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Autore: Mary P_Stark    25/01/2012    4 recensioni
Cosa potrebbe succedere, se l'Araba Fenice tornasse a vivere ai giorni nostri? Se camminasse come un comune essere umano, sconosciuto ai più e per nulla riconoscibile ai nostri occhi? La storia di Joy è la storia delle molte vite di Fenice che, con i suoi poteri, tenta a ogni rinascita di portare il Bene e l'Amore nel mondo. Ma può, l'amore vero e Unico, toccare una creatura come lei che, da sempre, non vi si può abbandonare poiché votata solo all'altrui benessere? Sarà Morgan a far scoprire a Joy quanto, anche una creatura immortale come lei, può cedere al calore dell'amore, facendole perdere di vista il suo essere Fenice.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breve parentesi sugli altri personaggi della storia, così da rendere più chiari i comportamenti di alcuni di loro in relazione a Joy. Spero possa esservi d’aiuto. Buona lettura a tutti! :)

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6.
 
 



Sopportare lo scherno generale, per Oliver Thomson, non era mai stato semplice.

Abbandonare l’Inghilterra per tornare in America era stata, in definitiva, la scelta migliore per lui e per la sua famiglia.

Ricominciare tutto da capo, col pesante fardello della derisione e della sconfitta, gli aveva creato non pochi problemi.

Certo, il riflesso di ciò che era successo in India, aveva avuto meno risonanza nella terra dei cowboy e dei grattacieli sterminati.

I suoi colleghi accademici, però, ne erano stati messi al corrente con la stessa velocità con cui l’elettricità attraversa i cavi di rame.

Chiusi nel cassetto della scrivania del suo ufficio, tutti i documenti inerenti le sue ricerche sui Naga attendevano pazienti che qualche editore volesse pubblicarli.

Il dottor Chandra aveva fatto davvero un ottimo lavoro, ai tempi di Nuova Delhi, nello smontare, punto dopo punto, tutti i suoi studi.

Tutte le prove che aveva raccolto nella foresta, così come le fotografie, erano state misteriosamente scomparse.

Anche se non ne aveva mai avuto la prova, sapeva che dietro il furto di quegli importanti reperti c’era stato lui, e solo lui.

Ovviamente, come giovane ricercatore alle prime armi, Oliver non aveva impiegato molto a essere bersagliato da critiche più o meno velate.

La fama di Bharat Chandra, esimio professore emerito di Calcutta, aveva contribuito a farlo sembrare ancor di più un pazzo e un vanesio, agli occhi dei collegi.

Se n’era tornato a Londra con lo zaino pieno dei pochi documenti che, il ladro, non aveva trovato nel suo frettoloso raid all’interno della sua stanza d’albergo.

Dopo aver riabbracciato sua moglie, avevano fatto armi e bagagli ed erano tornati a casa, a Phoenix.

Lì, erano rimasti il tempo necessario per permettere a Consuelo di dare alla luce il loro primogenito e svezzarlo.

Accettata una cattedra a Lincoln City, avevano salutato i genitori di Oliver e si erano trasferiti in Oregon quando il piccolo Morgan aveva compiuto due anni.

Fresco di quella bruciante sconfitta, Oliver aveva accolto quasi come una catarsi mistica le voci che circolavano in quella nuova città.

Una bambina trovata nel bel mezzo di un bosco, racchiusa da un nido di rami mirabilmente intrecciati.

Nessuna notizia era mai pervenuta, circa l’identità dei suoi veri genitori, né erano mai state trovate tracce nel bosco che riconducessero a qualcosa su cui indagare.

Se ne avevano parlato per lungo tempo, nella città, vista la famiglia che aveva adottato la bimba.

Come collega della madre adottiva della bambina, aveva saputo in prima persona di quel magnifico quanto casuale salvataggio nella foresta.

Incuriosito da quella strana storia e affascinato dai particolari che, man mano, erano giunti al suo orecchio, Oliver si era buttato a capofitto in quel nuovo progetto.

Il fuoco della ricerca si era ridestato in lui, rendendolo bramoso di una rivincita sul piano umano e lavorativo.

