- Capitolo 2.
Sentimenti
- Non
aveva dormito, troppo preoccupato per la sorte del suo amico, si era
aggirato
per l'appartamento tetro e silenzioso finché le ombre della
notte non avevano
lasciato il posto ai primi teneri raggi solari. Infine, si era buttato
la
giacca sulle spalle ed era uscito di casa. La neve risplendeva candida,
ancora
immacolata, le uniche impronte erano le sue che, mani in tasca e
sguardo basso,
si era incamminato lungo la via. Durante l'arco di tutta la giornata e
nottata,
che aveva trascorso aspettando il ritorno di Watson, sentimenti
contrastanti si
erano fatti largo in lui. Era, prima di tutto, preoccupato, con un
tempo simile
la gamba del suo fido Boswell doveva avergli procurato non pochi
dolori,
limitandogli i movimenti. Poteva anche essere caduto vittima di
ladruncoli di
bassa lega che, approfittando della loro superiorità
numerica e del dolore di
Watson -magari anche dell'effetto sorpresa- lo avevano pestato e
derubato,
lasciandolo agonizzare in chissà quale vicolo della City.
Per un attimo, un
breve attimo, nella sua mente si era formata l'immagine di Watson
sanguinante
sul ciglio della strada ricoperto di neve, era stato costretto ad usare tutto il suo
intelletto per auto-convincersi che una tale fine per il dottore era
assolutamente impensabile, il suo Boswell era pur sempre un soldato,
era stato
addestrato per scamparla anche in una situazione critica come quella
che si era
immaginato. A questo punto, in lui si era fatta largo l'ira. Si era
immaginato
Watson ridere felice in compagnia di una bella donna mentre bevevano
vino
assieme, ma ancora una volta, il suo intelletto aveva sedato tali
sentimenti
suggerendogli che se mai Watson avesse avuto una compagna sicuramente
se ne
sarebbe accorto prima, senza contare il fatto che lo stesso dottore
gliene
avrebbe sicuramente parlato. Verso mattina, invece, si era sentito offeso. Offeso da tutto e da niente, dal
comportamento di Watson, dalla neve che cadeva, dalla signora Hudson
che non la
smetteva di muoversi al piano inferiore -ma
non dorme mai? si era ritrovato a pensare- e, soprattutto,
offeso dal suo
stesso corpo, che ignorava ogni ragionamento logico solo
perché Watson era
momentaneamente assente. Lo scoprirsi, ormai, completamente e
assolutamente
succube del dottore aveva riacceso in lui l'ira. Non che il povero
Watson
c'entrasse qualcosa; era solo il suo stupido e incontrollabile cuore
che di sua
pura iniziativa si era distaccato da lui, ed era andato a donarsi a
John,
rendendo così la sua presenza indispensabile per il corretto
funzionamento di
quel poco che restava del famoso Sherlock Holmes. D'altra parte, il
cervello
non funziona senza il cuore che lo rifornisce d'ossigeno. Mentre
arrancava
nella neve candida, con le guance ormai arrossate e la fatica che
iniziava a
farsi sentire, Sherlock capì che, semplicemente, doveva
trovare il suo John
perché ormai la sua presenza gli era più preziosa
dell'oro e, soprattutto, più
vitale dell'ossigeno. Improvvisamente Sherlock Holmes si
sentì come una
protagonista dei romanzi tanto amati da Watson, l'ombra di un sorriso
gli
attraversò il volto mentre se lo figurava seduto sulla sua
poltrona intento a
leggere uno dei suoi romanzi con un sorrisino inconscio stampato sul
volto.
Arrivato in fondo alla strada voltò a destra e
proseguì il più velocemente
possibile, maledì la neve che aveva costretto in casa tutti,
compresi i
vetturini e che gli impediva di procedere ad una velocità
maggiore. Fu solo
quando si trovò ormai nei pressi del circolo che solitamente
frequentava Watson
che qualcosa attirò la sua attenzione. La camminata lo aveva
stancato
parecchio, la gola e il naso gli pizzicavano ogni volta che respirava,
le dita
e le orecchie si erano ormai congelate e, sospettava, gli sarebbero
cadute da
un momento all'altro, come anche i suoi poveri piedi. Tuttavia, quando,
avvicinandosi,
focalizzò meglio la scena, si dimenticò
all'istante di tutto e, incespicando, corse
verso l'altro lato del marciapiede dove John Hamish Watson era riverso
sullo
stomaco. Holmes pregò il Signore che quello non fosse lui,
che la sua mente gli
avesse giocato solo un brutto scherzo, che quello era solo uno
qualunque.
