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Autore: giambo    24/01/2012    11 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Quel giorno la Capsule Corporation era un tripudio di colori. Bulma non si era risparmiata nel decorare la propria abitazione per quel giorno. Ma l'eccentrica quanto affascinante scienziata aveva un motivo più che valido per tutti quegli sforzi.
Il giardino all'interno dell'immensa abitazione era ricolmo di cibarie. I guerrieri Z stavano festeggiando in un clima di assoluta gioia il giorno più bello della loro amica, secondo forse solo al giorno in cui era nato suo figlio Trunks.
Un grande striscione era appeso all'ingresso del giardino. Portava su scritto, con l'elegante calligrafia di Gohan, la seguente frase.

Bulma e Vegeta oggi sposi! Congratulazioni!

Ebbene sì. Dopo anni di litigi, incomprensioni, sfuriate ma anche anni di passioni e momenti dolci, il nostro orgoglioso, arrogante, potentissimo ecc ecc principe dei sayan si era deciso a chiedere a Bulma di sposarlo. Non pensiate però che si fosse inginocchiato davanti a lei porgendogli un anello e dichiarandogli amore eterno. Anzi!
Era successo tutto una sera di un mese prima. Bulma era appena uscita dal laboratorio stanca e vogliosa solo di una doccia calda e di un letto comodo. Quando era uscita si era trovata davanti Vegeta. La scienziata si era stupita di trovarlo ad aspettarla invece di essere ad allenarsi. In quegli ultimi mesi, da quando era finito il Cell-Game, Vegeta era sembrato cambiato, maturato. Quasi che conoscere suo figlio e perdere il suo rivale lo avessero reso più umano.
“Vegeta! Cosa ci fai qua? Se è per la cena ti informo che dovrai aspettare ancora un bel po'! Ho tutte le intenzioni di farmi prima una doccia molto calda e molto lunga!”
“Non è per la cena!” gli aveva risposto lui di rimando. Il principe dei sayan sembrava nervoso. Si torceva le mani e evitava di guardarla in faccia, preferendo fissare un punto sopra la sua spalla destra.
“E allora cosa c'è?” gli domandò lei, irritata da quella nuova complicazione.
Vegeta non aveva risposto subito. Sembrava fosse preda ad una violenta lotta interiore.
“Vegetaaaaaa!!!!! Mi vuoi dire che cosa c'è? Sono stanca e se non è una cosa urgente puoi dirmela anche domani!”
“E va bene!” aveva sbottato lui di rimando. “Donna! La pazienza non sai proprio cosa è!”
“Oh certo! Tu invece ne hai una scorta immensa!” aveva ribattuto acidamente lei.
Se la donna si aspettava che Vegeta controbattesse, dando vita così ad un ennesimo litigio di un ora, fu invece delusa. Il sayan si limitò a fulminarla con un'occhiataccia e a borbottare una strana frase.
“Ti devo fare una domanda...”
“Sentiamo...” sospirò lei, esasperata dal caratteraccio del compagno che rendeva impossibile anche una sciocchezza.
Vegeta deglutì un paio di volte. Poi, facendo un profondo respiro, parlò.
“Ho sentito dire...solo di sfuggita comunque...non che me ne importi più di tanto...”
“Vegetaaaaaa!!! Muoviti a parlare! Non posso stare qui tutta la sera!”
“E va bene! Insomma! Ho sentito che qui da voi, sulla Terra, c'è l'usanza di unire le coppie che lo desiderano in una strano rituale. È forse vero?”
Bulma lo guardò sorpreso. Da quando Vegeta si interessava della loro cultura?
“Stai forse parlando del matrimonio? Chi te ne ha parlato?”
A quella domanda Vegeta era diventato rosso come un peperone. Poi, aveva borbottato un qualcosa che la scienziata interpretò come “Il moccioso del rifiuto di terza classe.”
“Te ne avrebbe parlato Gohan? E perché mai lo avrebbe fatto?”
“Beh? Sta storia è vera oppure no?” aveva ribattuto lui, ignorando la domanda della donna dai capelli azzurri.
“Beh...sì. Se una coppia si ama veramente ed è sicura che il loro amore durerà per sempre possono decidere di sposarsi.”
