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Autore: m00nlight    01/02/2012    13 recensioni
Il mio tormento, puntuale, torna a farmi visita.
Quel sorriso sprezzante del pericolo, quella sfrontatezza stampata in volto.
Chiudo gli occhi e mi è di fronte.
Gli angoli della bocca curvati verso l'alto.
Si prende gioco di me.
Mi guarda e sorride, perché sa già che riuscirà a sfuggirmi.
"Dimmi chi sei".
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si può vivere tutta la vita in un attimo.
Giorni, mesi, anni ad aspettare un tempo così breve.
Un'esistenza intera, quasi fosse inutile, sprecata nell'attesa di un momento che le dia significato.
Se solo mi fosse stato insegnato, avrei potuto arrogarmi il diritto di possederlo, o perlomeno avrei potuto allungare la mia mano verso questo sentimento, per cercare di afferrarlo o anche solo di sfiorarlo.
Se solo avessi saputo, non avrei buttato via tutto questo tempo.
Ma l'attesa è la punizione ed è anche la ricompensa.
L'attesa è il nutrimento del desiderio, della brama smodata.
Il tempo accresce le emozioni.
 
Cammino per sentieri sconosciuti, senza meta.
Come unica guida il suono del suo respiro, l'odore della sua pelle, il sapore delle sue labbra.
Senza bussola, vago in cerca di me stessa sul suo corpo.
E mentre la sua bocca mi dà conforto, io sono sempre più convinta che sarà lui a suggerirmi le risposte che cerco. 
Inesperta, lascio che m’istruisca all'amore.
E i miei polmoni si riempiono di lui.
Chiudo gli occhi in un riflesso incondizionato, come se servisse a sentirlo di più.
Mentre le mie lacrime continuano a scendere, si avvicinano alla bocca e si perdono sulle nostre labbra.
 
Come sono riuscita a vivere senza questo da tutta la vita?
 
Questo sentimento mi travolge e mi mozza il fiato, quasi annaspo, poi mi sommerge, fino a farmi mancare l'ossigeno, come fossi sul fondo dell'oceano, con la stessa urgenza con cui cercherei l'aria, cerco il suo respiro e sono salva.
Una mano sfiora il mio viso, un dito ne segue il profilo.
Anche solo una parola sarebbe in grado di spezzare l'incanto. 
Mi darebbe il tempo necessario per pensare di tornare indietro sui miei passi.  
So che lo farei.
Solo una parola.
Una.
Ma nessuno lo farà.
Non adesso.
Mi sono sempre chiesta perché la notte appartenesse agli amanti.
Insomma, perché non il giorno? 
Il buio è un rifugio sicuro per quegli amori che non si possono dire.
La notte è il tempo dei segreti, dei complotti, delle tresche clandestine.
Lo stesso Andrè ha fatto dell'oscurità un mantello dietro cui nascondersi per combattere per i suoi ideali.
Quest’amore è diverso.
Nasce alla pallida luce dell'alba e si consacra al sole di un mattino d'estate.
Caldo, terso, sereno.
Una di quelle mattine che ti fanno dimenticare la tempesta appena passata, anche se ha lasciato i segni dietro di sé.
Il giorno entra dalla finestra e ci sorprende sdraiati sul tappeto, colorando tutto di luce.
Mi separo da te, piano apro gli occhi e trovo i tuoi ancora chiusi.
Un sorriso sulle tue labbra.
Di riflesso sorrido anch'io. 
In un mattino così anche, il nero più nero dei tuoi capelli acquista nuove sfumature dorate.
 
Sai Andrè, Dio creò il Sole e la Luna e fece in modo che non s’incontrassero mai, pur abitando lo stesso cielo.
Ma all'atto della creazione, Dio non poteva sapere che sarebbero diventati amanti, così impietosito dalle loro lacrime, concesse loro di sfiorarsi per pochi attimi. All'alba e al tramonto.
Così lontani, così diversi s’incontrano nello stesso azzurro e si amano, per quel poco che li è concesso.
E' la nostra alba.
E' il nostro tempo per amare.
 
All'improvviso prende il mio viso tra le mani e ancora una volta lo bacia, questa volta con più violenza, quasi con foga.
Gentilmente guida i miei movimenti fino a ribaltare la situazione.
E mi toglie il comando, per la prima volta nella mia vita.
Poi mi ruba la ragione.
Quando la sua bocca giunge sul mio collo, già ho perso il contatto con il mondo.
Sento le sue mani ai bordi della camicia, quando la liberano dai pantaloni e poi vi s’infilano curiose sotto.
Sento le sue labbra sul mio grembo, scendere sempre più in basso, per poi risalire.
Sento il suo respiro solleticarmi dolcemente la pelle.
La sua lingua disegna i contorni della mia ferita, lentamente, senza fretta ripercorre i lembi della cicatrice e indugia ancora e ancora, come se potesse accelerarne la guarigione.
Una dieci, cento volte.
Lo percepisco il suo senso di colpa, quasi riesco a toccarlo.
Si annida lì, in quel gesto che ad altri potrebbe quasi sembrare nevrotico, nel suo tentativo di leccare via la mia ferita.
Cerca disperatamente di cancellare quella macchia lasciata sul mio corpo da un suo errore.
Fermo la sua folle corsa verso la pazzia, raccolgo il suo viso tra le mie mani e tiro su la schiena per incontrare i suoi occhi.
Tutto quello che voglio fare è alleviare il suo dolore.
Mi tuffo tra le sue braccia e mi rifugio sul suo petto, stringendolo forte, fino a fargli mancare il respiro.
-Ti amo Oscar-
Sussurra al vento.
 
Ho imparato che se chiudo gli occhi, il suono può arrivare ancora più nitido alle mie orecchie.
-Ti amo Oscar-.
 
Come sono riuscita a vivere senza questo da tutta la vita?  
 
Sono già ubriaca del suo profumo, mentre sento le sue braccia sollevarmi dal pavimento e stringermi al suo petto.
Non mi sfugge una sua smorfia di dolore, quando il mio peso grava sul lato della spalla ferita, ma nonostante questo, recupera velocemente la dolcezza nei suoi tratti e mi adagia sul letto.
Probabilmente le intenzioni di qualchedun altro sarebbero già state palesi in quel gesto, ma Andrè mi ha sempre sorpreso.
Quando mi porta a letto, tutto quello che si limita a fare è depositarmi un bacio sulle labbra, prima di raggiungere la porta.
Solo un momento.
Il tempo di un respiro.
La mia mano sulla sua camicia.
La mia voce a rompere il silenzio. 
-Resta con me-
La mia bocca di nuovo sulla sua.
I vestiti per terra.
I nostri corpi intrecciati.
Perle di sudore sulla pelle.
Gocce di piacere sull'anima.
 
Udite, gente.
Ascoltate tutti.
Il Cavaliere Nero è morto.
 
  
To be continued...
  
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