ONE OF MANY DAYS
La nascita non termina il giorno in cui vieni al mondo, quel giorno è solo l'inizio: il giorno in cui hai lasciato il ventre di tua madre non sei nato, hai iniziato a nascere.
- Osho
Spencer
Reid non avrebbe mai pensato che prima o poi avrebbe ritenuto un
viaggio di lavoro, un lavoro come il suo,
una vacanza, ma quei quattro giorni passati ad Austin alla ricerca di
un serial killer che aveva preso di mira anziani soli erano stati
quasi una benedizione per lui.
Il
giovane profiler si morse il labbro inferiore, maledendosi per aver
formulato un pensiero del genere.
In
fondo era normale che Raquel si svegliasse ancora di notte. A solo
tre settimane dalla nascita la piccola non si era ancora abituata ai
giusti ritmi fra veglia e sonno e, oltretutto, reclamava a ragione i
propri pasti. Oltretutto, come JJ e Hotch gli avevano fatto notare
rievocando il tempo in cui i loro figli erano così piccoli,
sembrava
che la piccola fosse incontenibilmente attiva per una bambina della
sua età. Rossi aveva ipotizzato che fosse perché
Raquel aveva
ereditato la vivacità dalla madre e la curiosità
insaziabile dal
padre.
In
ogni caso Reid era stanco. Anzi, esausto. E la cosa che lo
sconcertava maggiormente era come invece Alaska non lo fosse affatto.
Sua moglie infatti, una volta tornata a casa dall'ospedale, aveva
iniziato ad esercitare il proprio ruolo di neomamma con una
determinazione disarmante, un vortice di capelli corvini che
schizzava da una stanza all'altra, capace di percepire ed
interpretare alla perfezione il minimo verso proveniente dalle labbra
della piccola Raquel e a soddisfare con efficienza incredibile ogni
suo piccolo desiderio.
Spencer
si ritrovò a scuotere la testa: lui non aveva la naturalezza
frizzante di Alaska nel ricoprire il proprio nuovo ruolo di genitore.
Che la colpa fosse sua? Forse, non era semplicemente in grado di fare
il padre...Dopotutto, nemmeno il suo, di padre, poteva essere
definito come un genitore esemplare.
Il
giovane genio espirò sonoramente, attirando l'attenzione del
suo
migliore amico.
“Un
sospiro piuttosto pronunciato, quello, per essere semplicemente di
sollievo per la fine del caso.” commentò Morgan,
voltandosi verso
di lui e alzando un sopracciglio.
Reid
scrollò le spalle, sperando che al collega quel gesto
bastasse come
risposta.
“Che
c'è che non va, ragazzino?” incalzò di
nuovo l'uomo di colore,
posandogli una mano sulla spalla ossuta.
Spencer
si morsicò distrattamente il labbro inferiore e distolse lo
sguardo.
Non era certo di voler affrontare l'argomento con Morgan: in un modo
o nell'altro l'uomo riusciva sempre a fargli capire quanto le sue
preoccupazioni fossero futili ed in quel momento non sentiva affatto
il bisogno di essere ridicolizzato.
“Non
è niente, davvero.” tentò di
convincerlo il giovane, abbozzando
un sorriso tirato.
A
Derek bastò fissarlo con sguardo determinato per farlo
capitolare
“Reid.”
Il
giovane profiler provò a tenere gli occhi ben fermi su
quelli
dell'amico, ma sapeva bene di non avere scampo. Quando Derek Morgan
si metteva in testa qualcosa era difficile farlo desistere dai propri
intenti.
“Alaska
sa sempre cosa fare.- sbottò quindi Spencer, parlando tutto
d'un
fiato come se si fosse tenuto quelle parole dentro per troppo tempo-
Le viene naturale, non ha letto nemmeno uno di tutti quei manuali
sull'essere genitore che io invece mi sono divorato da quando ho
scoperto che era incinta. Adoro Raquel è la cosa
più bella che mi è
capitata nella vita, ma non riesco a distinguere quando piange
perché
ha fame o quando lo fa perché è
stanca...”
Morgan
si dovette trattenere per non scuotere fisicamente il giovane amico
allo scopo di interromperlo “Reid, ma ti rendi conto di
quello che
stai dicendo?”