Purtroppo, quando si fu inginocchiato e ebbe rigirato il corpo freddo,
ebbe la
conferma che l'uomo disteso sulla neve era veramente Watson. Il mondo
parve
acquietarsi, i rumori gli arrivavano ovattati, i movimenti rallentati.
Una gran
paura si impadronì di lui, svelto, gli tastò il
polso gelido; il cuore batteva
ancora. Sospirò, grato che almeno quello gli fosse stato
concesso, si sfilò
velocemente il cappotto e ci avvolse il dottore. Quando l'ebbe coperto
lo
sollevò di slancio e, benché le gambe gli
tremassero per lo sforzo, come anche
le braccia, Sherlock Holmes si impose di non arrendersi, non ora che la
vita
del suo John dipendeva unicamente
da
lui. Tornò sui suoi passi ripercorrendo la strada almeno due
volte più
velocemente che all'andata. Mormorando preghiere e stringendo sempre
più forte
Watson. Il suo cuore stava morendo congelato tra le sue braccia...che
fosse dannato
se glielo avesse permesso!
- Sentii
delle voci, voci ovattate, non capivo cosa dicessero. Qualcuno
piangeva...una
donna. Realizzai di essere disteso su qualcosa di morbido, un letto.
Passi,
pesanti passi che si allontanavano e ancora singhiozzi. Sembrava la
voce di
Mrs. Hudson. Volevo aprire gli occhi, ma perfino ascoltare mi risultava
faticoso. I singhiozzi si allontanarono. Ero rimasto solo. Volevo
urlare,
balzare giù dal letto o anche, semplicemente, muovere un
dito. Ma il tutto
risultava veramente troppo faticoso, il mio corpo si rifiutava
categoricamente
di eseguire i miei ordini. Nel silenzio più assoluto
avvertii qualcosa
afferrare la mia mano destra, qualcosa di incredibilmente caldo, sapevo
esattamente cos'era. La mano di Sherlock strinse forte la mia e in me
nacque la
voglia di piangere, l'averlo li e non riuscire neanche a ricambiare la
stretta
era molto demoralizzante. Ormai il litigio non contava più,
era tutto
dimenticato, per me, in quel momento, esistevano solo quel letto e
Sherlock che
mi stringeva, mi teneva aggrappato alla vita. Avvertii una sedia
grattare
contro il pavimento e temetti che anche lui volesse lasciarmi solo.
Provai
con tutto me stesso a reagire, per fargli capire che non volevo restare
solo,
volevo che continuasse a tenermi per mano. Fortunatamente percepii al
mio
fianco il materasso che si abbassava, mi sollevò la mano e
se l'appoggiò sulle
gambe. Avrei dato tutto quello che avevo, e tutto quello che avrei
avuto per
rendere quel momento eterno.
- «Tranquillo
mio caro, non ti lascio solo... »
- Mormorò
improvvisamente il mio amico chinandosi su di me per baciarmi
delicatamente una
tempia. In quel momento compresi che se ero vivo, se riuscivo anche
solo a
respirare, lo dovevo a lui. Era stata la sua voce a guidarmi nel buio
ed ora
era il suo calore che impediva al mio corpo di arrendersi. Pregai il
Signore,
gli chiesi di farmi guarire, così da avere la forza anche
solo per poterlo
stringere a me, anche solo per fargli capire che i suoi sentimenti
erano
pienamente ricambiati.
- Lestrade
irruppe nella camera come una furia, spalancando la porta che
andò a
schiantarsi contro il muro.
- «Holmes,
insomma deve venire ad indagare ora!
»
- Sherlock
Holmes gli lanciò un'occhiataccia che sembrava voler dire "ora ti uccido" e tornò ad
immergere la pezzuola nel
catino vicino al letto; la strizzo e la adagiò piano sulla
fronte di Watson.
Lestrade tossicchiò, imbarazzato per l'orribile figura che
aveva appena fatto,
poi riprese, parlando sommessamente.
- «Mi
duole vedere il dottor Watson ridotto in questo stato ma sono stato fin
troppo
indulgente Holmes, il caso deve essere chiuso, al più preso
possibile. La
pregherei dunque di accompagnarmi quest'oggi a far visita alla vedova
Court».
