Capitolo
rivisto e corretto
Salve
gente!! È una settimana che non posto e
per questo chiedo scusa, vi ho lasciati così, senza un
avviso e senza risposte
alle recensioni LQuesto
capitolo, come potrete notare, è un po’
più
lungo degli altri e in un certo senso anche più difficile da
scrivere rispetto
ai precedenti e ai prossimi. È infatti il capitolo
dell’incontro con i Cullen,
di cui tutte mi chiedevate xD Avevo in mente come sarebbe dovuto
avvenire, ma
il fatto che tutte eravate così impazienti di leggerlo mi ha
messo un po’ di
para. Ogni volta che scrivevo qualcosa la cancellavo, per paura che non
fosse
all’altezza delle vostre aspettative, così ci ho
messo più del previsto.
Grazie mille a tutti coloro che hanno messo la storia tra
preferite/seguite/ricordate, ma soprattutto un enorme bacio alle
ragazze che
hanno recensito! Vi adoro :D
Ci “leggiamo” a fine capitolo!
Ps: IMPORTANTE: ho deciso che posterò una volta
alla settimana, stiamo
infatti entrando nel vivo della storia e ho bisogno di un po’
più di tempo per
scrivere :D
Capitolo betato da Ele Cullen. Grazie tesoro, sei unica!!
Capitolo
III
Passai la mia prima settimana da vampira cacciando e ascoltando i
racconti di Carlisle
sulla sua vita. Nelle pause – lunghe anche ore – tra una caccia e l'altra, mi
istruiva sulle
regole degli immortali, delle quali non avrei nemmeno mai immaginato
l’esistenza. Mi parlò dei vampiri neonati,
cioè di quei vampiri che, come me,
avevano completato da un anno o meno la trasformazione. Mi
spiegò che, in noi,
velocità e forza erano amplificati rispetto agli standard
degli altri vampiri,
a causa della presenza di sangue nei nostri tessuti. Via via che i mesi
sarebbero passati il mio organismo l’avrebbe assorbito, e
forza e velocità
sarebbero rientrate nei normali parametri.
Parlò
di un codice, la cui legge fondamentale,
che racchiudeva tutte le altre, era la segretezza. L’ordine
era rigorosamente
mantenuto dal clan di vampiri più importante al mondo: i
Volturi, in Italia.
Mi
raccontò di quel poco che ricordava della sua
vita umana, di come suo padre, un pastore anglicano intollerante, si
aspettasse
di vederlo guidare spedizioni per scovare e uccidere vampiri,
licantropi e
streghe. Della sua trasformazione, avvenuta proprio perché
era riuscito a
trovare un clan di veri immortali nelle fogne di Londra, del seguente
periodo
neonatale e della scelta di diventare
“vegetariano”, per non essere un mostro.
Dei secoli passati sui libri, a girare il mondo, della decisione di
diventare
medico.
Quando mi parlò della sua professione dovetti fare appello a
tutto il mio
controllo per non scoppiare a ridere. Assurdo. Un vampiro che, non solo
non si
nutre di umani, ma salva loro la vita?! Era un controsenso e, stando a
ciò che
mi disse, anche il resto. Ma quello strano vampiro, con le sue idee
cella
specie lo pensava. Ma quel vampiro, quell’uomo,
così insolito, buono e gentile, mi aveva colpita. Il suo
modo di comportarsi
con me, la dolcezza e l’accondiscendenza miste ad una dose di
autorità, mi ricordavano
in tutto e per tutto un genitore nei confronti del proprio figlio.
In una settimana già iniziavo ad affezionarmi al vampiro che
mi aveva salvato
la vita e che mi insegnava a vivere secondo le regole di quella nuova,
confortandomi ogni qualvolta mi arrabbiavo con me stessa per il
continuo
bisogno di sangue.
Ero
insaziabile. Dovevo nutrirmi a intervalli di
poche ore, non potevo farne a meno. Continuava a dirmi che per essere
una
neonata ero fenomenale, che il fatto che non lo avessi mai attaccato o
che
riuscissi a parlargli con così tanta calma e interesse
già dai primi giorni di
vita, era stupefacente.