“Ti
sto rendendo partecipe della mia totale incapacità ad essere
padre.”
borbottò Reid, le labbra imbronciate e le sopracciglia
aggrottate.
“No.-
sospirò il bel profiler di colore, senza riuscire a
trattenere un
sorriso a fior di labbra- Mi hai appena confessato che tua figlia
è
la cosa più bella che ti sia mai capitata. Non puoi essere
un
cattivo padre se la pensi così.”
Spencer
aprì immediatamente la bocca per protestare “Ma
Alaska...”
“Quarantanove
è una madre, Reid, e, per quanto non abbia una spiegazione
logica a
riguardo, le madri hanno un talento naturale per certe cose.- gli
spiegò quindi Morgan stringendo una mano sulla sua spalla in
modo
rassicurante- E poi, lei ha un vantaggio su di te di nove mesi, non
dimenticarlo.”
Reid
provò di nuovo a parlare, ma stavolta si frappose fra i due
uomini
la testa corvina di Emily “Di che state parlando?”
“Cose
da uomini.” la liquidò Derek con un sorriso
arrogante stampato sul
viso.
Prentiss
sbuffò sonoramente ma il suo risentimento durò
poco, dato che, una
volta entrati nell'open space vennero letteralmente travolti da una
macchia arancione, blu e nera.
In
men che non si dica Reid sentì l'aria fuggirgli dai polmoni,
mentre
una stretta d'acciaio gli cingeva il torace in modo quasi doloroso.
“Meno
male che sei tornato.- la voce di Alaska gli arrivava ovattata,
mentre parlava con il volto schiacciato sul suo petto- Ci sei mancato
così tanto, Spencer!”
“Al,
sto soffocando.” riuscì a farfugliare il ragazzo,
mettendo le mani
sulle spalle della moglie e scostandola un poco da sé.
Occhi
blu, della stessa tonalità del vestito che l'antropologa
stava
indossando, si puntarono su di lui con espressione implorante
“Mi
sono dimenticata dove abbiamo messo i pannolini di scorta, ho anche
rivoltato tutta la casa ma non li ho trovati così ne ho
dovuti
prendere degli altri, ma non so riconoscere qual è davvero
la marca
più vantaggiosa e allo stesso tempo più sicura. E
non riesco ad
aprire i cassetti a prova di bambino se tu non mi aiuti. E poi Rocky
la sera non si addormenta se tu non gli leggi l'enciclopedia, ho
provato a farlo anche io ma lo sai che mi distraggo troppo e non
riesco a montare il suo seggiolino sulla macchina.”
Spencer
aveva spalancato gli occhi mentre veniva travolto da quel fiume di
parole e per poco non si avvide del sorriso scanzonato sul volto di
Morgan e del “Visto?” ironico che l'uomo gli aveva
mimato.
“Ti
ho già detto che mi sei mancato tanto tanto
tanto?” continuò
quindi Alaska con tono quasi infantile, prima di posargli un bacio a
stampo sulle labbra.
“Anche
voi mi siete mancate.” rispose con voce addolcita il giovane
genio,
ricambiando finalmente quell'abbraccio improvviso.
“Allora,
dov'è la mia figlioccia?” domandò
quindi Derek, dando un colpetto
sulla spalla dell'antropologa.
Emily
bloccò immediatamente qualsiasi risposta della ragazza,
mettendosi
le mani sui fianchi snelli “Hey, non ci provare: solo
perché sei
il suo padrino non significa che puoi monopolizzare la piccola
Rocky.”
Reid
alzò un sopracciglio, perplesso.“Di nuovo,
perché avete dato quel
soprannome a mia figlia?”
“Perché
è una forza.- spiegò quindi Garcia, che stringeva
fra le braccia un
frugoletto la cui zazzera bionda era tenuta a bada da una ridicola
fascia per capelli a pois rossi- Come Rocky Balboa.”
“Ah,
giusto.- annuì il giovane profiler, memore della prima volta
in cui
i suoi amici gli avevano fornito quella spiegazione- Quel film in cui
Silvester Stallone è un militare vendicativo?”
“Quello
è Rambo, Reid.” spiegò quindi Hotch con
tono rassegnato.
JJ
rivolse alla piccola un sorriso radioso “Aw, Alaska, diventa
più
bella ogni giorno che passa.”
