Fanfic su artisti musicali > Take That
Segui la storia  |       
Autore: NiNieL82    19/01/2012    3 recensioni
Di che materiale sono fatti i sogni? Sono cristalli sottilissimi che si rompono al contatto con la realtà? Tiepide brezze pronte a svegliarci di soprassalto nelle notti estive? Bolle di sapone che bruciano gli occhi? Fiamme che divampano e bruciano ciò che si trovano attorno? Tempeste che scompigliano la nostra vita quando è già difficile sopravviverle giornalmente? Non sempre quello che sognamo è quello che vogliamo! E i sogni, se non realizzati, possono farci soffrire.
Cinque storie di sogni e passioni. Cinque ragazze: Angela, Ann Belle, Charlotte, Elizabeth e Joanna. Cinque uomini: Mark, Howard, Jason, Gary e Robbie. Una serie televisiva, il successo, una reunion, un video da girare, un intervista, un viaggio per dimenticare.
Nessun 'e vissero felici e contenti' perchè la vita è un'avventura che va vissuta fino infondo. Fino alla fine. Accettando tutte le sfide, i dolori e le prove che ogni giorno ci propone. Non per avverare i propri sogni, ma per renderli adatti a noi, scoprendone il loro materiale.
NdA: la storia è divisa in cinque parti, una per personaggio e tutte avranno un titolo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary Barlow, Howard Donald, Jason Orange , Mark Owen, Robbie Williams
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IL MATERIALE DI CUI SONO FATTI I SOGNI

PRIMA PARTE: Cristalli.

CAPITOLO 1: Un vestito nero.



Howard si guardò intorno sorridendo soddisfatto.

Dopo tutto la vita che aveva lasciato, quella di luci, di sogni e di paillette che erano stati i Take That degli anni '90, gli era mancata da morire.

Gli era mancato il casino, quella masnada di gente che gli sorrideva senza nemmeno sapere chi fosse nonostante tutto, anche se con gli altri si metteva a fare il cretino, a prendere in giro le fans che andavano in alberghi che andavano ben oltre le loro disponibilità finanziare. Quando era un bambino viziato e il mondo lo adorava solo per qualche sorriso in un giornale. Quando era solo un guscio vuoto e nient'altro. E pensare che, prima, tante volte, troppe, aveva provato un senso di nausea per tutto questo. Possibile che bastasse solo qualche disco in vetta e qualche sorriso su di un poster per far sì che il mondo cadesse ai tuoi piedi? A quanto pareva bastava eccome. E grazie a quei dischi, quando non stava giù, quando non vedeva che le cose non stavano andando come voleva, quando gli eccessi non erano la regola, quando non era Howard Donald dei Take That, ma semplicemente Dougie, allora si rendeva conto di vivere il suo sogno e di aver avuto quello che desiderava davvero nella vita.

Poi quel sogno si era spezzato.

Ego troppo grandi per convivere, un giro di soldi non indifferente, un manager un po' troppo assettato di successo..

E il resto è storia. Tutti conoscevano l'inferno passato dai quattro finiti nel dimenticatoio...

Le loro vite infrante. E per Howard, raccogliere i cocci fu immensamente difficile. Era caduto in un baratro troppo profondo per poter risalire da solo.

Pensò alla morte, ma, forse, per mancanza di coraggio non prese quella strada.

E allora, armato di forza e di buonsenso, cominciò a risalire la china, lentamente.

Ricostruì la sua carriera dalle ceneri della prima. Divenne un dj di discreto successo, almeno in Germania e in Inghilterra. Alle volte, il suo nome, quello che era stato, il membro di una delle band più famose, o meglio, della band più famosa degli anni '90, lo seguivano -o meglio lo precedevano- e portavano un discreto ma esiguo numero di fans alle sue serate. Ragazze curiose che volevano vedere che fine aveva fatto, com'era diventato uno dei ragazzi per cui avevano pianto come delle pazze non meno di dieci anni prima.

