Nota: Ho superato me stessa, e le
diciannove pagine di world.
I feel
powerfull!
Questo
capitolo – che spero vivamente vi terrà incollate allo schermo! –
è
dedicato a Mary_, la persona fantastica che
ha
letto il anteprima il capitolo e
che
ha corretto alcune baggianate che avevo scritto.
Fatele
un super-mega applauso!
Ma
soprattutto è la splendida ragazza
che
fa i meravigliosi disegni che trovate all’inizio dei capitoli :D
Grazie,
Mary <3
Capitolo 9
- E allora buttiamo giù il muro -
Oliver Baston aveva
scoperto solo di recente di essere particolarmente superstizioso, anche se,
visto che tipo maniacale fosse, c'era da aspettarselo. La visita del Gramo,
poi, aveva avuto come unico risultato l'aggravarsi di tutte le sue strane - e
patologicamente preoccupanti- convinzioni.
La sfortuna esiste, ci
vede benissimo ed e' capace di perseguitarti fino a che il tuo corpo morente
non e' a terra e implora pietà. Infierisce anche sul tuo cadavere, magari.
Se esiste la sfiga,
però, deve esistere anche la fortuna, in un modo o nell'altro. L'essere
riusciti, nonostante una quasi commozione celebrale, a trovare Katie ad
Hogsmeade, ne e' la dimostrazione lampante.
Oliver rimase immobile
come un merluzzo stecchito ad osservarla per qualche secondo, giusto il tempo
di godersi il caos che si era scatenato intorno a lei: Angelina e Lee avevano
semplicemente spalancato la bocca, come se davanti a loro fosse appena apparso
Merlino in persona, in mutande e con un croissant in mano.
Alicia aveva sfoderato
uno di quei sorrisi dentro ai quali ci si potrebbe tranquillamente infilare un
divano e i gemelli Weasley avevano sobbalzato così violentemente da andare a
sbattere con tutto il resto della combriccola. Udì da lontano un vago: “Katie,
noi andiamo a fare…”, e tutti si defilarono in fretta, ma lei non diede segno
di averli sentiti.
La ragazza,
semplicemente, non si mosse.
Se ne stava lì, ferma
impalata, a fissarlo con aria sorpresa, come se davvero vederlo li fosse
l'ultima cosa che si aspettasse.
Pensò di avvicinarsi
con aria soddisfatta e dire qualcosa di estremamente sexy ed epico, del tipo “Bambola, sono arrivato”, ma
probabilmente l’avrebbe fatta fuggire a gambe levate. Cosa diavolo gli passava
per la testa, poi? Doveva essere colpa della botta...
Dall’esterno la scena
doveva essere davvero esilarante, comunque: loro due che si fissavano, ad
almeno quindici metri di distanza, mentre tutti gli altri se la davano a gambe,
fingendo di non esistere o, al massimo, di essere improvvisamente molto
occupati.
Esatto: l’intera
squadra di Grifondoro, fatta eccezione per Harry Potter – ma dove finiva tutte
le volte, quel benedetto ragazzo? – s’era defilata alla svelta, andando a
ripararsi dietro alla vetrina di Mondomago, divenuta trincea improvvisata.
Cos’è, credevano di essere improvvisamente diventati invisibili?
Proprio mentre Oliver
decideva coraggiosamente di fare un passo avanti, Katie parve riscuotersi dallo stato d'ipnosi
sotto il quale era apparentemente caduta e iniziò a correre nella sua
direzione. L'esilarante scena da film fece voltare un paio di streghe che
passeggiavano da quelle parti con delle espressioni intenerite dipinte in
volto.
Il ragazzo, tuttavia,
si paralizzò sul posto, interdetto. Voleva forse picchiarlo a sangue?
Katie esibiva
un’espressione a metà tra l’arrabbiato e lo stordito e, quando fu a meno di mezzo
metro da lui, gli si buttò addosso, stringendolo in una morsa degna di un boa
constrictor in quello che doveva, apparentemente, essere un abbraccio.
«Ciao»
mormorò Oliver, allacciandole le braccia dietro la schiena per non farla
ruzzolare a terra. Si sentì girare vagamente la testa, probabilmente per colpa
del colpo di quella mattina.
Non
appena
«Ehi»
sussurrò allora Katie, imbarazzata per tutto l’entusiasmo che stava mostrando,
separandosi appena da lui. Un ciuffo le ricadde sopra agli occhi e lei vi si
nascose appena dietro. Oliver sorrise e le sfiorò i capelli per spostarglielo
dietro l’orecchio, ritirando poi la mano di botto, come scottato. Da quando si
lasciava andare a gesti così teneri con lei? E Katie glie lo lasciava fare?
La
ragazza in questione alzò lo sguardo su Oliver, con in testa una marea di
domande che premevano per uscire tutte insieme.
Quando
posò lo sguardo sulla ferita alla sua tempia, però, aggrottò le sopracciglia.
«Cos’hai
fatto alla testa?» domandò, perplessa. Oliver alzò gli occhi al cielo,
diventando tutto rosso in zona orecchie.
Era
una cosa piuttosto ridicola da spiegare.
Improvvisamente
Katie parve illuminarsi, come se qualcuno avesse appena acceso un Lumos sotto il suo naso e, battendosi
una mano in fronte con un sonoro schiocco esclamò, scioccata: «Il provino!»
Oliver
la guardò sbigottito per un secondo e non riuscì proprio a trattenersi.
Erano
amici, o forse qualcosa di più, sì, ma a chi importava, in quel momento?
La
abbracciò di slancio, allacciandole le braccia sui fianchi, e la tirò su di
peso, facendole fare una sorta di bizzarra piroetta. Katie cacciò un urletto e
si aggrappò a lui mentre giravano maldestramente sul posto. Quando la rimise a
terra, senza smettere di abbracciarla, sorrise dei suoi capelli arruffati e
freddi per via del vento gelato di febbraio.
Con
la coda dell’occhio notò le teste arancione acceso degli Weasley sparire
lentamente dentro ad un negozio di articoli da strega, non prima che uno dei
due gli avesse fatto un enorme sorriso sornione. Probabilmente era George.
Dovrei strapazzarli molto meno durante gli
allenamenti. O forse molto di più,
considerò una parte del cervello di Oliver mentre la sua presa sui fianchi
della ragazza si intensificava. L’altra metà della sua mente – quella che ormai
aveva perso ogni capacità di ragionamento e stava liberamente scorrazzando nei
meandri del suo cranio – era divisa in due fazioni: una urlava a gran voce “che
aspetti, cretino! Spogliala!” e l’altra diceva alla prima di starsene zitta,
perché non erano cose da pensare.
Si
sentiva un po’ bipolare e anche un po’ maniaco, a dirla tutta, ma se quello era il prezzo da pagare per
essere uscito vivo dal provino e avere Katie tra le braccia, ci avrebbe messo
la firma a sangue.
Che
se ne faceva di un cervello, tanto?
«Allora,
com’è andata?»
Katie,
rossa in viso – magari non proprio per il freddo – era impaziente di sapere, e
strappò il ragazzo dai suoi - non esattamente casti - pensieri.
Oliver
scosse la testa – non era proprio il
caso di saltarle addosso in quel momento - e alzò un sopracciglio.
Era
la mattinata giusta, no? Era arrivato fino a quel momento – vivo – e non aveva
nessuna intenzione di mollare proprio adesso che c’era quasi. Era l’occasione
perfetta per passare un po’ di tempo con lei, per permetterle di conoscerlo
meglio.
Se
l’avesse visto in un contesto estraneo al solo Quidditch, forse allora Katie
avrebbe iniziato a provare qualcosa per lui.
Aveva
ragione il professor Lupin, con quel suo strampalato discorso. La vita era
troppo imprevedibile per non cogliere l’occasione al volo e rischiare. Era un
giocatore di Quidditch, era il portiere.
