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Autore: Entreri    08/02/2012    4 recensioni
Spesso, prima che albeggiasse, giocavano a carte in silenzio gettando svogliatamente scale e coppie sul tavolo, come se fossero ricordi insignificanti delle loro vite passate che potevano permettersi di dimenticare. La verità, tuttavia, era che Ahmad non credeva fosse giusto dimenticare alcunché e che Lucius, sebbene lo desiderasse, ne era, in fondo, incapace; così gli innumerevoli anni che li separavano dalle loro nascite stagnavano nell'aria insieme al profumo costoso delle donne che avevano costituito il loro pasto.
Cinque e una notte nelle lunghe non vite di Lucius e Ahmad per scoprire se anche i vampiri provano sentimenti.
Prima classificata e vincitrice del Premio Giuria nel Concorso " Anche i vampiri hanno sentimenti... o no?" indetto da BlackIceCrystal sul forum di EFP.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seconda notte.

Marsiglia 07 Settemebre 1603

 

 

Spesso, prima che albeggiasse, giocavano a carte in silenzio gettando svogliatamente scale e coppie sul tavolo, come se fossero ricordi insignificanti delle loro vite passate che potevano permettersi di dimenticare. La verità, tuttavia, era che Ahmad non credeva fosse giusto dimenticare alcunché e che Lucius, sebbene lo desiderasse, ne era, in fondo, incapace; così gli innumerevoli anni che li separavano dalle loro nascite stagnavano nell'aria insieme al profumo costoso delle donne che avevano costituito il loro pasto. Quella sera erano forse entrambi, i ricordi ed il profumo, troppo ingombranti per essere ignorati e Lucius sbuffò con la trasandatezza aristocratica che gli era propria, terminando la partita a proprio favore prima di lamentarsi: «L'odore di acqua di rosa è troppo forte, mi sta dando fastidio». Ahmad gli rivolse uno strano sorriso, carico della gentile condiscendenza che le balie hanno talvolta per i bambini capricciosi e si alzò apprestandosi ad aprire la finestra, consapevole, forse, che quanto angustiava il suo compagno di gioco necessitasse di una catarsi maggiore di un semplice cambio d'aria. Avrebbe potuto dirglielo, tuttavia non lo fece; perché a dispetto delle apparenze, della gentilezza innata e dell'amabile ironia, Ahmad non era un uomo buono.

«Ti dà tanto fastidio che continui imperterrito a scegliere giovani che abbondino con il profumo. La tua coerenza mi colpisce come sempre.»

«È colpa di casa tua: è troppo piccola.»

Ahmad sospirò teatralmente, accettando che, nel suo indefesso amore per sé stesso, Lucius non fosse in grado di considerarsi in torto. Indipendentemente dalla circostanza, ogniqualvolta il corso degli eventi non si conformava ai suoi disegni, la colpa era sempre di qualcun' altro: del suo creatore, con il quale aveva innumerevoli conti in sospeso; di una qualche entità occulta, da cui doveva guardarsi; degli errori che altri, e solo altri, commettevano impedendogli di ottenere quanto gli spettava e ora della casa troppo piccola.

«Devi considerare, Lucius, che il tuo ego occupa un sacco di spazio.»

Lucius appoggiò le carte appena mescolate dinnanzi ad Ahmad, ignorando platealmente il suo commento. Invero non amava che qualcuno si arrogasse il diritto di fare ironia sui suoi presunti difetti, tuttavia Ahmad aveva nel prendesi gioco di lui un vezzo delicato, quasi affettuoso, privo di giudizio al punto che era difficile aversene profondamente a male.

Tagliarono il mazzo e distribuirono le mani; nel ritrovato silenzio della stanza l'aria girò più della fortuna e Ahmad, che era da sempre un giocatore abile e attento, dovette soccombere alla buona sorte svogliata con cui Lucius otteneva una facile vittoria dopo l'altra.

«Ti assicuro che in tutta la mia lunga, lunghissima vita non ho mai incontrato nessun giocatore che fosse sfortunato quanto lo sei tu stanotte.»

Ahmad rise benevolmente, mostrando la propria mano male assortita.

«Le carte appartengono decisamente a quella parte del genere femminile che ha un debole per i tipi come te.»

