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Autore: PuccaChan    02/02/2012    16 recensioni
Cosa accadrebbe se Usagi si stancasse dell'eterna indecisione di Misaki riguardo al loro rapporto e prendesse una decisione molto grave?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Usami, Eri Aikawa, Misaki Takahashi, Nuovo Personaggio, Takahiro Takahashi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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** E io che pensavo che il capitolo precedente fosse troppo lungo... beh, sappiate che è niente in confronto a questo! Il fatto è che siamo arrivati al gran finale e non mi andava di tirarla troppo per le lunghe; spero che apprezzerete il pensiero, perciò armatevi di santa pazienza, e... ci risentiamo in fondo alla pagina! **
 

****

 

Misaki rimase a fissarlo a bocca aperta per alcuni, interminabili secondi. Sbatté parecchie volte le palpebre in rapida successione: non credeva ai suoi occhi. Akihiko era lì davanti a lui, più bello che mai, come un’apparizione. Non stava sognando… oppure sì?
“Sembri diverso… sei dimagrito?” chiese Akihiko in un sussurro, distendendo le labbra in un lieve sorriso.
Non era un sogno, no. Era proprio lui, era davvero la sua voce e quello era proprio il suo sorriso…
“Oh… ah!” si riscosse il ragazzo. “N
non mi aspettavo che tornassi così presto… me ne vado subito, ero venuto appunto a prendere la mia roba… scusami…” Misaki si voltò e rientrò in soggiorno quasi di corsa, cercando invano di calmare i battiti furiosi del suo cuore. Afferrò la borsa e lo scatolone e fece per andarsene… ma quando si girò Akihiko era davanti a lui; lo aveva seguito senza che se ne accorgesse.
“Non voglio che tu te ne vada” gli disse l'uomo, guardandolo negli occhi.
“P
perché?” mormorò Misaki.
“Dobbiamo parlare.”
“Beh… ma di cosa? Ci siamo già detti tutto, mi pare… e poi tu adesso hai già trovato qualcun altro… qualcuno che… che…”
“Misaki,” lo interruppe Akihiko. “Lo so che sei venuto in Inghilterra.”
Il giovane deglutì rumorosamente, distogliendo gli occhi dai suoi. “L
lui… mi ha detto che non c’eri.”
“Sì… lo so.”
Misaki strabuzzò gli occhi, sempre evitando di guardarlo: il suo cuore ricominciò a battere più velocemente.
“Misaki… dimmi perché sei venuto lì,” riprese Akihiko.
“Io… non ha importanza,” rispose il ragazzo con un filo di voce. “P
pensavo… non lo so nemmeno io cosa pensavo. È stato meglio così, che non ti abbia trovato… ti avrei soltanto disturbato. Comunque sia, ecco… adesso prendo la mia roba e ti lascio in pace…”
Gli lanciò una breve occhiata: Akihiko lo osservava tranquillamente, senza tradire la minima emozione. “Perché?”
“Ma… cosa vuoi dire? Sei tu che mi hai detto di farlo…”
“Sì. Ma prima ti ho fatto una domanda, e tu non hai risposto.”
“… Cosa vuoi che ti dica?”
Come mai era tornato con tutti quei perché? Che senso aveva? Proprio quando stava cominciando a pensare che poteva farcela, che forse poteva veramente andare avanti senza Akihiko, ecco che lui tornava solo per confondergli le idee… Misaki fece cadere a terra la borsa e lo scatolone e cominciò a parlare a ruota libera, alzando progressivamente il tono di voce. “Vuoi che ti dica che volevo vederti perché mi mancavi da morire? Che volevo dirti che sono stato un idiota a lasciarti andare via? Ok, te lo dico adesso! Sono stato un idiota, non ho capito niente di te, di noi! Ma tanto ormai… tutto questo non conta più nulla! Perché adesso… adesso c’è lui con te, e io… io non c’entro più niente qui!”
Si fermò perché era rimasto senza fiato; cominciò a prudergli una guancia, e lui vi passò sopra una mano e si accorse che era bagnata di lacrime. Se le asciugò nervosamente con la manica della felpa.