Sapeva
cosa significava correre un rischio. Solitamente il suo ruolo comportava delle
scelte molto rischiose: buttarsi a sinistra anche se il Cacciatore mirava a
destra? Lanciarsi dalla scopa pur di prendere
Che
sarà mai, uscire con una ragazza?
Più facile a dirsi che a farsi, pensò Oliver. Ma
ehi, o la va o la spacca.
Prese
un bel respiro e raccolse tutto il coraggio Grifondoro di cui era capace. Poi,
tutto d’un fiato, passandosi una mano tra i capelli castani, disse:
«Che
ne dici se ne parliamo da un’altra parte?»
Katie
sorrise e si guardò intorno. Finse di pensarci su, l’espressione più divertita
del mondo stampata in faccia, e si strofinò la guancia con fare perplesso.
Oliver
scosse la testa.
Sempre
la solita.
Era
ovvio che stava per proporre un posto in cui avrebbe potuto riempirsi lo
stomaco. Quella ragazza mangiava più dei gemelli Weasley messi insieme, e guai
importunarla durante i pasti. La sua Maledizione Mollelingua * era famosa, e
anche crudelmente familiare ad Oliver.
Mai
– mai – disturbare Katie Bell durante
i pasti, se si tiene alla propria testa.
«I
Tre Manici di Scopa?» propose quindi la ragazza, proprio come si aspettava.
Aveva per caso fatto un abbonamento al loro menù Babbano?
Forse
era un buono spesa: prendi un piatto, ne mangi altri tre.
Solo
per ragazze carine con splendidi capelli neri e spaventosi istinti omicidi,
ovviamente.
Oliver
scosse la testa. Se voleva conquistarla senza spaventarla, ci voleva un po’ più
di movimento.
Dopo
il provino che aveva appena affrontato, poi, si sentiva in grado di fare
qualsiasi cosa.
Cos’altro
poteva mai succedere, poi?
E’ ora di mettere le cose a posto, pensò, determinato.
«Avevo
in mente un posto un po’ diverso» ammise, alzando leggermente le spalle.
Katie
sbarrò gli occhi in un’espressione di finto orrore.
«Non
Madama Piediburro, vero?» domandò terrorizzata, mimando un conato di vomito.
Oliver
la guardò sconcertato mentre si piegava in due per poi ritornare dritta,
sanissima, poi entrambi si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere. Il
naso gelato di Oliver sfiorò i capelli scuri della ragazza, e solo quando i
fianchi di lei premettero leggermente sui suoi si rese conto di stringerla
ancora fra le braccia. Alzò un lato della bocca in un sorriso storto e cercò di
assumere un’espressione misteriosa.
«Vieni
con me»
*
«Gli
spogliatoi» dichiarò Katie con aria divertita e un sopracciglio inarcato quando
oltrepassarono la porta degli spogliatoi del campo di Quidditch, deserti. La
quadra di Tassorosso doveva aver finito di allenarsi da un pezzo.
Oliver
si grattò la nuca e si guardò le scarpe, impacciato.
«In
realtà avrei bisogno di una doccia» ammise. Alzò gli occhi sulla ragazza, in
attesa di una risposta del tipo “Sei un
pazzo maniaco furioso, ninfomane, marrano!”, ma Katie sembrava solo
incuriosita dalla sua aria palesemente imbarazzata.
Solo
allora, infatti, la ragazza notò che Oliver indossava una sorta di divisa da
Quidditch sotto al mantello scuro.
«Sarei
dovuto passare qui prima e poi venire a cercarti, ma avevo paura di non fare in
tempo» confessò, abbassando la testa per non far vedere il rosso che gli
invadeva le guance.
«Ti
va di aspettarmi? Ci metto cinque minuti» disse con voce sottile,
improvvisamente spaventato di un rifiuto da parte della ragazza. Non ci voleva
niente ad inventare una scusa, avrebbe benissimo potuto defilarsi e scappare da
quel pazzo che si sentiva. Farsi una doccia con Katie ad un muro di distanza,
ma ci stava con la testa?
Katie
sorrise, cercando di far uscire a forza dalla mente i pensieri ridicoli e poco
opportuni che erano saltati fuori dalla sua mentalità contorta.
Fare la doccia con Oliver non è affatto una buona
idea, Katie, smettila, si disse.
Assolutamente no.
Però è allettante, questo è vero.
Beh, sì, sarebbe magnifico, ma non è questo il
punto.
Non si può, non si può. Qualcuno mi fermi!
«Certo,
fai con calma. Ti aspetto qui» disse allora, trattenendosi con forza dallo
scuotere la testa per scacciare quell’idea folle. Chissà, però, magari Oliver
avrebbe apprezzato.
Merlino, Katie, smettila!
Tanto
per rimarcare il concetto il più possibile indicò la panca in legno scuro di
fianco alla bacheca con i turni di allentamento e ci si sedette, facendosi
quasi cascare a peso morto. Brutti scherzi che giocava, l’ansia.
Oliver
sorrise grato e fece un passo per avviarsi verso le docce, ma a metà strada
cambiò idea – così, di punto in bianco - e tornò indietro da Katie.
Si
accucciò per arrivare alla sua altezza e le sfiorò appena una mano e lei alzò
gli occhi azzurri su di lui, basita e con il cuore in gola.
«Sono
contento di essere riuscito ad arrivare in tempo. Cioè, più o meno in tempo.»
Katie
scosse la testa e strinse la mano del ragazzo nella sua.
«Anche
io, Oliver»
*
Sotto
la doccia, Oliver si sciacquò freneticamente i capelli, ad occhi serrati,
cercando di non uccidersi con lo shampoo e rischiando nel frattempo di
scivolare su una saponetta e rompersi un gomito sulle piastrelle bianche alle
sue spalle.
Doveva
riuscire a calmarsi e rimanere concentrato, o avrebbe finito per uscire dalla
doccia completamente nudo e iniziare ad urlare per tutto lo spogliatoio, preda
di un’evidente crisi nevrotica.
E
non era una buona tattica per piacere ad una ragazza, ovviamente. No, non
avrebbe funzionato.
Afferrò
la saponetta e quella gli scivolò di mano, così si piegò a prenderla, ma nel
rialzarsi sbatté la testa sul cono della doccia.
Quella
saponetta stava tramando contro di lui. Ora perfino gli oggetti inanimati
cercavano di farlo secco!
Il
suono della sua craniata sulla doccia rimbombò sordo e ovattato per la stanza,
probabilmente arrivando fino a Katie, seduta semplicemente dall’altra parte del muro.
Chissà
se avrebbe fatto irruzione per controllare il suo stato di salute…
No, Oliver, datti una calmata, si impose con forza. Pensare a Katie sotto la doccia quando lei è a solo pochi metri di
distanza, ma che idea geniale, davvero!
Si
sfiorò le guance da sotto il getto dell’acqua: erano bollenti.
Proposito
per il mese di febbraio: smettere di arrossire come un ragazzino davanti a
Katie.
Certo, come se fosse possibile.
Ogni
volta che anche solo pensava a lei, in effetti, si ritrovava ad essere un
camino vivente.
Finì
di insaponarsi in fretta e furia e ficcò nuovamente la testa sotto il getto
dell’acqua, cosa che solitamente lo aiutava a riflettere nei momenti di panico.
Oh, come avrebbe voluto avere sempre a portata di bacchetta una doccia
tascabile. Avrebbe risolto metà dei suoi problemi sul momento, probabilmente.
Desiderò
non dover più uscire là fuori, dove lo attendeva un destino oscuro e
sconosciuto. Poi si ricordò di essere un coraggioso Grifondoro, capitano della
squadra di Quidditch. Era il capo,
per la miseria! Quella ragazza aveva la straordinaria capacità di fargli
provare qualcosa di meraviglioso senza nemmeno dover tirare in ballo il
Quidditch.
Possibile
che non riuscisse nemmeno ad avvicinarsi?
Pensa, Oliver, si disse. Pensa.
Devo farlo. Oggi la bacio.
Assolutamente.
Punto.