Sul volto di Lucius si dipinse placido un sorriso beffardo e parve indeciso se chiedere a che genere di donna si riferisse, a quale tipo di uomo credeva appartenesse o se vantarsi di essere il sogno dell'intero genere femminile e non solo di una parte. Ahmad considerò divertito quanto il non saper decidere tra lodarsi e farsi lodare fosse una sciocchezza adatta a Lucius, poi rispose con tono irridente alle domande che l'altro non aveva ancora scelto di porgli.

«Lo sai, lo stuolo di donnette sciocche o di nobildonne di facili costumi pronte a cedere facilmente al tuo fascino da "bello e dannato", nonché carismatico stronzo di prim'ordine.»

Un risata arrogante coprì le parole di Ahmad. «Il complimento è la veste elegante dell'invidia, non lo sai?»

«Non sapevo di averti fatto un complimento. Oltretutto sai che disprezzo le donne dappoco, non vedo come potrei invidiarti.»

Lucius avrebbe continuato ad esibire un'aria di divertita sufficienza se non avesse colto negli occhi di Ahmad un luccichio orgoglioso ed irridente, come di sfida. L'osservò fare le carte meticolosamente e distribuirle con lentezza.

«Trovami una donna vera: di buona famiglia e solida morale, timorata di Dio e di suo padre, che cerchi qualcuno con cui passare più di una notte. Ti do il vantaggio di sceglierla, mortale o immortale, estranea o una tua vecchia conoscenza, per me è lo stesso. Scommettiamo che sono io e non tu, ad essere il tipo di quel genere di donna?»

Lucius lo sapeva già, aveva scelto di ignorarlo con la stessa violenta determinazione con cui ignorava i propri errori, ma sapeva già che Ahmad era come Messalla e come quel cavaliere francese che aveva fatto uccidere, che con la delicata gentilezza, la galanteria appena accennata e l'attitudine protettiva ma mai invadente che riservava al gentil sesso sarebbe stato in grado di ottenere facilmente quello che lui non riusciva mai ad avere.

«No, perché vinceresti e poi dovrei ucciderti.»

«Ecco, vedi? Molto appassionato, amore e morte: può andare bene per una ragazza con torbidi sogni erotici su uno sconosciuto dagli occhi neri e l'accento misterioso, ma una donna cerca altro in un marito.»

Ahmad anestetizzava sempre le verità più amare con il vino d'annata della sua cortese ironia, e Lucius era sempre riuscito a inghiottirle facendo finta di non averle sentite affatto. Quando, tuttavia, l'altro non sollevò le proprie carte dal tavolo, Ahmad si vide costretto ad intuire di aver inavvertitamente passato del sale sulla ferita del peggior argomento possibile, uno da cui non sarebbe riuscito a svicolare con un sorriso. Tentò comunque.

«Almeno così mi hanno detto le mie mogli.»

«Eri sposato?»

La curiosità era sempre un buon segno in Lucius, non che gli importasse davvero degli altri, la usava semplicemente per allontanarsi dai propri pensieri. Ahmad aveva sempre evitato di rispondere o fare domande; non gli interessava cosa tormentasse Lucius e sapeva che a Lucius non interessava cosa tormentasse lui, tuttavia gli parve inevitabile, in quel momento, concedere un'oncia della propria storia per allontanarsi da quello che aveva detto e dal modo inquietante in cui si era incupito il suo compagno.

«Ho praticato molto il nikāḥ al-mut‘a1, ma immagino tu non intendessi questo. Ho avuto due mogli senza termine prefissato. Le ho ripudiate entrambe prima di lasciare il Cairo per Alamut.»

Reputava di avere detto abbastanza ma continuò, forse per orrore del silenzio.

«Inizialmente pensarono fosse perché non mi avevano dato figli, Kamila però capì che non desideravo pagassero in alcun modo per quello che stavo per fare. Lei capiva sempre tutto.»

Probabilmente furono il modo in cui accarezzò il nome nel pronunciarlo e la dolcezza mesta che accompagnò il suo immancabile sorriso che spinsero Lucius a non lasciar perdere.

«Kamila era una delle tue mogli?»

«No. Era la donna che amavo. Mia madre era stata la sua balia e quindi lei non avrebbe mai potuto essere mia.»

Sollevò lo sguardo dalle proprie carte e si accorse che, per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, Lucius gli stava sorridendo: non un ghigno appena accennato o beffardo ma un sorriso comprensivo, complice, quasi affettuoso. Ahmad lo trovò inquietante e desiderò intensamente che non lo facesse mai più.

