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Autore: CrazedLunatic    25/01/2012    6 recensioni
Quando Kurt viene aggredito, Blaine lascia immediatamente il college per prendersi cura di lui. Quest'unica decisione cambia la loro relazione e ridisegna il loro futuro. Fa anche sì che tutte le persone che li circondano si rendano davvero conto di quanto siano vicini in realtà. AU.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Kurt… Kurt, tesoro… su, svegliati.” Kurt cercò di ignorare la voce femminile e la mano che lo stava scuotendo. “Mi dispiace, ragazze. Gli stanno somministrando delle medicine che lo fanno sentire davvero uno straccio. Kurt, tesoro…”
"Mmmh, smettila.” Gemette Kurt, cercando di girarsi su un fianco. Voleva solo dormire. Non era ancora pronto ad alzarsi.
“Tesoro, hai visite.” Sussurrò Carole, scuotendolo di nuovo per la spalla. “Su, svegliati.”
“Blaine può aspettare.” Si rannicchiò contro il cuscino.
“Ragazzo bianco, farai meglio a svegliarti e a spiegarmi perché non mi hai mandato nemmeno un messaggio per dieci giorni!” Intimò ad alta voce Mercedes Jones, la sua migliore amica.
“Non urlargli contro.” Intervenne Quinn Fabray con la sua voce dolce e pacata. “Come ti senti?”
"E perché sembra che tu non ti faccia la doccia da una settimana?”
Nonostante l’intontimento, Kurt si costrinse ad aprire gli occhi. Impiegò alcuni secondi a mettere a fuoco le sue amiche. “Perché è così.” Rispose con aria assonnata, sollevandosi lentamente a sedere.
“Cos’è successo, Kurt?” lo interrogò a bassa voce Quinn. “Abbiamo sentito… voci. Finn ci ha detto solo che eri in ospedale e che se avessimo voluto sapere altro, avremmo dovuto rivolgerci a te. Stai bene?”
"Voglio sapere perché non hai chiamato nessuno.” Intervenne Mercedes. “Pensavo che fossimo amici.”
Kurt si massaggiò la fronte e sussultò, ricordando a se stesso di usare l’altro braccio in futuro. Era in grado di muoversi da solo, ma doveva fare attenzione con la parte sinistra del corpo perché i tagli dovuti all’operazione gli facevano ancora molto male e non voleva far saltare nessun punto.
“Stai bene?” Stavolta la voce di Mercedes suonò più tranquilla, meno arrabbiata.
“Non ho un telefono. Ecco perché ho usato quello di Blaine ieri notte. Mi dispiace di non aver chiamato. E a essere completamente sinceri, non sono stato molto presente nel corso di questa settimana.”
“Cos’è successo?” Quinn si sedette sula sponda del letto, alla sua sinistra.
"Fai attenzione, tesoro.” La avvertì Carole con gentilezza. “Ha subito un’operazione e il suo fianco è sensibile. Kurt, sarò fuori in corridoio se hai bisogno di qualcosa, okay?” Gli passò le dita fra i capelli.
"Grazie, Carole." Kurt annuì e le fece un cenno di saluto con la mano mentre si allontanava. Alzò nervosamente lo sguardo su Quinn e Mercedes. Non vedeva Quinn da quando si era diplomata l’anno prima con Finn, ma si sentivano ancora spesso per telefono. Specialmente per parlare del suo nuovo ragazzo, che aveva conosciuto al college a New York. Alla fine Quinn era riuscita ad andarsene da Lima e Kurt era molto felice per lei. Ovviamente vedeva Mercedes tutti i giorni, era la sua migliore amica. Si sentiva in colpa per non averla chiamata, ma, al tempo stesso, non se l’era davvero sentita di parlare con qualcuno a parte la sua famiglia e Blaine.
"Operazione? Operazione?"
"Sono stato operato al polmone. Si era… perforato. Ecco perché non ho potuto fare la doccia. Il dottore ha detto che non potrò farla finché non sarò tornato a casa.” Kurt cercò di sembrare allegro. A giudicare dalle loro facce, però, era sicuro di non esserci riuscito.
"Puoi ripetere? Perché potrei giurare di averti sentito dire che il tuo polmone è stato perforato e operato!” Esclamò Mercedes. “Non mi sorprende che tu non abbia chiamato, tesoro! Stai bene? Ce la fai a respirare? Hai bisogno di ossigeno?”
"Calmati, ‘Cedes.” Kurt rise piano e si costrinse a sorridere. “Di solito riesco a respirare. Però se mi agito, o cose simili, diventa più difficile. Per sicurezza mi mettono ancora sotto ossigeno a distanza di poche ore…” Si interruppe piuttosto fiaccamente.
“Oddio, Kurt.” Quinn afferrò la sua mano. “Non sapevo che fosse così grave.”
"Già, Kurt. Pensavamo che ti avessero picchiato e che tu non volessi farti vedere da nessuno in un camice d’ospedale. Penso che nemmeno Mr. Shue sapesse che la situazione è così grave!” Aggiunse Mercedes.
“Lo sa.” Kurt si guardò le mani. “Tutti gli insegnanti sono stati informati. Non potrò tornare a scuola per un po’… e quando lo farò probabilmente non sarò in grado di ricominciare a frequentare il Glee Club.” Al pensiero di non poter partecipare al Glee Club con i suoi amici sentì gli occhi riempirglisi di lacrime.
Quinn gli strinse la spalla. “Hey, va bene. La tua salute è più importante. Devi rimetterti.”
“E’ solo che è difficile.” Il suo labbro tremò. “Volevo davvero arrivare alle Nazionali con voi ragazzi quest’anno. L’anno scorso non siamo riusciti a vincere… avrebbe dovuto essere il nostro anno.” Si sentiva un tale bambino. Seppellì la testa nella spalla di Quinn e cominciò a piangere, senza nemmeno sapere se stava davvero piangendo per il Glee Club o no.
"Hey, le cose mi sono andate bene anche se non ho vinto le nazionali, no?” Gli chiese Quinn nel tentativo di rallegrarlo. “E sei in forma perfino migliore di com’ero io all’epoca. Tutto quel tira e molla con Finn…” Rabbrividì leggermente. “Ma tu. Tu hai già un ragazzo fantastico che ti adora. Una famiglia che tiene a te. Non è meglio che andare alle nazionali?”
“Blaine è davvero fantastico, no?” Kurt tirò su con il naso, appoggiandosi alla sua spalla.
“E’ un ragazzo dannatamente buono.” Annuì Mercedes, sedendosi dall’altro lato di Kurt. “Mentre arrivavamo l’abbiamo visto andarsene. Per essere così basso ha una macchina enorme.”
