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Autore: Aura    27/01/2012    2 recensioni
"Tutto quanto è fermo a te, tanto il resto cambia; vivrò ma non vivrò più..."
La battaglia finale è imminente, lo sente, tanto quanto sente il vuoto che ha scelto mangiargli l'anima; Draco farà quello per cui è nato, rimanendo al fianco della sua famiglia e della schiera in cui hanno deciso di combattere, anche se lo strappo gli ricorda che ha avuto una possibilità di fare andare le cose diversamente.
Ma non avrebbe mai funzionato, lei non era per lui.
Dal capitolo uno:
Una smorfia tristemente divertita gli mosse le labbra, mestamente ripensò alla fragilità della mente e alla corruttibilità dei ricordi: in quel momento Lei era tutto fuorchè bella, con i capelli spettinati ed incrostati di sangue rappreso che aveva disegnato anche delle lugubri macchie sul volto e sugli abiti; eppure nella sua mente la vedeva bella, e si ritrovò ad avere quasi nostalgia di quegli attimi in cui avevano rischiato di perdere la vita, in quel lasso di tempo dove né Harry Potter né il Signore Oscuro erano lì per dividerli.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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3

Che senso aveva stare ancora lì? Nessuno.
L'aveva vista, era con Weasley e stava bene; cosa voleva vedere ancora, forse l'ombra di un rimpianto sul suo viso? Voleva vedere se il sorriso che rivolgeva a Weasley non era così luminoso come quello che aveva riservato a lui?
No, voleva andarsene. Quello che era fatto era fatto, e se fosse tornato indietro nel tempo l'avrebbe dovuto fare ancora: era giusto, era così che dovevano andare le cose.
Scostò la tenda e si mosse di lato, sembrava che l'attenzione di tutti fosse diretta alla Weasley che era appena arrivata; aveva quasi raggiunto la porta quando la sua testa si mosse per lui e i suoi occhi La cercarono per un ultima volta, incontrando quelli di Lei, l'unica a guardarlo. Un frammento di secondo sospeso nel tempo dove il passato non aveva più molto senso, forse perché era passato o forse perché in quell'istante semplicemente non era così importante


Ciao Hermione.

Ciao Draco,

Stai bene...

Sto bene...


Eccola, veloce come un serpente che mordeva e lesto ad indietreggiare lasciando il suo marchio, una stilla di rimorso.
No, non rimpianto del passato, ma un impossibile desiderio del futuro


Se cambierà

per te nascerò ancora

per il tempo rimasto

cura sarò

niente più come te


Ciao Hermione.

Addio Draco.

Addio.


Afferrò la maniglia dietro di lui e scomparve.




* * *




Era passata una settimana, e se Draco era stanco e sfibrato mille altre volte doveva esserlo lei, costretta a dormire sempre di meno, costretta ad obbligarlo e convincerlo costantemente alla sensatezza delle sue decisioni, costretta a tapparsi le orecchie mentre lui si lamentava.
A Draco in fondo non importava molto, o almeno così si sforzava di credere aumentando le sue angherie quando i sensi di colpa alla vista degli occhi cerchiati e lucidi gli pungevano lo stomaco.
Erano entrambi feriti, e questo rallentava ulteriormente il passo specialmente quando lui dopo ore di camminata faticava a rimanere in piedi o quando sulla fronte di lei si accumulava il sudore bruciandole la ferita; ma entrambi avevano la sensazione che la foresta fosse talmente immensa che il loro ritardo non era molto rilevante.
Era appena iniziato il suo turno di guardia, lei sfinita aveva imparato ad addormentarsi di sasso anche nei posti più impervi, ma quella sera in cui il fuoco non riusciva a scaldarli abbastanza dopo la pioggia del pomeriggio sembrava che il suo sonno fosse particolarmente disturbato.
Dopo più di due ore in cui l'aveva sentita borbottare incessantemente spinto dalla curiosità Draco si avvicinò lentamente a lei, non riuscendo a capire se dormisse realmente, ma una volta accanto alla strega scoprì che nonostante gli occhi erano chiusi il viso arrossato era bagnato dalle lacrime. Stupito provò a tirarsi indietro, quando d'istinto la sua mano si allungò sulla fronte di lei, scoprendola bollente, mentre lei continuava a singhiozzare nel sonno, e le parole si facevano più distinte

-Harry, Ron...