“Misaki…”
“Ora devo andare.”
“Aspetta.”
“No! Lasciami andare!”
Akihiko lo afferrò per le spalle e lui cercò di liberarsi, anche se la sua vicinanza era semplicemente meravigliosa… Si divincolò con forza, ma l'altro continuava a tenerlo stretto; allora cominciò a colpirlo sul petto con deboli pugni, singhiozzando. “Usagi-san… perché mi fai questo? E’ già abbastanza difficile per me… l
lasciami… ti prego…”
“Sciocco ragazzino… possibile che non hai ancora capito?” Akihiko gli mise un dito sotto al mento e lo costrinse ad alzare gli occhi; il suo viso era vicinissimo. “Se davvero vuoi che me ne vada, lo farò… ma devi dirmelo adesso. Perciò dillo, ora o mai più. Perché sappi che se non lo farai… non ti libererai più di me. Per tutta la vita.”
Akihiko sorrise di nuovo nel notare la sua espressione confusa e stupefatta, e gli passò delicatamente il pollice sotto agli occhi per asciugare le lacrime. “Allora… qual è la tua risposta?”
Misaki aprì e richiuse la bocca un paio di volte: non riusciva ad emettere alcun suono, e non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Gli tremavano le ginocchia. Prese un respiro profondo e finalmente mormorò con un filo di voce: “No… non te ne andare…”
E allora Akihiko lo baciò, e non ci fu nient’altro nella testa di Misaki se non la sensazione delle sue labbra sulle proprie, e la sua lingua che s’intrecciava alla sua, e le sue mani così grandi e calde che lo accarezzavano sui capelli, sul viso, sul collo, e il suo profumo… dopo un po’ Akihiko si staccò da lui e gli sorrise: “Hai smesso di piangere… vedo che funziona sempre” disse.
Misaki capì subito a cosa si riferiva: anche la prima volta che si erano baciati lui stava piangendo e Akihiko gli aveva detto che in quel modo avrebbe smesso… o qualcosa del genere. Adesso non era importante ripensare al passato, l’unica cosa che contava era il presente. Misaki si gettò di nuovo tra le sue braccia baciandolo appassionatamente, e sentì che Akihiko ricambiava in pieno i suoi sentimenti; forse anche troppo, perché quasi subito sentì una mano che s’infilava sotto la sua felpa… “Ah…! Usagi-san… aspetta, n
non possiamo… c’è mio fratello…”
Si era completamente dimenticato di lui; dov’era finito? Poteva benissimo rientrare da un momento all’altro…
“Non preoccuparti, è andato via” sussurrò Akihiko contro il suo collo, “gli ho detto che mi sarei occupato io di te…”
“C
cosa…? Ehi! Non mi starai mica dicendo che lui era d’accordo con te?”
L’uomo si raddrizzò e lo guardò perplesso: “Ma come, non dirmi che non avevi capito nemmeno questo!”
Misaki avvampò e Akihiko si mise a ridere di cuore. “Sei proprio un ragazzino… ma è per questo che ti amo. Non cambiare mai, Misaki… resta sempre così come sei. Me lo prometti?”
Misaki guardò i suoi occhi che di colpo erano tornati seri, e proprio lì, in quel momento, trovò finalmente tutte le risposte: certo che non sarebbe cambiato, avrebbe fatto tutto quello che lui gli avrebbe chiesto se questo avrebbe significato stare insieme per sempre, perché se Akihiko se ne andava di nuovo lui era certo di non poter più vivere: senza di lui non c'era né cielo, né mare, né il calore del sole, né i sorrisi dei bambini, né tutto quanto di bello c’era al mondo. “Sì… te lo prometto.”
Akihiko sorrise e riprese subito a baciarlo, come se non potesse sopportare di rimanere nemmeno un istante di più senza quel contatto.
“U
Usagi-san… aspetta… devo dirti ancora una cosa…”
“Me la dirai dopo… ormai abbiamo tutto il tempo che vogliamo.”
“N… no! Io non voglio mai più perdere tempo! È troppo importante… devo dirtelo adesso.”