“Davvero.-
confermò Rossi, allungando una mano per passare l'indice
sulla pelle
di pesca della guancia della neonata- È deliziosa.”
“Andiamo,
Riccioli d'Oro, vieni dallo zio Derek!” disse quindi il
profiler di
colore, facendo cenno a Penelope di passargli la bambina.
Dopo
tre settimane non era più così cauto intorno a
lei e, se i primi
giorni in cui la teneva in braccio, sembrava stesse maneggiando una
mina antiuomo pronta ad esplodere da un momento all'altro, ormai
Derek non poteva fare a meno di coccolare la piccola ogniqualvolta se
la trovasse abbastanza vicina.
“Scommetto
che questa gliel'ha regalata Crowford.” commentò
alzando un
sopracciglio, mentre additava la tutina rossa della bambina su cui,
in grandi lettere verde acceso, svettava la frase Tutto
quello che
la mamma voleva era una massaggio alla schiena.
Lo
scrollare le spalle rassegnato di Reid bastò come risposta.
“Non
che non siamo tutti contenti di vedere sia te che la piccola, ma come
mai qui Alaska?” domando quindi Dave, cingendo le spalle di
quella
che considerava a tutti gli effetti la propria figlioccia.
“Penny
mi ha detto che stavate tornando e ho pensato di farvi una
sorpresa.”
rispose quindi l'antropologa con un sorriso a mille watt.
“Spero
solo che la Strauss non ti abbia visto.” aggiunse quindi
Hotch,
senza trattenere una smorfia al pensiero della direttrice della
sezione.
“Certo
che Erin ci ha viste.- spiegò invece la ragazza con tono
leggero-
Siamo passate nel suo ufficio, prima.”
“Erin?”
ripeté Emily aggrottando la fronte. Alaska non poteva avere
davvero
chiamato la Strauss per nome come se fosse una delle più
care
amiche.
Ma
la giovane annuì in conferma “Sì. Ha
giocato con Rocky, le sta
molto simpatica. Vero, piccolina?Vero che ci siamo divertite un mondo
con la zia Erin prima?”
Rossi
si ritrovò a scuotere la testa “Ok, è
ufficiale: la terra è
piatta, gli asini volano e l'erba è viola.”
Alaska
si ritrovò a corrugare le sopracciglia mentre si voltava
verso Hotch
“Ma nessuna di queste cose è vera...”
“Tranquilla
Al.- la rassicurò JJ con una risata argentina- È
solo una di quelle
cose che non ci prendiamo più la briga di
spiegarti.”
Penelope
annuì e si sporse verso la bambina, ancora accoccolata fra
le
muscolose braccia di Derek “Non preoccuparti
mini-mini-mini-Nocciolina. Ti abituerai a tutto questo, prima o
poi.”
“Garcia,
ti prego, non parlarle così.” la ammonì
immediatamente Reid.
“Così
come?” domandò quindi Emily, alzando un
sopracciglio stranita da
quel singolare rimprovero.
“Con
quel tono e quei vezzeggiativi senza senso.”
spiegò quindi il
giovane genio con espressione seria.
“Aw,
hai sentito Rocky?- chiamò quindi Alaska, la voce
innaturalmente
acuta- Il papà fa ancora lo scorfano brontolone
perché non vuole
che ti si parli così. Ma noi ci divertiamo tanto con le
vocine, vero
tesoro?Certo che sì!”
Spencer
scosse la testa “Studi accreditati hanno dimostrato che il
vocabolario di un bambino dipende dalle parole che sentono prima dei
tre anni. Dobbiamo rivolgerci a lei usando un linguaggio eterogeneo
così quando crescerà il suo vocabolario
sarà ampio e articolato.”
“Falla
finita, Reid.- sbottò bonariamente Morgan, stando ben
attento a non
spaventare la bambina- Scommetto che il vocabolario di Rocky
sarà
abbastanza articolato anche senza togliere il divertimento a
noi.”
“E'
una bambolina di porcellana.” cinguettò Emily,
mentre allungava le
braccia per farsi consegnare la piccola dal collega, che tuttavia
sembrava restio a separarsi dalla figlioccia.
“Che
gentile.- rise Alaska- Mio papà ha detto che sembra uno di
quei
bimbi delle pubblicità dei pannolini.”