- Holmes
non rispose né lo degno di uno sguardo; la sua attenzione era tutta
per
Watson. Osservandoli da quella posizione Lestrade non poté
impedirsi di
arrossire, sentiva che tra quei due c'era più di quello che
mostravano, un
legame così profondo da risultare incomprensibile per il
resto del mondo.
Lestrade non aveva nulla contro gli invertiti,
come li chiamavano gli altri. Per come la vedeva lui erano persone come
tutte
le altre. Purtroppo la legge diceva il contrario, ma per quella volta
l'ispettore finse di non aver visto nulla. Per un attimo, Lestrade
riuscì
a percepire fino a che punto quelle due anime fossero legate tra loro, quasi
fossero una,
ma durò solo per un attimo, poiché un movimento
improvviso di Holmes lo riportò
alla realtà. L'uomo era scattato in piedi e ora si dirigeva
verso di lui.
L'ispettore si scostò facendogli spazio e Sherlock Holmes si
diresse alla sua
poltrona per afferrare una giacca che era stata accuratamente stesa ad
asciugare vicino al fuoco.
- «Non
ho altra scelta, prima si concluderà il caso, prima
potrò tornare... »
- Non
finì la frase, forse accorgendosi che si stava dimostrando
troppo debole e
rammollito davanti ad un estraneo. Si infilò velocemente il
cappotto e scese le scale. Lestrade si avviò lentamente
dietro di lui e chiuse la porta
alle sue spalle, scese i gradini e uscì dal portone evitando
per un pelo di
scontrarsi contro Holmes.
- «Dovremo
camminare? »
- Chiese
lui, scrutando la strada quasi deserta.
- «Purtroppo
sì» ammise Lestrade,«le strade sono
ricoperte di neve e ancora nessuno si è
adoperato per rimuoverla, rendendo così impossibile il
normale circolamento
delle carrozze».
- Sherlock
Holmes sbuffò e fece segno all'ispettore di avviarsi,
l'ispettore alzò un
sopracciglio iniziando ad avanzare nella neve con Holmes che lo seguiva.
- Fu
solo quando Holmes -che era molto più alto di lui e quindi
capace di fare passi
più lunghi- lo superò che Lestrade, posando gli
occhi su di lui, si accorse che
la giacca dell'uomo non era assolutamente della sua misura. Come un
fulmine a
ciel sereno si ricordò di aver visto quella stessa giacca
addosso a Watson e,
di nuovo, si ritrovò ad arrossire.
- Il
numero 13 di Redesdale Street comparve alla loro vista diverse ore
dopo.
Entrambi salirono stremati gli ultimi gradini che conducevano alla
porta di
ingresso, dipinta di un bel blu scuro. Lestrade suonò il
campanello e pochi
attimi dopo un'anziana signora vestita interamente di nero
aprì loro la porta,
dopo aver chiesto l'identità dei due li fece entrare,
conducendoli attraverso
lo stretto corridoio e successivamente nella sala. Il camino era acceso
e,
seduta su un divano dinnanzi ad esso, vi era una giovane donna, vestita
anch'essa di nero, con il volto nascosto tra le mani. Ella non parve
udire i
due, e quando la vecchia le andò vicino per scuoterla
leggermente, la donna fece
un piccolo sobbalzo, spaventata. Lestrade prese parola e li
presentò entrambi,
scusandosi per il disturbo e chiedendole se era in grado di rispondere
a
qualche domanda. La vedova Court annuì seria e li fece
accomodare.
- «Mi
scuso ancora per il disturbo», riprese Lestrade. «
Ma sono sicuro che saprà
sicuramente della gravità della situazione e di quanto sia
importante agire con
sveltezza».
- La
donna annuì nuovamente, posando lo sguardo su Sherlock
Holmes, che fino a quel
momento non aveva staccato un attimo gli occhi dal fuoco.
- «Or
dunque, mi dica: quand'è stata l'ultima volta che ha visto
suo marito vivo? »
- Lei
parve rifletterci un attimo, lanciò un'occhiata preoccupata
all'anziana donna che
le si era seduta accanto poi parlò.
- «Il
pomeriggio prima che morisse... » mormorò piano,
tanto che Lestrade dovette
chinarsi in avanti per sentirla.
