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Autore: Hikari93    03/02/2012    7 recensioni
E' con "somma gioia" che vi comuncico che la terza parte di "Scorpioni rosa" sarà una long (forse, mini long, ma comunque long).
Si alzò, dirigendosi in cucina per bere un bicchiere d’acqua, sperando così di poter calmarsi. Da quando Sakura era entrata nella sua vita, già da quel primo giorno di scuola, si sentiva diverso. La pazienza non era certo la sua specialità, ma farlo arrabbiare sul serio era difficile: incredibile pensare che una mocciosa, ci fosse riuscita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Epilogo

 

 
 

 

Quando Sakura si svegliò quasi non credette ai suoi occhi: al suo fianco c’era Sasori e in quel momento, che dormiva, pareva proprio un angelo, si disse.
Sì, in quel momento perché aveva bocca e occhi ermeticamente chiusi.
Non poté trattenersi dal sorridere e allungare il collo quanto più potesse, così da toccare le labbra di Sasori e ridere al contatto. Non premette troppo, non voleva destarlo.
Non sapeva che ore fossero, né quanto tempo mancasse all’effettivo risveglio del suo amato, visto che questi aveva la giornata libera, ma capiva, dalla debole luce che filtrava dalla finestra, che era mattina. Lei, poi, aveva le lezioni di pomeriggio, quindi non c’erano problemi, non c’era fretta.
Ancora non si capacitava di essere lì, di trovarsi nella stessa camera di Sasori; davvero suo padre aveva dato loro il suo consenso? Era una sensazione bellissima. Sì, bellissima: non esisteva altra parola per descrivere al meglio ciò che sentiva: parola semplice, che dentro di sé aveva tutto. La usavano anche i bambini.
Sakura lo abbracciò stretto al petto, lasciando perdere all’improvviso tutti i suoi buoni propositi di non destarlo. Tutti.
«Ti amo» sussurrò al suo orecchio, baciandoglielo.
Sasori mugugnò nel sonno parole incomprensibili e fece per voltarsi di spalle, quando il braccio di Sakura glielo impedì.
«Hai deciso di accettarmi in casa, mh? Ebbene, dovrai sopportarmi» ridacchiò.
«Pensavo fossi la mia ragazza» disse lui nel mentre cercava – e riusciva – di mettersi seduto «e non mia madre.» Si passò la mano tra i capelli, ravvivandoli, come se volesse darsi un aspetto decente anche appena levato. Almeno il suo essere pungente, notò Sakura, quello si svegliava con lui.
«Simpatico, davvero simpatico, professore» gli sorrise e mentre abbassava lo sguardo sulle sue labbra, per baciarlo nuovamente, notò di svista le sue labbra che si increspavano all’insù.
Era il suo primo giorno da Sasori, e non sarebbe potuto cominciare meglio.

 

La casa profumava tutta di caffè, lo stesso che Sakura aveva preparato. Misto alla dolce fragranza dell’abitazione stessa, che sapeva di lui in un certo senso, il risultato era ottimo, un piacere per il corpo e per l’anima. La ragazza non riusciva a capire se si trattasse dell’amore, di un odore che immaginava ma che le piaceva ugualmente, o di un profumo effettivamente esistente.
«Zucchero?» domandò. Non importava cosa dicesse, ma che gli parlasse, anzi, magari che lo potesse soltanto restare a guardare, quasi a contemplarlo. Non poteva evitare di sentirsi una stupida mocciosetta – era la norma ormai, no? –, ma in un certo senso ci si era abituata a quel nomignolo che le era stata attribuito.
Sasori scosse il capo in risposta.
«P-passeggiamo dopo?» domandò ancora, timidamente. Lo osservò mentre assaporava il caffè amaro e pareva quasi riflettere sulla domanda che gli era stata posta. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo. Rifletté per qualche altro secondo, e Sakura trovava divertente il suo naso arricciato, mentre pensava, forse a disagio. Non avrebbe saputo dirlo, non ancora; sperava, sperava tanto che avrebbe avuto il tempo di conoscerlo ancora meglio.
«Potremo passare a casa tua, da tuo padre. Lo rassicureremo che sei viva.»
Ma Sasori, Sakura lo aveva intuito, sapeva benissimo che suo padre lavorava, di mattina. Lei glielo aveva raccontato, insieme alle tante altre chiacchiere che erano uscite dalla sua bocca, chiacchiere che il professor, pur fingendo di ignorare, aveva ascoltato.
Sempre.