“Ma cos'è di preciso questo matrimonio? Cosa di preciso comporta ai due che decidono di farlo?” domandò con impazienza il principe. Sembrava tenere molto a quelle domande.
Bulma aveva sgranato gli occhi sorpresa. Ma cosa aveva quella sera Vegeta? Non sembrava neanche lui.
“Mi spieghi perché ti interessa così tanto?”
A quella domanda lui aveva incrociato le braccia al petto, nella sua tipica posa, e l'aveva squadrata con impazienza.
“Me lo vuoi dire? Oppure devo stare qua ancora per molto?”
Bulma sospirò. Massaggiandosi le tempie rispose.
“Il matrimonio è un vincolo legale che dichiara davanti alla legge che sei obbligato a prenderti cura della persona che hai deciso di sposare, dei suoi parenti e dei vostri eventuali figli. Per il resto non vi sono altri obblighi, a parte forse quello che, una volta sposato, ogni tuo avere davanti alla legge diventa proprietà anche del coniuge.”
Sentendo quelle risposte Vegeta aveva annuito un paio di volte, immerso in chissà quali pensieri. Poi si era limitato a dire “Allora ti voglio sposare.” e si era girato per tornarsene nella Gravity Room.
Bulma era rimasta paralizzata sentendo quelle parole. Quando il suo futuro marito stava girando l'angolo si era messa ad urlare.
“Brutto Scimmione orgoglioso che non sei altro! E ti ci voleva così tanto per dirlo?”
E da allora era iniziati i preparativi.

E così, dopo un mese di preparativi in cui Vegeta aveva trovato da ridire su tutto (Sul vestito, sul fatto di farlo in chiesa, sulla festa che gli avrebbe fatto perdere un giorno di allenamento, sul testimone che Vegeta voleva che fosse un sayan ma dato che Gohan era ancora minorenne si era dovuto accontentare, dopo molte discussioni con Bulma, di Crilin), il giorno del loro matrimonio era arrivato. Quella mattina c'era stata la cerimonia in una piccola chiesa fuori città, lontano dal casino e dal traffico della metropoli. E adesso erano tutti lì, a godersi quella giornata di festa senza alcun pensiero triste in mente.
Beh...quasi tutti.
“Ma che cos'ha oggi Crilin? È tutto il pomeriggio che se ne sta là, seduto a quel tavolino, zitto zitto.” Dichiarò Chichi, la cui gravidanza avanzata si stagliava nel suo elegante, anche se un po' antiquato, abito da festa.
Bulma, splendida e sensuale nel suo abito da nozze, osservò l'amico guardare il fondo del proprio bicchiere con aria così depressa che sembrava volerci affogare dentro.
“Beh...credo di saperlo. Non hai sentito cos'ha raccontato Muten?”
Chichi, sentendo il nome del vecchio maestro di arti marziali, in quel momento impegnato a ridacchiare come un ebete insieme ad Oscar e Iamko, storse il naso disgustata.
“Scusa, ma di solito preferisco evitare di stare vicino a quel vecchio maniaco. Ha le mani un po' troppo lunghe per i miei gusti.”
Bulma sorrise divertita dall'affermazione dell'amica.
“Hai perfettamente ragione! Comunque non credo che oggi proverebbe a fare qualche suo stupido scherzo. Vegeta mi ha assicurato che se prova a mettermi una sola mano addosso gli farà rimpiangere di non essere stato ucciso da Cell!”
“Sì, questo è decisamente il tipico comportamento di Vegeta” sospirò Chichi. “Ma non divaghiamo! Cosa dicevi riguardo Crilin?”
“Ah sì! Beh...fin da quando è tornato a vivere alla Kame House con Muten ha cominciato a sottoporsi ad allenamenti durissimi. Muten stesso mi ha confidato che non sa più cosa inventarsi. Crilin gli chiede sempre nuovi allenamenti sempre più difficili e duri.”
“Beh...non vedo cosa ci sia di strano in tutto questo.” osservò perplessa la moglie di Goku. “Evidentemente ha capito che davanti ad avversari del calibro di Cell è inutile, e che quindi deve migliorarsi. Soprattutto ora che il mio amato Goku non c'è più!”