- «lui...si
ecco, Jeremy, mi venne a trovare e mi disse che rivoleva indietro
alcune carte,
che gli erano indispensabili per una faccenda che stava portando
avanti. »
- Lestrade
smise di scrivere e guardò la donna, accigliato.
- «In
che senso "la venne a trovare"? »
- «Io
e Jeremy stavamo divorziando».
- L'anziana
donna le afferrò un mano e gliela strinse dolcemente.
- «Quell'uomo
era un maiale! » Esclamò poi, «Mia
figlia è troppo buona per raccontarvi come
stanno le cose, ma io no, giudicatemi una macchina senza cuore ma sono
felice
che quell'individuo sia morto».
- La
giovane donna lanciò un'occhiata preoccupata alla madre, che
però continuò.
- «Vede
ispettore, mia figlia e Court si sono conosciuti tre anni fa, durante
una
vacanza a Parigi, il giovane Court iniziò subito a fare la
corte alla mia dolce
Susan e pochi mesi dopo si sposarono. Inutile dire che la mia ingenua
Susan non
sapeva a quali rischi andasse incontro», e così
dicendo sollevò il braccio
della ragazza scostando il tessuto pesante del vestito e rivelando
cinque segni
violacei sul polso. Susan ritrasse subito il braccio, nascondendo
nuovamente i
lividi.
- «Quel
famoso pomeriggio, Court si presentò senza preavviso, era
eccitato e chiedeva
continuamente a Susan queste carte che lui le aveva affidato in
custodia, Susan
gli rispose che al momento non le aveva con se ma che gliele avrebbe fatte
recapitare il prima possibile e poi... »
- La
madre di Susan lanciò un'occhiata alla figlia che
però era voltata dall'altra
parte.
- «Poi?
»
- Domandò
Lestrade ansioso, la madre di Susan sospirò scuotendo la
testa.
- «Mi
dispiace ispettore, ma io ero al piano superiore e, per quanto da
lassù si goda
di un'ottima acustica, non mi era permesso di vedere ciò che
accadeva al piano
inferiore, posso solo dire quel che ho sentito».
- «D'accordo,
signora, lei ci dica solo cos'ha sentito, senza
preoccupazioni».
- Lestrade
era visibilmente eccitato, ormai certo di avere tra le mani il
colpevole.
- «Ho
sentito dei sussurri, la porta che si chiudeva,
la porta che si riapriva con un tonfo e poi urla e la porta che veniva sbattuta di
nuovo».
- «Ha
i documenti a portata di mano ora, Mrs. Court? »
- Chiese
Sherlock Holmes, senza mai staccare gli occhi dal fuoco. La vedova si
girò
nella sua direzione scrutandolo con aria preoccupata.
- «Mi
chiami Susan, per favore, ormai non sono più ne Mrs. ne
tantomeno Court. I
documenti, si li ho, mi ricordai troppo tardi di averli chiusi in un
comodino
del secondo piano».
- «Potrei
vederli? »
- Susan
asserì e fece un cenno alla madre, che si alzò e
sparì oltre la porta, tornando
poco dopo con una busta sigillata tra le mani che gli
consegnò. Sherlock Holmes
esaminò la busta e l'aprì estraendo dal suo
interno i due fogli contenuti,
lesse velocemente i testi delle lettere, poi rimise tutto dentro,
chiuse
nuovamente la busta e la riconsegnò alla donna che la
passò alla figlia.
- «Sa
cosa c'è scritto in queste lettere? »
- Domandò
Holmes, studiandola attentamente, Susan negò, precisando che
degli affari del
suo defunto marito non si era mai interessata.
- «Mia
cara Susan, le posso assicurare che aprendo quella busta e leggendo il
contenuto delle due lettere rimarrà molto
sorpresa».
- Susan
lanciò un'ennesima occhiata alla madre e tremante
aprì la busta, estraendone i
fogli. Sherlock saltò in piedi e batté le mani,
facendo sobbalzare tutti.
- «Mrs.
Mi perdoni, ma non credo di aver afferrato il suo cognome»,
disse rivolgendosi
all'anziana.
- «Strendson,
Sarah Strendson», rispose la donna.
- «Bene
Mrs. Strendson, mentre sua figlia legge le lettere potrebbe mostrarmi
il piano
superiore della casa? »
- La
donna annuì e gli fece strada fuori dalla sala e su per la
rampa di scale,
giunti sul pianerottolo con un movimento secco della mano
parlò.