Se avesse scoperto qualcosa di più, su quella graziosa fanciulla, il suo nome sarebbe stato riabilitato.

Gli era sembrato strano, per non dire assurdo, che nessuno si fosse accorto della sua unicità, dell’energia che sembrava vibrare attorno a lei.

Certo, le sue erano solo sensazioni, non certo spiegabili con fatti concreti ma, ogni qualvolta si era trovato nelle vicinanze di Joy Patterson, il suo corpo aveva vibrato in risposta.

Come il suono di una campana in lontananza, o il richiamo di un animale nel bosco, che volesse metterlo in allarme, in allerta.

Ma, se anche non vi fossero state quelle sensazioni così dirompenti, era rimasto insoluto il mistero del suo ritrovamento.

Una culla lignea, creata con rami di mirto e profumata di cannella, non aveva ragione di trovarsi in una foresta di abeti sitka e pini centenari.

Certo, come indizio era debole, e la bambina si era ben guardata dal mettersi in mostra, a parte ciò che lui aveva notato e che le altre persone sembravano non aver compreso.

Oliver si era convinto che vi fosse ben altro, dietro quei profondi occhi verdi carichi di un’intelligenza antica e quasi sovrumana.

In un modo o nell’altro, l’avrebbe scoperto.

Il fatto che, nella sua famiglia, vi fossero ben due poliziotti, non gli aveva certo facilitato la vita.

La stessa Joy non avrebbe esitato a far emettere un ordine restrittivo nei suoi confronti, se il suo interesse per lei le avesse procurato ulteriori fastidi.

Questo l’aveva costretto a essere molto più discreto di quanto non fosse stato nel suo primo periodo di ricerche.

Una volta trovato il giaciglio in cui la bambina era stata trovata, però, tutto sarebbe stato più semplice.

Il clima di quei luoghi non gli aveva facilitato il compito perché, muschio e umidità,avevano contribuito a modellare enormemente il bosco, in quegli anni.

Inoltre, Consuelo aveva dichiarato fin da subito il suo scetticismo nei confronti della sua nuova ricerca.

Questa sua ossessione lo aveva tenuto lontano dal figlio che, nel corso degli anni, si era sempre più chiuso nel suo mondo, fatto di dinosauri e libri illustrati.

Conoscendo i motivi che lo avevano spinto a intraprendere quell’impresa quasi assurda, la moglie lo aveva lasciato fare, pur raccomandandosi di non esagerare.

L’aveva, però, pregato di dividere almeno un po’ del suo tempo con Morgan.

Lui l’aveva accontentata, consapevole di quanto la moglie avesse ragione riguardo al figlio.

Aveva effettivamente passato molto, troppo tempo nello studio, o in giro per Lincoln City, in cerca di notizie sulla piccola bambina misteriosa.

Questo aveva finito con il mettere in secondo piano suo figlio che, ormai di rado, parlava con lui.

Così, prima di partire per i boschi per la sua ennesima ricerca sul campo, aveva proposto a Morgan di seguirlo, il quale aveva mugugnato sentite proteste.

Solo dopo diversi mesi di gite infruttuose e musi lunghi, il piccolo Morgan si era finalmente liberato dall’astio accumulato negli anni nei confronti del padre.

Pian piano, anno dopo anno, quelle loro gite per le abetaie di Lincoln City erano divenute più un passatempo che una ricerca di indizi.

Anche se segretamente Oliver era dispiaciuto di non aver ancora trovato nulla, era felice che Morgan si fosse riavvicinato a lui.

Non era ancora riuscito a trovare nulla, ma il suo fiuto lo aveva aiutato una volta e, ben presto, lo avrebbe aiutato di nuovo.

Minacce o meno, insuccessi o meno, lui l’avrebbe avuta vinta, quella volta.

 
***

 
Chiudendosi la porta alle spalle nel rientrare dalla sua passeggiata infruttuosa nel parco cittadino, dove aveva incontrato Aileen Joy, Oliver salutò con un sorriso la moglie.