“Ma non capisci? Un atteggiamento del genere me lo sarei aspettato da Vegeta, Piccolo o anche da tuo figlio Gohan. Dopotutto è pur sempre figlio di un sayan! Ma Crilin? Da quando in qua è così voglioso di uccidersi a suon di allenamenti? Qui mia cara, c'è sotto qualcosa!” concluse con aria trionfante, tipica di un investigatore che ha appena concluso un caso particolarmente difficile.
“Ah sì? E che cosa? Spero non c'entri ancora quella screanzata della sua ex! Perché giuro che stavolta la riduco in brandelli!” esclamò Chichi con uno sguardo omicida negli occhi scuri.
“No no! Stai tranquilla! Marion non c'entra nulla! O almeno credo.” si affrettò ad aggiungere la scienziata. “Comunque sono sicura che c'è di mezzo una ragazza. E credo anche di sapere chi è!” aggiunse con tono cospiratorio.
L'istinto di donna matura, avida di pettegolezzi, prese il sopravvento nella madre di Gohan. Senza perdere tempo si affrettò a domandare chi fosse questa misteriosa ragazza.
Bulma si limitò a fare un sorrisetto soddisfatto. Adorava svelare i retroscena della vita di una persona.
“Sono sicura che la conosci anche te. Ti do qualche indizio: è bella, tremendamente bella. Ma ha anche un caratteraccio, e dubito fortemente che si sia accorta dell'esistenza di Crilin.”
“Uffa Bulma! Dimmi chi è e non farla tanto lunga!”
“Si tratta di C18!”
Sentendo quel nome Chichi sgranò gli occhi indignata. La sua sete di pettegolezzi si stava spegnendo rapidamente, sostituita dall'istinto di madre e moglie ultraprotettiva.
“Cosa??? C18?! Ma Crilin ha idea di chi sia veramente quella specie di donna? È un mostro che ha provato ad uccidere mio marito e il mio adorato figlio! È solo un essere sanguinario e votato alla distruzione! Non può provare sentimenti! Come può Crilin illudersi fino al punto da poter credere che quell'essere assetato di sangue possa ricambiare dei sentimenti? Senza contare che non ha alcun gusto nel vestirsi!”
Sentire quelle parole uscire dalla bocca di Chichi riguardo il gusto di vestirsi di una persona era una specie di eresia per Bulma. La scienziata tuttavia era convinta che non fosse il caso di approfondire quell'argomento in quel momento.
“Parla piano! Vuoi che ti senta anche tuo marito dall'aldilà? Smettila di urlare come un'indemoniata. Io non credo che sia un mostro. Pensa a Vegeta! Pensavate tutti che non era altro che un assassino a sangue freddo. Un macellaio al servizio di un pazzo che voleva dominare l'universo. E adesso guardalo! Guardalo Chichi! Sarà un po' scorbutico ma sono sicuro che sarà un ottimo padre per Trunks, così come sono sicuro che, ora che Goku non c'è più, potremo contare su di lui e su Gohan per mantenere la pace.”
Chichi si tranquillizzò. Tuttavia, prima di cambiare argomento, decise di fare un'ultima osservazione.
“Comunque, penso che dovresti parlarci Bulma. Sai anche tu che non ha alcuna speranza di appagare questo suo malsano desiderio.”
La scienziata non rispose. In cuor suo però non pote fare a meno di essere d'accordo con l'amica.

Crilin osservava con occhi spenti i suoi amici divertirsi e festeggiare senza nessuna preoccupazione al mondo.
Gli dispiaceva essere così giù di tono. Sapeva che stava rovinando la festa agli amici con quel suo atteggiamento. Eppure non poteva farci niente. Non riusciva a smettere di pensare che, da qualche parte nel mondo, in quello stesso momento, lei stava vivendo la sua esistenza ormai libera e senza più alcun pericolo. Per quanto sperasse che lei non stesse soffrendo, non poteva fare a meno di pensare che, con tutta probabilità, lei ormai l'aveva dimenticato.
Il rasato si passò una mano sul volto. Sei mesi. Erano passati sei mesi da quando tutta quella assurda storia di Cell era finita. Sei mesi da quando lei gli aveva detto “Ci vediamo”. Dentro di se il terrestre si dava dello stupido. Davvero aveva pensato che una come lei si sarebbe ricordata di un essere insignificante come lui? Davvero aveva sperato che con il suo stupido comportamento, con la quale aveva rischiato che la Terra finisse distrutta e a causa del quale il suo migliore amico era morto, lei avrebbe potuto amarlo?
