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Autore: Entreri    03/02/2012    5 recensioni
Spesso, prima che albeggiasse, giocavano a carte in silenzio gettando svogliatamente scale e coppie sul tavolo, come se fossero ricordi insignificanti delle loro vite passate che potevano permettersi di dimenticare. La verità, tuttavia, era che Ahmad non credeva fosse giusto dimenticare alcunché e che Lucius, sebbene lo desiderasse, ne era, in fondo, incapace; così gli innumerevoli anni che li separavano dalle loro nascite stagnavano nell'aria insieme al profumo costoso delle donne che avevano costituito il loro pasto.
Cinque e una notte nelle lunghe non vite di Lucius e Ahmad per scoprire se anche i vampiri provano sentimenti.
Prima classificata e vincitrice del Premio Giuria nel Concorso " Anche i vampiri hanno sentimenti... o no?" indetto da BlackIceCrystal sul forum di EFP.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima notte.



Venezia, 25 marzo 1524

Kaftan e turbante donavano ad Ahmad, e Lucius non smetteva mai di stupirsene, sebbene, ormai, avrebbe dovuto essere divenuto avvezzo alle colorate vesti che il suo compagno sfoggiava giocando a fingersi il cugino dell’ambasciatore della Sublime Porta. Completamente a proprio agio nell’essere l’unica persona a capo coperto nel salone, Ahmad sedeva placidamente a un tavolino con il padrone di casa; entrambi intenti, dimentichi della musica e delle danze, a portare avanti pigramente una lunga partita di scacchi. Due donne poggiate allo schienale di Giovanni Morosini, facoltoso anfitrione della serata, baciavano di tanto in tanto i dadi per trasmettervi buona fortuna, ridendo civettuole ora con l’uno ora con l’altro dei due giocatori e Lucius si avvicinò con grazia a quel promettente terreno di caccia.

Ahmad gli rivolse uno di quei piccoli sorrisi benevoli che gli erano tanto connaturati da poter essere inclusi nella descrizione del suo volto olivastro, insieme alla barba curata, le labbra sottili e la fronte ampia.

La più graziosa fra le due dame intercettò il loro sguardo e si frappose fra loro con giocosità leziosa.

«Messer Lucio, siete venuto a cavare Messer Ahmet1 dagli impicci della cattiva fortuna?»

Ahmad strinse le spalle prima di muovere l’ennesimo pedone bianco, indicando con gli occhi il dado che lo costringeva ad una mossa tanto inutile.

«Non vedo quale sarebbe la sua cattiva sorte nel godere della compagnia di una dama tanto graziosa.»

Nel dirlo Lucius le prese la mano e Ahmad lo guardò portarsela alle labbra stringendola fra le proprie dita affusolate; elegante e garbato, l’immagine affettata del perfetto cortigiano.

«Mi fareste l’onore di danzare con me? Sono certo la strategia di Messer Ahmet migliorerebbe considerevolmente se gli venisse sottratta la distrazione dei vostri begli occhi.»

Il rossore che si dipinse sulle gote della giovane Maria evocò in Ahmad il ricordo indistinto di centinaia di giovinette trascinate verso la morte dal fascino ingannevole della voce vellutata di Lucius.

«Non fatevi incantare, mia dolce fanciulla; le passioni del mio amico sono roboanti, ma effimere.»

Lucius voltò appena il capo verso di lui, senza smettere di stringere delicatamente la mano di Maria, e Ahmad poté ammirare un breve lampo di divertimento balenare nei suoi grandi occhi scuri.

«Il mio amico non mi rende giustizia. Posso assicurarvi che, una volta scelta una dama, le sono fedele sino alla morte.»

Ahmad rise, guardandoli allontanarsi in direzione delle danze: non aveva detto la morte di chi.

«Non capisco perché insistiate nell’associarvi a quell’uomo.»