Poi, nel 2005, 'Take That For The Record', un documentario celebrativo che raccontava le vite di tutti loro, prima, dopo e durante i Take That; e 'Never Forget The Ultimate Collection', una raccolta di tutti i singoli, più un nuovo remix di 'Relight My Fire' e una nuova canzone, 'Today I've Lost You', scritta da Gary ai tempi di 'Back For Good'...

E di nuovo tutto cominciò a girare per il verso giusto.

Quella vita che sembrava lontana, persa per sempre, tornava a loro. Grazie a qualche bicchiere di troppo e a quella serata passata insieme a guardare il documentario.

Inutile spiegare come andò.

Certo che quello che successe nei mesi che seguirono, Howard lo sapeva, poteva far girare la testa a tutti. Ma nessuno di loro aveva intenzione di fare lo stesso errore per la seconda volta. A differenza di Robbie, loro il fondo lo avevano raschiato, grattato con le unghie e con i denti e, di sicuro, non volevano per troppa boria, per troppa autostima, perdere quello che si erano riguadagnati.

Howard era felice, troppo felice di quello che stava vivendo, per vederlo andare in fumo un'altra volta. E in quella fortuna ci si cullava, pronto a spiccare un grande volo.



Ann Belle si guardava intorno annoiata.

L'aveva invitata Eloise a quella festa del cavolo, dove tutti sparlavano di tutti e, all'evenienza, si scambiavano persino baci traditori.

Un mondo fatto di luci ma di altrettante ombre che lei frequentava saltuariamente, più per bisogno che per divertirsi. Perché, in quel mondo, c'era la chiave per sfondare e rompere quella barriera sottile che divideva il sogno dalla realtà: Ann Belle era un'attrice, o meglio, aveva studiato, lo era diventata, ma ancora le mancava la cosa più importante. Il successo.

Aveva studiato alla Guidhall di Londra, una delle più grandi scuole che, da anni, sfornava grandi nomi che andavano ad arricchire il mondo del cinema nazionale e no.

Aveva recitato molte parti, ma niente che la potesse soddisfare. Niente che aveva reso polvere di cristallo quella barriera argentea, buttandola tra le braccia di un mondo dorato dove cullarsi e, perché no, vivere per sempre.

E pensare che quando era una ragazzina i suoi sogni erano diversi: sposare un Take That, Robbie Williams in pole, vivere con lui felice, per sempre, in una casa fuori Manchester, con tanti cani, gatti e, perché no, tanti bambini.

Ma a quindici anni tutto sembra facile, almeno fino a quando la realtà non infrange quel muro di cristallo che la separa dai sogni (e non viceversa), e quello che ti trovi di fronte, non sempre, è quello che ti aspettavi.

E Ann Belle aveva pagato un conto un po' troppo salato, tanti anni prima. E ancora ne portava le cicatrici.

Trangugiò un sorso del suo mojito, mandando giù anche i brutti ricordi, e si guardò intorno per l'ultima volta. Si era stufata di quella festa. Ora avrebbe cercato Eloise e le avrebbe detto che "SI, LE DISPIACEVA, MA DOVEVA TORNARE A CASA, NON STAVA TANTO BENE, NEANCHE.. E POI DOVEVA PARTIRE PER LA REGIONE DEI LAGHI, IL GIORNO DOPO, PER ANDARE A TROVARE SANDY, SUA SORELLA E VEDERE ANCHE LA SUA NIPOTINA, PERCHE' NON LA VEDEVA DAL GIORNO IN CUI ERA NATA... E DOVEVA FARE LE VALIGE E SISTEMARE I REGALI PER TUTTI, NON SOLO I VESTITI...". Un mucchio di stronzate insomma..

Tutto, pur di lasciare quel posto... Tutto.

Si guardò intorno, cercando Eloise, appunto, quando urtò una signora, facendole cadere il calice di champagne che stava bevendo, direttamente sul vestito.

Si scusò come meglio poté, ma in quel momento non sentì che il mondo dei sogni, entrando in contatto con la realtà, rompeva quella barriera sottile di cristallo. E non viceversa. E questa era la cosa più importante.



