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Autore: Luna_R    15/09/2006    2 recensioni
Sono le sette e trenta di mattina, il suono di una sveglia, irrompe nel silenzio di un appartamento assopito.
Una ragazza si sveglia, poggia rumorosamente la sua mano sulla sveglia, e maledicendo il giorno già alle porte, si dirige in bagno.
E intanto non sa, che non sarà, un giorno come tutti gli altri..
*********
-“E tu, chi sei?!”-
-“Nel mio paese, colui che salva una vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la mia vita ti appartiene.”-
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non potei far altro che portarlo via con me.
“Ricordati di me”, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della mente invecchiata o distratta.
Ma pur sempre una storia d’amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

 

Salve a tutti.

Sono tornata!

E’ da parecchio che non aggiorno questa mia ultima “fatica”, giunta quasi al termine.

Ci tengo parecchio a mandare un saluto particolare ai miei recensitori, più le mie scuse ovviamente, ed un saluto speciale a chi si aggiungesse fra essi.

Un caro saluto,

LuNaDrEaMy

 

 

 

 

aawaa DESTINAZIONE FUTURO  aawaa

 

Chap n.12

 

 

-“Sibilla, raggiungimi nel mio studio. Ho i risultati delle tue analisi.”-.

 

E’ da circa dieci minuti, che fisso la parete della mia stanza.

Gli occhi sono fermi, sempre sullo stesso punto.

Il cuore batte all’impazzata, nella probabilità che l’unica risposta alle mie domande, sia positiva.

Sì, sei malata Sibilla.

Sì, stai morendo.

Ghigno un po’, non è possibile che sia in procinto della fine; mio padre da ragazzina inveiva sempre contro di me, con la solita crudeltà:

 

-“L’erba cattiva non muore mai!”-.

 

Ecco, lui sentenziava che il sangue amaro scorrente nelle mie vene, mi avrebbe tenuta in vita fino all’eternità.

Ma quel povero pazzo non sapeva che il mio sangue era il sangue di tutte le ragazzine della mia età; sangue dolce, sangue impaurito, sangue papà-non lasciarmi sola.

Era mio padre. Ma mi odiava.

Lui, è morto prima di me, me l’ha fatta sotto al naso.

 

Mi alzo dal letto, lo sguardo è tornato a muoversi sul mondo.

Mi vesto lentamente,  scandisco i movimenti uno ad uno, come se non dovessi mai più compierli.

 

-“Sibilla non sei ancora morta, Sibilla non sai quale sarà il tuo destino.”-.

 

Una voce pulsa nelle mie membra, è distinta, femminile.

Ho paura.

Non sembra neanche più la mia coscienza parlante.

Il mio cuore è un tamburo, lo ascolto rapita; mai nella vita potrò sentirmi più viva di adesso.

 

 

-“Ho un appuntamento col dottor Willhelm.”-.

-“Prego, si accomodi signora. Il dottore è in visita, ma la raggiungerà presto.”-.

Ringrazio la segretaria con un cenno del capo.

Con i testa ancora tanti dubbi e paure, mi accomodo su una poltroncina dell’atrio.

Un odore di lavanda, si espande dai corridoi; sa di freschezza, di pulito, l’annuso divertita.

E mi lascio cullare da quella fragranza, fin quando Frank, non si materializza dinnanzi ai miei occhi.

 

-“Cara, t’aspettavo.”-.

-“Siamo qui adesso.”-.

-“Sì certo. Vieni, accomodati.”-.

 

Mi fa entrare nel suo studio, sempre in straordinario ordine e perfezione.

Le foto di sua madre padroneggiano la sua scrivania; stamane sembra che quella donna mi sorrida, al di là del vetro.

Frank se ne accorge, restando allibito anch’egli per un secondo.

Poi sorride, e con delicatezza estrema, mi porge la cartella con i risultati degli esami.

 

-“E’ tanto grave?”-. Sussurro a voce roca.

-“No Sibilla. Non è grave.”-. Trattiene una risata, il che fa ben sperare.