Una smorfia di fastidio gli dipinse il volto, arrabbiato perché il senso di colpa ormai era impossibile da ignorare. Si staccò il suo mantello posandoglielo malamente addosso e si allontanò, mettendosi più vicino al fuoco, il falò a dividerli.
La soluzione era una sola: doveva smetterla di torturarla, sennò la situazione della ragazza si sarebbe aggravata e lui aveva bisogno della sua esperienza e del suo ingegno; doveva ammetterlo.
Se c'era una cosa in cui se la cavava abbastanza bene erano le pozioni, per cui si ingegnò con una pietra concava come calderone appoggiata vicino al fuoco e mischiò dell'acqua a delle foglie di ortica selvatica pestate, catturò un cervo volante in un tronco poco distante dal loro accampamento (non si sarebbe mai arrischiato ad inoltrarsi oltre) e strappata la coppia inferiori di ali, quella più delicata, le spezzettò finemente e le aggiunse all'intruglio.
Forse gli ingredienti non erano del tutto corretti rispetto alla ricetta originale, ma qualche effetto sarebbe riuscita ad averlo.

Quando la brodaglia iniziò a sobbollire si aiutò con i lembi del mantello che momentaneamente tolse alla Sanguesporco per travasarla in una foglia abbastanza grande ed abbastanza resistente di un rampicante perenne, e si avvicinò a lei porgendogliela
-svegliati, questa ti farà passare la febbre- le disse, provando a non essere troppo sgarbato.
Notò che il respiro di lei si era fatto più affannato, e facendo attenzione a non versare la pozione accostò nuovamente una mano alla fronte, scoprendola più calda; sbuffando irritato le fece scivolare la mano dietro alla nuca, capendo che non si sarebbe svegliata, e le sollevò la testa un poco, accostando la foglia alle sue labbra premendovi sopra perché le schiudesse del tutto.
Versatovi la pozione le portò una mano al mento, chiudendole la bocca, e tirandola un poco più su la intimò di inghiottire, sicuro che nell'incoscienza avrebbe capito.
Una volta certo che non sarebbe affogata si allontanò nuovamente, ritornando al suo posto e monitorando di tanto in tanto le condizioni della strega per tutta la notte, fiero che la sua pozione improvvisata stava facendo un po' d'effetto: nonostante la fronte fosse ancora calda l'affanno era diminuito e la temperatura era un poco scesa.


La vide sbattere gli occhi quando i raggi del sole mattutino le colpirono il volto
-ma che...- disse stupita cercando di alzarsi, non riuscendo a darsi una spiegazione per il suo sonno protratto. Guardò stranita i rimasugli degli ingredienti della pozione sparsi, il pestello improvvisato ed il paiolo di fortuna ancora umido e sporco, e accanto a lei la foglia usata come scodella -mi hai avvelenata?- domandò spaventata.
-hai la febbre, ti lagnavi così tanto che ho dovuto prepararti una pozione per fartela scendere: eri una vera noia- sbottò lui
Lei si portò una mano alla testa, socchiudendo gli occhi e rimettendosi sdraiata lentamente, come colpita da un capogiro
-e perché non mi hai svegliato per il turno di guardia? Ti sei addormentato?- domandò stanca
-no, ti ho lasciato dormire- ribatté lui. Vide gli occhi di lei spalancarsi scioccati e voltarsi a guardarlo interrogativi -non ti emozionare- proseguì allora sibilando -guarda che l'ho fatto solo perché malata o morta saresti solo un peso, Sanguesporco- concluse, calcando il tono su quell'appellativo che lei non avrebbe mai dovuto scordare. La testa castana si voltò in silenzio, e dopo qualche istante la ragazza provò ad alzarsi
-dobbiamo metterci in viaggio- lo informò, fredda.
Mentre la vedeva barcollare Draco si alzò di scatto, infastidito
-stattene lì- la intimò, severo -ci penso io a raccogliere le cose- spento il fuoco e legate le bisacce alla sua cintura si fermò dandole le spalle, indeciso. Lei non era in grado di camminare, era ovvio; dopo dei lunghi attimi di silenzio si avvicinò a lei, prendendole malamente un braccio sulla sua spalla -sali- sbuffò
-no, ce la faccio- ribatte fiera
-sali- ringhiò allora lui -non sei certo in condizioni di camminare, e per quanta poca strada riuscirò a fare con te in spalla è sempre meglio che fermarsi qui, vuoi essere ancora di più un peso di quello che già sei? Muoviti
La ragazza fece appello alle sue ultime forze per issarsi in silenzio sulla sua schiena, tacendo l'orgoglio che urlava di preferire andare a cavallo di un Troll piuttosto che lasciarsi trasportare da lui.
Sospirò, chiedendosi quanto ancora doveva durare quella storia
-so che preferiresti essere con Potterino e Weasley, ma così stanno le cose- la voce del ragazzo era uscita talmente piano che si domandò davvero se avesse detto quelle parole: cosa volevano essere, delle scuse? Vaghi ricordi nella sua mente le riportarono alla memoria la mano fresca che sentiva sulla fronte durante il delirio della febbre, e la pozione che lui le aveva preparato.
Forse non era così cattivo come voleva dimostrare, nonostante era come se ci tenesse a sottolineare il contrario
-non sapevo che le Sanguesporco pesassero di più delle Streghe
normali- borbottò poi lui, per cancellare quello che aveva appena detto.
Ad ogni azione positiva ne compensava con una negativa, e viceversa.