Qualcuno fece cadere un bicchiere. Howard che rideva parlando con qualcuno, si voltò a guardare.

E come quando Nigel gli aveva detto del documentario, il suo cuore fece una capriola all'indietro non indifferente.

Stretta in un abito nero che scopriva completamente la spalla destra, una ragazza dai capelli castano chiaro, con due incredibili occhi grigio verde, in equilibrio su tacchi vertiginosamente alti, si scusava con una signora che, con il volto decisamente segnato dalla rabbia, diceva che non era successo nulla, senza nemmeno crederci un po'.

Ma la cosa importante non era quella. No! Era che quella ragazza bellissima, che aveva di fronte a sé, aveva smosso qualcosa dentro di lui. E non perché gli piaceva fisicamente. Era abituato a vedere donne bellissime -e non per vantarsi, ma perché lavorando in quel mondo ne aveva incontrato migliaia-, ma non era quello che lo sconvolgeva.

Quello che provava era diverso.

Conosceva quella ragazza. E non era una sensazione, un deja-vù che lo aveva colpito richiamando chissà quale esperienza fisica o metafisica o morfeica vissuta.

Quello che provava era una certezza matematica.

Lui conosceva quella ragazza. Anche se arricchito dal trucco e reso più sensuale dalla maturità di una giovane donna, Howard riconosceva quei lineamenti.

E sapeva che dentro quel vestito nero, le curve più morbide di una ventiseienne, cancellavano quelle di una ragazzina di quindici anni, che lui aveva conosciuto undici anni prima. Quando le luci brillavano più forti. Quando lui e gli altri Take That, anche se cantavano il contrario, si sentivano invincibili. E sapevano di poter avere tutto.

Si scusò con il suo interlocutore e si allontanò, verso di lei. Verso quella donna bambina.



Ann Belle si sentiva una perfetta idiota. Quella zitella acida, nonostante avesse detto che non era successo nulla, l'aveva tratta come una cretina davanti a tutta la sala. E come tale l'aveva fatta sentire.

Ed ora più che mai, si guardava intorno cercando Eloise.

Voleva tornare a casa disperatamente. Si sentiva, anche se dentro di sé aveva coscienza che non fosse vero, osservata, derisa, additata dal resto degli invitati.

Stava evitando con cura gli sguardi del resto della sala, in un impresa che aveva del titanico, cercava Eloise, quando..

"E' strano. Ma ogni volta che t'incontro, ti guardi intorno spaventata..."

Ann Belle si voltò di scatto e un lampo di sorpresa attraversò gli occhi grigio verdi. Conosceva fin troppo bene quella voce. Le gambe avrebbero ceduto, proprio in quel momento se non avesse lottato contro se stessa per stare su. Era una voce dal passato, quella. E senza un minimo disturbo, arrivava attraverso un canale invisibile, alle sue orecchie, come trasmessa da una radio.

Ed era, appunto, da una radio che voleva sentire quella voce.

Ma forse si diceva bugie da sola. E la sua sorpresa era la prova tangibile che, quella voce, le aveva cambiato la vita, tempo prima. Nel bene o nel male, lo aveva fatto davvero.

Sollevò un sopracciglio. Voleva apparire sicura. E sollevando il mento, incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi grigio azzurro di fronte a sé disse:

"Che vuoi?"







Quando ho cominciato a scrivere questa storia ero appena tornata da Londra. Avevo deciso di fare una storia che ne contenesse cinque. Una dedicata ad ogni membro dei Take That. È un po' differente dai fatti reali. Non parlerò di Dawn, di Emma, di Ayda o di altre, ma racconterò storie differenti e inventate.

Naturalmente tutto quello che leggerete qua è pura fantasia. Non conosco i Take That e non mi appartengono i diritti delle canzoni che troverete citate qua.

Questa storia nasce con l'intento di divertire di continuare una storia che avevo cominciato a pubblicare nel FORUM ITALIANO. E che ancora non ho finito. Vi auguro una buona lettura.

Niniel.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Take That / Vai alla pagina dell'autore: NiNieL82