“Come mai quella faccia stanca? Camminato troppo? Hai solo quarantasei anni, mio caro, ma sembri averne ottanta!” esclamò la donna, sorridendogli da dietro il tavolo della cucina.

“Che carina, che sei” sogghignò per un momento lui, appendendo la leggera giacca di cotone scuro all’appendiabiti prima di infilarsi in cucina per ammirare la moglie.

Sua coetanea, e vecchia compagna di università ai tempi della Cambridge University of England, Consuelo aveva mantenuto negli anni il suo aspetto fresco e giovanile.

Le sue meravigliose forme sinuose, su un corpo piccolo e tonico, e le lunghe ciocche di capelli ondulati, la rendevano ai suoi occhi ancora la donna più bella del mondo.

Di origine ispanica, Consuelo aveva la pelle ambrata e profondi occhi neri, contornati da lunghe ciglia scure che, in quel momento, sbatterono maliziose.

La sua suadente voce mormorò: “Quando mi guardi così, sento di avere vent’anni, sai?”

Ridacchiando – lei era sempre riuscita a strappargli un sorriso, anche nei momenti peggiori – Oliver le carezzò la lunga chioma scura dai riflessi amaranto e replicò: “Sei tu che sei sempre bellissima. Come si fa a non guardarti a questo modo?”

“Grazie” cinguettò lei, prima di tornare seria, dargli un colpetto al petto con il mestolo pulito e aggiungere: “Problemi?”

“Niente che non possa risolvere” brontolò Oliver, allontanandosi da lei per raggiungere il frigorifero, da cui estrasse una bottiglietta di Budwaiser.

Sollevando un nero sopracciglio con aria vagamente contrariata, Consuelo mormorò sommessamente: “Perché non rinunci e ti lasci tutto alle spalle? Quel che pensa la gente è davvero così importante?”

“Per me, sì” sussurrò Oliver, sorseggiando la buona birra fresca.

Un attimo dopo, sobbalzò.

Dal reparto notte della loro villetta in Northeast 14th Street, giunse un boato fatto di piatti, batteria e chitarre elettriche a tutto volume.

Con un sorriso comprensivo, Consuelo scrollò le spalle limitandosi a dire: “Metallica.”

“Ho notato” sbatté le palpebre Oliver, leggermente sgomento.

Di sicuro, lui prediligeva Bach e Beethoven.

Sollevandosi dallo sgabello su cui si era accomodato per bersi una birra, l’uomo si avviò in direzione del corridoio che conduceva alle camere.

Senza degnare neppure di uno sguardo le lauree sue e di Consuelo appese ai muri, incorniciate a dovere perché risaltassero sulla parete di legno, bussò un paio di volte alla porta del figlio.

“Morgan, posso entrare?!”

“Sì!” esclamò il giovane con la sua voce profonda.

Non appena Oliver aprì la porta, le onde sonore provenienti dallo stereo gli piombarono addosso come una carica di cavalleria, malmenandogli lo sterno e le orecchie.

In tutta fretta, l’uomo cercò la manopola del volume per riportare a più miti consigli quella specie di esplosione atomica sotto forma di musica.

Quando il volume fu a un livello più congeniale, Oliver si volse per osservare la figura del figlio.

Chino sul suo cavalletto e intento a dipingere una scena silvestre, Morgan si volse a mezzo per sogghignare al suo indirizzo e, pennello in bocca, celiò: “Froppo alfa?”

“Un po’...” ammise Oliver, avvicinandosi a lui per osservarne l’opera.

Da ormai un paio d’anni, Morgan si era messo a dipingere tutto ciò che gli appagava l’occhio.

Con sommo stupore sia suo che di Consuelo, si era dimostrato davvero un talento inaspettato.

Simile in tutto allo zio materno, Eduardo, Morgan era già più alto del padre e conservava tutte le caratteristiche somatiche della famiglia di sua moglie.

Scuro di capelli e con occhi intensi e neri come ali di corvo, aveva la pelle di un bell’ambra brunito e labbra carnose e dall’aria perennemente ribelle.