Riemerse
dai suoi pensieri sconnessi con uno sputacchio quando si accorse di aver preso
una bella boccata di ossigeno sotto l’acqua nel tentativo di sospirare
melodrammaticamente.
Annaspando
in cerca d’aria con la quale riempire i polmoni, accecato dallo shampoo che gli
era inevitabilmente finito negli occhi, uscì barcollando dalla doccia e si buttò
addosso un paio di asciugamani, cercando di asciugarsi il più in fretta
possibile.
Si
rivestì alla velocità della luce – per fortuna non era stato abbastanza idiota
da lasciare i vestiti là fuori, dove
c’era Katie, e si diede un’ultima occhiata allo specchio prima di uscire.
Il
maglione bianco che portava era a collo alto, e copriva almeno in parte anche
il mento. Aveva un filo di barba che avrebbe davvero dovuto tagliare e l’aria di uno che…beh, che ha preso un
bolide in faccia.
Gli
parve di essere una sorta di piccolo pinguino raggomitolato nella lana,
effettivamente tutt’altro che sexy.
La
ferita alla tempia era rossa e probabilmente infiammata, ed effettivamente,
ragionò, metterci dello shampoo non era stata una delle idee migliori della
giornata.
Sullo
zigomo sinistro iniziava a intravedersi un ombra scura, probabilmente dovuta al
colpo. Sembrava che qualcuno lo avesse preso a pugni in faccia, e non era
sicuro che quest’aria da duro sfasciato facesse effetto su Katie.
Al
massimo poteva intenerirla e ottenere un po’ di coccole. Non che le avrebbe
disdegnate, in ogni caso.
Era
stato fortunato a non rompersi la faccia e, ragionandoci ora, a mente più o
meno fredda, era stato anche uno stupido.
Sarebbe
potuto succedere di tutto, e a lui non era affatto importato!
Si
decise ad uscire dal bagno, perché purtroppo
non poteva rimanere rintanato lì per sempre.
Quando
tornò nello spogliatoio quello era immerso nel vapore caldo causato dalla sua
doccia. I vetri della porta erano appannati a causa del contrasto tra il freddo
che regnava fuori e il calore umido della stanza. S’era fatto buio, segno che
dovevano essere circa le cinque.
Tempismo perfetto, si disse.
Katie
era seduta sulla stessa panca sulla quale l’aveva lasciata, e si era messa
comoda: aveva la schiena appoggiata al muro e le gambe incrociate. Si era tolta
il mantello e lo stava usando come coperta – non che fosse freddo, lì dentro –
e aveva un’aria assorta mentre sfogliava con interesse un vecchio volume blu
scuro con un grosso boccino disegnato sul davanti.
Oliver
ridacchiò tra se e se. Avrebbe riconosciuto quel libro tra mille.
«Il Quidditch attraverso i Secoli»
mormorò, il sorriso sulle labbra.
Tutto
il panico dei minuti precedenti era svanito. Era nel suo elemento, dopotutto.
Katie
alzò la testa dalla sua lettura e parve impiegare un paio di secondi per
metterlo a fuoco.
Non sarà mica miope? In campo ci vede benissimo…
«Con
tutto questo vapore ti vedo a stento» rise invece lei, sventolando una mano
davanti al viso per cacciarne un po’ mentre assottigliava gli occhi e guardava
nella sua direzione.
Oliver
si avvicinò automaticamente e si sedette vicino a lei, sfiorando il volume con
tenerezza, quasi fosse un figlio o un cucciolo di gatto.
Alzò
gli occhi su Katie, incuriosito. Chissà come mai ce l’aveva lei…
La
ragazza sostenne il suo sguardo per un attimo, poi alzò le spalle e spiegò: «Mi
stavo informando sul Puddlemere United, l’ho preso in Biblioteca».
Fece
una pausa, osservando attentamente il libro, poi continuò.
«Sapevi
che hanno vinto ventuno campionati, ma non vincono più dal…?»
«1990,
sì» completò Oliver per lei, soprappensiero. Rispondere era stato quasi
automatico, non stava veramente pensando di farlo.
Era
troppo occupato ad osservare rapito i capelli neri di Katie, solitamente lisci,
che si arricciavano dolcemente sulle punte per via del vapore e dell’umidità.
Katie
lo osservò stupita, poi riprese, alzando le labbra in un accenno di sorriso.
«E
la loro divisa è blu oltremare, con disegnate come simbolo delle…»
«…mazzesorde
d’oro, incrociate tra di loro» completò di nuovo Oliver per lei, stando al
gioco e guardandola con aria di sfida.
Probabilmente somiglio a Percy in una delle sue
migliori facce da professore…
Katie
gli diede una spintarella con una spalla che quasi lo buttò giù dalla panca.
Dimenticava sempre quanto fosse forte quella ragazza, nonostante apparisse
delicata e mingherlina.
«Sai
a memoria tutto il libro?» domandò allora lei ridacchiando senza ritegno.
«Forse»
biascicò Oliver, restituendole la spintarella, decisamente più leggera e
soffice.
Katie
affondò il viso sulla sua spalla, strofinando la guancia sul maglione morbido.
Oliver deglutì e cercò di mantenere un contegno.
Non baciarla. Non baciarla. Non puoi farlo ora. Non
baciarla…
«Sei
maniacale» commentò Katie, lanciandogli un’occhiata tra il divertito e
l’esasperato.
«Ah,
sono maniacale?» domandò Oliver, strappato ai suoi deprimenti pensieri. Katie
notò negli occhi del ragazzo un lampo di divertimento, così decise di prenderlo
un po’ in giro.
«Esageratamente
maniacale, Oliver. Fred e George ti chiamano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Contraddetto-Sul-Campo-Da-Quidditch»
Oliver
rimase basito per un attimo, poi scoppiò a ridere.
Sì,
devo proprio tormentarli di più, agli allenamenti.
«Ah
si?» sussurrò, tra le risate di Katie che si era unita a lui. Lei, con le
lacrime agli occhi per il troppo ridere, annuì e si massaggiò le guance rosse.
Oliver prese a punzecchiarla sui fianchi e quando lei si tirò indietro con un
urletto ed un paio di saltelli, esclamò: «Tu soffri il solletico!»
Katie
lo fissò spaventata, ancora in lacrime per il troppo ridere, e si staccò
lentamente dalla sua spalla.
«Oh,
no. Certo che no.» biascicò, cercando di assumere un’aria seria senza successo.
Oliver
ghignò.
«Oh,
sì» disse avvicinandosi lentamente con un sorriso sornione degno di Fred e
George.
«No»
disse Katie, iniziando a sporgersi indietro in cerca di una via di fuga. «Oh,
non oseresti…»
Non
le lasciò finire la frase.
Mentre
lei cercava di darsela a gambe dopo aver appoggiato con grazia il libro sulla
panca, la acchiappò per i fianchi e prese a farle il solletico, mentre lei si
piegava in due e alternava un gridolino ad una risata, tentando prima un
valoroso contrattacco, poi una veloce ritirata.
Infine
gli mise le mani sulle spalle e cercò di attirare la sua attenzione, e Oliver
dovette ammettere che averla così vicina al viso, rossa e con i capelli
scompigliati, era uno spettacolo per il quale avrebbe in ogni caso messo una
firma a sangue.
Non
c’era bisogno di attirare la sua attenzione, quindi. Oliver era perfettamente
consapevole del corpo della ragazza stretto tra le sue braccia, delle sue mani
sulle spalle e dei suoi capelli che gli sfioravano il viso.
«O-Oliver»
disse la ragazza, senza fiato, di nuovo con le lacrime che le scendevano sulle
guance in fiamme. «Tregua, ti prego. Non
respiro!»
Lui
scoppiò di nuovo a ridere e smise di farle il solletico scuotendo la testa con
finta aria esasperata, ma non spostò le mani dai suoi fianchi.
Continuarono
entrambi a ridere come pazzi.
