. C’era qualcun altro al quale desiderava dirlo.

 

Aveva gli occhi semichiusi e cercava di non premere troppo il bordo del cuscino sullo zigomo che pulsava per il livido che vi stava comparendo. I capelli umidi erano ancora gocciolanti e sfoggiava due adorabili guance rosse tipiche di chi è appena uscito dalla doccia, non rare da vedere sul suo viso.

 

Percy lo trovò in quella posizione, quando entrò in camera buttando il mantello su una sedia e una busta di carta sul tavolo pieno di fogli e penne d’aquila.  

Si immobilizzò e lo fissò con aria smarrita per qualche istante, come se non si aspettasse di trovarlo lì. Con quella faccia da cucciolo, poi!

 

«Oliver, come…» deglutì, scrutando il viso dell’amico in cerca di un segno divino. «Com’è andata?» esalò infine, stringendo le mani l’una nell’altra.

Oliver affondò la faccia nel cuscino.

«Mi hanno preso per un altro provino» mormorò, e parve capirlo lui stesso solo in quel momento, mentre lo diceva a Percy.

Il prefetto Weasley lo fissò per un secondo, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, poi, di punto in bianco, senza preavviso, si buttò sul letto di fianco a lui e lo abbracciò.

Rimasero immobili per un paio di secondi, poi Percy si fece indietro, imbarazzato e con gli occhiali di corno un po’ storti, e buttò lì un colpo di tosse che voleva dissimulare il fatto che fosse avvampato.

 

Lo aveva abbracciato, per caso? Percy Weasley lo aveva abbracciato?

Wow, pensò Oliver. Che strano effetto che fa, detto così!

«Sono…» iniziò Percy, cercando come suo solito le parole per esprimere cosa gli passava per la testa. Cosa voleva dire? Entusiasta? Felice per te?

Annaspò per un istante ancora, poi sospirò e sorrise lievemente.

Gli posò una mano sulla spalla e con l’altra si sistemò gli occhiali sul naso, scuotendo i capelli rossi.

«E’ fantastico, Oliver. Non sai quanto sono orgoglioso di te» disse semplicemente.

Oliver sorrise e ridacchiò leggermente. Nonostante fossero diversi e avessero gusti quasi opposti, e davvero non avessero niente in comune, Percy era una delle persone più importanti della sua vita.

Curiosa l’amicizia, eh?

«Comunque» continuò Percy mentre un angolo delle labbra si arricciava in su in una pessima imitazione del ghigno di uno dei gemelli, «giù in Sala Comune ho appena impedito ai miei fratelli di mettere su un giro di scommesse clandestine sul tuo pomeriggio con una certa Cacciatrice»

Oliver alzò gli occhi su di lui, impietrito.

Percy ampliò il sorriso.

«Beh, com’è andata con Katie?» domandò innocentemente, lisciandosi la veste da mago mentre si alzava dal letto per non ridergli in faccia.

Oliver gemette e affondò la faccia nel cuscino, tentando di soffocarsi.

Percy ridacchiò senza contegno – cosa alquanto strana, per lui. Era forse ubriaco? – e disse, con un tono di voce canzonatorio e saputo: «Ah! E’ andata bene, allora?»

Oliver alzò gli occhi scuri sul Prefetto e Percy non poté fare a meno di notare le sue guance in fiamme.

«Splendidamente. L’ho – quasi – baciata.» ammise con un filo di voce.

Percy batté le mani e esclamò: «Fantastico! Io e Penelope…»

Oliver alzò gli occhi al cielo e gli tirò il cuscino in faccia senza tanti complimenti.

«Perce, ti prego!»

«Attenti alla mia vita, marrano? Dicevo, io e Penelope…»

«Percy Weasley, finiscila

«Come sei suscettibile, Oliver!»

 

 

 

 

Note dell’Autrice

Non uccidetemi, ragazze, note un po’ scarne almeno fino a domani, quando potrò sistemarle meglio :D

Cosa posso dire molto velocemente prima di pubblicare?

Ah, si!

Scusate per il ritardo!! Lo so, avrei dovuto pubblicare prima stavolta, ma le vacanze mi hanno risucchiato!  Non è colpa mia, giuro!

Oliver vi saluta, comunque!! :D

 

Aaaaaallora, siete contente di tutte queste docce in un solo capitolo? *-*

Il C.R.A.B., forse l’avrete notato, è stato nominato nella storia! Katie si unisce a noi, ragazze! PARTY HARD!!

E poi, che altro?

Oh, oh, oh! Sono curiosa! Vi è piaciuto questo capitolo? E’ troppo fluff? Mary ha cercato di rassicurarmi (Santa donna <3) ma io sono sempre un po’ in ansia…!

So che non compaiono molto tutti gli altri personaggi marginali, ma un capitolo tutto per loro, poveri, se lo meritavano, no?

Sono così teneri, li adoro! *-*

Ovviamente le vostre paure erano infondate: Oliver è stato preso per un altro provino, quello definitivo. Piccolo Spoiler: ne succederanno delle belle, a quel provino! :)

 

Beh, ora vi lascio, poi domani inserirò delle note più sensate e le rispose alle vostre meravigliose recensioni, che ho adorato dalla prima all’ultima, ragazze! Vi adoro!

Beh, vi ho dato un capitolo coccoloso e Oliver si fa la doccia due volte, si discute dei suoi addominali ed è la cosa più tenera e Sexy che sono riuscita ad immaginare, complice l’aver rivisto tutte le scene Klaine di tre stagioni di Glee e una puntata meravigliosa di Vampire Diaries (la 3x10!!!!).

Ma sto divagando.

 

Oh, mio adorato C.R.A.B., ti adoro!!!

 

Baci, ragazze!

 

Selene & Oliver (che sì, è uscito dalla mia testa, e d’ora in poi farà, in questa storia, come cavolo gli pare U_U)

 

   
 
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