Non fecero molta strada quel giorno, si fermarono dopo circa un'ora di camminata perché la ferita di Draco iniziava a pulsare insopportabile, anche se lui addusse come scusa la fronte della ragazza che aveva ripreso a scottare. Riprodusse la pozione con gli ingredienti che si era tenuto, e mentre lei sonnecchiava ne approfittò per riprendere fiato.
Mangiò un paio di mele, segnandosi mentalmente di stare attento lungo al cammino per trovare qualcosa che avrebbe potuto migliorare le condizioni della sua ferita: il dittamo a quella latitudine era altamente improbabile, immaginò, ma avrebbe potuto preparare una pozione alternativa.
La svegliò quando si fu riposato e le fece ingollare l'amara brodaglia, che da cosciente fece più fatica a mandare giù, prima di riprendersela sulle spalle.
Fece effetto più in fretta rispetto alla notte precedente, dopo una manciata di minuti si sentiva la testa più alleggerita dalla morsa della febbre.
-sai Malfoy- disse, cercando di ringraziarlo -tutto sommato né Ron né tanto meno Harry avrebbero potuto curarmi come hai fatto tu, loro sono una frana in pozioni- rivelò goffamente.
Inutile dire che probabilmente con loro non si sarebbe ammalata, aveva capito che doveva eguagliare i suoi sforzi e rendere meno sgradevole la loro permanenza nella foresta, cercando di sotterrare l'ascia di guerra.
Non era certo facile, ma un tentativo non guastava.
Di tutta risposta lui sbuffò rumorosamente, e continuò a camminare





* * *




Il suo compito era andare lì, affrontarli, fermarli: Potter, Lei e Weasley.
Non poteva tirarsi indietro, con leggero movimento del capo fece cenno a Tiger e Goyle di seguirlo verso la stanza delle necessità, dove definitivamente avrebbe combattuto contro di Lei.
Un sacrilegio affrontarla, una blasfemia puntarle contro la sua bacchetta, un peccato mortale esserle avverso; ma lo aveva scelto


E verrà l'inverno

neve scenderà

il silenzio ti cancellerà


come avanzare ancora verso quella stanza se non ripetendo a mezza voce, indifferente quanto mai della presenza dei suoi tirapiedi, la menzogna ultima come un incantesimo a dargli coraggio: l'avrebbe dimenticata un giorno, Lei sarebbe stata meno importante.
Nel momento stesso in cui lo diceva però l'ombra della sagoma di Lei gli ricordava che non era possibile.




* * *




L'importante non era uscire da quella foresta? Ormai era quello l'obiettivo, passo dopo passo, fitta dopo fitta. Sentì solo la sua voce in lontananza
-Malfoy!- prima di rendersi conto che era diventato tutto nero.


Il dolore era aumentato, il peso della Sanguesporco gli gravava sulla ferita schiacciando i lembi di pelle e comprimendoli, ma a lui importava solo proseguire; ora, mentre riprendeva conoscenza, iniziava a percepire quanto fosse diventato insopportabile.
-sto facendo di tutto- ora la voce della Granger suonava come una scusa -ma tutto quello che ci hanno insegnato non sembra funzionare: non è una ferita normale, è come se fosse maledetta. Non ti preoccupare, sentirai meno male tra un po'- gli assicurò mentre i suoi contorni sfocati prendevano forma.
-è rimasta un po' di pozione che avevo preparato per te- digrignò lui -trova delle bacche di ginepro e correggila, dovrebbe aiutare
-l'ho già fatto, l'hai bevuta, cerca di stare tranquillo adesso
Era una parola, quando il fuoco lo divideva in due, e il suo cuore sembrava essere sceso all'altezza della ferita tanto che pensava potesse uscirne, data la forza con cui lo sentiva pulsare. Poco a poco si fece nuovamente tutto indistinto, prima che riuscisse a capirlo.