"Ha davvero dei capelli adorabili. Non mi ero mai accorta che in realtà fosse riccio.” Commentò Quinn con aria pensierosa, accarezzando i capelli di Kurt.
“Guardalo, come sorride. Basta parlare di Blaine per rallegrarlo.” Gli sorrise Mercedes.
Kurt rise, asciugandosi gli occhi. “E’ troppo buono per me.”
"Può essere troppo buono con te, ma non è troppo buono per te.” Lo corresse Quinn, passandogli un fazzolettino.
“Di sicuro è troppo sexy per te.”
"Hey!" Kurt singhiozzò e poi rise. “Non puoi essere crudele con una persona ricoverata in ospedale. Lo dice il regolamento.”
“Sto solo dicendo che potresti diminuire la sua figaggine e darla a qualcun altro, che potrebbe uscire con me. Se volessi, sai?”
"Sono piuttosto soddisfatto della sua figaggine così com’è, grazie.” Sbuffò Kurt.
Quinn si limitò a scuotere il capo. “Al momento giusto troverai qualcuno, Mercedes. Succederà quando meno te lo aspetti. Vero, Kurt?”
“Kurt annuì, asciugandosi il viso bagnato di lacrime “Già… non posso credere di aver incontrato Blaine in quel modo. Fino a quel momento la giornata era andata da schifo e… lui era…”
“Sexy?” Sorrise di nuovo Mercedes.
"Oh sì." Rise Kurt. Ma davvero… davvero non me lo aspettavo. Per niente. Stava andando tutto per il verso sbagliato e poi… eccolo lì.”
Quinn poggiò la testa sulla sua e gli prese le mani. “E’ stato amore a prima vista? All’epoca non parlavamo granché…”
“Per me sì.” Kurt rise di nuovo. “Non penso che si possa dire lo stesso di Blaine. Lui giura che è stato così, solo che non lo sapeva. Comunque sono felice che le cose siano andate come sono andate.”
“Oh, Kurt…” Mercedes si sporse e lo abbracciò. “Ti va di parlarne? Cos’è successo?”
“Per favore, non oggi.” Sussurrò contro il suo collo.
Quinn gli posò una mano sulla schiena e gliela massaggiò gentilmente. “Ce lo racconterai quando sarai pronto, non un minuto prima. Ti abbiamo portato qualcosa.”
Kurt si sedette, incuriosito. “Cosa?”
"E’ in corridoio. Vado a prenderlo. Volevamo farti una sorpresa, ma prima volevamo sgridarti.” Mercedes liberò Kurt dall’abbraccio e uscì in corridoio, tornando con un cesto. Si sedette sul letto e Kurt si tirò su, mettendoselo sulle ginocchia.
"Abbiamo preso degli snack perché mi ricordo quanto era cattivo il cibo dell’ospedale quando sono stata ricoverata per partorire.” Rise Quinn. “E ti abbiamo comprato il libro perché sei ossessionato con Judy Garland. Abbiamo pensato che l’avresti gradito.”
“E il pigiama perché sappiamo che dovrai restare molto a letto. So che ami quello blu, Kurt, e ti sta benissimo, ma non durerà molto se continuerai a metterlo tutti i giorni finché non ti sarai ripreso.” Aggiunse Mercedes. “E questi sono calzini arcobaleno. Non abbiamo saputo resistere.”
Kurt sentì gli occhi riempirglisi di lacrime. Non permettendo loro di fargli visita prima si era comportato da pessimo amico. Erano così gentili nei suoi confronti, sentiva di averle trattate da schifo. Perché erano così dolci con lui?
"Volevamo solo farti sapere che noi siamo qui per te, Kurt. Ti vogliamo bene.” Disse Quinn con voce sommessa, tenendolo fra le braccia.
Kurt si appoggiò a lei e cominciò a piangere. “Vi voglio bene anch’io. Grazie per non aver fatto irruzione chiedendomi un parere su dei boa verde neon.”
“Non può averlo fatto!” Rantolò Mercedes. “Miss Mutandine Prepotenti è idiota, ma non fino a questo punto!”
“E’ un Beanie Baby quello?” Kurt trattenne il fiato mentre tirava fuori dal cesto un piccolo peluche a forma di orangotango. “E’ Bongo! Oh mio Dio, è Bongo!”
Quinn rise e lo abbracciò. “Finn ci ha raccontato qualcosa su come ha-”
“Su come ha distrutto il mio precedente Bongo? Su come lo ha brutalmente assassinato?” Suggerì Kurt.
“Su come ci è passato sopra con un-”
“Non dirlo! E’ troppo doloroso!” Kurt abbracciò il Beanie Baby, bloccando sul nascere le sue parole. “Il mio povero Bongo.”
“Tu limitati a tenerlo lontano dai tosaerba.”
Kurt fece un’espressione di estrema disperazione. “Il mio povero, povero Bongo non ha fatto nemmeno in tempo a rendersene conto.”
“Beh, questa è sicuramente una cosa strana da sentire entrando in una stanza.”
Kurt si illuminò, senza fiato, “Ciao, Blaine!”
“Mi sembrava che fossi tu, Mercedes, ma non ne ero del tutto sicuro. Come stai? Ciao, Quinn.” Blaine fece un piccolo gesto di saluto con la mano e, visto che il letto era pieno, si accomodò su una sedia.
Adoro i tuoi capelli. Sembrano così morbidi.” Disse Quinn, che sembrava si stesse trattenendo dall’allungare una mano per toccare i riccioli neri.
"Grazie.” Blaine guardò Kurt abbracciare il suo animaletto di peluche e sorrise. “Come ti senti?”
“Dispiaciuto per me stesso.” Rispose Kurt. “Ma ho Bongo e i crackers, quindi riuscirò a tirare avanti.”
"Okay, Kurtsie." Mercedes si alzò. “Cominci a sembrare stanco.”
“Sembro sempre stanco. E mi ci sento anche.” Sospirò. “Più tardi gli ruberò il telefono per chiamarvi.”
“Mi raccomando, fallo, ma non prima di essere pronto.” Quinn gli arruffò i capelli e lo baciò sulla guancia. “Devo tornare a New York, se dovessi telefonarmi mentre sono in classe ti richiamerò.”
"Va bene.” Annuì Kurt, facendo un piccolo gesto di saluto. “Grazie per aver fatto così tanta strada per vedermi.”
Quinn scribacchiò il suo numero su un tovagliolino e lo porse a Blaine. “Chiamami se dovesse servirgli niente o se dovesse succedere qualcosa, va bene?”
“Lo farò.” Blaine annuì, accettando il tovagliolo. “E ho ancora il tuo numero, Mercedes.”
Mercedes abbracciò Kurt. “Lascia che le persone si prendano cura di te.”
“Ci sto provando.” Rispose lui sommessamente.