Rifletteva spesso su quest’argomento, con me o per conto suo,
a voce alta. Si
era convinto, dopo svariate teorie, che dipendesse dal mio carattere
così
tranquillo e riservato. Dal canto mio non mi ero mai sentita
pericolosa, tranne
in un momento, per il quale avevo chiesto scusa a Carlisle per ore e
ore, ma
lui aveva continuato a sorridere e a rassicurarmi. Non si fidava a
lasciarmi
andare a caccia da sola, temeva che potessi intercettare la scia di un
umano e
ucciderlo, paura che condividevo pienamente. Così, ogni
volta mi stava a
qualche decina di metri di distanza, per consentirmi di nutrirmi in
pace. Ma il
quarto giorno dopo la trasformazione si era avvicinato un po’
troppo, correndo,
mentre io ero sul punto di assalire la mia preda, un grosso cervo
maschio.
Troppo concentrata nella caccia impiegai più tempo per
accorgermi di una presenza
estranea alle mie spalle e quando lo feci, era troppo tardi per
riconoscerlo.
Il
mio istinto prese il sopravento e lo attaccai.
Ma,
quando mi ritrovai a una spanna dai tratti
gentili del suo volto, rinsavii e corsi via. Persi il conto delle volte
in cui
gli avevo chiesto scusa, ma lui si addossò le colpe,
affermando di avere
commesso un errore ad avvicinarsi tanto durante la caccia di una
neonata.
Un altro argomento che trovavo particolarmente interessante –
l’unico che
riusciva a distrarmi davvero dalla sete – era la sua
famiglia. Mi parlava di
loro, raccontava aneddoti divertenti su tutti loro, ma ogni volta che
gli
chiedevo di dirmi qualcosa di più, diventava evasivo.
“Appena sarà passata la
tua prima settimana da vampira, li raggiungeremo.”
Temeva
che potessi non essere ancora pronta a
ritrovarmi a dover interagire con altri sei vampiri e ad avvicinarmi un
po’ di
più al mondo civilizzato.
Una
volta, il primo giorno che gli chiesi
qualcosa di più, me li descrisse così:
“Sappi che la mia famiglia è costituita
da me, mia moglie Esme, e quelli che consideriamo come figli, anche se
non lo
sono biologicamente: Rosalie ed Emmett, Alice e Jasper, e infine
Edward. Sarà
più bello conoscerli, senza troppe anticipazioni da parte
mia!”
Così
mi ritrovavo con informazioni minime e una curiosità
che minacciava di esplodere da un momento all’altro. Un altro
fattore che mi
ero resa conto essersi amplificato con la trasformazione, era proprio
il
continuo desiderio di conoscenza, già presente nel mio
carattere.
Ma,
finalmente, la settimana era finita.
Stavamo
correndo da circa due ore, con
destinazione villa Cullen, la cui ubicazione era incognita per me, ma
poco mi
interessava. Ero euforica. Dopo giorni che mi erano parsi interminabili
avevo
finalmente il permesso di rapportami con qualcun altro che non fosse
Carlisle.
Non vedevo l’ora di conoscere la sua famiglia, di parlare con
qualcun altro. Eppure,
allo stesso tempo, ero intimorita dall'idea che avrebbero potuto non
accettarmi. Ecco un altro lato del mio carattere che avevo conservato:
l'insicurezza cronica. I miei precedenti, durante la vita umana, non
erano
certo confortanti. Per quanto fosse fastidioso ricercare le memorie in
quella
strana nebbiolina che pareva avvolgerle perennemente, ricordavo di non
essere
mai riuscita ad inserirmi granché a scuola e in qualsiasi
altro ambiente
frequentato dai miei coetanei. O esseri viventi in generale.
Scossi la testa scacciando quei malinconici pensieri e affiancai
Carlisle, il
quale mi precedeva di qualche metro per indicarmi la strada.
«Quanto manca?». L'impazienza doveva trapelare
dalle mie parole perché lui
ridacchiò.
«Pochissimo,
ma ora fermiamoci un attimo. Alla
fine di questo bosco c’è la cittadina dove
abitiamo. Tranquilla, la casa è
completamente distaccata dal centro abitato, non correrai il rischio di
incontrare umani. Immagino però che, prima di essere
presentata, tu voglia
cambiarti».
Annuii.
Cominciavano
ad infastidirmi i vestiti che
portavo da una settimana, ormai completamente sporchi di sangue e
logori.
«Aspettami qui, vado a prenderti qualcosa da metterti in un
negozio. Non
muoverti!».
«Certo, Carlisle! Non preoccuparti, non mi sposto».