Riuscì finalmente a scostare l’uomo e lo guardò negli occhi. “Usagi-san…” cominciò esitante; e poi si fermò. No, no, NO! Non di nuovo quel familiare senso di vergogna e d’impotenza, non quel blocco un’altra volta… non era giusto!
“U
Usagi-san…”
“Sì Misaki, sono qui, ti sento.”
Akihiko incrociò le braccia e lo fissò in una certa ironica maniera; Misaki ricambiò lo sguardo con aria seccata. “Ehi, n
non guardarmi in quel modo…”
“Quale modo, scusa?”
QUEL modo! Quello con cui ti prendi sempre gioco di me!”
“Ma non mi sto prendendo gioco di te, sto semplicemente aspettando di sentire cos’hai da dirmi.”
Misaki prese un altro respiro profondo. “Ok… bene… sì, allora… ecco…”
Akihiko tornò a stringerlo tra le sue braccia. “Dai, su… ce la puoi fare…” sussurrava la sua voce divertita al suo orecchio. Misaki si aggrappò convulsamente alle sue spalle.
“Usagi-san… io ti… amo…”
Sentì che Akihiko intensificava la sua stretta. “Piccolo mio… anch’io ti amo tanto.”

 

~~~

Non era cambiato proprio nulla: la sensazione dei suoi baci, il tocco delicato delle sue mani sul suo corpo, l’odore della sua pelle.
“Usagi-san… aah…”
“Misaki… dimmi cosa vuoi che faccia…”
Anche la sua voce in quei momenti era sempre la stessa: bassa e terribilmente sensuale, che gli s’infiltrava nel cervello e lo faceva impazzire di desiderio.
“Voglio… te,” mormorò a fatica, “fai… quello che vuoi, basta che… che lo fai…”
Arrossì tremendamente pronunciando quelle parole, sentiva chiaramente la pelle della sua faccia che scottava; per fortuna la camera (la loro camera) era immersa nella penombra. Akihiko non perse tempo e continuò a baciarlo e accarezzarlo dappertutto; Misaki si morse le labbra per non mettersi a urlare di sbrigarsi, che non ce la faceva più, e stringendo convulsamente i pugni sulle lenzuola. Finalmente, Akihiko penetrò lentamente in lui.
“Ehi… stai tremando…”
“S
sto bene… non preoccuparti…”
Non era dolore (ovviamente) né timore; era semplicemente la troppa emozione, perché era passato così tanto tempo che gli sembrava quasi di vivere una nuova prima volta… Akihiko lo baciò di nuovo stringendolo forte, poi cominciò a muoversi pian piano.
“Aahh… Usagi… san…”
“Misaki… sapessi quanto mi sei mancato…”
Le spinte aumentarono d’intensità e Misaki smise di trattenersi, lasciandosi andare a quella marea di emozioni travolgenti. “Usagi-san…! Ti amo… ti ho sempre amato… e ti amerò per sempre…!”
Dopo, giacquero insieme l’uno nelle braccia dell’altro, occhi negli occhi e senza più dire nulla, perché tanto non c’era molto altro che le parole potessero aggiungere; c’erano solo due persone che finalmente si erano ritrovate in un’unione che, lo sentivano entrambe, non avrebbe mai avuto fine.

 

EPILOGO.



“Usagi-san! Il campanello!” urlò Misaki dalla cucina. Non poteva andare lui ad aprire, impegnato com’era nelle decorazioni della torta di Natale. Voltò la testa verso le scale, aspettandosi di sentire da un momento all’altro i passi di Akihiko che scendevano diretti alla porta d’ingresso, ma invece c’era un silenzio di tomba.
“Ehi, Usagi-san! Si può sapere che stai combinando?”
Probabilmente era troppo immerso nel suo nuovo libro per potersi curare di ciò che succedeva nel mondo reale; Misaki sospirò mentre il campanello trillava di nuovo e, rassegnato, lasciò perdere la torta e andò ad aprire.
“Buon Natale, Misaki!” esclamò Takahiro con un gran sorriso, entrando in casa e abbracciando calorosamente il fratello, seguito dalla moglie Manami e dal piccolo Mahiro.