Oliver
prese coraggio e piegò lentamente la testa per appoggiare la fronte sulla
spalla di Katie, strofinandogli delicatamente una guancia sul viso.
Si
domandò distrattamente da dove venissero tutta questa spontaneità e tutta
questa intraprendenza, da parte di entrambi.
Chissà,
forse aveva solo capito che se non si fosse dato una mossa l’avrebbe fatta
scivolare via da lui come sabbia tra le dita e, sinceramente, non ne aveva
nessuna intenzione.
Katie
appoggiò le mani alla sua schiena facendole scivolare sulle sue braccia con
lentezza che Oliver giudicò esasperante, ancora scossa dalle risate. Pian piano
queste scemarono, facendoli scendere in un silenzio caldo e tranquillo.
Katie
lo ruppe con un sospiro, e Oliver sapeva cosa stava per domandare.
«Allora,
questo provino?» chiese con voce dolce.
Oliver
non rispose subito, troppo perso nel bearsi del suo profumo e nella vicinanza
dei loro corpi caldi, e lei si scostò di qualche centimetro per convincerlo ad
alzare il viso per guardarla.
Quando
Oliver incontrò il suo sguardo, notò che vi era nascosto un velo di
preoccupazione, dietro alla semplice curiosità.
«Non
dici nulla» commentò lei, scrutando il suo viso come se fosse in cerca di segni
di delusione o tristezza.
Ma
Oliver fece un sorriso talmente entusiasta che non poteva essere frainteso per
uno di circostanza.
«Non
è andato come speravi?» chiese allora, dubbiosa.
«E’
andato» rispose enigmatico lui, aggrottando le sopracciglia.
Poi,
un rumore strano proveniente da qualche parte in basso li distrasse.
Katie
ridacchiò, scuotendo la testa e abbassando il viso sulla pancia di Oliver.
Ignora gli addominali, Katie. Non ci si può fondare
un fan club, è da ninfomani*.
«E’
il tuo stomaco, quello che brontola?» chiese quindi con tono di rimprovero, ignorando gli addominali, che in realtà
non erano nemmeno in vista, coperti dal maglione chiaro.
Ma io so che ci sono, si rispose Katie dubbiosa. E parlo da sola. Magnifico.
Oliver
alzò gli occhi al cielo.
«Non
è che io abbia propriamente fatto colazione, ecco» ammise.
«O
pranzo, se è per questo»
Katie
gli diede un lieve schiaffetto sul braccio.
«Come
sarebbe a dire, non hai mangiato niente?»
domandò, minacciosa.
Oliver
la guardò con un’espressione da cucciolo bastonato per la serie “non picchiarmi, io ti voglio bene e sono
coccoloso”, e Katie ammorbidì lo sguardo proprio mentre lo stomaco di
Oliver brontolava di nuovo, tanto per dire la sua sulla faccenda.
«Non
ho molta voglia di passare di nuovo attraverso i Sensori Segreti di Gazza,»
commentò Oliver con un brivido. «e sono le cinque del pomeriggio» aggiunse,
buttando un’occhiata all’orologio attaccato alla parete. «Dove pensi di trovare
da mangiare?»
Gli
occhi di Katie furono attraversati da una luce malandrina, e Oliver
indietreggiò istintivamente.
E’ ora di mettere in pratica gli insegnamenti di
Fred e George, pensò la ragazza.
«Vieni»
disse quindi, alzandosi dalla panca e afferrando il libro con un sorriso.
Oliver
si alzò insieme a lei, inarcando un sopracciglio con aria perplessa.
«Hai
una scorta segreta di cioccolato in Sala Comune? Sempre saputo, io» commentò
sarcastico, spolverandosi le ginocchia con finta aria indaffarata.
Katie
gli lanciò l’ennesima occhiata di rimprovero.
«Hai
intenzione di dirmi cosa hai fatto alla testa, Baston?»
«Più
tardi, Bell»
Katie
alzò gli occhi al cielo, esasperata. Cosa poteva mai aver combinato di
imbarazzante o stupido, per essere così restio a raccontare cos’era successo?
Scosse
la testa con pacata rassegnazione e si portò una mano ai capelli scuri per
sistemarli dietro le orecchie.
«Allora
muoviti, tocca a me portarti in un posto»
disse girandosi per prendere il mantello. Prima che ci riuscisse, però, Oliver
si esibì in un sorriso che la abbagliò, tanto era…sorridente.
Quando
si fu ripresa da tutta quella luce e tornò a vedere normalmente – o quasi - si
accorse della mano bollente di Oliver che stringeva la sua.
L’aveva
distratta con un sorriso per prenderle la mano e ora esibiva quell’aria da
angioletto innocente?
Meschino…
Deglutì rumorosamente mentre lui starnutiva,
ma quando il ragazzo alzò di nuovo lo sguardo su di lei, stava sorridendo. Cosa
aveva da perdere, tanto?
«Ti
porto a riempirti lo stomaco»
Oliver
fece schioccare la lingua e le diede una lieve spintarella, per poi indicare la
porta con un ampio gesto della mano libera.
«Agli
ordini, capo»
Il
suo stomaco brontolò di nuovo, probabilmente d’accordo con il loro proposito,
facendoli scoppiare a ridere di gusto.
*
Oliver
osservava a bocca aperta le immense cucine di Hogwarts. Sembrava impossibile che fossero state semplicemente costruite sotto al
Castello e Oliver ebbe il sospetto che si estendessero silenziosamente anche
sotto una parte del villaggio di Hogsmeade.
I tavoli erano pieni
di ogni tipo di cibo immaginabile, dal Tacchino arrosto al Salmone in Salamoia,
e almeno un migliaio di bottiglie erano sparse ovunque. Molti arrosti erano
ancora in fase di preparazione, segno che quella era probabilmente la cena.
Oliver si domandò cosa
diavolo facessero, gli studenti di Hogwarts, per aver bisogno di essere nutriti
così tanto.
Lesse distrattamente
l’etichetta della bottiglia più vicina, trasparente e piena di un denso liquido
giallo-arancione.
Succo di Zucca.
La cosa che lo stupì
di più, tuttavia, tanto che quasi cacciò un urletto ben poco virile, fu l’orda
zampettante di Elfi Domestici che lo circondava, proferendosi in profondi
inchini, le larghe orecchie che svolazzavano a destra e a sinistra.
«Cosa possiamo
portarvi, signorini?» domandò sorridente un elfo minuscolo con uno straccio
marrone addosso.
Katie gli sorrise
dolcemente e alzò lo sguardo su Oliver, ancora immobile sul posto con la
mascella spalancata per la sorpresa.
Non sapeva se ciò che
lo sorprendeva di più era l’esistenza di un posto così immenso eppure così invisibile
o semplicemente il fatto che Katie ne fosse a conoscenza.
Considerata la sua
amicizia con i gemelli Weasley, comunque, a pensarci due volte non era poi così
tanto strano.
Ma dov’era stato, in
tutto quel tempo?
«Allora, cosa vuoi
mangiare?» gli domandò Katie avvicinandosi e posandogli una mano sul braccio.
Oliver si prese un
paio di secondi per osservare i tavoli stracolmi di cibo, cercando di
nascondere il fremito che gli era uscito spontaneo quando Katie lo aveva
sfiorato.
Ingurgitare un pollo arrosto non era una cosa da fare alle quattro del
pomeriggio davanti alla ragazza dei tuoi sogni, vero?
«Latte e biscotti»
esalò infine, indeciso se dirlo a Katie o direttamente all’elfo. Optò così per
una via di mezzo e si rivolse al muro tra i due, mentre Katie chiedeva con voce
dolce una cioccolata calda e sfiorava con delicatezza la testa dell’elfo più
vicino. Quelli si inchinarono tutti insieme e corsero di nuovo alle loro
occupazioni.
Oliver e Katie si
scambiarono un’occhiata e la ragazza si trattenne dal ridere dello sguardo
spiritato del ragazzo.
Pensava forse che
l’amicizia con Fred, George e Lee non l’avesse traviata almeno un pochino?