Euforica,
mi poggiai ad un albero e lo osservai
correre via. Rimasi in quella posizione finché non lo vidi
tornare con una
busta, che mi consegnò. Sorrise, si voltò e si
allontanò nuovamente per
permettermi di indossare i nuovi vestiti: una paio di jeans chiari e
una
camicetta blu sbracciata. Semplice ma carina.
Lo chiamai non appena mi fui cambiata e riprendemmo a correre.
Il
tragitto non fu lungo. Pochi minuti dopo eravamo
davanti ad un’enorme villa, rettangolare e bianca,
bellissima. Doveva essere
moderna o perfettamente ristrutturata, divisa in tre piani e circondata
da un
giardino perfettamente curato.
Davanti ad essa ci aspettavano sei vampiri: tre uomini e tre donne. Bellissimi e pallidissimi,
come da norma.
Tutti
diversissimi, avevano in comune solo il
colore degli occhi, dorati, che lasciava intendere la loro scelta di
vita. Fu
semplice individuare due coppie: un ragazzo alto e leonino, con i
capelli color
miele, teneva per mano quella che a prima vista dava l'impressione di
essere un
folletto. La statura, il fisico magro e i capelli neri, corti e
spettinati, le
davano un’aria molto giovane e sbarazzina. L’altra
coppia era composta da un
enorme e muscoloso vampiro che sfiorava i due metri d’altezza
e i riccioli
neri, e da una vampira dalla bellezza irreale, anche per un immortale.
Fisico
slanciato, folti e lunghi capelli biondi incorniciavano un viso
angelico,
impossibile da ignorare. Il tipo di ragazza da far morire
d’invidia Venere in
persona. Lui le cingeva la vita con un braccio e, se non fosse stato
per
l’espressione ridente del suo volto, avrei temuto che mi
volesse attaccare.
Riconobbi
Esme, la moglie di Carlisle, dal modo
in cui osservava il biondo accanto a me. Era una donna dai capelli
caramello,
il viso a cuore e il sorriso dolce. Mi ricordò le svampite
dei vecchi film
muti.
Al
suo fianco, il ragazzo più bello che avessi
mai visto in vita mia: era alto, muscoloso ma non quanto gli altri due,
dinoccolato, il viso dai tratti ancora infantili incorniciato da una
zazzera di
capelli ramati. Sembrava un angelo. Per un momento mi chiesi chi fosse
più
bello tra il rosso e la bionda da rivista patinata.
Esme ci venne incontro con un sorriso amorevole, dimostrava qualche
anno in più
rispetto agli altri, ma comunque non più di venticinque
anni. Non mi feci ingannare
dalle apparenze: sapevo che anche a quattrocento anni avrei continuato
a
dimostrare i miei diciassette. Venni scossa da una sorta di brivido
interiore.
Da una settimana a quella parte riflettevo sul concetto di
immortalità ma, per
quanto vampira, non riuscivo a farmene ancora un’idea
precisa. Mentre ero
immersa in queste riflessioni, che non durarono più di
qualche secondo, Esme
era arrivata davanti a noi.
Mi
ero resa conto che si era mossa con cautela,
senza togliermi gli occhi di dosso. Ecco qualcun altro che mi
considerava una
pazza senza autocontrollo. Ero in allerta e forse, se ci avessi
riflettuto,
avrei capito che la lentezza di Esme non era stata per niente una
cattiva idea.
Avvertivo su di me gli occhi di tutti, specie quelli del biondo.
Ciò non mi
piacque per niente. In più non potevo fare a meno di provare
diffidenza nei
confronti di quei vampiri estranei, certa che se avessero deciso di
attaccarmi
non avrei avuto via di scampo. Come se ciò non bastasse
avvertii Carlisle
irrigidirsi al mio fianco, alla vista di sua moglie così
vicina a me. Per
quanto me ne scordassi continuamente, il mostro al momento ero io. Ero
io la
vampira instabile che poteva perdere la ragione in ogni momento.
«Piacere di conoscerti, cara. Io sono Esme».
Voleva
sembrare innocua, proprio come Carlisle
appena mi ero “risvegliata”, per mettermi a mio
agio. Strinsi la mano che mi
porgeva e, mettendo a tacere quella parte selvaggia di me che mi
imponeva di
saltarle al collo e scappare, tentai un sorriso.
«È un vero piacere conoscerla, Esme. Sono
Bella».