“Mandami un messaggio quando torni a casa.”
“Lo farò. Promesso.”
Prima di andarsene entrambe le ragazze abbracciarono Blaine. Questi guardò Kurt, che aveva cominciato a tirare su col naso. “Hey, hey… non piangere.” Si sedette sul letto. “Cosa c’è che non va? Senti dolore?”
“Sono un p-pessimo amico.”
“Chi è che lo pensa?” gli chiese, prendendolo fra le braccia.
“A-avrei dovuto chiamarle.” Gli tremò il labbro. Maledette le sue emozioni. Odiava piangere, ma ultimamente gli sembrava di non fare altro. Non solo era deprimente, ma lo lasciava davvero stremato. Voleva smettere di assumere le medicine e voleva sentirsi meglio.
"Kurt, sei in ospedale. Hai dovuto affrontare un sacco di cose ultimamente. Non ricevere visite non ti ha reso una cattiva persona. Non ti fa bene stressarti ulteriormente.” Sussurrò con calma, cercando di farlo sentire meglio.
“Però tu e p-papà siete stati qui.”
“Non saresti riuscito ad allontanarmi nemmeno se ci avessi provato.” Blaine lo baciò sulla guancia e cercò di cambiare argomento. “Domani si torna a casa.”
“Non vedo l’ora di fare una doccia.” Soprirò Kurt. “Mi spiace se puzzo.”
Blaine rise. "Non preoccuparti, non puzzi.”
“So che i miei capelli sono in uno stato orrendo. Non so come tu faccia a toccarli.”
La mano di Blaine si spostò immediatamente sui suoi capelli e cominciò a giocherellare con le ciocche castane. “Hai cose più importanti di cui preoccuparti, Kurt. Ad esempio rimetterti. Ti agiti per delle cose a cui non dovresti pensare due volte. Oggi cerca di rilassarti e di non stressarti, va bene?”
"Va bene." Alzò i suoi grandi occhi blu su Blaine. “Possiamo guardare Aladdin?”
"Certo, Lizzie." Gli rispose Blaine con un largo sorriso.
"Ti odio."
 
 
"Sei così leggero, figliolo.” Disse Burt mentre lo sollevava dalla sedia a rotelle e lo sistemava sul sedile posteriore della sua auto. “Per favore, Blaine, passami quell’asciugamano posato sul sedile anteriore.”
Blaine aprì la portiera e fece come gli era stato detto, poi guardò Burt avvolgere l’asciugamano attorno alla cintura di sicurezza. “In questo modo la cintura non darà fastidio ai punti.” Grugnì, notando la faccia confusa di Kurt. “Siediti diritto.”
“E’ difficile.” Gemette Kurt, lottando per raddrizzarsi. Era sembrato così semplice ieri, sotto l’effetto di potenti antidolorifici. Adesso si sentiva come se ogni movimento lo stesse uccidendo lentamente. Burt gli mise la mano sotto la spalla e lo sollevò gentilmente.  Kurt sussultò mentre la cintura veniva allacciata e fece per sbloccarla.
“No, figliolo. Devi tenerla.” Burt la sistemò in modo che fosse un po’ più sopportabile, ma gli dava ancora fastidio. “Non lasciarti scivolare giù o sfregherà contro i punti. E non guardarmi così, Kurt. Non c’è niente che possa fare al riguardo.”
“Allora guida veloce.” Kurt scrollò le spalle, gemendo di nuovo.
"Siediti dietro con lui, Blaine. Non lasciarlo scivolare.”
Blaine annuì e salì sul sedile posteriore. Sebbene si fossero svegliati molto presto, c’erano volute quattro ore per spiegare loro cosa serviva a Kurt, come gli serviva, che medicine doveva prendere e quando, cos’era normale e cosa non lo era, come avrebbe potuto fare la doccia e sdraiarsi, quali movimenti avrebbe potuto fare e quali invece no… Non ci sarebbe voluto così tanto se il dottore glielo avesse spiegato tutto in una volta, ma sentiva il bisogno di andarsene continuamente.
Burt si accomodò sul sedile del guidatore della macchina di Kurt (sapeva che in tre non sarebbero stati comodi sul suo furgone), e avviò il motore. “Io sto morendo di fame, e voi?”
“Per favore, niente KFC.” Disse Kurt con aria assonnata. Spostarsi prima in una sedia a rotelle e poi in un’auto lo aveva fatto sentire come se non dormisse da giorni. Le cose iniziarono a farsi confuse e quando cominciò a fare fatica a tenere la testa sollevata si rese conto di quanto fosse realmente stanco. Sentì Blaine stringergli la mano e poi si addormentò.
 
“L’hai preso?”
Kurt si rannicchiò contro la persona che lo stava stringendo, svegliandosi dal suo sonno profondo.
“Sì, l’ho preso.”
"Mmmh, Blaine." Kurt disse allegramente. “La tua spalla è come un marshmallow."
"Quelle medicine devono aver fatto effetto.” Sentì dire da suo padre.
"Woah!" Kurt urlò improvvisamente, mentre tutto di colpo sembrava beccheggiare. Si aggrappò a Blaine, spalancando gli occhi.
“Sto solo salendo sul portico. Va tutto bene.” Disse Blaine in tono rassicurante.
“Non mi lasciare. Non voglio cadere. Il terreno è duro.” Mormorò in fretta.
“Lo so. Non ti lascerò cadere. Smettila di muoverti. Sto per salire un altro gradino.”
"Woah!" Kurt si mosse di scatto fra le sue braccia, protendendo le sue come per fermare una caduta. “Mi lascerai cadere!”
“Se la smetti di dimenarti non lo farò.” Grugnì Blaine, salendo l’ultimo gradino. “Ecco. Visto? Fatto. Dove vuoi che lo porti?”
“In cucina.” Cinguettò Kurt.
“No, no. Sul divano.” Rispose Burt in tono fermo.
Suo figlio non ne voleva sapere e sembrava deciso a non rivedere la sua posizione nonostante fosse praticamente impossibile sistemarlo in cucina. “No. In cucina.”
“Kurt, sul divano.”
“No, in cucina. Con il cane.”
“Kurt, noi non abbiamo un cane.”
"Si chiama Fido e lo abbiamo da quando avevo sei anni. Ha solo tre zampe.”
“Il ragazzo ha guardato di nuovo le pubblicità informative del Rifugio Degli Animali.” Commentò Burt, indicando il divano. “Lo sposteremo nella sua stanza più tardi.”
“Dov’è Fido?” chiese Kurt, dimenticando il suo desiderio di essere portato in cucina. Gli riusciva molto difficile concentrarsi sulle cose. “Papà, questo divano è comodo. Sono felice che tu non abbia comprato quell’orrendo modello verde perché sembrava – sembrava – oh, ciao Blaine.”