- «Ecco
il secondo piano, quella in fondo è la mia camera, quella
davanti e la camera
di mia figlia».
- «E
le altre due? »
- Mrs.
Strendson alzò le spalle.
- «Questa
adiacente alle scale era lo studio di Court, quella dall'altra parte
è una
stanza che usiamo per ricamare o anche come ripostiglio».
- «E
lei dove si trovava al momento della visita di Jeremy Court? »
- La
donna gli indicò la finestra dall'altra parte del
pianerottolo, sotto alla
quale era stata posizionata una sedia a dondolo.
- Sherlock
si avvicinò ad essa e la esaminò con cura, vi si
sedette e dondolò un paio di
volte, poi si risollevò e tornò dalla donna.
- «Potrebbe,
cortesemente, sedersi li e assecondarmi in un mio piccolo esperimento?
»
- Dopo
qualche attimo la donna annuì e si diresse verso la sedia.
- «Bene,
ora Mrs Strendson, io scenderò e dirò qualcosa,
quando tornerò su dovrà
ripetermi esattamente quello che ho detto».
- Mrs.
Strendson annuì e Holmes scese le scale ed entrò
in sala, li trovò Susan ancora
china sui fogli e Lestrade che la teneva d'occhio. Silenziosamente fece
cenno
all'ispettore di seguirlo in corridoio e, una volta che furono entrambi
li,
afferrò il taccuino dell'ispettore e vi scrisse sopra alcune
parole,
aggiungendo sotto che le doveva leggere ad alta voce e poi tacere.
Lestrade
fece come gli era stato chiesto e parlò. Successivamente
Sherlock Holmes gli
fece cenno di tornare dentro e, mentre Lestrade rientrava, il detective
risalì
le scale.
- «Allora
Mrs. Strendson, cos'ho detto? »
- La
donna rispose subito e senza esitazione.
- «"Oh
mia cara che piacere rivederla"».
- Sherlock
sorrise e annuì.
- «Grazie
signora, mi è stata di grande aiuto può
ridiscendere con me ora, torniamo in
salotto».
- Rientrati
che furono in salotto trovarono ad attenderli una Susan con lo sguardo
vittorioso.
- «Dunque»,
iniziò Holmes «non ha trovato nulla di
interessante nella lettura delle
lettere? »
- Susan
scosse la testa e gli porse i fogli.
- «Sinceramente,
signore, può tenerseli, non mi interessano queste carte ne
il loro noioso
contenuto».
- Lestrade
notò un sorrisino dipingersi sul volto di Holmes.
- «Crede
dunque che un paio di carte sull'acquisto di uno stallone purosangue
non siano
interessanti? », chiese, con il sorriso che si allargava.
- Anche
la donna sorrise, scuotendo nuovamente il capo.
- «Affatto».
- Sherlock
Holmes parve un po' deluso, frettolosamente, raggiunse il suo soprabito
e se lo
infilò.
- «Mi
duole molto che non la pensiamo allo stesso modo, le assicuro,
signorina, che
sono ad un passo dallo scoprire il colpevole, con il suo permesso mi
tengo la
busta e le carte e ora vogliate perdonare la mia fretta ma ho qualcosa
di
urgente da sbrigare».
- Le
due donne annuirono stranite, lanciando occhiate a Lestrade che lo
fissava
attonito. Sherlock Holmes si diresse verso la porta ma la voce della
signorina Strendson
lo fermò.
- «Signor
Holmes! », lo chiamò ella; lui si girò
ad ascoltarla rimanendo immobile
sull'uscio. Susan per un attimo si mosse in modo tale da far credere
che si
volesse alzare, poi, come ricordandosi qualcosa si riadagiò
sul divano.
- «Signor Holmes» riprese «La prego di credermi sulla parola se le dico che io amavo mio marito, lo amo ancora molto, voglio che il suo assassino venga trovato e giustiziato! » Nei suoi occhi c'era una strana luce, Holmes scorgeva in lei frammenti di ira e tristezza; non sapendo come rispondere annuì semplicemente e uscì dalla sala. Una volta in strada riprese la via che lui e Lestrade avevano fatto all'andata, il mistero adesso era molto più chiaro ma la cosa non gli importava minimamente, voleva solo tornare a casa dal suo Watson.
Continua...