«Oh, ne sono felice anch’io, Bella! Carlisle ci ha
parlato di te nelle sue
telefonate. Ma dammi pure del tu, cara». Poi il marito la
prese per mano e,
facendomi cenno di seguirli, ci avvicinammo agli altri. Ci fermammo ad
un paio
di metri di distanza.
«Ecco, Bella! Loro sono: Jasper e Alice, Emmett e Rosalie ed
Edward, ora li
puoi conoscere», li presentò. Ognuno di loro,
sentendo il proprio nome, mi
rivolse un sorriso o un cenno del capo.
«Ragazzi,
lei è Bella, la vostra nuova sorella».
Non
feci in tempo a dir nulla perché un tornado
formato mini mi si materializzò affianco e mi prese sotto
braccio.
«Bene, Bella, sei proprio come ti avevo vista! Io sono Alice,
diventeremo
grandi amiche, io lo so! Ma ora passiamo alle cose serie, devi
assolutamente
vedere la tua camera e dire ad Esme se ti piace, l’ha
arredata lei. Ma soprattutto
tu, io e Rose dobbiamo…».
Trascinandomi
in casa, si fermò solo per un
decimo di secondo. «Rose! Vieni, su! Dobbiamo
mostrare a Bella il suo
nuovo guardaroba e apportare delle modifiche se non dovesse andare
bene».
Mi
ritrovai in un ampio salone perfettamente
arredato, dai color candidi, arioso e allo stesso tempo estremamente
elegante. A
destra, su un rialzo, si trovava un meraviglioso pianoforte a coda che
attirò
subito la mia attenzione. Nel giro di mezzo secondo ci raggiunsero
tutti e
Rosalie mi si avvicinò, con un sorriso leggermente tirato.
«Sono Rosalie, piacere di conoscerti».
«Bella», fu la mia semplice risposta.
Non
avrei saputo spiegare la ragione, ma mi
sentivo intimorita da quella bellissima vampira. Fortunatamente la mia
voce non
tradì alcuna emozione particolare.
Prima che Alice potesse riprendere a parlare, mi sentii mancare la
terra da
sotto i piedi e volteggiai in aria, avvolta da un paio di braccia
forti. Una
risata tuonava vicinissima nelle orecchie.
«Ehi Bellina, io sono Emmett! Il più simpatico,
qui! Sappi che entrando a far
parte della famiglia ti ritroverai a dover convivere con gente
estremamente
noiosa… Tipo Eddy! Non fa altro che leggere e ascoltare
musica tutto il giorno,
tranne quando non passiamo il nostro prezioso tempo in quella prigione
chiamata
“scuola”. C’è da morire di
noia, fidati. E noi siamo vampiri!». Sembrava
esasperato, ma un sorrisetto nacque improvvisamente sul suo volto,
mentre
esclamava: «Quasi dimenticavo, si diverte anche un mondo a
ficcarsi nelle teste
altrui!».
Il
diretto interessato, dopo aver fatto roteare
gli occhi al cielo, ci venne incontro. Mi resi con che da vicino, per
quanto la
mia vista fosse molto più acuta di quella di un falco, era
ancora più bello,
con quel fisico slanciato e gli occhi dorati così intensi.
«Primo, scimmione, non chiamarmi Eddy! Secondo: io non mi
“ficco nelle teste
altrui”, non è certo colpa mia se sento
ciò che pensate!». Scosse il capo. Poi
si voltò verso di me e sorrise, porgendomi la mano. Non
avevo mai visto un
sorriso così: era obliquo, imperfetto.
«Lieto
di fare la tua conoscenza, mi chiamo
Edward». Gli strinsi la mano, la mia scomparve dentro la sua,
molto più grande
e dalle dita lunghe e affusolate.
«Lo
sono anch’io. Piacere, Bella», risposi e
ricambiai il sorriso. Edward però non abbassò lo
sguardo né allontanò la mano,
al contrario continuò a osservarmi.
Dal
canto mio, io stavo ancora cercando di capire
cosa Emmett intendesse per “ficcarsi dentro le teste
altrui” o Edward con il
dire “sentire i pensieri”. Non
leggerà mica…
«Non riesco… Non capisco! Non riesco a
leggerla». Lasciò la mia mano e si
voltò
verso Carlisle, confuso. Poi tornò a fissare me, scrutandomi
il volto.
«Cosa
intendi “per sentire i pensieri”? Leggi la
mente?!».