“Sono un idiota” pensò con un sorriso amaro sulle labbra.
Non era stata una brutta festa. Dentro di se il guerriero era felice per l'amica e lo era, diciamola tutta, anche per quell'antipatico di Vegeta. Ma in quel periodo Crilin non voleva vedere nessuno. L'unica cosa che desiderava fare era allenarsi, allenarsi e ancora allenarsi. Soltanto riducendosi al limite delle sue possibilità riusciva, per un po', a dimenticarla.
Lentamente il pomeriggio passò. Uno ad uno i guerrieri Z tornarono alle loro dimore. Quando il sole tramontò, indorando i tetti delle case della Città dell'Ovest Crilin decise che era giunto il momento di togliere il disturbo.
Aveva quasi raggiunto la porta d'uscita quando vide Bulma davanti a quest'ultima. Il rasato aveva come la sensazione che gli volesse parlare.
“Te ne vai?” domandò dolcemente l'amica, una volta che lui la ebbe raggiunta.
Crilin scosse le spalle. “Ormai si è fatto tardi. Dovrei andare. Domani mi devo svegliare presto, ho gli allenamenti lo sai.”
“Già...gli allenamenti.” mormorò pensierosa la scienziata. Indossava ancora il suo abito da nozze. Crilin dovette ammettere che in tutti quegli anni non l'aveva mai vista così bella e seducente. Se non avesse conosciuto C18 forse avrebbe un pochino invidiato Vegeta.
“Crilin...”
Sentendo nominare il suo nome in maniera così dolce, il ragazzo cominciò a preoccuparsi. Aveva come la sensazione che gli volesse dire qualcosa.
“Cosa c'è?” cercò di dare un tono allegro e spensierato alla sua voce, come se nessun pensiero lo tormentasse, ma non era sicuro di esserci riuscito.
“Crilin dovresti smetterla di allenarti in questa maniera. Cosa pensi di ottenere? Non sarà sfinendoti in inutili allenamenti che risolverai il tuo problema.” Bulma aveva usato un tono dolce e comprensivo, le sue parole però colpirono come una pugnalata l'amico. Quest'ultimo decise di non affrontare la questione con la scienziata. Sapeva già cosa gli avrebbe potuto dire e non voleva sentirlo. Decise di usare una scusa per giustificare il suo comportamento.
“Bulma...quando i cyborg attaccarono la Terra“ dire quel nome gli costò un enorme sforzo di volontà. Gli sembrava quasi di offendere C18 e suo fratello. “Sì insomma...quando la Terra fu in pericolo, io cosa ho fatto per proteggerla?”
L'amica capì dove voleva arrivare il terrestre.
“Crilin...” sussurrò “...non hai niente da rimproverarti. Hai fatto del tuo meglio.”
“Sì, è vero. Ho fatto del mio meglio. Ma cosa ho combinato? Nulla Bulma, assolutamente nulla. Se siamo qua, ancora vivi a parlare del più e del meno, il merito non è certo mio.”
Superò l'amica ed uscì. Stava per alzarsi in volo quando Bulma lo chiamò.
“Crilin!”, sentendo il suo nome il piccolo terrestre si girò.
“Sei sicuro che C18 non centra nulla con i tuoi allenamenti?”
Sentendo quelle parole i lineamenti del suo viso si fecero più duri.
“Ha tutto a che fare con i miei allenamenti.” dichiarò con voce atona.
Senza aggiungere altro si alzò in volo, dirigendosi verso la lontana Kame House.

Nello stesso momento, in una stradina malfamata della Città del Sud, C18 camminava immersa nei suoi pensieri.
I suoi occhi azzurri osservarono il sole calare lentamente oltre l'orizzonte. A quella vista il suo cattivo umore aumentò. Era passato un altro giorno, e lei non aveva ancora idea di cosa fare il giorno dopo.