Stranamente
sono riuscita ad aggiornare in tempi abbastanza brevi, anche se qui la
connessione sembra voler fare di tutto per impedirmelo. Dunque questo
capitolo è ovviamente assolutamente OOC ma ormai lo sappiamo
e
sennò nemmeno lo mettevo tra gli avvertimenti!
Però devo
ammettere che mi piace questo Sherlock, è proprio nel mio
stile
"dolce e coccoloso" (e vorrei anche vedere, l'ho scritto io!). Ci sono
alcune cose che vorrei preciusare, prima di tutto questa storia della
neve...sinceramente non so come funzionavano le cose quando nevicava
così tanto e, purtroppo, la connessione che va a saltelli mi
ha
impedito di scoprirlo, quindi vi chiedo perdono se ho scritto una
grandissima caciofecata. La seconda cosa che ci terrei a precisare
è la faccenda del divorzio....divorziavano, vero? xD era
fattibile una cosa del genere? spero prorpio di si! *maledice
la connessione* ma ho
supposto che dopo Enrico VIII e il suo stuolo di mogli si potesse
divorziare!
Tanto per perdere un po' di tempo sono orgogliosa di annunciare che proprio in questo istante sto leggendo l'ultimo capitolo de "Il segno dei quattro" ....uhm...penso che questo sarà il racconto che mi piacerà meno...chissà perchè *coffcoffColpaDiQuellaSpinaNelFiancoDiMarycoffcoff* anche se ho notato alcuni particolari molto favorevoli allo slash (ma d'altra parte, se lo slash è nato proprio grazie a loro due un motivo ci sarà! <3). Vorrei gongolare un po' *inizia a gonolare* perchè sulla copertina de "La valle della Paura" (si li ho comprati tutti e me li sto leggendo uno dietro l'altro) c'hanno messo Robert e Jude <3 mi è preso un mezzo attacco cardiaco quando li ho visti, poi hanno scelto proprio una delle mie scene preferite del primo film! (quella in cui sono al cantiere navale e Watson salva per un pelo Holmes). Purtroppo, se le mie deduzioni sono esatte *Mode Sherlock Holmes: ON* Watson dovrebbe essere ancora sposato...questa donnina allegra però dovrebbe tagliare la corda dopo "la scomparsa" di Holmes...quindi ne "Il mastino di Baskerville" (che poi è quello che tutti mi hanno consigliato dicendo "Oh mamma, te lo devi leggere è bellissimo!" sei persone hanno detto la stessa identica cosa! speriamo sia vero! xD) non si saranno spine nel fianco *coffcoffMenoMalecoffcoff*.
Ma cambiando discorso! Dopo estenuanti camminate nella neve finalmente sono entrate in scena due donnine molto allegre, come vi sembrano?
Fatemi sapere!
Tanto per perdere un po' di tempo sono orgogliosa di annunciare che proprio in questo istante sto leggendo l'ultimo capitolo de "Il segno dei quattro" ....uhm...penso che questo sarà il racconto che mi piacerà meno...chissà perchè *coffcoffColpaDiQuellaSpinaNelFiancoDiMarycoffcoff* anche se ho notato alcuni particolari molto favorevoli allo slash (ma d'altra parte, se lo slash è nato proprio grazie a loro due un motivo ci sarà! <3). Vorrei gongolare un po' *inizia a gonolare* perchè sulla copertina de "La valle della Paura" (si li ho comprati tutti e me li sto leggendo uno dietro l'altro) c'hanno messo Robert e Jude <3 mi è preso un mezzo attacco cardiaco quando li ho visti, poi hanno scelto proprio una delle mie scene preferite del primo film! (quella in cui sono al cantiere navale e Watson salva per un pelo Holmes). Purtroppo, se le mie deduzioni sono esatte *Mode Sherlock Holmes: ON* Watson dovrebbe essere ancora sposato...questa donnina allegra però dovrebbe tagliare la corda dopo "la scomparsa" di Holmes...quindi ne "Il mastino di Baskerville" (che poi è quello che tutti mi hanno consigliato dicendo "Oh mamma, te lo devi leggere è bellissimo!" sei persone hanno detto la stessa identica cosa! speriamo sia vero! xD) non si saranno spine nel fianco *coffcoffMenoMalecoffcoff*.
Ma cambiando discorso! Dopo estenuanti camminate nella neve finalmente sono entrate in scena due donnine molto allegre, come vi sembrano?
Fatemi sapere!