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Autore: Celest93    19/01/2012    2 recensioni
Charlene e Tyron, due ragazzi esperti di una materia che nessuno dovrebbe conoscere: l'infelicità, mischiata a tanto dolore, rabbia e paura, paura di dover rivivere i drammi che hanno caratterizzato la loro vita, tragedie che non augurerebbero a nessuno e che sperano di non dover nuovamente affrontare.
Lei a 18 anni, per la prima volta conosce la parola felicità, nonostante quel piccolo raggio di sole che ora le illumina le giornate sia nato anch'esso dal suo tormentato passato; Lui a 27 anni ha un solo obiettivo: vendicare ciò che gli è stato tolto, tanto brutalmente quanto violentemente, che non pensa più a crearsi una vita e ignorando il suo futuro, pensando a quello delle persone che deve far soffrire. Perchè l'unica vendetta possibile, è far soffrire persone a lui sconosciute, o quasi.
Le loro strade si incroceranno, ma nessuno pensa che l'altro abbia un passato degno della cronaca nera...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Odiavo sentire la casa immersa nel silenzio, mi faceva sentire dannatamente solo.
Eppure quel silenzio me l’ero cercato, lo sapevo ma non lo accettavo. Se solo mia sorella avesse deciso di fare casino come al solito...
Dal piano superiore sentì lo sbattere di una porta, poi di un’altra, finchè capì che erano le ante dell’armadio. Si, aveva deciso di farsi sentire. Sorrisi involontariamente.
Eppure, non appena scese, tornai con i nervi a fior di pelle.
Si era vestita abbandonando i pigiami che usava a casa, probabilmente stava uscendo, e questo mi fece preoccupare.
“Dove stai andando?” Non riuscii a nascondere il mio nervosismo nella voce, tant’è che si voltò a guardarmi con una strana espressione, forse sorpresa.
“Sto andando da una mia amica, passo la notte da lei.” Dolce, ingenua, quella risposta non mi convinse, e non avevo intenzione di nasconderglielo.
“E sentiamo, come si chiama questa tua amica? O... amico, forse?”
Sbuffò alzando contemporaneamente gli occhi al soffitto, parlandomi poi  come si parlebbe ad un bambino.
“Tesoro, vado a passare la notte da una mia amica, non un ragazzo. Ah, e ho quasi diciotto anni, quindi potrei fare qualsiasi cosa senza dovertene rendere conto. E poi, vorrei ancora capire che cos’hai contro di loro, anche tu lo sei!”
Mi portai le mani alla testa, massaggiandomi le tempie e pensando bene a quello che stavo per dirle.
“Io sono un ragazzo, e so perfettamente cosa loro vogliono. E io non voglio ritrovarmi mia sorella incinta da un giorno all’altro, ok? Perchè non voglio vederti con un bambino, perchè non sopporterei di vederti allattarlo o fargli qualsiasi cosa che un genitore fa ad un figlio, non voglio! Se non ti sta bene, non so che dirti, ma finchè sarò vivo sognati di avere un qualunque rapporto con loro, intesi!? Ah, e non avrai figli!!!”
Ero talmente arrabbiato che sbattei involontariamente la mano sul tavolino di vetro che stava davanti al divano su cui ero seduto, facendola sussultare dalla sorpresa.
Voltai lo sguardo lontano da mia sorella per dedicarmi alle foto che riempivano quel salotto, anche se non dovevo vederle! Ma tutto per non guardare un’altra volta i suoi occhi feriti, feriti e delusi dall’unico fratello che avesse mai avuto.
Con mia grande sorpresa non si alterò come in ogni altra sfuriata, nè uscì di casa offesa, ma sentii il calore del suo corpo circondarmi, mentre mi lasciava delle  tenere carezze sulla nuca. Sospirai.
“Fratellone?” Annui contro il suo petto, invitandola a parlare. Continuò, abbassandosi per guardarmi dritto negli occhi.
“Sono una ragazza, e come tutte le ragazze del mondo desidero mettere su famiglia, un giorno. Desidero avere un uomo che mi ama, dei figli da amare, una famiglia tutta mia. Purtroppo a volte la vita non va secondo i nostri piani, ci tocca subire e soffrire, ma ci sono anche momenti in cui senti di toccare il cielo con un dito. Io voglio vivere uno di quei momenti, anche se dovesse essere doloroso, almeno non avrò il rimpianto in futuro di non averlo fatto, di non averci provato. Tu hai provato, e ne sei uscito non scottato, ma bruciato! Sei mio fratello, ma queste cose te le devo dire: io voglio bruciarmi, anche solo per vivere una favola che dura solamente due anni. Lo voglio! Anzi, lo pretendo! E proprio perchè sei mio fratello, devi lasciarmi vivere la mia vita... ”
 La voce le si incrinò leggermente, mentre i suoi occhi erano diventati stranamente liquidi. Lei non piangeva mai, almeno non in mia presenza, e vederla così fragile mi fece sentire un mostro. Allungai una mano nel tentativo di consolarla, quando parlò ancora.