«Adesso dov'è?»

Lucius prese le sue carte e le esaminò perdendosi la smorfia completamente esterrefatta che fece irruzione nell'espressione solitamente placida di Ahmad.

«Cosa significa dov'è, Lucius? Sono passati più di cinquecento anni, è morta.»

«Perché non l'hai resa una di noi?»

Si guardarono in silenzio per un istante, mentre Lucius considerava quanto apparisse strano ed estraneo il volto di Ahmad privo di sorriso e Ahmad si accorgeva dallo stupore che si era dipinto sui lineamenti di Lucius di quanto profondo fosse il suo egoismo.

«Perché era sposata, era madre, era felice. Che razza di mostro può fare una cosa del genere alla persona che ama?»

Lucius parve farsi pensieroso e quando parlò la sua voce decisa ed imperiosa non fu che un sussurro flebile, quasi incerto «Quindi tu non l'avresti fatto?»

«Ti ho appena detto che io non l'ho...- si interruppe e lo guardò- ma tu si.»

Calò un silenzio solido, abitato dai fantasmi del passato: dal dolore provato a lasciare andare una persona amata e dal dolore provocato dall'incapacità di farlo.

Ahmad si alzò e mise le carte in tasca; per quanto sembrasse assorto in un tardivo esame di coscienza, Lucius non era persona abbastanza fidata da permettergli di lasciare la propria mano incustodita sul tavolo neppure per il tempo necessario a chiudere la finestra. Difatti, non appena Ahmad ebbe fra le mani i battenti, la voce del suo compagno di gioco lo raggiunse, di nuovo carica di quell'arrogante sicurezza che le era propria.

«Se sono un mostro perché ti piaccio tanto, Ahmad?»

Ahmad non poté impedirsi di sorridere considerando che Lucius aveva impiegato meno di un minuto per escludere la possibilità di avere sbagliato. Si voltò verso di lui sorridendogli e portandosi le mani al petto in modo teatrale.

«Perché sono rimasto conquistato dalla tua aria da bel tenebroso, naturalmente. Anche se pensavo di aspettare ancora un poco prima farti una dichiarazione appassionata.»

Lucius tamburellò le dita sul tavolo e lo guardò lasciando chiaramente intendere che pretendeva una vera risposta.

Si sedette di fronte a lui e ricominciò a giocare, ma Lucius continuò a fissarlo insistentemente; forse desiderava essere rassicurato, ma Ahmad era più propenso a pensare non fosse altro che un capriccio. Con Lucius era sempre così, prendere o lasciare: lui aveva preso per cui si mise a ridere e gli confessò apertamente il motivo di una scelta tanto insolita.

«Somigli a Jamal: anche lui era un arrogante egoista egocentrico, del tutto incapace di concepirsi fallibile o di accettare un "no" come risposta. Uno stronzo insopportabile, ma era il mio fratello di latte ed io l'ho amato dal primo vagito all'ultimo rantolo, dallo stesso seno a quando l'ho ucciso

«Perché l'hai fatto, allora?»

«L'Imam me lo ordinò. Non chiesi per quale motivo.»

Ahmad pescò e mise la carta nel suo mazzo con la tranquillità serafica che non ci si aspetterebbe da qualcuno che abbia appena confessato l'omicidio dell'amico di una vita. Lucius gli sorrise di nuovo.

«Sai, Ahmad, di notte in notte mi rendo conto che dopo averti conosciuto non sarò mai più in grado di fidarmi davvero di una persona gentile.»

La risata di Ahmad, limpida e avvolgente, si propagò nella stanza mentre le sue dita scure dispiegavano le carte sul tavolo in un chiaro segno di vittoria.



1 Letteramente “matrimonio di godimento”, è istituto matrimoniale sciita. Si tratta di un matrimonio a tutti gli effetti , si differenzia dal matrimonio islamico a noi maggiormente noto soprattutto per la durata prefissata ( un mese, un anno, due giorni).

Note dell'autrice:

Eccoci al terzo capitolo. Non ho molto da dire. Ho messo una nota dove mi pareva strettamente indispensabile ma se qualcuno volesse segnalarmi altri punti del testo in cui sono necessari chiarimenti si senta libero e anzi pienamente incoraggiato a farlo.

Un bacio ai miei fedeli recensori e anche ai lettori silenziosi.

 

   
 
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