Giovanni Morosini non era un uomo eccessivamente piacente, afflitto da grandi orecchie a sventola e da un’espressione di perenne disappunto, aveva, sin dal primo sguardo, sviluppato per Lucius quel disamore intenso che spesso fiorisce fra persone dotate di pari carisma e superbia.

Ahmad sorrise al pensiero di associarsi a un associatore2 e non poté fare a meno di considerare quanto la stretta amicizia fra il diplomatico turco e il giovane di buona famiglia che fingevano di essere potesse apparire curiosa quanto quella fra il patrizio romano e il guerriero nizarita che erano davvero.

«Vi stupirebbe sapere di non essere il primo a rivolgermi questa domanda?»

Se il gioco d’azzardo non fosse stato un abominio, avrebbe scommesso senza timore una gran quantità di beni che la dolce Maria stesse ponendo in quel momento un interrogativo simile a Lucius e volse il capo per guardarli mentre piroettavano nel salone con grazia. Lucius colse il suo sguardo e gli sorrise di rimando, facendo volteggiare la giovane Maria in modo plateale, quasi ostentando la propria conquista.

«Mi stupirebbe sapervi in grado di fornire una risposta soddisfacente.»

Ahmad sorrise distrattamente, osservando le labbra di Lucius fornire a Maria la sua personale, egocentrica spiegazione. La prese in prestito divertito prima di riportare la propria attenzione sul suo interlocutore.

«È uno stato del mio spirito.»

Messer Giovanni sollevò un sopracciglio e Ahmad non poté che scoppiare a ridere dinnanzi al suo palpabile scetticismo.

«Non riuscite proprio a sopportarlo, non è così?»

La smorfia di Messer Giovanni si accentuò ulteriormente, obbligato dal dado a muovere la torre e dagli eventi a parlare di Lucius.

«È arrogante, egoista, presuntuoso e supponente; un belloccio scostumato a cui nessuno ha mai detto di no.»

Ahmad pensò al nome di donna che invocava gridando quando era ubriaco di sangue e tenebra, e sospettò fortemente che il proprio interlocutore fosse, almeno sull’ultimo punto, in torto. Non lo disse, era qualcosa che apparteneva a Lucius e che non aveva per lui nessuna importanza.

«Oh, io glielo dico da quando ci siamo conosciuti. Solo, lui non ascolta mai.»

«E cosa, di grazia, gli avreste negato?»

Ahamd giocherellò con il dado, picchiettandolo sul tavolinetto prima di lanciarlo a propria volta.

«Desiderava che intercedessi per lui presso mio cugino dietro ragionevole compenso. Ho declinato cortesemente.»

Messer Giovanni si versò un bicchiere di vino e osservò la mossa dell’alfiere di Ahmad con aria distratta.

«Ne è stato entusiasta, immagino.»

Ahmad sorrise ricordando l’espressione di altero disappunto che si era dipinta sul volto di Lucius quando gli aveva comunicato non avrebbe cercato di assassinare un vampiro millenario neppure se gli avesse presentato una strega in grado di sciogliere la maledizione che gravava su di lui.

«Non molto, no.»

Sorrise, perché, in fondo, non serbava un cattivo ricordo della notte in cui aveva costretto quell’arrogante sconosciuto a giocare secondo le sue regole; era stato divertente vedergli stringere le labbra indispettito mentre lo fissava con malcelata irritazione.

«Ed è per questo che siete diventati così amici?»

Ahmad notò con un certo divertimento come Messer Giovanni, messo in difficoltà sulla scacchiera, non desse segno di voler lanciare il proprio dado, mostrandosi, invece, interessato al suo racconto.

«Ho comunque risolto parte del suo problema.»

Aveva acconsentito ad uccidere un giovane cavaliere francese dietro metà del compenso che gli era stato offerto per assassinare il creatore di Lucius.

«E questo l’ha soddisfatto?»