“Buon Natale anche a voi!” rispose Misaki chinandosi a baciare la cognata sulle guance e prendendo in braccio il nipotino.
“Ah, Misaki. Sono arrivati?” chiese in quel momento Akihiko, sbucando alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò e gli scoccò un’occhiata assassina. “Certo, come puoi vedere! Ti avevo anche chiesto di andare ad aprire, ma immagino sia pretendere troppo dal signor-famoso-scrittore Usami Akihiko!”
L’altro non si scompose per niente e rispose con aria di superiorità: “E’ ovvio, soprattutto quando sono in vista di una scadenza importante. Non l’hai ancora imparato?”
“E tu quando imparerai che le scadenze non sarebbero così pressanti se solo non ti riducessi a scrivere tutto all’ultimo minuto?!”
“Su, su, non litigate, è Natale!” intervenne Takahiro dando una pacca sulle spalle di Akihiko per salutarlo.
Mentre i nuovi arrivati si accomodavano in casa e Misaki tornava ad occuparsi della torta, il piccolo Mahiro trotterellò in direzione di Akihiko e si fermò davanti a lui, osservandolo con curiosità; l’uomo lo guardò a sua volta, fissandolo tutto serio dall’alto della sua statura, e dopo un po’ chiese: “Allora, cos’hai da guardarmi così? Non ti ricordi chi sono?”
In quel momento il bambino stese un ditino paffuto verso di lui e gridò gioiosamente: “Unagi!”
Akihiko strinse le labbra e si accigliò: non bastava il fatto che i bambini non gli fossero particolarmente simpatici e che fosse stato costretto a diventare il padrino di uno di loro (ma solo perché si trattava del figlio di Takahiro, altrimenti non avrebbe acconsentito per nulla al mondo), ci mancava solo che il suo figlioccio non sapesse neanche pronunciare correttamente il suo nome! Era semplicemente inaccettabile, e perciò fece qualcosa che non aveva mai fatto prima (e che probabilmente non avrebbe fatto mai più): piegò un ginocchio a terra e prese il bimbo, sollevandolo da sotto le ascelle, quindi si raddrizzò e guardandolo bene in faccia disse con calma: “No. Non è così che mi chiamo.”
Intanto dalla cucina Misaki si accorse della strana manovra e, conoscendo perfettamente i sentimenti di Akihiko nei confronti dei bambini, subito si allarmò: “Ah! Usagi-san, lascia stare mio nipote!”
Corse quindi da lui con l’intenzione di impedirgli di sgridare Mahiro o qualunque altra cosa avesse in mente di fare; rimase perciò di stucco quando lo sentì dire: “Io mi chiamo Usagi. Ascolta attentamente: U - sa - gi. Avanti, prova tu.”
Mahiro lo osservò tutto concentrato per un bel po’, e finalmente ripeté: “U… sagi! Usagi!”
“Bene, molto bravo.” Akihiko lo mise giù e gli fece alcune carezze impacciate sulla testa.
“Usagi! Usagi!” continuava intanto a ripetere il bimbo, attaccato ai suoi pantaloni.
“Ehm… sì, certo… sei proprio un bravo bambino. Ma adesso vai dalla mamma, su.”
Il bimbo corse dai genitori e Takahiro esclamò commosso: “Ma… ma questo è un miracolo! Noi non eravamo mai riusciti a fargli pronunciare la lettera esse! Usagi, lo sapevo che eri il padrino perfetto per nostro figlio! Grazie di cuore!”
“Oh, beh… per così poco…” si schermì lui; Misaki lo raggiunse e insieme osservarono il quadretto familiare.
“Sai, forse non sei poi così negato con i bambini come pensavo; magari la prossima volta che Manami e Takahiro hanno bisogno di un babysitter potresti andarci tu al posto mio.”
“Levatelo dalla testa. E poi te l’ho già detto una volta: tu devi uscire nel mondo esterno il meno possibile. Il resto del tuo tempo dev’essere dedicato esclusivamente a me.”
Misaki alzò le sopracciglia e spalancò gli occhi, esasperato. “Non posso credere che tu sia sempre così possessivo! Per tua informazione sono abbastanza grande per fare quello che mi pare e… MMM!”