Blaine lo sistemò sul divano, aiutandolo cautamente a distendersi. “Ciao, tesoro. Ti senti bene?”
“Oh, mi sento magnificamente! Possiamo uscire per fare una passeggiata? O per correre? A te piace correre, vero? So che è così e lo trovo stupido. A me non piace, ma sai, in questo momento ho proprio voglia di correre. Fino…”
“Sarà una settimana interessante.” Borbottò Burt. “Devo allontanarmi un attimo per separare le sue medicine e fare una lista di tutto prima di dimenticarmene. Sarò in cucina. Ce la fai a gestirlo?”
“Sì, ci penso io.”
Burt arruffò i capelli di Kurt e si diresse in cucina per mettere in ordine le numerose pillole di suo figlio.
"Blaine, mi piacciono i tuoi capelli così.” Kurt si sollevò.
“Hey, rimani sdraiato o ti farai male.”
“Sono così ricci ed elastici. Beh, lo sarebbero se fossero più lunghi.” Non si sdraiò di nuovo, ma cercò di mettersi dritto.
“Kurt, Kurt. Sta’ giù. Mi siederò accanto a te.”
“Sembri asiatico. Beh, non proprio. Insomma. Blaine, sei giapponese?”
"No."
"Cinese? Lo sai, sono praticamente uguali. Vengono dall’Asia e parlano molto velocemente. E’ una figata.” Kurt stava ancora parlando molto in fretta, il cervello che lavorava a pieno regime.
"Mia mamma è originaria delle Filippine e mio padre è irlandese.” Rispose in tono pacato, chiedendosi se Kurt ci avesse già pensato quando non era sotto l’effetto degli antidolorifici ma avesse avuto troppa paura per chiederlo.
"Quindi… sei asiatico o no?” Domandò Kurt, inclinando la testa di lato.
“No. Sono dell’Ohio, proprio come te.”
Improvvisamente Kurt caracollò in avanti e lo baciò.
“Kurt, devi stare giù. Finirai per farti saltare i punti.” Blaine lo costrinse a sdraiarsi di nuovo. Per quanto avesse voglia di una gradevole sessione di pomiciate, non era davvero il momento adatto.
"Non vuoi baciarmi. Nemmeno io voglio baciare te perché i tuoi capelli non mi piacciono per niente. I riccioli sono stupidi.”
“Mi avevi appena detto quanto ti piacciono i miei riccioli.” Gli fece notare Blaine, spostando le braccia che Kurt teneva incrociate sopra il petto mentre gli teneva il broncio. “Penso che tu li ami segretamente, stupidino, ma che tu voglia convincermi del contrario. Ma io so che li ami, quindi puoi smettere di fingere. Non tenere le braccia sopra al petto in quel modo. Finirai per farti male.”
“Ti sdraierai accanto a me?”
“Non voglio farti male. Ora che non ti stanno più somministrando le medicine che ti davano all’ospedale, sentirai più dolore. Il divano è troppo piccolo.”
"Ma io mi sento bene! Ehy, abbiamo preso qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame!” Si mosse per sedersi. “Papà? Papi!”
Burt lo raggiunse e lo costrinse a sdraiarsi nuovamente. “Kurt, anche se ti sembra di sentirti bene, potresti comunque causare dei danni. Solo perché non te ne rendi conto non significa che tu non ti sia fatto nulla. Mi capisci?”
“Non essere così cattivo con me.” Piagnucolò Kurt. “Stai ferendo i miei sentimenti, papà.”
"Se non ci ascolti, finirai per peggiorare la situazione. Non vorrai essere costretto a tornare in ospedale?” Kurt scosse il capo in maniera infantile. “Okay. Allora sdraiati. Blaine accenderà la TV e fra cinque minuti ti porterà da mangiare. Va bene?”
“Va bene.” Annuì molto seriamente. “Mi dispiace.”
“Vediamo quanto durerà.” Rise Burt, alzandosi in piedi.
“Sarò molto bravo, papà.” Kurt mantenne la stessa espressione seria e la cosa fece ridere Blaine. Dio, perché Kurt era così dannatamente adorabile? Lo spingeva ad amarlo ancora di più.
"Blaine, vediamo di rendere le cose più facili… figliolo, se resterai sdraiato senza muoverti ti prenderò un cucciolo.”
"Un cucciolo vero?” A Kurt si illuminarono gli occhi, come se gli avessero detto che Natale sarebbe arrivato in anticipo. “Non mi muoverò nemmeno.”
“Okay. Blaine mi dirà se ti comporti male.”
“E’ da quando avevo sette anni che voglio un cucciolo!” Confessò Kurt senza fiato mentre suo padre usciva dalla stanza. “Sono così eccitato” Un cucciolo! Sarebbe un cane molto piccolo.”
Blaine si sedette sul pavimento, vicino al divano. “Guardiamo un po’ di TV. Cosa ti andrebbe di vedere?” Sfogliò la guida televisiva. “Vediamo… Stanno dando Una Mamma Per Amica.” Kurt scosse la testa. “Okay… Giudice Judy?”
"Ha un serio problema di atteggiamento.”
Blaine avrebbe potuto rispondere a quest’affermazione con una serie di battute taglienti, ma dato che Kurt stava ancora male – e solo per questo motivo – decise di tenerle per sé fino a quando non si sarebbe presentata un’altra occasione. Nonostante fosse fermamente convinto che Kurt fosse la persona più dolce che avesse mai conosciuto, sapeva molto bene che quando era arrabbiato poteva assumere un atteggiamento in grado di rivaleggiare… beh, con chiunque, davvero. Quindi Blaine si limitò ad annuire, astenendosi dal commentare, e continuò la lista. Trascorsero dieci minuti discutendo dei programmi ("Infanti e Tiare?" "Con chi pensi di uscire?" "Va bene, La Vita Moderna di Rocko?" "Il suo guardaroba è peggiore di quello di Finn." "La famiglia Griffin?" "Non mi piace Stewie." "Shark Attack?" "Ti sembro mio padre?" "Mogli Sorelle?" "Hai visto come si vestono?” "Il telegiornale?" "AMERICA'S NEXT TOP MODEL!" "Beh, mancano ancora due giorni alla messa in onda dell’episodio, Kurt.”) e alla fine Blaine riuscì a convincere Kurt a guardare Food Network. Blaine non prestò molta attenzione alla televisione perché doveva tenere d’occhio Kurt per essere sicuro che non si dimenticasse della sua promessa di non muoversi. Per di più, gli piaceva davvero guardare Kurt. Avrebbe approfittato volentieri della scusa per farlo.
Nel corso delle due ore successive, Kurt si fece lentamente meno animato. Sorrideva di meno e all’inizio della terza ora sembrava che stesse per scoppiare a piangere. “Mi fa tanto male il fianco, Blaine."