“Tu sei un uomo meraviglioso, ma ti chiedo per favore di non dirmi più che non avrò figli perchè mi fai stare male! Pretendi che io non esca con i ragazzi perchè potrebbero ferirmi, ma tu  sei il primo a farlo se continui così. Sei più grande di me, dovresti incoraggiarmi a realizzare i miei desideri, sai? Anche se... perdonami, ma... mi fai pensare al giorno in cui ti ho fatto da testimone, te lo ricordi?”
Sorrise in mezzo alle lacrime che ormai solcavano il suo giovane e bellissimo viso, mentre tentai con tutte le forze di non ricordarmi quel periodo, ma dovevo ascoltarla. Quindi annuii, anche se contro voglia.
“Ero emozionatissima di farti da testimone, con quello speldido vestito che mi avevi regalato... ricordo ancora che per calmarmi e farmi smettere di piangere hai dovuto abbandonare la sposa e venire da me. E tutte queste emozioni le ho vissute in seconda persona, pensa quando, magari, sarò io quella vestita di bianco mentre attendo di dire ‘si’  al mio amato.”
Sorrisi nel ricordare quel giorno, nonostante ciò un groppo alla gola non mi permise di parlare. Era troppo doloroso pensare a quello che era successo dopo, così doloroso che mi mancò il respiro. Sperai con tutto il cuore che non arrivasse a parlare anche di quello, o non avrei  retto.
“Tu sarai il mio testimone, il mio unico uomo, nessuno sarà come te, ma avrà un amore diverso dalla sottoscritta.” Mi baciò la fronte, nascondendo poi la testa nel mio petto.  La sentii sospirare, per poi mormorare un flebile ‘scusa’.
“Oggi vado a stare da un’amica, ha il figlio che non sta tanto bene.”
“Questa tua amica ha già un figlio?” Se non ero tranquillo prima, dopo quella scoperta ero destinato ad infuriarmi di più. Mi guardò con due occhioni a cui avrei fatto fatica a resistere, lo sapeva!
“Diciamo che anche lei non ha avuto vita facile, se può consolarti. Però sono sicura che ti innamoreresti di Peter.”
“Il figlio?” Domandai scettico.
“Si, proprio lui! E’ una meraviglia, quando sorride ti porta automaticamente ad innamorartene senza via di ritorno, ed è ancora sdentato, che cucciolo!” I suoi occhi si accesero di una luce meravigliosa non appena iniziò a parlare di quel bambino, lo notai perchè mi saltò praticamente in braccio, avvicinandosi ancora di più. La circondai con le mie braccia per non farla cadere rovinosamente a terra.
“Ha diciotto anni, quindi siamo coetanee, e faccio da baby sitter a Peter quando lei lavora. E’ talmente adorabile.”
“Quando avevi intenzione di dirmi che ti eri cercata un lavoretto?” La punzecchiai leggermente su un fianco, mentre lei si dimenava per sfuggirmi.
“Te lo avrei detto presto, non avevo ancora trovato il momento adatto.”
“Posso conoscere questa tua amica?”
Uno sguardo allarmato si impossessò dei suoi occhi. Sapevo cosa voleva chiedermi...
“Perchè me lo chiedi?” Allarmata e timorosa.
“Sicura di essere mia sorella? Perchè sembra che io voglia mangiare questa tua amica, che neanche conosco.”
“Mi dispiace, ma so cosa fai, e ti ho già detto che lei ha sofferto anche troppo, non voglio vederla distrutta per colpa di mio fratello.”
“Ma quanta fiducia!” Ribattei sarcastico. Mi riservò un’occhiataccia, senza però lasciare la posa rigida che aveva assunto il suo corpo.
“Mi dispiace, ma non te la farò conoscere!” Irremovibile.
“Posso almeno sapere come si chiama?” Domanda innocente, anche se sapevo già la risposta.
“No!” Scosse la testa, come a volermi chiedere di lasciare in pace quella povera ragazza. Si affezionava troppo in fretta alle persone, e magari lei non meritava tutta l’attenzione che le regalava mia sorella, ma era troppo buona e soprattutto amava i bambini, motivo per cui non avrebbe rinunciato alla sua amicizia.
“Beh, sono in ritardo, devo andare.”
“Ok, ma mi raccomando, comportati bene e niente colpi di testa, eh?”
Mi regalò un sorriso dolce, sapevo che solo uno di quelli bastava a calmarmi.
“Va bene, ma... mi spieghi come mai oggi te ne stai chiuso a casa, invece di uscire come avevi progettato?”
“La persona che volevo invitare ad uscire si è sentita male, quindi niente da fare.” Scrollai le spalle, come se mi fosse indifferente quello che le avevo detto.
Si alzò in piedi per avvicinarsi alla porta; prima di uscire però mi gettò addosso parole che avrei preferito non ascoltare dalle innumerevoli volte in cui mi era stato ripetuto. Ma la frase finale non me la sarei aspettato, ne tanto meno mi sarei aspettato di sentirmi leggermente in colpa per quello che stavo facendo a Charlene.
“Vedi di non far soffrire un’altra ragazza solo per quei cinque secondi di gloria che ottieni alla fine di ogni tuo teatrino, sei grande abbastanza per capirlo da solo ormai. Ricordati che potrebbe succedere anche a me, come reagiresti? ...E se lo fai ancora solo una volta, dimenticati di avere una sorella!”





   
 
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