Akihiko lo zittì con un bacio; Misaki si scostò da lui quasi immediatamente. “Ma… ma sei pazzo? Non fare certe cose davanti a mio fratello...!” bisbigliò senza fiato.
“Non badava a noi. E poi il tuo discorso mi stava annoiando” ribatté semplicemente Akihiko.
“Oh, guarda, sei… sei incredibile!”
“Nel senso buono del termine, però. Giusto?”
Misaki lo guardò di traverso ma, nel vedere i suoi occhi che gli sorridevano pieni di tenerezza, si rilassò. “Vorrei evitare di esaltare ancora di più il tuo ego, però… sì. Nel senso buono.”
Dopo un po’ Misaki si voltò verso la finestra ed esclamò: “Guarda, Usagi-san! Sta nevicando!”
“Sì, lo vedo” rispose Akihiko mettendosi dietro di lui e avvolgendolo tra le sue braccia. “Natale con la neve è ancora più bello, vero?”
“Hai ragione…”
In quel momento il cellulare di Akihiko squillò segnalando un sms ricevuto; lui lo prese e lesse il messaggio. “Ah…”
“Chi è?”
“E’ Thomas.”
Il cuore di Misaki saltò un battito nell’udire quel nome. Ovviamente non lo avevano più sentito da quel giorno né parlato di lui, ma era comunque sempre presente nei suoi pensieri. Le sue parole tornavano ogni tanto a tormentarlo, e a volte si svegliava nel cuore della notte in preda all’ansia per accertarsi che Usagi fosse veramente lì nel letto accanto a lui, e allora si raggomitolava nel suo abbraccio fino a  riaddormentarsi.
“E, ehm… che cosa vuole?” chiese con un filo di voce, cercando di non far trapelare la minima emozione; non voleva che Akihiko si accorgesse che lui pensava ancora a quella storia e che magari si offendesse.
“A quanto pare una casa editrice inglese ha accettato di pubblicare la traduzione del mio libro fatta da lui. Te ne ho parlato, ricordi?”
“Oh… dici davvero? Ma è… è fantastico, Usagi-san! Sono davvero felice per te!” Misaki si voltò verso di lui con un gran sorriso, finalmente rasserenato.
“Dice anche che ti manda i suoi saluti e che spera tu non ce l’abbia più con lui” aggiunse Akihiko.
“I suoi saluti… certo, come no,” borbottò Misaki, non riuscendo a evitare di mettere il broncio.
“Avanti… non dirmi che sei geloso.”
“E… e se anche fosse? Credi di essere il solo ad avere il diritto d’ingelosirsi?”
“Quanto meno credevo di essere il solo incline alla gelosia irrazionale.”
“Ah, quindi pensi pure che sono irrazionale?”
Akihiko si mise a ridere sommessamente e gli diede un bacio dolcissimo sulla fronte. “No, penso che tu sia adorabile. E il fatto che sei geloso di me mi lusinga profondamente, ma… puoi stare tranquillo. L’unica vita che voglio è in questa casa, e l’unica persona che amo e che mai amerò è proprio qui… tra le mie braccia.”
Misaki fissò i suoi occhi che lo guardavano riflessi nel vetro; il suo cuore batteva così velocemente per la felicità che ormai era solo più un battito d’ali, come quello dei colibrì. Strinse forte le braccia di Akihiko con entrambe le mani. “Usagi-san?”
“Sì?”
“Ti prego... non lasciarmi mai più.”
Akihiko poggiò delicatamente il mento sulla sua testa e gli sorrise dal vetro. “Mai più, amore mio… te lo giuro.”

 

FINE.

 

Aahh... bene, eccoci giunti alla fine della storia! Spero che non abbia deluso le vostre aspettative, ci tenevo molto perchè so che mi avete seguito con passione e assiduità... e di questo vi sono davvero grata. Vi ringrazio tutti per le vostre parole e il vostro sostegno, e grazie anche a coloro che sono semplicemente passati di qua a dare una sbirciatina... spero che la mia storia vi sia piaciuta e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto! ^_*
PuccaChan.

  
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