Diciamolo pure. C18 era senza progetti di vita. L'androide era convinta che, se quella era la vita, allora sarebbe stato meglio che quel nanerottolo non la salvasse. Lei era diversa, un fatto questo che non sarebbe mai potuto cambiare, non poteva legarsi con gli altri esseri umani e, francamente, non lo voleva neanche. Da quello che aveva visto gli esseri umani erano soltanto una massa di deboli piagnucoloni. Le donne erano quelle che più disprezzava. Da quel punto di vista era quasi grata al Dottor Gero di averla resa ciò che era. Il solo pensiero di essere come una di quelle patetiche donnicciole le faceva venire il voltastomaco.
E gli uomini? Una massa di idioti che vedevano in una donna solo un oggetto per sfogare le proprie voglie. In quegli ultimi sei mesi alcuni avevano provato anche con lei a sfogarsi. Non avevano più potuto andare in giro a provarci. L'androide gli aveva fatti fuori senza alcun rimorso. Scarti come quelli, pensava, non meritavano di vivere. Inoltre l'unica cosa che la rendeva per un po' meno oppressa dai suoi lugubri pensieri era proprio la lotta. Sentire l'eccitazione del combattimento scorrerle nelle vene la mandava in estasi, così come vedere sostituire l'arroganza e la strafottenza dalla paura negli occhi dei suoi avversari era una gioia impareggiabile. A lungo aveva pensato se non era il caso di provare a continuare l'opera di distruzione per cui lei e suo fratello erano stati creati, ma alla fine aveva deciso di accantonare l'idea. Primo motivo fra tutti c'era il fatto che, adesso, i guerrieri Z, gli stessi che avevano fermato Cell, erano diventati più forti di lei. Non tutti, ma Gohan, Vegeta e Piccolo sì. Per quanto la cyborg non sapesse cosa farne della propria vita non aveva nessuna intenzione di perderla in quel modo così sciocco.
Il secondo motivo era il fatto che, cercando di distruggere l'umanità, avrebbe esaudito il desiderio del suo creatore. C18 avrebbe preferito strapparsi il cuore con le sue stesse mani piuttosto che obbedire agli ordini di quel pazzo.
E infine terzo e ultimo motivo, anche se non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, neppure sotto tortura, c'era il fatto che, sempre più spesso C18 quando combatteva si vedeva improvvisamente spuntare dal nulla lui. Neppure lei sapeva come, ma vedere gli occhi di lui guardarla con sguardo deluso e triste riusciva a spegnere dentro di lei qualunque istinto omicida.
Le prime volte quella sensazione l'avevano lasciata confusa, ora la irritavano terribilmente. Perché quel nano non la smetteva di perseguitarla? Perché non riusciva a toglierselo dalla mente? Possibile che ci fosse qualcosa che li legava?
“No! Non c'è niente che mi lega a lui! Io sono un cyborg! Una macchina! Non posso provare sentimenti. L'unico con cui sono legata è mio fratello! Solo lui!”
Già. Suo fratello. Chissà dove era adesso, cosa stava facendo, se era riuscito a trovare il suo scopo nella vita. La bionda si ricordava benissimo il loro ultimo incontro avvenuto due giorni dopo la fine del Cell-Game.

Avevano parlato per una notte intera, come non facevano da anni. Poi, quando l'alba era sorta, fratello e sorella si erano separati. C17 aveva infatti insistito per quella scelta. Il cyborg era convinto che dovessero cercare il loro posto nel mondo.
“Il mondo è grande 18! Possiamo farci una nuova vita. Quella che non abbiamo mai avuto.”
“E che vita potremmo mai avere?” aveva domandato in modo laconico lei. “Hai dimenticato cosa siamo? Cosa Gero ci ha fatto? Pensi veramente che possiamo farci una vita?”
Sentendo quelle parole sue fratello le aveva sorriso dolcemente.
“Noi saremo cyborg solo finché lo penseremo! Dimenticalo sorellina! dimentica Gero! Altrimenti lui continuerà a perseguitarti! Lui ormai è morto, ma noi siamo vivi, e possiamo avere tutto ciò che lui ci ha tolto quando eravamo solo due bambini.”
“Ma cosa posso fare della mia vita? Il mio unico desiderio è stare vicino a te ma tu adesso dici che dobbiamo separarci. Non capisco.” per la prima volta da quando era stata trasformata in cyborg, la ragazza fu sull'orlo delle lacrime.