Mi
resi conto solo dopo aver parlato di quanto il
mio tono suonasse allarmato. L’idea che qualcuno, seppur
vampiro, potesse
sentire ciò che passa per la testa agli altri mi sembrava
incredibile. Invece lui
accennò nuovamente il sorriso sghembo e annuì.
Quello
fu il mio turno di voltarmi verso Carlisle
in cerca di risposte.
«Beh Bella, ricordi che ti ho parlato del fatto che alcuni
vampiri hanno dei
poteri “supplementari”? Ecco uno di loro
è Edward. Legge nel pensiero sia degli
umani sia in quello dei vampiri, ma sarà lui stesso a
spiegarti meglio come
funziona». Poi si voltò e io seguii il suo
sguardo. «Anche Alice e Jasper
possiedono dei poteri speciali: Alice vede il futuro, o meglio, le
conseguenze
delle decisioni prese. Mentre Jazz sente le emozione di chi gli sta
intorno e
riesce a manipolarle, ad esempio è capace di placare degli
animi un po’ troppo
irruenti o di vivacizzarne degli altri».
Avevo ascoltato senza fiatare le spiegazioni di Carlisle, ma dire che
ero
stupefatta è un eufemismo. Mi aveva già accennato
a qualche sorta di poteri
extra, ma non immaginavo delle cose così… fiche!
Perché io non facevo nulla del
genere?
Alice
mi sorrideva tranquilla, mentre il suo compagno
non smise di studiarmi. La sua pelle era ricoperta di cicatrici. Il
volto, il
collo, ogni lembo del suo corpo portava incisi per sempre segni di
morsi di
vampiro. Tutto di lui, la sua posizione irrigidita, le spalle
ingobbite, quasi
fosse pronto ad attaccare, le cicatrici, pareva urlare
“pericolo”. Ed io quel
segnale lo percepivo fin troppo bene.
Avevo ancora gli occhi sgranati, quando un pensiero mi
balenò in testa: Edward
leggeva ciò che pensavo? Mi voltai verso di lui,
improvvisamente imbarazzata e
anche leggermente infastidita, ero gelosa della mia privacy mentale!
«Mi leggi… senti quello che sto
pensando?».
Lui
scosse il capo, quasi frustrato.
«No, non sento nulla. Come sei io avessi sintonizzato una
radio in a.m. e tu
trasmettessi in f.m. Il buio più totale. Carlisle, tu hai
qualche idea a
riguardo?».
«No. Fino ad ora il tuo potere ha funzionato su chiunque
avessi incontrato,
giusto?». Edward annuì. «Mi
metterò a fare ricerche. Potremmo chiedere ad
Eleazar, magari lui, avendo girato il mondo per conto dei Volturi,
potrebbe
aiutarci».
Ero più confusa che mai quando Emmett, che aveva osservato
per tutto il tempo
Carlisle con le sopracciglia arcuate, si illuminò in volto
ed esclamò convinto:
«Forse Bellina non pensa! Ecco perché Edward non
riesce a leggerle nel
pensiero! Bellina, sei certa di pensare?».
Sgranai
gli occhi mentre lui mi si avvicinava e
bussava sulla mia testa. Gli altri scoppiarono a ridere, Esme e
Carlisle
scuotevano la testa sorridendo bonariamente e anche Jasper pareva
essersi
sciolto, un po’.
Mi
trovavo nel più totale imbarazzo. Per me era
sempre stato difficile ambientarmi in un posto e le persone mi avevano
sempre
messa a disagio, spesso ero arrivata a pensare di avere qualcosa di
sbagliato.
Ma in quel momento, tra quelli che sarebbero dovuti essere quasi
totalmente
degli estranei, mi sentii a mio agio.
Mi
sentii a casa.
Ecco
qua, che ne dite? Spero non siate rimaste
deluse dal fatto che Bella e Edward non abbiano avuto questo fantastico
e super
romantico incontro xD Ho pensato infatti che comunque Bella
è una neonata
appena trasformata, Edward è convinto di poter provare per
nessuno sentimenti
che vanno oltre l’amore fraterno, quindi… In
più è il loro primo incontro xD
Non mi sembrava per niente realistico la scena di Bella e Edward che si
guardano negli occhi, lei capisce che lui è il suo grande
amore e gli getta le
braccia al collo e lui la bacia con trasporto dicendole che
è tutta la sua
vita.
Spero davvero di non avervi deluse!
Fatemi sapere che ne pensate ;)
Bacii
Vero