Vana speranza…
Quando un’elfa ancora
più piccola del precedente arrivò zampettando con il vassoio in bilico sulla
testa e le orecchie enormi che spuntavano di lato – che creaturine adorabili! -
lo presero ringraziando e si sedettero a terra, vicino al camino acceso.
Il fuoco scoppiettante
emanava un calore piacevole e li riscaldò. Quando furono abbastanza caldi e
abbastanza vicini – anche se secondo Oliver sarebbero dovuti stare molto più
attaccati – Katie si stiracchiò e appoggiò la schiena al muro.
«Allora» iniziò,
sorridendogli da sopra la sua tazza. Gli occhi azzurri erano limpidi e
sfacciati.
«Il piano è questo.
Mangia e racconta, io ascolto. Poi, forse,
ti gratificherò con il racconto della mia giornata»
Oliver sorrise e si
arrese con un sospiro.
In realtà moriva dalla
voglia di parlare con lei della sua incredibile mattinata, ma temeva di
annoiarla, ecco.
«Non saprei da dove
cominciare» disse, con aria sognante.
Katie notò con una
punta di divertimento che i suoi occhi, non appena lei aveva accennato alla
questione, si erano accesi di una luce entusiasmata e quantomai preoccupante.
Gli sorrise incoraggiante,
invitandolo a continuare con un occhiata.
«Perché non cominci
dal dirmi come ti sei fatto quella roba alla testa?» propose, facendo un cenno
del capo in direzione della ferita in bella vista sulla sua tempia.
«Ah, quello» borbottò
Oliver passandosi una mano tra i capelli con aria impacciata. «Ehm…» disse.
Alla fine si arrese
con un sospiro e si nascose dietro ad un biscotto al cioccolato, seminando
briciole tutt’intorno.
«Hopresounbolideintestaesonosvenuto!»
esclamò, tutto d’un fiato.
Katie alzò un
sopracciglio e lo guardò con aria di rimprovero, così Oliver sospirò per la
miliardesima volta quel giorno e si decise a parlare a velocità umana.
«Ho preso un bolide in
testa. Sono svenuto.» disse, rosso come un peperone. «Però quella pluffa l’ho
parata!» aggiunse, come se fosse una giustificazione valida per la sua
stupidaggine.
Katie cercò con tutte
le sue forze di trattenersi dal ridere.
E’ che Oliver è così tenero e divertente, quando fa il pazzo in quella
maniera…
Certo, era molto meno tenero
quando li costringeva a fare giri della morte ad oltranza durante gli allenamenti,
ma quello era un banale, inutile e perfettamente ignorabile dettaglio.
«E’ perfettamente da
te» disse allora. «Anzi, scommetto che tutto
ciò» e si sporse verso di lui per sfiorargli lo zigomo più scuro con la
punta delle dita. «è frutto di un piano geniale messo a punto lì sul momento e
che prevedeva il tuo suicidio»
Oliver la guardò negli
occhi per un istante, indeciso sul da farsi.
Certo era, comunque,
che il tocco tiepido della ragazza sulla guancia lo stava facendo sudare
freddo.
Alla fine, quando lei
stava per ritirare la mano e abbassare il viso, alzò la propria e la mise sopra
quella della ragazza, strofinandosela delicatamente sulla guancia. Katie
abbassò gli occhi e lo lasciò fare, quasi fosse persa in pensieri lontani.
Effettivamente Oliver non aveva idea di quali elucubrazioni mentali stessero
avendo luogo in quel momento nella testa della povera ragazza, né avrebbe mai
potuto indovinarlo.
Una parte del suo
cervello, quella timida, sfortunata e amante del quieto vivere stava urlando a
piena voce un coraggiosissimo “scappa
finché sei in tempo!”; l’altra parte, quella terribilmente tenera e anche
terribilmente attratta da Oliver, stava opponendo una fiera resistenza tramite
uno sciopero della voce, esibendo lo striscione “Bacialo, per Morgana!”.
Oliver la osservò
spostare lo sguardo sul fuoco scoppiettante e si perse per un istante a
contemplare le ombre che proiettava la luce del camino sulle sue guance.
«Sono stato preso»
disse così, dal nulla.
Era l’unica persona
alla quale desiderava dirlo, in quel momento. L’unica che voleva che sapesse.
Katie alzò di scatto
lo sguardo su di lui, spalancando gli occhi azzurri in un’espressione a metà
tra il sorpreso e il felice.
Si guardarono negli
occhi per un altro millesimo di secondo, poi lei emise un gridolino e gli buttò
le braccia al collo, facendolo sbilanciare e cadere all’indietro, da seduto
qual’era, con lei spalmata addosso.
Le cinse
automaticamente la vita con le braccia e finalmente scoppiò a ridere sulla sua
spalla, sereno, mentre lei lo stringeva di nuovo in un abbraccio stritolatore.
Le risate si
propagarono per tutta la cucina. Oliver poteva sentire distintamente il corpo
caldo di Katie sopra di sé, e una parte del suo cervello era definitivamente
impazzita e scorrazzava per conto proprio, sparando una sequela ininterrotta di
domande.
Si domandava, per
esempio, perché non la stesse baciando, invece di fare il cretino.
Eppure sentiva che non
era il momento giusto. Erano usciti insieme sì e no mezza volta…
L’ultima cosa che voleva
era spaventarla e non pensava che si sarebbe sentito mai meglio di come si sentiva ora.
Perché rischiare
proprio in quel momento? Era lì, tra le sue braccia. Per qualche oscura
ragione, a lui, sembrava tenerci. Lo dimostrava il fatto che fosse lì,
abbracciata a lui, e non da qualche altra parte con i suoi amici.
Forse era
semplicemente il massimo che potesse pretendere.
Era così terribilmente
indeciso…
Un’altra parte di se
stesso, comunque, stava cercando di ricordare il momento esatto in cui avevano
deciso di buttare giù tutti i muri che li separavano.
Stavano demolendo
pezzo per pezzo l’incertezza assurda che si creava tra di loro ogni volta che si
rivolgevano la parola o anche solo sfioravano.
Ora aveva il cuore in
gola, sì, e quasi gli tremavano le mani a sfiorarla, vero, ma non riusciva a
non sentirla una parte di sé.
L’imbarazzo non era
semplicemente scivolato via con il vapore. Avevano buttato giù quel muro, probabilmente
usando Percy come ariete, e poi vi avevano lanciato un Incantesimo
Antiricostruzione – Magia Avanzata,
livello sei - per evitare che si
erigesse di nuovo tra di loro.
Il mondo, finalmente,
girava dal verso giusto, gramo o non gramo, e Oliver non poté fare a meno di
sentirsi la persona più fortunata sulla faccia della terra.
Che il Karma esistesse
davvero?
In ogni caso, non
avrebbe permesso neanche ad un mattone di mettersi di nuovo tra di loro, questo
era certo.
«Sono così contenta»
mormorò Katie con voce ovattata, affondando nuovamente il viso nel suo maglione,
dopo un tempo che gli era parso infinitamente minimo.
«Anche io» sussurrò
lui, posando il mento sulla sua spalla.
«Non è niente di che»
si affrettò ad aggiungere poi, allontanandola di poco per guardarla in viso. Le
appoggiò una mano sul collo e dovette trattenersi dal fremere al contatto. Non
che avesse importanza. Katie, sopra di lui, tremò appena quando lui la sfiorò.
«Mi hanno preso per un altro provino. Ma è un passo
avanti» disse sorridendo.
Katie lo strinse forte
e fece un sorriso che le illuminò il viso e ad Oliver parve il più bello del
mondo.
«E’ fantastico» disse,
e il ragazzo si sentì finalmente completo.
*
Tornare in sala comune
fu complicato, tra le risa e i barcollamenti di Katie, che non sembrava
soddisfatta se non riusciva ad inciampare almeno ogni tre passi.