 

Sakura finalmente non si preoccupò di allungare la mano e afferrare quella di Sasori. Non temette di apparire stupida e infantile, né di essere giudicata dagli altri. Era strano come in poco tempo lui fosse riuscito a cambiarla. Avrebbe voluto sentire Ino, la sua migliore amica, per raccontarle tutto. Sicuramente non le avrebbe creduto.
«Che pensi?»
Tremò a sentire la voce di Sasori che mi si mischiava al fresco vento autunnale.
«Penso» respirò profondamente; cominciare ad aprirsi agli altri, a raccontare ciò che la affliggeva era una sensazione gradevole «penso a quanto tu mi abbia cambiato la vita, Sasori» soffiò. Avrebbe voluto scomparire, sebbene avesse pronunciato quella frase con sicurezza. Senza rendersene conto, strinse più forte la mano di Sasori, mentre un colorito rosso peperoncino si impadroniva delle sue guance.
Lui rise, e per quel po’ che lo conosceva – perché, sebbene fosse passato, quanto, un anno?, Sakura non si arrogava il diritto di conoscerlo. Non conosceva bene nemmeno se stessa – intuì che era felice, checché volesse dimostrare. «E’ impossibile che una persona incontrata lungo il nostro cammino non ci sconvolga l’esistenza, Sakura.»
«Non posso dire che tu non abbia ragione, però» si morse le labbra «sento che sei diverso, che con te è stato qualcosa di diverso. Non v-» si zittì: non si sarebbe giustificata: era un suo pensiero, era valido, non doveva trovare sotterfugi per renderlo apparentemente più sensato, o sciocchezze simili. «Sento che tu mi hai cambiato molto più, non so, non so spiegarmi.»
Sasori non aggiunse nulla, però dentro di lui si sentiva sereno per averla aiutata.

 

 

* * *

 

 

Sakura aveva ancora il respiro affannato e gli occhi pieni di eccitazione. In compenso, le mani non tremavano più e le dita non avevano istinti omicidi le une verso le altre, a causa del nervosismo.

Inutile negarlo: aveva avuto paura, prima.

Aveva desiderato Sasori sempre, in tutti i modi, però quando era arrivato il momento aveva acuto veramente paura, e aveva vacillato. Aveva pensato che la loro unione carnale sarebbe stata bellissima, ma allo stesso tempo aveva creduto di rimanere turbata, alla fine. Era stato l’ignoto, per lei, e la mancata conoscenza di qualcosa spaventa sempre l’uomo, da sempre.
«Sasori?» lo chiamò nel buio della notte, il cuore ancora a mille sebbene tutto fosse già arrivato a una sua conclusione. Era accucciata contro il suo petto e, nonostante sapesse che lui non poteva vederla a causa delle tenebre che li cullavano, non fu in grado di alzare lo sguardo.
«Grazie» mormorò. Era stata un’esigenza, quella di ringraziarlo, anche se non era capace di dire perché lo avesse fatto. Nemmeno scavando dentro di lei riusciva a trovare la risposta a quell’interrogativo. Tuttavia, che importanza aveva, ai fini di tutto?
Sasori sbuffò, uno sbuffo divertito. «Ringrazi troppo per i miei gusti. Non ce n’è bisogno»
Avrebbe voluto chiedergli che cosa intendesse con quella frase, ma le parole le morirono appena appena sulle labbra. A volte, si disse, era meglio non saperle le cose, e interpretarle.

 

Vuoi dirmi, forse, che non devo ringraziarti perchè, grazie a me, sei cambiato anche tu?

 

 

 
 







 

Ed eccoci arrivati alla fine della fanfiction, miei cari! U__U

(scusate per l'attesa >__>).

Sinceramente, non volevo che finisse, non ancora e né così, ma qualunque idea mi venisse per la mente mi pareva decisamente scontata; cose che avevo già trattato in altre storie e che non sraei riuscita a trattare in modo originale. Chissà, aspettatevi qualche spin-off, magari, quelli potranno anche esserci, se li volete! ;) 

   
 
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