Autrice: Sephora.
Titolo della storia: The
long way home
Santa beta: Lady
Aika
Genere: angst,
triste, romantico.
Rating: giallo.
Avvertimenti: raccolta, flash!fic,
future!fic, SPOILER!
Fandom: American
horror story.
Personaggi: Tate
Langdon, Violet Harmon.
Sommario: Dicono
che ci si possa sentire a casa ovunque, se si è con una
persona che si ama. Dicono che ci si possa sentire a casa anche in una
villa maledetta, in cui sono stati consumati innumerevoli omicidi
– anche se si è l'autore di molti degli omicidi in
questione.
Però, la strada verso casa diventa più lunga se
hai messo incinta la madre dell'unica ragazza di cui ti importi
qualcosa e, dulcis infundo, hai anche quasi ucciso suo padre.
Ambientazione: post
01x12, tiene conto del finale di stagione. Le flash sono in ordine
cronologico: la prima è ambientata pochi mesi dopo Natale,
l'ultima diversi anni dopo l'omicidio della baby sitter.
Note
varie ed eventuali: ogni flash si apre con una
citazione. Alcune le ho trascritte mentre guardavo la puntata
– ho questa fissa, io XD –, altre le ho prese da questa pagina
(che consiglio caldamente a tutti gli appassionati di AHS), mentre
altre ancora le ho riportate a memoria, per cui nel caso ci fossero
imprecisioni è assolutamente tutta colpa mia e del mio
cervellino da canarino.
La raccolta è sostanzialmente incentrata sugli sviluppi
futuri che quel gran sadico/genio di Ryan Murphy ha pensato bene di
ometterci. Tanto meglio, così posso auto convincermi che
tutte le Tate/Violet che trovo in giro siano assolutamente Canon.
La raccolta è composta da esattamente dieci pure!flash,
ovvero di esattamente 500 parole, limite che mi sono auto imposta.
EDIT: ci tengo molto a ringraziare tutte le gentilissime ragazze che stanno commentando: un grazie di cuore. Considerando che il fandom è, purtroppo, poco popolato, non me le aspettavo proprio XD Purtroppo oggi non riesco a rispondervi, francese mi reclama a gran voce (con tanto di erre moscia). Però ci tengo comunque a pubblicare, perché so già che, sbadata come sono, se aspetto ancora un po' me ne dimenticherò senz'altro. Già, mi chiamano memoria d'elefante di solito.
The long way home
#3 – Oliver
Check this out! I think gay porn is hot.
Patrick e Chad si lasciano e rimettono insieme con la frequenza che più aggrada quest'ultimo: in alcuni periodi, quando Patrick sembra più incline ad assecondare le sue manie di ristrutturazione, Chad si dimentica quasi dei loro trascorsi; in altri... beh, è meglio evitarli scrupolosamente se non si vuole rimanere coinvolti in una delle loro tanti liti, costernate da urla isteriche e da quello che Hayden chiama il lancio del soprammobile.
Questa routine si ripete fino a che non si trasferisce in casa Oliver, cognome ignoto e jeans attillati. Ha la voce stridula, sottile, la esse strascicata e la erre moscia: è, decreta Chad – più che per il tono di voce, per le riviste di uomini nudi che l'ha visto riporre nel comodino –, sicuramente gay. Prima che Ben o Vivien possano impedirlo, Oliver cade accidentalmente giù dalle scale, e il suo nome si aggiunge alla lista delle vittime che Marcy fa di tutto per occultare.
Il trapasso di Oliver, oltre a segnare la fine di urla nel cuore della notte e del lancio del soprammobile, costringe gran parte dei fantasmi che abitano lo scantinato a trovarsi temporaneamente un altro posto dove stare, perché Chad e la sua nuova fiamma vogliono ristrutturarlo.
«Mi piace questo bagno. Ha un non so che di evocativo...»
Tate, dal canto suo, non ha più gli occhi pesti e il portamento di un condannato al patibolo da qualche settimana; più o meno da quando ha capito di poter rimanere per qualche minuto nella stessa stanza con Violet senza che lei gli imprechi contro. Ma solo qualche minuto.
«Chiudi immediatamente la porta, se i miei ti beccano qui sono morta» rimbrotta Violet, a bassa voce. «Cioè, si fa per dire».
«Vieni spesso qui».
«Nessuno vuole stare al cesso, così...»
«Vuoi rimanere sola?»
«Sì».
«Vuoi che me ne vada?»
«Come posso stare sola in compagnia?»
Tate scivola lungo le piastrelle, distendendo le gambe fino a sfiorare coi piedi la parete. «Io sono stato solo per anni – decenni –, dopo un po' ci si stanca».
Violet si volta lentamente, puntellandosi con le braccia sul bordo del lavabo. «Io... io non so quel che faccio. Tate, lo sai: non dovresti essere qui. Stare con te mi fa star male! Non riesco a guardarti senza...»
«Dio, Violet!» Tate si passa le mani sul viso, premendo le dita contro le tempie. Tate sa, ma non capisce. «Io ti amo, non m'importa se a giorni alterni mi vorrai vedere o mi detesterai, non... non me ne fotte niente del resto: tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Tu mi ami, lo so, me l'hai detto! Perché non possiamo solo smetterla?»
Violet abbassa lo sguardo sino a sfiorarsi la gola col mento. «Ci sono dei momenti in cui non sai quanto vorrei che fosse così semplice, Tate».
Tate si alza, incespicando un po' – quando piange fa così - e le tocca una spalla con la punta dei polpastrelli. «È tutto nelle tue mani, Violet. Io sono nelle tue mani».