"Lo so, lo so. Ti avevo detto di non muoverti così tanto.” Mormorò dolcemente Blaine. “Non vuoi peggiorare le cose. Concentrati sul programma e non pensarci. Fra due ore potrai prendere le tue medicine.”
"Non posso apettare.” Aveva gli occhi pieni di lacrime. “Fa davvero, davvero, davvero male.”
“Shh, shh. Ti prendo qualche Tylenol per aiutarti a resistere, okay? Rimani sdraiato lì.”
Kurt annuì, guardandolo mentre lasciava la stanza. Il fianco gli stava dando fastidio come non mai, persino più di quando si era svegliato per la prima volta dopo l’operazione. Sapeva che la colpa era degli antidolorifici meno potenti, ma il dolore era quasi insopportabile. Sapeva anche che non avrebbe potuto prendere le sue medicine per altre due ore, perché i dottori non volevano che sviluppasse una dipendenza da farmaci. Il fatto che le pillole che avrebbero potuto alleviare il suo dolore si trovassero solo due stanze più in là, però, non gli rendeva le cose più facili.
Blaine tornò da lui in fretta, svitando i l tappo. “Te ne darò uno adesso e, se fra un’ora non dovessi sentirti meglio, te ne darò un altro. Va bene?”
Kurt si mosse per prendere la pillola e sussultò.
“Ecco, ti aiuto io. Stai fermo.” Blaine si inginocchiò, prendendo il bicchiere che avevano usato prima durante il pranzo. “Apri la bocca.”
“E’ così imbarazzante.” Gemette Kurt.
"Sono solo io. In più, vedilo come un rimborso per quella volta che mi sono ubriacato e hai dovuto stare sveglio per prenderti cura di me. Però non puoi baciare Rachel.” Gli sorrise brevemente. “Ora apri la bocca.” Kurt fece come gli era stato detto, rabbrividendo all’idea di baciare Rachel Berry. Blaine gli mise la pillola in bocca e gli portò il bicchiere alle labbra. Kurt bevve come se la sua vita dipendesse da quello. Blaine non gli mise fretta né sembrò contrariato, si limitò a starsene seduto accanto a lui finché non ebbe svuotato il bicchiere. “Vuoi che ti prenda altra acqua?”
"No, grazie.” Kurt gli rivolse un debole sorriso. “Grazie.”
Blaine gli posò un bacio sulla testa proprio mentre Burt rientrava nella stanza. L’uomo aveva una strana espressione sul volto, ma non disse nulla. Si sedette su una sedia vicino al divano e fissò la TV senza davvero vederla. Kurt supponeva che il suo comportamento fosse dovuto al fatto che aveva assistito a un momento di tenerezza, ma non poteva esserne sicuro. Tornò a prestare attenzione alla TV, o almeno ci provò. Posò la mano sul fianco dolorante, abbassando di tanto in tanto lo sguardo, quasi si aspettasse di vedere del sangue. Sentì le dita di Blaine scorrere fra i suoi capelli e si ritrovò a chiudere gli occhi involontariamente. “Dormi un po’, Kurt.” Gli sussurrò. “Ti sentirai meglio.”
A quel punto, però, Kurt si era già addormentato.
“Dorme?” Chiese Burt.
Blaine annuì. “Sembra di sì. Ha bisogno di riposo.”
“Non so nemmeno come dirtelo… Blaine, mentre stavo separando le medicine di Kurt, mi ha chiamato l’agente di polizia. Ieri notte è stato attaccato un altro ragazzo. Pensano che si tratti delle stesse persone che hanno aggredito Kurt.”
Blaine si sentì gelare il sangue. Una sensazione di freddo gli si infiltrò in tutto il corpo, per poi venire rapidamente sostituita dalla rabbia. Abbassò di nuovo lo sguardo sul suo povero, dolce, ferito Kurt. “Li hanno presi?” Conosceva già la risposta, ma doveva comunque chiedere.
Burt sospirò. “No. Il ragazzo è in coma. Potrebbe non risvegliarsi.”
Blaine strinse la mano di Kurt, in preda a emozioni confuse. Era dispiaciuto per quel povero ragazzo in ospedale. Era arrabbiato con le persone che continuavano a fare cose del genere. Era anche sollevato, così sollevato, che non fosse Kurt a essere finito in coma. Kurt era a casa e stava cominciando a riprendersi. Kurt sarebbe stato bene. Non augurava il coma a nessuno… ma era così felice che non si trattasse del suo Kurt.
"E’ successo a un isolato di distanza dal luogo in cui è stato attaccato Kurt.” Burt si massaggiò la fronte. “Non riesco a credere che avrebbe potuto toccare a lui. Non capisco. Non capisco perché le persone si comportino in questo modo… non voglio dirlo a Kurt. Non se non sarò costretto a farlo. Non voglio che si spaventi. La polizia farà meglio a prenderli.”
Non era realistico. Lo sapeva Blaine e probabilmente lo sapeva anche Kurt. Quegli uomini non sarebbero stati puniti per le loro azioni. Le probabilità che fossero presi e puniti… non erano molto alte. Non era giusto. Non era davvero giusto. Non voleva spiegare al padre di Kurt quanto fosse improbabile che gli uomini che avevano quasi ucciso suo figlio pagassero per quello che avevano fatto. “Spero che lo facciano.” Disse invece, e accarezzò i capelli di Kurt…
 
La mattina seguente Kurt stava seduto nella vasca da bagno, facendo molta attenzione a non bagnare le fasciature. Si stava rivelando un’impresa difficile. Ci sarebbero volute almeno due settimane prima che potesse farsi una doccia o un bagno senza le bende, e anche allora avrebbe dovuto fare molta attenzione.
"Va tutto bene lì dentro, figliolo?” chiese suo padre per la quinta volta in venti minuti.
“Se avrò bisogno di te, urlerò!” rispose Kurt, affondando maggiormente nella vasca. Voleva solo scivolare giù fino a lasciare fuori dall’acqua solo la testa. Non solo, ma si sentiva stupido a fare un bagno. Si sentiva come se avesse bisogno di una barchetta per giocare o qualcosa del genere. Era ridicolo, non aveva cinque anni.
Sapeva che presto avrebbe dovuto uscire dal bagno, ma stava comodo. Si sentiva molto combattuto. Il fianco lo stava uccidendo, ma odiava gli effetti collaterali degli antidolorifici. Gli mandavano la testa in confusione e si accorgeva di dire cose senza senso, ma non poteva fare nulla per impedirselo. In un certo senso era come essere in trappola. Odiava gli sguardi compassionevoli che Blaine gli rivolgeva e temeva che il ragazzo cominciasse ad averne abbastanza di lui. Dopo tutto, gli aveva detto cose abbastanza assurde. Chiedergli se era asiatico? Davvero? C’era un motivo se Kurt non aveva mai affrontato l’argomento, perché era maleducato. Non si poteva andare da una persona e chiedergli senza giri di parole se era asiatica. Beh, evidentemente Kurt Hummel sotto l’effetto dei farmaci era capace di farlo.
