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Autore: Nyktifaes    08/02/2012    19 recensioni
Mi risvegliai di soprassalto con la sensazione di essere sbalzata. Mi aggrappai alla base della poltroncina, spaventata. Impiegai qualche secondo per ricordare che sedevo su un sedile e che mi trovavo su un aereo. È sorprendente quanti dettagli si possano registrare in pochi secondi di panico. Ricordo perfettamente i visi spaventati dei passeggeri, la hostess che si aggrappava ad una fila di sedili, la mascherina che usciva dal soffitto dell’aereo, a un soffio dal mio viso, un boato. E poi il buio.
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Primo capitolo di Twilight. Bella si trova sull'aereo che la deve portare a Forks, ma qualcosa va storto.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Capitolo rivisto e corretto

 

 

 

Salve gente!! È una settimana che non posto e per questo chiedo scusa, vi ho lasciati così, senza un avviso e senza risposte alle recensioni LQuesto capitolo, come potrete notare, è un po’ più lungo degli altri e in un certo senso anche più difficile da scrivere rispetto ai precedenti e ai prossimi. È infatti il capitolo dell’incontro con i Cullen, di cui tutte mi chiedevate xD Avevo in mente come sarebbe dovuto avvenire, ma il fatto che tutte eravate così impazienti di leggerlo mi ha messo un po’ di para. Ogni volta che scrivevo qualcosa la cancellavo, per paura che non fosse all’altezza delle vostre aspettative, così ci ho messo più del previsto.
Grazie mille a tutti coloro che hanno messo la storia tra preferite/seguite/ricordate, ma soprattutto un enorme bacio alle ragazze che hanno recensito! Vi adoro :D
Ci “leggiamo” a fine capitolo!
Ps: IMPORTANTE: ho deciso che posterò una volta alla settimana, stiamo infatti entrando nel vivo della storia e ho bisogno di un po’ più di tempo per scrivere :D
 
Capitolo betato da Ele Cullen. Grazie tesoro, sei unica!!

 
 
Capitolo III

Passai la mia prima settimana da vampira cacciando e ascoltando i racconti di Carlisle sulla sua vita. Nelle pause – lunghe anche ore –  tra una caccia e l'altra, mi istruiva sulle regole degli immortali, delle quali non avrei nemmeno mai immaginato l’esistenza. Mi parlò dei vampiri neonati, cioè di quei vampiri che, come me, avevano completato da un anno o meno la trasformazione. Mi spiegò che, in noi, velocità e forza erano amplificati rispetto agli standard degli altri vampiri, a causa della presenza di sangue nei nostri tessuti. Via via che i mesi sarebbero passati il mio organismo l’avrebbe assorbito, e forza e velocità sarebbero rientrate nei normali parametri.

Parlò di un codice, la cui legge fondamentale, che racchiudeva tutte le altre, era la segretezza. L’ordine era rigorosamente mantenuto dal clan di vampiri più importante al mondo: i Volturi, in Italia.

Mi raccontò di quel poco che ricordava della sua vita umana, di come suo padre, un pastore anglicano intollerante, si aspettasse di vederlo guidare spedizioni per scovare e uccidere vampiri, licantropi e streghe. Della sua trasformazione, avvenuta proprio perché era riuscito a trovare un clan di veri immortali nelle fogne di Londra, del seguente periodo neonatale e della scelta di diventare “vegetariano”, per non essere un mostro. Dei secoli passati sui libri, a girare il mondo, della decisione di diventare medico.  
Quando mi parlò della sua professione dovetti fare appello a tutto il mio controllo per non scoppiare a ridere. Assurdo. Un vampiro che, non solo non si nutre di umani, ma salva loro la vita?! Era un controsenso e, stando a ciò che mi disse, anche il resto. Ma quello strano vampiro, con le sue idee cella specie lo pensava. Ma quel vampiro, quell’uomo, così insolito, buono e gentile, mi aveva colpita. Il suo modo di comportarsi con me, la dolcezza e l’accondiscendenza miste ad una dose di autorità, mi ricordavano in tutto e per tutto un genitore nei confronti del proprio figlio.
In una settimana già iniziavo ad affezionarmi al vampiro che mi aveva salvato la vita e che mi insegnava a vivere secondo le regole di quella nuova, confortandomi ogni qualvolta mi arrabbiavo con me stessa per il continuo bisogno di sangue.