Durante il lungo
tragitto Oliver la osservò incespicare, rimproverare due Serpeverde del secondo
anno e poi sbilanciarsi di nuovo.
Era una ragazza straordinariamente
goffa, oggettivamente. Sembrava essere sempre in mezzo quando qualcuno arrivava
di corsa e non la vedeva svoltare l’angolo, o quando un albero cascava proprio
a due centimetri da dove si trovava, e catastrofi di simile portata.
Anche nel Quidditch,
sembrava che i Bolidi sapessero costantemente dove fosse Katie, e avessero
sviluppato una particolare predilezione per il suo sangue. Erano apparentemente
sempre in allarme, pronti a spaccarle la testa non appena Fred e George si
fossero distratti.
Seconda solo ad Harry,
probabilmente.
Insomma, era talmente
sfortunata che probabilmente
Oliver scosse la
testa, cercando di dissipare la nebbia di pensieri idioti che aveva preso
possesso del suo cervello. Forse era di
nuovo la botta in testa che aveva preso: lo stava mandando fuori di zucca.
Ovviamente Katie non
era semplicemente una bella ragazza con una determinata dose di sfortuna. Era
minuta e dall’aspetto delicato ma picchiava con la forza di uno scaricatore di
porto irlandese e se era arrabbiata era meglio non trovarsi nei paraggi, a meno
che non si volesse rischiare la vita.
Non era una Grifondoro
avventata, anzi, sapeva essere molto riflessiva.
Ogni tanto, però,
agiva d’impulso, e quell’unica, semplice volta compensava tutte le altre
occasioni in cui aveva riflettuto su quello che stava per fare. Tipo quella
volta che aveva schiantato Shoumey, di Serpeverde.
Lì sì che avevano
finito per fare a botte alla maniera Babbana con la squadra di Quidditch di
Serpeverde! Katie nemmeno era in squadra, figuriamoci! Era così piccola!
Oliver non avrebbe mai
dimenticato la sensazione meravigliosa del pestare Flitt e essere decisamente
più in forma di lui. Quella specie di sasso ammuffito era stato giusto in grado
di dargli un pungo nello stomaco, prima di venire steso dal suo gancio destro.
Avrebbe davvero dovuto
iniziare a praticare uno di quegli sport babbani di lotta o arti marziali, tipo
Puligiato, o qualcosa del genere.
Non aveva mai amato
particolarmente Babbanologia, Oliver, e si vedeva.
Questo era in parte
strano, perché era per metà Babbano, ma in fondo come avrebbe potuto conoscere
il mondo non magico, se non aveva mai conosciuto suo padre, un semplice
Babbano?
Non aveva nemmeno dei
vaghi ricordi di lui, aveva solo un anno quando era scomparso nel nulla,
lasciando sua madre sola a crescerlo.
Era quindi cresciuto nel mondo di sua madre, Rose, strega Purosangue dai
gusti stravaganti.
Oh, ma a chi importa del sangue?, pensò Oliver
tranquillamente. La guerra magica ormai è
bella che finita, no?
Katie si appoggiò ad
Oliver, ansimando leggermente, a metà della rampa di scale che stavano percorrendo.
«A che piano siamo?»
domandò con voce flebile, passandosi una mano sulla fronte.
Oliver inarcò un
sopracciglio.
«Ancora al secondo.
Strano, pensavo che i miei giocatori fossero un po’ più allenati di così»
commentò, alludendo alla scarsa resistenza della ragazza. La torre di
Grifondoro era solo al settimo piano, Santo
Godric!
Lei per tutta risposta
gli diede una gomitata nelle costole che avrebbe potuto rompergli la cassa
toracica, se fosse stato appena più gracilino.
«Tutto quello che devo
fare è stare seduta su una scopa. Non è che serva molto allenamento sul fiato!»
disse, cercando di prendere un bel respiro.
Oliver la guardò
incredulo.
«Stai scherzando? E se
vi capitasse di giocare in apnea per via del vento?» domandò, scandalizzato.
Sgranò gli occhi per poi scuotere la testa con finta aria delusa.
«Non se ne parla. Da
lunedì venti giri di campo, a piedi»
Katie alzò lo sguardo
su di lui, terrorizzata, ed incontrò gli occhi del ragazzo, accesi della solita
luce maniacale e folle.
«Piedi, Oliver? Ma
piedi piedi? Ma sei matto?»
«Sono un normalissimo
capitano in ansia. Vedila così: ti servirà per mettere su un po’ di muscoli
sulle gambe»
Katie gli lanciò
un’occhiata di traverso, incrociando le braccia al petto e dimenticando la
fiacchezza.
«Cos’hai contro le mie
gambe, Baston?»
Oliver avvampò di
botto e deglutì.
«Splendide. Sono splendide. Dovete solo lavorare sul fiato un
pochino…»
Oliver si fece piccolo
piccolo all’occhiataccia della sua Cacciatrice.
«Io ti boicotto gli allenamenti! Correre! Intorno al campo da
Quidditch! Ma hai idea di quanto sia grosso?» Oliver aprì la bocca per
rispondere. «Non provare a dirmi la misura, Oliver. Sei un pazzo!»
Lo guardò incredula
per un altro paio di secondi, poi scosse la testa con fare melodrammatico.
«Tu mi vuoi uccidere»
Veramente ti vorrei baciare, in questo momento, rispose mentalmente Oliver. No,
forse non è il caso di dirglielo così…
«Ma no, ti voglio
bene!» disse invece, arrossendo.
Katie scosse di nuovo
la testa, ma ormai non riusciva più a nascondere il sorriso che le spuntava in
viso.
Le voleva bene…Oh, non era tenero?
«Ricordami perché ti
do queste splendide idee?» chiese, continuando a fingere di non star sorridendo
come un’idiota.
«Perché ti piace
passare del tempo con me?»
«Sfacciata, questa!»
«Mpf!»
Fu battibeccando
allegramente che si ritrovarono di fronte al quadro della Signora Grassa, che
stava allegramente ronfando, senza rendersi conto di esserci arrivati. La donna
non fu affatto felice di essere
svegliata e li lasciò passare di malavoglia, commentando con un infastidito: “Oh, questi sportivi!”.
Katie si sarebbe
aspettata di trovare
Seduti in angoli
opposti della stanza, apparentemente concentrati ognuno in una cosa differente,
c’erano Fred, George, Alicia e Lee. I primi due stavano giocando a scacchi, e
Katie spese un paio di secondi ad osservarli.
Non sapevano nemmeno
distinguere i Pedoni dai Cavalli, quei cretini,
figuriamoci giocare seriamente!
Alicia sfogliava
distrattamente le pagine di un libro consunto, e almeno non lo stava tenendo al
contrario.
Lee, invece, fissava
il vuoto davanti a lui con aria colpevole.
Probabilmente non era
riuscito a trovare qualcosa da fare che
non destasse sospetti abbastanza velocemente, e aveva optato per quello –
che invece, di sospetti, li destava eccome.
Oliver non parve tanto
sconcertato dalla presenza di quei quattro elementi proprio in Sala Comune,
chiaro segno che probabilmente se lo aspettava. D’altro canto era ovvio che
stessero attendendo che i due comparissero in Sala Comune, solo per sbirciare
un pochino.
Si limitò quindi ad
alzare sbrigativamente le spalle e, dopo aver lanciato un occhiata a Alicia
come per assicurarsi che non stesse guardando proprio loro – o forse l’esatto
contrario – prese per mano Katie e la portò nel lato meno in vista della Sala
Comune. Lei gli sorrise e si lasciò guidare docilmente.
Ovviamente sia Fred e George che Alicia e Lee si voltarono
in simultanea verso di loro per sbirciare, ma Oliver cercò di ignorarli. Si
sedettero su uno dei divani che dava le spalle al branco di unicorni curiosi là dietro e il ragazzo
si mosse a disagio sul suo posto, indeciso.
Doveva avvicinarsi di
più? O magari l’avrebbe fatto Katie. E se non lo faceva?