"Kurt, hanno detto che non puoi stare nella vasca per troppo tempo. Quindi dovresti cercare di uscire, okay?”
Kurt si lasciò sfuggire un verso di frustrazione.
“Ti ho sentito. Su, Kurt.” Sospirò Burt.
Kurt tolse il tappo alla vasca e guardò l’acqua defluire nello scarico. Quando la vasca si fu svuotata, afferrò cautamente i suoi boxer e li indossò. “Okay, papà. Sono pronto.”
Burt entrò nella stanza e afferrò un asciugamano per aiutarlo ad asciugarsi. “Ti senti meglio, figliolo?”
“Non meglio, ma più pulito.” Sospirò Kurt, sussultando quando suo padre lo tirò in piedi. “Ce la fai a uscire dalla vasca?”
“Posso provarci.” Era la prima volta in due settimane che Kurt stava in piedi e gli tremavano le gambe. Alzò la sinistra e ondeggiò leggermente, ma suo padre tenne un braccio fermo attorno alla sua vita.
"Ecco, fai passare la gamba sopra il bordo… Ci sei, bravo. Ti senti bene?”
Kurt annuì, sentendosi sbilanciato, ma abbastanza fiero di sé. Il suo orgoglio comunque ebbe vita breve. Cercò di alzare l’altra gamba ma perse l’equilibrio, cadendo addosso a suo padre.
"Stai bene? Kurt?” Chiede Burt con urgenza, sentendo Kurt urlare. “Oh mio Dio, mi dispiace così tanto!”
“Non scusarti. Carole, puoi venire qui?” chiede Burt. cercando di non alzare troppo la voce perché Blaine e Finn stavano ancora dormendo. Kurt si stava lasciando sfuggire dei gemiti, più per lo spavento che per altro.
Carole entrò di corsa nella stanza. “Oh, tesoro! Vieni, ti aiuto ad alzarti.” Si chinò, passando un braccio di Kurt sopra le proprie spalle. “Piano e con gentilezza, okay?”
Sollevò Kurt abbastanza da permettere a Burt di rimettersi in piedi e Burt tirò su Kurt con facilità e lo portò a letto. Scostò immediatamente le bende sul suo petto. “Sembra tutto a posto, Carole. Dobbiamo chiamare un dottore?”
"No, penso che finché non si strappa qualcosa sia tutto sotto controllo.” Si piegò per esaminare i punti. “No, sono a posto.”
Blaine entrò nella stanza con passo malfermo. “Cos’era quel rumore? Va tutto bene?”
“Dovete starvene tutti qui?” Chiese Kurt con impazienza. Sono praticamente nudo e la cosa si sta facendo davvero imbarazzante.”
“Kurt è caduto mentre usciva dalla vasca.” Spiegò Burt a Blaine mentre Carole aiutava Kurt a indossare un paio di larghi pantaloni di felpa.
"Questi sono di Finn, ma penso che per il momento li troverai più comodi.” Sussurrò con un tono rassicurante, poi lo aiutò a infilarsi una vecchia t-shirt. “Ecco fatto. Spostati sui cuscini e riposa. Ti fa male il fianco?”
“Non più di prima.” Sospirò Kurt. Non c’era molto di cui essere fieri. Non era nemmeno in grado di uscire da una cavolo di vasca! “Ce la faccio da solo, papà!” Esclamò quando suo padre si mosse per aiutarlo.
Burt lo guardò, ansioso. “Kurt, preferirei che mi lasciassi aiutare.”
“Non mi farò saltare un punto strisciando all’indietro!” Kurt abbassò lo sguardo sulla sua mano e sussurrò, “Mi dispiace.” Perché era così arrabbiato? Suo padre stava solo cercando di essere d’aiuto.
"Vado a prenderti le medicine.” Burt sospirò, continuando a guardare suo figlio.
“Non le voglio.”
“Kurt, devi-.” Cominciò Burt.
“Ho diciotto anni e non sono costretto a fare quello che dici!” Disse Kurt in tono di sfida. “Non mi piace prenderle. Non voglio prendere quelle. Stupide. Dannate. Medicine.”
"Cosa vuoi che ti dica, figliolo? Chiaramente vuoi qualcosa che non ti sto dando quindi smettila di comportarti come un marmocchio viziato e sputa il rospo. Siamo entrambi stanchi e bisticciare non ci porterà da nessuna parte.”
Kurt si limitò a fissare fuori dalla finestra.
“Perché non ti piace prenderle, tesoro?” Chiese Carole, sedendosi accanto a lui.
“Non lo so.” Sentì che gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.
“Ti fanno male?” Lui scosse il capo. “Hai paura?” Scosse il capo di nuovo. “Bene, cosa c’è allora?”
“M-mmi fanno sentire s-strano.” Si asciugò gli occhi. “Perché cazzo sto piangendo di nuovo?” Si coprì il viso con le mani e le sue spalle cominciarono a tremare.
"Strano in che senso, tesoro?” Si stava comportando in maniera molto gentile e paziente con lui. Burt sembrava troppo frustrato persino per parlare.
“N-non lo so. M-mi fanno s-sentire strambo. E m-mi fanno male allo stomaco. S-sembro ridicolo.”
“No che non lo sembri.” Lo prese fra le braccia. “Per niente. Che altro?”
"N-non mi piace d-dire s-stupidaggini. E-e mi fanno s-sentire c-così triste e a-arrabbiato. E stanco e d-debole.”
“Tesoro, devi prendere le pillole. Una volta che ti ci sarai abituato non ti faranno più sentire strano e nel giro di due settimane cominceranno a somministrarti dei farmaci meno pesanti. Quindi non sarà una cosa duratura. Se non le prendi, soffrirai molto. Nessuno di noi vuole vederti soffrire.”
Kurt annuì appena, asciugandosi gli occhi. Guardò Blaine, con la faccia gonfia di pianto. Voleva solo che Blaine si sedesse accanto a lui e gli dicesse che tutto sarebbe andato bene.
“Perfetto.” Burt batté le mani. “Sono felice che la questione sia risolta. Vado a prendere le medicine.”
Uscì dalla stanza e Carole strinse leggermente Kurt. “Ce la farai tranquillamente, Kurt, e diventerai più forte.”
Kurt fece un sorriso forzato e si pulì il naso.