Hotch
abbozzò un sorriso, mentre rifletteva su quello strano
complimento
“Giusto. È tuo padre, dopotutto.”
“Andiamo
Morgan, falla tenere un po' anche a me!” protestò
di nuovo
Prentiss, mettendo il broncio.
Rossi
si fece sfuggire una risata paterna “Credo che quando ne
avrete
bisogno non dovrete nemmeno prendervi la briga di cercare una
baby-sitter: qui è pieno di volontari.”
“Oh,
l'abbiamo già.” ribatté quindi Reid,
senza staccare gli occhi da
Raquel che era stata finalmente consegnata ad Emily.
“Cosa?”
domandò il profiler più anziano aggrottando la
fronte, perplesso.
“Una
baby-sitter.- confermò quindi Spencer- L'abbiamo
già scelta.”
“Perché?-
chiese JJ voltandosi verso Alaska- Credevo che ti fossi presa un anno
di pausa dal lavoro.”
L'antropologa
annuì con convinzione “Sì,
infatti.”
“E
allora...”
“E'
per Nate.” la interruppe immediatamente la ragazza dai
capelli
corvini.
“Crowford?-
ripeté Hotch alzando un sopracciglio- Che c'entra Crowford
con la
baby-sitter di Rocky?”
Reid
sfoggiò un sorriso a metà fra il divertito e
l'esasperato “Giusto,
mi sono dimenticato di dirvelo: Alaska si è messa in testa
di essere
Cupido.”
“Oh,
questo non è vero.- protestò sua moglie dandogli
un buffetto sul
braccio- Ma la nostra baby-sitter è perfetta per Nate, ne
sono
sicura.”
“Tutto
questo non finirà bene.- la informò Morgan- Se
non fossi certo che
sei l'unica persona con cui Crowford non alzerebbe nemmeno la voce,
direi che stai per fare una brutta fine.”
“Beth
è un angelo. È bellissima, divertentissima, sa
cucinare e fa tiro
con l'arco da professionista. Ah, e ha i capelli rossi.”
aggiunse
infine con un entusiasmo disarmante.
“Beh,
se ha i capelli rossi direi che Crowford si innamorerà di
lei
all'istante.” rise Penelope, divertita
dall'ingenuità dell'amica.
“Lo
spero.- ribatté Alaska, come al solito inconsapevole del
sarcasmo
del commento appena ricevuto- Ho pensato di farli incontrare la
prossima settimana.”
“Io
voglio esserci!” dichiarò immediatamente Emily,
sul volto un
sorriso divertito.
“Perché,
io no?- le fece subito eco Derek- Non possiamo perderci un evento
del genere.”
“Organizzeremo
una cena allora.” proclamò Alaska, voltandosi
verso suo marito per
vedere cosa ne pensasse.
Spencer
sorrise “D'accordo: settimana prossima sarete tutti ospiti
dai
Reid.”
Dopo
quell'invito il chiacchiericcio allegro ricominciò
prepotente,
portando il sorriso sul volto di tutti i presenti.
La
vita poteva essere davvero meravigliosa.
Spencer
Reid spalancò gli occhi di scatto.
All'improvviso
era totalmente reattivo e sentiva anche una scossa di adrenalina
scendergli lungo la schiena.
Anche
Alaska doveva essersi svegliata. La sentì sospirare e, dopo
aver
dato ancora una carezza alla sua pelle nuda, si alzò,
interrompendo
quel contatto che si era creato fra i due da quando qualche ora prima
lei si era addormentata con la testa sul suo petto.
“Non
posso credere che si sia svegliata ancora.”
borbottò Reid, la voce
impastata dal sonno,, mentre si voltava a pancia in giù. Dal
baby
monitor appoggiato sul comodino, intanto, i vagiti arrivavano alle
loro orecchie prepotenti.
Alaska
gli rivolse un sorriso dolce, un sorriso da madre “Rocky ha
il
cinquanta per cento dei geni di un genio, il suo cervellino
è sempre
in attività.”
“Preferirei
che fosse in attività solo durante il giorno.-
protestò di nuovo il
profiler, pur senza troppa convinzione- La fase REM non è
affatto
sopravvalutata, è importante davvero, sia la sua che la
nostra.”