Oddio, fu l’unico pensiero che riuscì a formulare.
«Grazie per oggi» disse
Katie sorridendo e avvicinandosi impercettibilmente. «Non avrei mai immaginato
che…saresti riuscito a venire» Esitò appena. Stava per dire “avresti voluto”, ma il ragazzo aveva
ampiamente dimostrato il contrario, no?
Lui avvampò
leggermente e scosse la testa.
«Ne è valsa la pena»
disse semplicemente, sottovoce.
Un lieve imbarazzo
calò su di loro, ma Oliver era deciso a buttarlo fuori di peso, così prese
coraggio e si sporse verso di lei, sfiorandole una guancia con il dorso della
mano e finendo per sistemarle una ciocca scura dietro l’orecchio. Katie lo
guardò dritto negli occhi e Oliver si sentì bruciare.
Stavolta le guance della
ragazza non si colorarono di rosso e Oliver lo prese come un buon segno.
Erano coperti dal
divano, giusto? E Alicia, Fred, George e Lee non sarebbero riusciti a
sbirciare, no?
Si avvicinò ancora di
più a Katie e lei lo guardò incuriosita, piegando leggermente la testa di lato,
come se non avesse realizzato che stava per baciarla.
Ma allora stava per
baciarla?
Il suo cervello vagò
febbrilmente alla ricerca di un’espressione che potesse farglielo capire – che
Merlino di faccia ha uno che sta per baciarti? – ma rinunciò subito e decise di
tentare in maniera diversa.
Le mise una mano dietro
la schiena e Katie sorrise. Aveva capito qualcosa?
Se sorrideva doveva essere ok.
Doveva esserlo.
Non posso mandare tutto quanto alle ortiche, non ora.
Lei gli posò una mano
sulla spalla, ma non lo spinse via, anzi. Continuava a sorridere e a guardarlo,
negli occhi, e Oliver era sempre più vicino…
«Oliveeer!»
Oliveeer sobbalzò e fece un salto sul divano di
almeno mezzo metro mentre Katie sprofondava dalla sua parte, rossa come un
pomodoro.
Davanti a loro
comparve Harry, accaldato e con una pergamena scura in mano.
«
Oliver non ebbe il
coraggio di ringhiare, né di tagliarli la testa, né di dire alcunché.
Annuì con un cenno
depresso del capo e Harry li salutò in fretta per andare a riunirsi con i suoi
amici, la ragazza dai capelli impossibili e il gatto intrattabile e il fratello
dei gemelli, Rosso numero sei.
Oliver, visto che
tanto ormai era ufficialmente depresso e ufficialmente consapevole
dell’esistenza della sfortuna, spese un paio di secondi ad osservare il giovane
Weasley afferrare al volo con una sola mano una Cioccorana che Harry gli aveva
lanciato.
Bella presa, pensò Oliver.
Poi osservò più
attentamente. Cavolo, ci sapeva fare, il ragazzo.
Chissà se…
Un colpo di tosse alla
sua sinistra lo distrasse. Si voltò di nuovo verso Katie, che lo guardava con
aria estremamente impacciata, ma raggiante.
«Sarai stanco» disse
lei, avvicinandosi nuovamente a lui.
Oliver ponderò l’idea
di dire qualcosa di idiota del tipo “dove
eravamo rimasti?”, ma sembrava troppo un consiglio preso da Come conquistare una strega e vivere felici,
di Gilderoy Allock, perciò rinunciò immediatamente.
Si limitò ad annuire e
passarsi una mano sui capelli.
Non era davvero il
caso di provare a baciarla di nuovo, ormai l’occasione era andata.
Però magari se si
fossero visti un’altra volta avrebbe potuto capire di più se lei provava
qualcosa per lui o meno.
Avevano passato una
giornata splendida, sì, ma cosa sentiva veramente
Katie? Se n’era mai preoccupato?
In fondo aveva
quindici anni e poteva benissimo non essere interessata ai ragazzi.
O a lui.
«Credo che andrò in
Dormitorio, devo ancora vedere Percy» disse allora, alzando le spalle e
regalandole un sorriso stanco ma felice.
«Giusto, il Prefetto!»
disse lei, ridendo.
Quel Percy aveva
l’aria strana, ma gli stava simpatico. E poi era amico di Oliver, no?
«Io vado a farmi una
doccia, tutta quella fatica per salire le scale al tuo passo – quindi di corsa
– mi hanno davvero distrutto!» lo rimproverò la ragazza, incrociando le braccia
al petto.
Dire “vengo anche io” non è una buona idea, e devo convincermene, si impose
mentalmente Oliver.
La terrorizzerei. O forse no. Per Godric, Oliver, finiscila.
Oliver alzò gli occhi
al cielo e pensò che se non lo faceva, ora, mai più, quindi si buttò.
«Ti va di vederci,
domani? Visto che non ci sono gli allenamenti…» disse, strofinandosi una manica
sulla guancia per dissimulare la goffaggine che lo aveva nuovamente colto alla
sprovvista.
Katie si illuminò, ma
il sorriso le morì sulle labbra e lasciò il posto ad una smorfia triste.
«Dovrei studiare
Trasfigurazione, in realtà. Sono pessima, in questo periodo.
Poi scosse la testa,
l’attacco di responsabilità già passato. «Ma andiamo, non ho voglia di studiare
Trasfigurazione! Vada per domani! Al parco? Ora scappo, prima di sentirmi in
colpa!»
Oliver si sporse in
avanti, sconcertato dal veloce cambio di idea della ragazza, e Katie aggirò il
suo viso per scoccargli un bacio sulla guancia. Poi, rossa in viso, strillò un
«A domani!» e si catapultò su per le
scale, diretta al suo dormitorio.
La porta sbatté con un
tonfo sordo nell’esatto istante in cui Oliver si alzava, disorientato – quindi avevano un appuntamento? – e si guardava
intorno.
Alicia gli sorrideva
dall’altra parte della Sala Comune, mentre i gemelli avevano rinunciato a
fingere di giocare a scacchi e parlottavano tra di loro, le teste vicine. Lee
osservava attento la ragazza, come se non volesse perdersi nemmeno un suo
movimento.
Oliver sorrise di
rimando ad Alicia, perplesso.
Contemporaneamente i
gemelli si accorsero di lui e alzarono i visi per guardare prima Alicia, poi
Oliver.
Sorrisero – due
identici ghigni spaventosamente consapevoli – e Fred, o George, al diavolo!, alzò il pungo in segno di vittoria, mentre
Alicia gli faceva teneramente l’occhiolino.
Oliver alzò un
sopracciglio, cercando di sembrare il più naturale possibile mentre se ne
andava a naso insù verso il suo dormitorio, ignorandoli.
Non riuscì nel suo
intento, però, perché uno dei Weasley gli gridò dietro, con voce allegra: «Vai
a farti una doccia fredda, Baston?», seguito a ruota dal fratello, che
commentò: «Altro che fredda. Dovrebbe infilarsi in una vasca piena di cubetti
di ghiaccio»
Oliver fu tentato di
estrarre la bacchetta e schiantare Fred – o chi per lui – ma si trattenne.
Non era il caso di
dargliela vinta, alla fine. Non valeva la soddisfazione.
Aver quasi baciato
Katie, quello sì, che la valeva.
*
Alla fine dei conti,
l’idea di George (o Fred) non era poi così male.
Era salito in
Dormitorio – deserto - e si era buttato sul letto, sfinito.
Percy doveva essere
ancora fuori con Penelope.
Aveva aspettato circa
una decina di minuti, ma si annoiava e aveva bisogno assoluto di allentare la
tensione, quindi sì, era finito di nuovo sotto la doccia.
Scosse le spalle
cercando di calmarsi sotto al getto caldo della doccia. Si sentiva
sovraeccitato, triste e sull’orlo delle lacrime contemporaneamente, per tanti
motivi diversi – di cui nessuno normale, ovvio.
Numero uno: era stato
preso per un altro provino. Insomma, era piaciuto.