“Prima che tu te ne renda conto tornerai a scuola, poi arriverà estate e andrai al college.” Gli accarezzò i capelli bagnati. “La tua vita è appena cominciata, tesoro. Questa è solo una piccolissima battuta d’arresto in mezzo a tutte le cose meravigliose che ti succederanno. Okay?”
Annuì, cercando di ignorare il fatto che il gesto cominciava a fargli venire le vertigini. “Okay.”
Lei sorrise e lo baciò sulla guancia. “Credo che Blaine saprà consolarti un po’ meglio di me.” Si alzò. “Accomodati, tesoro.”
Blaine le sorrise debolmente e prese il suo posto. “Grazie.”
“Kurt, ti va di fare colazione?”
Kurt scosse il capo.
“Cosa vuoi che ti prepari, Blaine?” Allungò una mano e arruffò i capelli disordinati di Blaine, cogliendolo di sorpresa.
“O-Oh, sono a posto.”
"Lui ha la scusa dello stomaco disturbato. Qual è la tua?”
“Ti sta lanciando lo sguardo che riserva a Finn. Ti conviene chiederle di farti qualche toast.” Disse gioiosamente Burt, mentre rientrava con le pillole e un bicchiere d’acqua.
“Va bene un toast.” Disse a bassa voce Blaine, prendendo le pillole da Burt.
“Lasciate la porta aperta.” Ordinò Burt mentre lui e Carole si allontanavano.
“Sì, perché ci daremmo dentro come conigli.” Borbottò Kurt.
"Tieni.” Blaine gli porse le medicine e le posò sul suo palmo aperto. “Prendile.”
“Mi dispiace di averti chiesto se sei asiatico.” Sussurrò Kurt, tenendo gli occhi bassi.
“Non sei la prima persona a domandarmelo.” Il suo ragazzo rise forte.
“Davvero, non sembri nemmeno asiatico.” Brontolò Kurt, ancora imbarazzato. “Solo che alcune espressioni… A volte dico delle cose davvero stupide. E’ una bella seccatura. Mi dispiace di averti infastidito.”
Blaine gli accarezzò la schiena. “E’ adorabile, Kurt. Non mi ha dato per niente fastidio. Lo giuro. In effetti, mi ha fatto venire voglia di coccolarti.”
L’altro gli rivolse un debole sorriso, meno forzato di quello che aveva rivolto alla sua matrigna. Ingoiò le sue pillole, bevve il suo bicchiere d’acqua e si rannicchiò contro il fianco di Blaine. Il ragazzo cominciò a canticchiare a bassa voce, mentre Kurt giocava con le dita della sua mano. Con l’altra, Blaine continuava ad accarezzargli i capelli in maniera rassicurante.
“Cosa stai canticchiando?” sussurrò Kurt, chiudendo gli occhi.
"Non lo so. Stavo solo… canticchiando.” Rispose Blaine, scompigliandogli i capelli e sorridendo. Visto che probabilmente non avrebbe più avuto l’occasione di farlo senza beccarsi uno schiaffo, aveva deciso di approfittare della situazione il più possibile. Dal momento che erano bagnati, era persino in grado di farli stare su dritti.
"Smettila.” Piagnucolò Kurt. “So cosa stai facendo e non mi piace. E smettila di sorridere.”
"Mi conosci troppo bene.” Rise Blaine, piegandosi per baciarlo sulla testa.
“Aspetta solo che mi senta meglio, Blaine Anderson."
"Mi spiace, ma è difficile restare intimiditi da qualcuno con i capelli-.” Blaine fu interrotto dallo squillo del suo cellulare.
La tensione riempì la stanza. Era come se entrambi sapessero di cosa si trattava. Chi altri avrebbe chiamato Blaine così presto? Kurt si sedette lentamente e Blaine si sporse per prendere il suo telefono dal tavolino. La parola “Mamma” lampeggiava sullo schermo.
Kurt afferrò la mano di Blaine.
"Pronto?"
"Ciao, Blaine! Mi spiace disturbarti. Dev’esserci qualcosa che non va con la tua iscrizione alla UK, perché abbiamo appena ricevuto una notifica che ci informa che sul nostro conto è stato accreditato il 50% della tua retta. Dobbiamo mandarti l’avviso? "
La madre di Blaine aveva un accento pesante, ma Kurt era in grado di capire ogni parola alla perfezione.
"Blaine?"
"Mamma, sono in Ohio.”
Ci furono alcuni secondi di silenzio. Blaine si mordeva il labbro, il mento posato sul palmo della mano.
“Oh, sei andato a trovare quel ragazzo?”
“Quel ragazzo ha un nome, mamma. Si chiama Kurt.” Non sarebbe finita bene. Kurt gli strinse la mano e Blaine si sedette diritto, passandosi nervosamente l’altra mano fra i capelli. “E sono qui per restare. Mi sono ritirato dalla UK.”
Chiuse gli occhi, in attesa. Aspettando che chiamasse suo padre urlando. Non andò così. Aprì gli occhi e guardò lo schermo. Aveva riattaccato.
“Cazzo.” Fu l’unica parola che gli sfuggì dalla bocca. Beh, almeno adesso tutte le carte erano in tavola. Lo avrebbe richiamato presto, dopo essersi consultata con suo padre. Gli avrebbe fornito le stesse argomentazioni che avrebbe potuto dargli l’uomo se non si fosse sentito troppo disgustato perfino per parlare con il suo stesso figlio.
Dopo pochi minuti di silenzio il suo telefono ricominciò a squillare.
“Blaine, tua nonna sta chiamando il rettore. Devi tornare a scuola.”
“Mamma, non ho intenzione di farlo.” Chiuse gli occhi. Sentì la mano di Kurt accarezzargli la schiena con piccoli movimenti circolari.
"Ma tu devi tornarci! Lo sai quanto costano le tasse fuori dallo stato, Blaine? Sai cosa dirà tuo padre? Cosa dirà tua nonna? Blaine, è in corsa per un seggio al Senato. Non puoi farle questo! "
Carole entrò silenziosamente nella stanza con il suo toast. Kurt formò qualcosa con le labbra e lei annuì, posando il piatto.
“Non sto facendo niente alla nonna e non me ne potrebbe fregare di meno di quello che dirà papà.” Sua madre cominciò a urlare in un misto di cinese e inglese. Quando Burt entrò, Blaine si stava colpendo la fronte. “Mamma… mamma… mamma, potresti stare zitta?”
Kurt sobbalzò quando la donna cominciò a urlare perfino di più, ma Blaine non sembrava per nulla turbato.
"Con chi sta parlando?” Bisbigliò Burt, nonostante la donna stesse gridando così forte che non avrebbe comunque potuto sentirlo.
“Sua madre.” Sussurrò Carole di rimando e si sedette, posando una mano sul ginocchio di Blaine.