Ahmad volse lo sguardo verso Lucius, pensando che, no, la morte di quel giovane cavaliere dalla scintillante armatura non gli aveva portato alcuna soddisfazione, poiché quello che sperava di ottenere tramite quella morte, qualunque cosa fosse, era sfumato nell’aria sottile, lasciandolo arrabbiato e incline a sfogare la propria frustrazione nel sangue.

«Non esattamente.»

Voltandosi verso Messer Giovanni ne colse l’espressione stupita parzialmente nascosta dietro il bicchiere di vino rosso, attese pazientemente che lo posasse e desse voce al proprio parere.

«Ed è così che siete divenuti tanto amici? Con un “non esattamente”?»

Ahmad ci pensò per un attimo, domandandosi a propria volta come fosse accaduto che lui e Lucius non si fossero più separati da quel primo incontro avvenuto ormai un secolo e mezzo prima.

«Temo di dovervi dare ragione.»

Messer Giovanni corrugò la fronte con fare interrogativo e Ahmad sentì il proprio sorriso allargarsi a dismisura.

«Davvero, Messere, avete ragione: non ho una risposta soddisfacente.»

Davanti alla buffa smorfia che ebbe come unica replica, Ahmad non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.

«Posso conoscere il motivo di tanta ilarità?»

Ahmad sobbalzò sentendo la sua voce e Lucius se ne compiacque.

«Invero, Messer Lucio, stavamo parlando di voi.»

Ahmad non si voltò verso di lui e Lucius si avvicinò alla sua schiena, osservando Messer Giovanni senza preoccuparsi di mascherare il profondo disprezzo che nutriva per lui.

«E cosa vi sarebbe di tanto divertente in me? Ve ne prego, rendetemene partecipe.»

Messer Giovanni gli restituì uno sguardo se possibile ancora più carico di repulsione e Lucius ne sarebbe stato divertito, se non avesse cominciato a sentirsi irritato dal constante, inutile tentativo di rivoltare Ahmad contro di lui che quello sciocco mortale portava avanti da mesi.

«In voi nulla, Messer Lucio. Come potremmo ridere di voi? Ridevamo di come Messer Ahmet non fosse in grado, neppure sforzandosi, di dire cosa lo spinga ad associarsi a voi.»

Ahmad sospirò mentre Lucius gli posava una mano sulla spalla: era un gesto amichevole, ma strinse troppo e troppo a lungo perché non si colorasse di una venatura possessiva.

«Oh, la cosa è piuttosto semplice, Messer Giovanni, posso dirvelo io.»

Ahmad si voltò maggiormente verso di lui con espressione sorpresa.

«Il fatto è che io gli piaccio.»

Ahmad sgranò gli occhi, ritraendosi con una finta offesa che non riusciva a nascondere il luccichio divertito dei suoi occhi.

«Lucius Cornelius Dolabella! Sei davvero la persona più presuntuosa che io abbia mai incontrato negli ultimi quattrocento anni.»

Messer Giovanni rovesciò il bicchiere di vino sulla scacchiera e Ahmad e Lucius ne risero, decidendo senza bisogno di parole che era giunto il momento di lasciare la stanza e Venezia, non prima, tuttavia, d'essersi concessi un piccolo tripudio di sangue.


 

1Versione turca del nome Ahmad.

2  Il mio Word considera questa parola come errore ed effettivamente non si trova nel mio "Devoto e Oli", tuttavia appare nella mia copia del Corano (e anche in quella della mia Università che è di un'edizione diversa) e sta ad indicare i politeisti (che associano idoli ad Allah, chiaramente ^_^).

 


Note dell'autrice:

 
Ecco il secondo capitolo.  Ho messo due note laddove me l'ha dettato il cuore, soprattutto dove ho dovuto dare spiegazioni orali al mio beta, ovviamente l'ho fatto senza voler dare dell'ignorante a nessuno (dato che con le cose che non so io si potrebbero riempire enciclopedie composte da svariati tomi).

Se foste così dolci e coccoli/e da farmi sapere cosa ne pensate mi illuminereste sicuramente la giornata.

   
 
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