-quanto tempo siamo stati fermi?- disse aprendo gli occhi: il dolore era ritornato ad essere sopportabile, e la sua mente riacquistò subito lucidità
-un giorno- lo informò.
-maledizione- cercando di mettersi a sedere scoprì che una stretta fasciatura gli costringeva il torace, e notando la nudità della sua pelle sotto al mantello capì che le bende erano formate dalla sua camicia
-non potevo usare il mantello il tessuto era troppo ruvido e poi la camicia non ti proteggeva dal freddo, quello sì. Ho avuto cura di non strapparla, così se la ferita migliorerà potrai indossarla di nuovo
-quanto diamine dovremo stare in questa foresta?- imprecò a denti stretti
-non lo so, ma è meglio essere lungimiranti- si strinse lei nelle spalle. Ricordò le sue condizioni del giorno prima, sembrava stare meglio, anche se era come se faticasse a parlargli.
Capì, gli aveva tolto la camicia, aveva visto che cosa celava.

Doveva forse scusarsi per essere sé stesso? Per appartenere alla sua famiglia? Per non essere quello che suo padre chiamava Traditore del Sangue?

Il senso di colpa che lo aveva tormentato nei giorni precedenti lo punse in maniera diversa: non c'erano altri oltre a lei, avrebbe potuto abbandonarlo mille volte e lasciarlo al suo destino, che sarebbe stato senz'altro breve, ma non lo aveva fatto.
Avrebbe potuto ribellarsi alle sue angherie, ma aveva sopportato con dignità.
Senza una società magica o meno intorno a loro le loro diversità sembravano azzerate, rimaneva solo la fierezza e la lealtà non dovuta di lei che aveva il potere di farlo apparire piccolo ed insignificante.
Provò a ripetersi che in fondo anche lui l'aveva curata ed assistita, erano pari, ma quella consapevolezza non gli bastò.

Erano soli.

-mi è stato imposto, per me non ha importanza- spiegò indifferente, capendo quanto fosse vero.

Lei lo fissò allibita
-per me ne ha invece- ribatté istintiva -sei al corrente che quel tatuaggio corrisponde per me ad una condanna a morte? In nome di che cosa?- tremò avvicinandosi a lui: lo aveva forse risparmiato per ucciderlo con le sue stesse mani? -io
so quanto valgo e perché, non mi interessa dimostrarlo: chi sei tu per dirmi che non è vero?
Il sangue, lo stesso che lo legava alla devozione per la sua famiglia, ora sembrava sgretolarsi di fronte alla semplicità e all'ardore con il quale lei si difendeva.
-non parliamo più di questo- propose. Non poteva dirle che in qualche modo avrebbe potuto avere ragione, sarebbe imploso se avesse pronunciato quelle parole; eppure non era neanche in condizione di perorare la sua causa, perché Draco di cause sue non ne aveva.
Hermione lo fissò brevemente, né vinta né vincitrice di quella discussione ma molto più di lui, paradossalmente in entrambi i casi.
Gli controllò la fasciatura
-come pozione non sembrava fare molto effetto così ne ho fatto un unguento e te l'ho messo direttamente sulla ferita: perché non mi hai detto che si era aggravata così tanto?
-non me n'ero accorto, evitavo di guardarla- rispose laconico.

La sentì sospirare, e si mise a sedere allontanando le dita di lei che stavano ispezionando la benda; non voleva sentirsi ancora più in difetto di quanto già non fosse.
Quella dannata foresta, quel dannato isolamento: in un altra situazione mai avrebbe creduto di sentire a disagio nei suoi confronti, di capire cosa volesse dire
sentirsi in debito; ora invece i contorni di quella frase prendevano forme più reali ed era tutta colpa di quella dannata foresta.
Da quanto erano lì, quanto avevano camminato? Un altro turbamento lo colpì

-usciremo mai di qui?- disse cogliendola di sorpresa, mentre lei stava raccogliendo il loro scarno equipaggiamento.
-speravo non me lo chiedessi








Nda Cosa cela in realtà la foresta? Hermione ha capito qualcosa?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!

   
 
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