C17 l'abbracciò. L'androide si abbandonò all'abbraccio del fratello. Non gliene fregava niente di mostrarsi debole davanti a lui. Suo fratello era tutto ciò che le rimaneva.
“Tutti abbiamo un posto in questo mondo. Anche tu sorellina c'è l'hai. Devi solamente trovarlo.” e, con quelle parole sussurrate all'orecchio, suo fratello l'aveva lasciata.
 
Immersa com'era nei suoi pensieri, l'androide non si era accorta di tre energumeni che l'avevano circondata. Per il momento si limitavano a guardarla con occhi lascivi e con sorrisetti strafottenti.
“Salve bambolina! Cosa ci fai tutta sola per le strade di sera? Non lo sai che alle ragazze carine come te possono capitare cose piuttosto spiacevoli?”, a parlare era stato uno dei tre, probabilmente il capo. Costui non aveva idea che, quella che lui aveva chiamato “bambolina”, l'avrebbe potuto spezzare in due come un canna di fiume.
La cyborg non gli aveva degnati minimamente. Solo quando quel colosso aveva aperto la bocca si era decisa a considerarli.
“Sparite.” aveva sibilato con voce atona.
Udendo quelle parole i tre erano scoppiati in una fragorosa risata.
“Ma come? Noi ti vogliamo aiutare e tu ci cacci via così? Non si fa così bambolina! Forse dovrei darti una lezione di buona educazione prima di riaccompagnarti a casa.”
Nel dire quelle parole il tipo aveva messo una mano sulla spalla della ragazza. Un secondo dopo venne colpito da un calcio che lo spedì contro un muro ad una velocità pazzesca. L'uomo spirò senza emettere un solo suono.
“Brutta puttana! Adesso c'è la paghi!” urlarono gli altri due, scagliandosi contro l'androide e firmando così la loro condanna a morte.
C18 comparve con velocità superiore a quella della luce dietro uno dei due uomini rimasti. Il cyborg gli prese la testa tra le mani e gli ruppe l'osso del collo come se fosse stato fatto di gesso.
Il superstite, rimasto allibito dalla devastante potenza della ragazza, cercò di darsela a gambe ma fu troppo lento. Con un nuovo scatto, la cyborg comparve davanti a lui. Aveva caricato un ki-blast con la mano sinistra, e si preparava a lanciarglielo addosso quando lo vide.
C18 si bloccò. Gli occhi azzurri spalancati. Davanti a lei non c'era più un uomo che implorava pietà. C'era invece un piccolo guerriero rasato che la fissava con sguardo triste e sconsolato, quasi avesse capito cosa stava per fare.
L'androide aprì e chiuse gli occhi un paio di volte. La visione sparì, ma il turbamento rimase.
L'uomo intanto continuava ad implorare pietà e a chiedere perdono.
C18 disperse l'energia del ki-blast. Fisso con sguardo glaciale la sua vittima.
“Vattene!” sibilò.
Senza farselo ripetere due volte, l'uomo sparì tra le tenebre. Ancora incredulo della grazia ricevuta.
Una volta sparito l'uomo la bionda sospirò. Non poteva andare avanti così. Doveva trovare una soluzione.
Rimase a pensare per parecchio tempo. Era notte fonda quando prese la sua decisione.
“Mi dispiace fratello. Ma non c'è l'ha faccio a trovare il mio scopo nella vita da sola. Ho bisogno del tuo aiuto.” pensò mentre una nuova determinazione gli invadeva le membra.
Si alzò in volo cercando di capire dove poteva essere suo fratello. Nonostante fosse un cyborg, e che quindi non emetteva un'aura, C18 aveva sempre la cognizione di dove fosse suo fratello. Era una cosa troppo profonda per essere spiegata.
“A nord.” mormorò con voce decisa. Suo fratello si trovava a nord.
Sparì nel cielo scuro della notte mentre i suoi pensieri erano rivolti tutti al fratello.
“Aspettami fratellino. Sto arrivando!”

CONTINUA

Allora? Cosa ve ne pare? Datemi un giudizio per favore! Accetto molto volentieri anche consigli e critiche (perché io per primo so che questa storia non è perfetta).
Un saluto!
  
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