Un provino vero. Con
il Puddlemore United, una squadra vera.
Che non vinceva da
qualche anno, con un allenatore pazzo e un Cercatore di riserva simpatico.
Numero due: aveva
quasi baciato Katie.
Non sapeva se iniziare
a sbattere la testa sulle piastrelle della doccia per il quasi o per il baciato Katie.
Tutte e due,
probabilmente.
Afferrò la saponetta e
la stritolò nel vano tentativo di calmarsi, ma non ci riuscì.
Erano successe troppe
cose tutte insieme per poter stare semplicemente tranquilli.
Alla fine scoppiò e
diede davvero una testata alle piastrelle, sentendosi estremamente ridicolo.
Stava piangendo, ma per cosa, poi?
Era stata una giornata
fantastica, dov’era il problema?
Lo stress,
probabilmente. O la commozione celebrale, non dimentichiamolo.
Si asciugò
frettolosamente le lacrime e piazzò la faccia dritta contro il getto d’acqua,
come suo solito. Era uno dei pochi metodi con il quale riusciva a calmarsi e
riflettere.
Quasi soffocò e iniziò
a tossire, per poi scoppiare a piangere di nuovo.
Cos’era, una crisi
isterica?
Prese un respiro
profondo – spostando la testa da sotto l’acqua, visto che non aveva le
branchie, né dell’Algabranchia a disposizione – e cercò di sciogliere tutti i
muscoli ancora in tensione scuotendo le spalle e stiracchiandosi.
Assurdo, pensò. Sono fuori di testa.
Fortunatamente, a
forza di insaponare, respirare lentamente e sciacquare con forza riuscì a
tranquillizzarsi, e dieci minuti dopo era seduto sul suo letto, a gambe
incrociate.
Stringeva il cuscino
al petto e vi aveva appoggiato il mento, insonnolito ma deciso ad aspettare
Percy. Quando aveva pensato che Katie fosse l’unica persona alla quale valesse
la pena dire che aveva superato il provino si sbagliava, ma se n’era reso conto
solo in quel momento. C’era qualcun altro al quale desiderava dirlo.
Aveva gli occhi
semichiusi e cercava di non premere troppo il bordo del cuscino sullo zigomo
che pulsava per il livido che vi stava comparendo. I capelli umidi erano ancora
gocciolanti e sfoggiava due adorabili guance rosse tipiche di chi è appena
uscito dalla doccia, non rare da vedere sul suo viso.
Percy lo trovò in
quella posizione, quando entrò in camera buttando il mantello su una sedia e
una busta di carta sul tavolo pieno di fogli e penne d’aquila.
Si immobilizzò e lo
fissò con aria smarrita per qualche istante, come se non si aspettasse di
trovarlo lì. Con quella faccia da cucciolo, poi!
«Oliver, come…»
deglutì, scrutando il viso dell’amico in cerca di un segno divino. «Com’è
andata?» esalò infine, stringendo le mani l’una nell’altra.
Oliver affondò la
faccia nel cuscino.
«Mi hanno preso per un
altro provino» mormorò, e parve capirlo lui stesso solo in quel momento, mentre
lo diceva a Percy.
Il prefetto Weasley lo
fissò per un secondo, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, poi, di punto in
bianco, senza preavviso, si buttò sul letto di fianco a lui e lo abbracciò.
Rimasero immobili per
un paio di secondi, poi Percy si fece indietro, imbarazzato e con gli occhiali
di corno un po’ storti, e buttò lì un colpo di tosse che voleva dissimulare il
fatto che fosse avvampato.
Lo aveva abbracciato,
per caso? Percy Weasley lo aveva abbracciato?
Wow, pensò Oliver. Che strano effetto che fa, detto così!
«Sono…» iniziò Percy,
cercando come suo solito le parole per esprimere cosa gli passava per la testa.
Cosa voleva dire? Entusiasta? Felice per
te?
Annaspò per un istante
ancora, poi sospirò e sorrise lievemente.
Gli posò una mano
sulla spalla e con l’altra si sistemò gli occhiali sul naso, scuotendo i
capelli rossi.
«E’ fantastico,
Oliver. Non sai quanto sono orgoglioso di te» disse semplicemente.
Oliver sorrise e
ridacchiò leggermente. Nonostante fossero diversi e avessero gusti quasi
opposti, e davvero non avessero niente in comune, Percy era una delle persone
più importanti della sua vita.
Curiosa l’amicizia,
eh?
«Comunque» continuò
Percy mentre un angolo delle labbra si arricciava in su in una pessima
imitazione del ghigno di uno dei gemelli, «giù in Sala Comune ho appena
impedito ai miei fratelli di mettere su un giro di scommesse clandestine sul
tuo pomeriggio con una certa Cacciatrice»
Oliver alzò gli occhi
su di lui, impietrito.
Percy ampliò il
sorriso.
«Beh, com’è andata con
Katie?» domandò innocentemente, lisciandosi la veste da mago mentre si alzava
dal letto per non ridergli in faccia.
Oliver gemette e
affondò la faccia nel cuscino, tentando di soffocarsi.
Percy ridacchiò senza
contegno – cosa alquanto strana, per lui. Era forse ubriaco? – e disse, con un
tono di voce canzonatorio e saputo: «Ah! E’ andata bene, allora?»
Oliver alzò gli occhi
scuri sul Prefetto e Percy non poté fare a meno di notare le sue guance in
fiamme.
«Splendidamente. L’ho
– quasi – baciata.» ammise con un filo di voce.
Percy batté le mani e
esclamò: «Fantastico! Io e Penelope…»
Oliver alzò gli occhi
al cielo e gli tirò il cuscino in faccia senza tanti complimenti.
«Perce, ti prego!»
«Attenti alla mia
vita, marrano? Dicevo, io e Penelope…»
«Percy Weasley, finiscila!»
«Come sei
suscettibile, Oliver!»
Note dell’Autrice
Non uccidetemi,
ragazze, note un po’ scarne almeno fino a domani, quando potrò sistemarle
meglio :D
Cosa posso dire molto
velocemente prima di pubblicare?
Ah, si!
Scusate per il
ritardo!! Lo so, avrei dovuto pubblicare prima stavolta, ma le vacanze mi hanno
risucchiato! Non è colpa mia, giuro!
Oliver vi saluta,
comunque!! :D
Aaaaaallora, siete
contente di tutte queste docce in un solo capitolo? *-*
Il C.R.A.B., forse l’avrete
notato, è stato nominato nella storia! Katie si unisce a noi, ragazze! PARTY
HARD!!
E poi, che altro?
Oh, oh, oh! Sono
curiosa! Vi è piaciuto questo capitolo? E’ troppo fluff? Mary ha cercato di
rassicurarmi (Santa donna <3) ma io sono sempre un po’ in ansia…!
So che non compaiono
molto tutti gli altri personaggi marginali, ma un capitolo tutto per loro,
poveri, se lo meritavano, no?
Sono così teneri, li
adoro! *-*
Ovviamente le vostre
paure erano infondate: Oliver è stato preso per un altro provino, quello
definitivo. Piccolo Spoiler: ne succederanno delle belle, a quel provino! :)
Beh, ora vi lascio,
poi domani inserirò delle note più sensate e le rispose alle vostre
meravigliose recensioni, che ho adorato dalla prima all’ultima, ragazze! Vi
adoro!
Beh, vi ho dato un
capitolo coccoloso e Oliver si fa la doccia due volte, si discute dei suoi
addominali ed è la cosa più tenera e Sexy che sono riuscita ad immaginare,
complice l’aver rivisto tutte le scene Klaine di tre stagioni di Glee e una
puntata meravigliosa di Vampire Diaries (la 3x10!!!!).
Ma sto divagando.
Oh, mio adorato
C.R.A.B., ti adoro!!!
Baci, ragazze!
Selene & Oliver
(che sì, è uscito dalla mia testa, e d’ora in poi farà, in questa storia, come
cavolo gli pare U_U)