 

Mi distendo con un sospiro, lasciando andare via le tensioni.

Apro la cartella incuriosita, sfogliando con lo sguardo tutta quella serie di nomi troppo articolati e difficili da leggere.

 

-“Non riesco a capire cosa c’è scritto. Voi medici parlate una lingua tutta vostra! E per di più sono in un paese straniero!”-.

Mi lascio andare in una risata, lui si accompagna alla mia, avvicinandomi.

-“Guarda,”-. Con il dito scorre su una riga, nella cartella ancora fra le mie mani “qui c’è scritto che diventerai madre, Sibilla.”-.

 

Lo guardo. Poi guardo la cartella.

Poi di nuovo, guardo lui, negli occhi, profondissimi, chiari.

 

-“Non stai scherzando, vero?!”-.

-“No, aspetti un bambino. Vero.”-.

 

Oh misera me!

Ho parlato di morte, mi sono crogiolata in una fine che non esiste, quando io nel grembo, porto la vita?

Sono senza parole, ammutolita ed estasiata nella mia sorpresa.

 

-“Non sai da quanto tempo, aspetto di ricevere una notizia così bella!”-.

-“Per questo, ti ho fatta venire subito qui.”-.

-“Grazie Frank, grazie davvero.”-.

-“Io non ho fatto nulla.”-.

 

Ride, imbarazzato.

Ha un qualcosa di infantile, il rossore dipinto sulle sue guance.

L’accarezzo, sorridendo a mia volta.

 

-“Ora vado, a presto.”-.

-“A presto, cara.”-.

 

Lascio lo studio, con il cuore colmo di felicità, lasciando che ella stessa mi inghiottisca nel suo vortice di incanto  e leggerezza.

E’ ancora presto, le strade sono semi vuote; un leggero vento accarezza le gote, fresco e mai pungente, dolce e mai aggressivo.

Mi piace questa terra.

Mi piace ancor di più sapere che sarò presto mamma.

Quanto ho sognato questo momento.

Quanto ho atteso di lasciarmi cullare dalla certezza e non abbandonarmi all’oblio dell’incertezza.

 

-“Quanto ho voluto, sentirti dentro di me.”-.  Mi sfioro il ventre, delicatamente.

Sono una donna, adesso sì che sono una donna.

 

Passo dinnanzi a una cabina telefonica, per un attimo quel telefono sembra chiamarmi; mi attira a se, è come se fosse messo apposta lì.

Simone.

L’istinto è chiamarlo e dargli la dolce notizia.

Ma non si può, non ora che avrà ricevuto il plico di fogli, in cui è steso per bene la fine del nostro matrimonio.

Sono alle strette, se lo chiamo, questo influenzerà per sempre le nostre vite e le nostre scelte; ma se lo chiamassi, gli darei semplicemente la gioia di sentirsi padre…

 

-“Risponde la segreteria telefonica del numero…”-.

Aggancio in completo mutismo, prendo le prime ecografie di nostro figlio, gli allego un bigliettino e le spedisco; DESTINAZIONE… FUTURO. 

 

“Auf Wiedersehen”-.

-“Auf Wiedersehen”-. Saluto la gentile impiegata delle poste, ed esco in strada.

Ed è mentre sono per la via del ritorno, che mi imbatto in quel cartello, stretto, nero, spento.

Spento come le vita.

Spento come quel luogo, che racchiude la fine di un uomo.

E la fine di tanti uomini. Di chi resta, e di chi ci entra. Per sempre.

 

Friedhof.

Cinquecento metri sulla destra.

Quel cartello campeggia  con la sua scritta e le sue croci nere disegnate.

Friedohf. Cimitero.

Ho tumulto al cuore.

D’improvviso non c’è più gioia, solo paura.

E tremore, ed ansia.

Mi porto una mano alla bocca, cercando di trattenere lo shock; comincio a correre più forte del vento, che forte mi spinge per quei cinquecento metri della fine.

 

 

 

 

 

 

  
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