Esse rispecchiavano più di ogni altra cosa il suo carattere scapestrato, e spesso in netto contrasto con quello del padre.

Al pari di Eduardo, anche Morgan aveva il pallino per gli sport e, a sedici anni, il ragazzo era già un asso nella sua squadra di football e un eccellente nuotatore.

Questo gli aveva conferito un fisico slanciato e muscoloso che, con pacato divertimento dei genitori, aveva già causato parecchi cuori infranti, di cui peraltro Morgan non sembrava per nulla dispiaciuto.

Sapeva di piacere per il suo fascino latino, mescolato a una garbata intelligenza e al tocco bohemièn provocato dalla sua passione per la pittura.

E, di certo, non si faceva scrupoli a usarlo.

Consuelo era già giunta alla decisione che, se avesse continuato a comportarsi in maniera così disinvolta con il pubblico femminile, lo avrebbe imbottito di bromuro.

Oliver, tra una risatina e una spallucciata, le aveva replicato che, a sedici anni, era abbastanza normale comportarsi così.

Al suo sguardo accigliato, però, le aveva promesso che se, per i suoi vent’anni, non avesse messo la testa a posto, l’avrebbe mandato all’accademia militare per fargli mettere la testa a posto.

Vederlo così impegnato nel tracciare le linee guida di un tronco d’albero, lo sguardo serio e leggermente accigliato, mentre il pennello dalla punta tonda scivolava sulla tela di cotone, portò Oliver a dire: “Perché non sei così anche con le ragazze?”

Ridacchiando, Morgan si raddrizzò e infilò il pennello nel bicchiere pieno di trementina, prima di fissare ironico il padre.

“Cos’ho combinato, stavolta? Non ho mollato nessuna, ultimamente.”

Mentre le canzoni dei Metallica si susseguivano in sottofondo, passando di volta in volta da brani frenetici ad altri più melodici, Oliver scosse il capo divertito.

“No, infatti. Ma mi chiedevo il perché di una mutazione simile.”

Indicando il quadro incompleto con aria a metà tra il serio e il divertito, Morgan chiosò: “L’arte è una donna con cui non si può fare gli sciocchi.”

Ghignando, Oliver replicò: “Quindi, pensi che con tua madre ci si possa comportare con superficialità?”

Sgranando gli occhi con espressione inorridita, Morgan scosse con veemenza il capo ed esclamò: “Le mamme sono esenti! Totalmente!”

Scoppiando a ridere, Oliver gli diede una pacca sulla spalla, davvero divertito dalla logica contorta del figlio, prima di chiedergli: “Domenica prossima vado in giro per boschi. Vuoi venire? Puoi anche tirarti dietro la roba per la pittura.”

“Ancora alla ricerca del tuo Santo Graal, papà?” commentò scettico Morgan, tornando a mettersi al lavoro. “Ma non sei stanco?”

“Quando sei convinto di essere nel giusto, non ci si stanca mai” sentenziò Oliver, con una spallucciata.

“Non mi sembra che la ragazzina in questione sia diventata un mostro con le corna e la coda, o robe simili” precisò Morgan, dando un colpo di pennello con abile maestria.

“Non ti sei mai neanche degnato di guardarla una sola volta, figliolo, quindi come puoi dire come sia o come non sia?” ribatté sagace Oliver, abbozzando un mezzo sorriso.

Sollevando un sopracciglio con aria maliziosa, Morgan lo fissò di straforo, celiando provocante: “Vuoi che la affascini al punto tale che mi racconti tutto di sé?”

Cercando di non ridere per mantenere un certo contegno di fronte al figlio, nonostante la sua proposta lo divertisse parecchio, Oliver si limitò a dire: “No, non ti permetterei mai di rischiare.”

“In che senso? Cosa pensi che sia, scusa?” chiese a quel punto Morgan, perdendo del tutto la voglia di scherzare per fissare con estrema curiosità il padre.