Sospirò
rumorosamente, prima di puntellare le mani sul materasso per alzarsi
“E' il mio turno.”
“Oh,
no.- lo fermò immediatamente Alaska, premendogli
delicatamente una
mano sulla schiena per farlo tornare sdraiato- Vado io. Domani hai
lavoro.”
Spencer
sorrise mentre faceva sprofondare il viso nel cuscino “Ti
amo.”
“Ti
amo anch'io.” trillò lei, come se non fosse
affatto stata
svegliata alle tre di notte da una bambina urlante.
Reid
alzò di nuovo la testa, giusto per osservare la moglie
infilarsi una
camicia di flanella e poi sgattaiolare fuori dalla stanza.
In
men che non si dica, la voce cristallina di Alaska gli
arrivò alle
orecchie di nuovo.
“Oh!Ma
qui non c'è niente. Falso allarme, quindi, uh?” la
sentì
chiacchierare attraverso l'interfono, probabilmente dopo un controllo
pannolino. Il ragazzo si ritrovò a sorridere, divertito.
“Quindi
volevi un po' di compagnia. Ti capisco, ti devi sentire tutta sola,
qua, al buio, povera la mia piccola Rocky!”
“Hey,
sai cosa possiamo fare?Domani andremo a comprare una di quelle lucine
da attaccare alla presa, che ne dici?Magari a forma di stella, ok?Non
devi sentirti imbarazzata del fatto che hai paura del buio, sai,
anche il tuo papà ne ha un po'. Non dirgli che te l'ho
detto, però,
perchè dovrebbe essere un segreto. Ma noi siamo la sua
famiglia,
quindi non dovrebbe essere un problema, no?Nessun segreto nel team
Reid!”
Spencer
sospirò sonoramente con il volto nel cuscino. Nel petto
covava un
senso di appagamento che non aveva mai sperimentato prima che Alaska
entrasse così rumorosamente nella sua vita.
Un
sorriso gli increspò le labbra mentre chiudeva gli occhi,
rilassato.
Oh,
sì.
La
vita era davvero meravigliosa.
E
così, è finita.
Certo,
c'è ancora Every
little step,
ma non è la stessa cosa. (Tralasciamo il fatto che come al
solito
dovrei esibirmi in righe e righe e righe piene di scuse patetiche
sulla mia incasinata vita da studentessa universitaria fuori sede che
dovrebbero farvi commuovere e farvi dimenticare il fatto che ho
impiegato delle ere geologiche per pubblicare questo ultimo capitolo
della storia.)
Dunque,
dicevo, non è la stessa cosa. E un po' sono orgogliosa e un
po' sono
triste perché in effetti mettere la parola 'fine' ad una
storia
(anche se è solo una fanfiction) mi da una certa
soddisfazione. Ho
letteralmente adorato far muovere un personaggio come Alaska, su cui
ho lavorato così tanto che mi sembra di conoscerla davvero,
come se
fosse una persona reale, in una serie che adoro come Criminal Minds.
E, soprattutto, sono davvero felice che questo mio scrivere a volte
sconclusionato sia stato apprezzato da voi che leggete.
E
così, è finita.
E
lo so che è un finale zuccheroso e che fa troppo 'happy
ending' e
che probabilmente la metà di voi dopo averlo letto
dovrà fare una
visita dal dentista per la troppa carie procuratagli e l'altra
metà
sarà entrata in coma diabetico, ma ogni tanto i lieti fine
ci
stanno, no?
E
così, è finita.
Ma
non è finita davvero perché di scrivere non penso
mi stancherò
mai. E poi, come diceva mia nonna “Quando si chiude una
porta, si
apre un portone.” (E per portone intendo le storie che devo
ancora
finire di pubblicare e un'altra su cui sto lavorando e che- spoiler
alert!- vedrà i nostri profiler collaborare con un
personaggio
particolarmente portato a risolvere crimini)
E
così, è finita.
Il grazie è abituale sulle labbra di chi non si sente padrone di nulla e comprende che nulla di ciò che ha è suo.
-Oreste Benzi
Perché
in effetti se questa saga è arrivata fino a qui lo devo
anche (e
soprattutto) a voi.
Grazie.
Davvero. (Non vado oltre perché anche se sono sociopatica
quasi
quasi mi scappa una lacrimuccia)
Un
bacio JoJo