"Non mi interessa della sua stupida campagna, mamma! Non me ne potrebbe fregare di meno se nonna fosse candidata alla presidenza degli Stati Uniti. No, non mi metterò a parlare in cinese perché non voglio! Non posso semplicemente tornare saltellando alla UK. Mi sono ritirato. E non ti azzardare a tirare fuori la Dalton perché è semplice-”
"E’ colpa di quel ragazzo! Quel ragazzo! Ti ha fatto il lavaggio del cervello!”
Blaine sembrava sul punto di lanciare il telefono, ma Carole gli diede una pacca sulla gamba. “Tutto questo non ha niente a che vedere con Kurt e smettila di chiamarlo ‘quel ragazzo’.” Parlò con calma. Se ci fosse stato Kurt al telefono, non sarebbe rimasto altrettanto tranquillo.
"Quella scuola! Quel campo avrebbe dovuto fermare questa cosa! Abbiamo speso venticinquemila dollari per mandarti là per tutte quelle estati e tu cos’hai fatto? Ti sei fatto spedire a casa perché-”
La reazione di Blaine fu istantanea. Chiuse di colpo il telefono con mano tremante. Non se lo aspettava. Forse da suo padre, ma non da lei. Aprì di nuovo l’apparecchio e premette il tasto di accensione, spegnendolo immediatamente. Kurt gli stava ancora accarezzando la schiena, Carole aveva ancora la mano posata sul suo ginocchio e Burt se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto, apparentemente furioso.
Kurt si chinò, facendo aderire il petto contro la sua schiena, e lo abbracciò da dietro. Blaine si appoggiò leggermente a lui, facendo attenzione a non sfregare contro il suo fianco sensibile. Kurt non sapeva cosa dire, ma si ritrovò a chiedersi cosa dovesse fare esattamente una persona per essere cacciata da un campo orrendo come quello. Dato il modo con cui gli occhi di Blaine si erano spalancati e la velocità record con cui aveva chiuso la chiamata, si trattava chiaramente di qualcosa che non voleva rendere noto né a lui né alla sua famiglia. Lo baciò sulla nuca, sull’orecchio, cercando di confortare il ragazzo che aveva passato ogni singolo minuto delle ultime due settimane facendo altrettanto con lui.
"Sto bene.” Rispose bruscamente Blaine, posando il telefono.
“Richiamerà.” Sussurrò Kurt.
"Lo so."
"Devi solo lasciare il telefono spento. A questo punto, qualunque cosa abbiano da dire può aspettare.” Commentò Burt in tono burbero. “Quel che è fatto è fatto e non possono costringerti a tornare in Kentucky. Non so chi si creda di essere tua nonna, ma non ha controllo sui college in altri stati.”
Blaine annuì, inspirando profondamente.
“Mangia il tuo toast.” Carole gli arruffò i capelli e uscì dalla stanza con Burt, chiudendo la porta silenziosamente.
"Blaine, c—" Cominciò piano Kurt. Non era mai stato il genere di persona che faceva pressione sugli altri per ottenere informazioni. D’altro canto non si era mai reso conto che c’erano informazioni troppo importanti per essere nascoste.
"Ora come ora non voglio parlarne.” Lo interruppe Blaine. Non sembrava arrabbiato o insofferente. Non c’era durezza nella sua voce. Sembrava solo agitato e triste.
“Sdraiamoci.” Kurt si lasciò scivolare giù, sussultando leggermente.
“Su, lascia che ti aiuti.” Blaine gli offrì un piccolo sorriso e lo aiutò gentilmente a sdraiarsi. Al momento non poteva preoccuparsi dei suoi genitori. Sapevano che Kurt viveva a Lima, ma non sapevano in che parte della città. Non conoscevano nemmeno il suo cognome, quindi non correva il rischio che si presentassero al garage. No. Ora come ora doveva occuparsi di Kurt, che di sicuro a breve avrebbe cominciato a sentire gli effetti delle sue medicine. Il suo ragazzo sarebbe stato decisamente più felice se fosse riuscito a farlo addormentare prima del manifestarsi degli effetti collaterali. “Sei comodo?”
"Mhmm. Sdraiati accanto a me.” Kurt sollevò le coperte.
In condizioni normali Blaine avrebbe protestato, dichiarando che Burt non avrebbe gradito. Ma fece come gli era stato chiesto, spostandosi più vicino a Kurt. Kurt gli prese le mani fra le sue sotto le coperte e posò la testa sul suo petto.
“Sei sicuro di stare bene?” Gli chiese, completamente dimentico di quanto sconvolto fosse lui stesso solo venti minuti prima. Era buffo. Si preoccupava per Blaine esattamente come Blaine si preoccupava per lui.
Blaine annuì e posò il mento sulla testa di Kurt. “Su. Mettiamoci a dormire prima che quelle medicine facciano effetto.”
Kurt annuì e chiuse gli occhi. La stanza era silenziosa e la testa di Kurt si sollevava con ogni respiro di Blaine. Mentre ascoltava il battito del suo cuore, sentiva le sue dita accarezzargli i capelli. Un quarto d’ora dopo, sospirò. “Blaine, non riesco a dormire.”
“Perché no, tesoro?” Blaine lo baciò sulla testa.
"Non lo so…” Si spostò e si rannicchiò più vicino a lui. Tacque, ma passò i minuti successivi muovendosi e cercando una posizione comoda. Di solito quando si sdraiava accanto a Blaine, Kurt trovava subito la posizione perfetta. “Perché?” Gemette. Si sentiva assonnato, chiudeva gli occhi, ma qualcosa dentro la sua testa gli diceva APRI GLI OCCHI KURT e lui obbediva. Man mano che il tempo passava, diventava sempre più irrequieto e si lasciava sfuggire versi di frustrazione.
Blaine si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia, poi cominciò a canticchiare sommessamente. Kurt non aveva mai sentito quella canzone, ma come al solito la voce dell’altro era così bella che si sentì sciogliere. Continuava ad aprire e chiudere gli occhi, ma quelli di Blaine non lo abbandonarono mai. A metà del secondo ritornello le sue mani finalmente si rilassarono e cominciò a russare quasi impercettibilmente.
Blaine si sdraiò di nuovo al fianco di Kurt, facendo attenzione a non disturbarlo. Kurt si mosse appena, ma non si svegliò. Sbadigliò e guardò l’orologio. Erano solo le nove del mattino. Forse avrebbe seguito l’esempio di Kurt e sarebbe tornato a letto. L’alternativa era starsene seduto per ore nel terrore del prossimo incontro con i suoi genitori. Dormire sembrava decisamente l’opzione migliore, quindi chiuse gli occhi e si lasciò scivolare nel sonno.

  
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