Notando quanto il figlio fosse sinceramente interessato a saperlo, Oliver intrecciò le braccia sul petto e asserì: “C’è una sola creatura, nella mitologia classica, che si costruisce un nido con rami di mirto. Ora, non avendo sotto mano il fantomatico nido, e non potendone controllare la struttura, posso solo fare delle ipotesi ma, con quest’unico elemento a mia disposizione, posso solo immaginare che si tratti di una Fenice. Inoltre, la ragazza ha dei tratti somatici troppo perfetti perché sia del tutto umana, e un’intelligenza così raffinata che ha poco a che vedere con una giovane di soli quattordici anni. Oh, certo, lei la tiene bene a freno, ma nei suoi occhi la si legge a chiare lettere.”

Sbattendo freneticamente le palpebre di fronte alle parole del padre, Morgan lo fissò scettico, replicando: “E tu basi tutte le tue ricerche su delle prove così misere? Non può semplicemente essere un genio come Einstein o Newton? O una bellezza divina come Cindy Crawford o Linda Evangelista?”

“Te l’ho detto, se la incontrassi, sono sicuro che ti renderesti conto anche tu che in lei c’è qualcosa che esula da questo mondo” insistette Oliver, accalorandosi.

“Non sono una parabola satellitare, papà,… non capto segnali dallo spazio” precisò ironicamente Morgan, sorridendogli impertinente.

Sbuffando esasperato, Oliver scrollò una mano come per lasciar perdere e borbottò: “Che te ne parlo a fare?”

“Perché te l’ho chiesto?” buttò lì, Morgan, dandogli una pacca sulla spalla. “Se proprio ci tieni a perdere il tuo tempo fai pure, papà, ma dai retta alla mamma e non esagerare, perché le tue attenzioni nei confronti della ragazzina potrebbero essere scambiate per qualcosa di molto meno nobile di una ricerca scientifica.”

“Non mi caccerò nei guai, promesso” annuì Oliver, prima di sentire il campanello di casa e chiedere: “Devi uscire?”

“No. Deve essere Missy  Perkins. Doveva venire a vedere i miei quadri” gli spiegò Morgan, sorridendo soddisfatto.

“I tuoi quadri…” commentò scettico il padre.

“E’ la presidentessa del Club di Pittura della scuola, papà. Non è tra le mie prede, credimi, ma è brava e volevo che desse un’occhiata ai miei lavori” spiegò con tono pacato Morgan, insensibile alle occhiate divertite del padre.

Un attimo dopo, infatti, la madre disse a mezza voce: “Morgan, è per te. Una signorina di nome Missy ti cerca.”

“Ciao” disse sbrigativo Morgan, trotterellando fuori dalla stanca e fischiettando allegro.

Oliver ne uscì a sua volta, diretto verso il suo studio e, chiusosi all’interno, andò ad accomodarsi sulla sua poltrona di pelle prima di accendere il computer.

Quando il programma si fu avviato, diede un’occhiata alla carta topografica della zona circostante Lincoln City.

Oliver la aggiornò con la zona che avrebbe coperto di lì a qualche giorno.

Fatto ciò, aprì il file riguardante la sua ricerca su Aileen Joy e, con occhio attento, scrutò le centinaia di fotografie che la riguardavano.

Per l’ennesima volta, si chiese come la gente non riuscisse a scorgere, in lei, ciò che per lui era così lampante.

Sì, agli occhi di tutti poteva apparire come una candida creatura, ma lui non riusciva a fidarsi di quegli occhi dalla sapienza millenaria, che scrutavano le persone come se potesse leggervi dentro senza alcun problema.

E quell’ombra dietro di lei. Possibile che nessuno la vedesse?




 
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In questo capitolo ho voluto prendermi cura di Oliver, perché fosse ben chiaro che persona è. Non è malvagio in senso stretto, è solo ossessionato dal mistero che circonda Joy e, più avanti, scopriremo perché lui riesce a scorgere altro, in lei, mentre agli altri è negato.
Nel prossimo capitolo, comunque, torneranno Joy e Alex, non temete.
Un'ultima precisazione: Morgan parla di Cindy Crawford e Linda Evangelista perché la storia si sviluppa negli anni 90.
  
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