Ero insaziabile. Dovevo nutrirmi a intervalli di poche ore, non potevo farne a meno. Continuava a dirmi che per essere una neonata ero fenomenale, che il fatto che non lo avessi mai attaccato o che riuscissi a parlargli con così tanta calma e interesse già dai primi giorni di vita, era stupefacente.  
Rifletteva spesso su quest’argomento, con me o per conto suo, a voce alta. Si era convinto, dopo svariate teorie, che dipendesse dal mio carattere così tranquillo e riservato. Dal canto mio non mi ero mai sentita pericolosa, tranne in un momento, per il quale avevo chiesto scusa a Carlisle per ore e ore, ma lui aveva continuato a sorridere e a rassicurarmi. Non si fidava a lasciarmi andare a caccia da sola, temeva che potessi intercettare la scia di un umano e ucciderlo, paura che condividevo pienamente. Così, ogni volta mi stava a qualche decina di metri di distanza, per consentirmi di nutrirmi in pace. Ma il quarto giorno dopo la trasformazione si era avvicinato un po’ troppo, correndo, mentre io ero sul punto di assalire la mia preda, un grosso cervo maschio. Troppo concentrata nella caccia impiegai più tempo per accorgermi di una presenza estranea alle mie spalle e quando lo feci, era troppo tardi per riconoscerlo.

Il mio istinto prese il sopravento e lo attaccai.

Ma, quando mi ritrovai a una spanna dai tratti gentili del suo volto, rinsavii e corsi via. Persi il conto delle volte in cui gli avevo chiesto scusa, ma lui si addossò le colpe, affermando di avere commesso un errore ad avvicinarsi tanto durante la caccia di una neonata.
Un altro argomento che trovavo particolarmente interessante – l’unico che riusciva a distrarmi davvero dalla sete – era la sua famiglia. Mi parlava di loro, raccontava aneddoti divertenti su tutti loro, ma ogni volta che gli chiedevo di dirmi qualcosa di più, diventava evasivo. “Appena sarà passata la tua prima settimana da vampira, li raggiungeremo.”

Temeva che potessi non essere ancora pronta a ritrovarmi a dover interagire con altri sei vampiri e ad avvicinarmi un po’ di più al mondo civilizzato.

Una volta, il primo giorno che gli chiesi qualcosa di più, me li descrisse così: “Sappi che la mia famiglia è costituita da me, mia moglie Esme, e quelli che consideriamo come figli, anche se non lo sono biologicamente: Rosalie ed Emmett, Alice e Jasper, e infine Edward. Sarà più bello conoscerli, senza troppe anticipazioni da parte mia!”

Così mi ritrovavo con informazioni minime e una curiosità che minacciava di esplodere da un momento all’altro. Un altro fattore che mi ero resa conto essersi amplificato con la trasformazione, era proprio il continuo desiderio di conoscenza, già presente nel mio carattere.

Ma, finalmente, la settimana era finita.

Stavamo correndo da circa due ore, con destinazione villa Cullen, la cui ubicazione era incognita per me, ma poco mi interessava. Ero euforica. Dopo giorni che mi erano parsi interminabili avevo finalmente il permesso di rapportami con qualcun altro che non fosse Carlisle. Non vedevo l’ora di conoscere la sua famiglia, di parlare con qualcun altro. Eppure, allo stesso tempo, ero intimorita dall'idea che avrebbero potuto non accettarmi. Ecco un altro lato del mio carattere che avevo conservato: l'insicurezza cronica. I miei precedenti, durante la vita umana, non erano certo confortanti. Per quanto fosse fastidioso ricercare le memorie in quella strana nebbiolina che pareva avvolgerle perennemente, ricordavo di non essere mai riuscita ad inserirmi granché a scuola e in qualsiasi altro ambiente frequentato dai miei coetanei. O esseri viventi in generale.
Scossi la testa scacciando quei malinconici pensieri e affiancai Carlisle, il quale mi precedeva di qualche metro per indicarmi la strada.
«Quanto manca?». L'impazienza doveva trapelare dalle mie parole perché lui ridacchiò.

«Pochissimo, ma ora fermiamoci un attimo. Alla fine di questo bosco c’è la cittadina dove abitiamo. Tranquilla, la casa è completamente distaccata dal centro abitato, non correrai il rischio di incontrare umani. Immagino però che, prima di essere presentata, tu voglia cambiarti».

Annuii.

Cominciavano ad infastidirmi i vestiti che portavo da una settimana, ormai completamente sporchi di sangue e logori.
«Aspettami qui, vado a prenderti qualcosa da metterti in un negozio. Non muoverti!».
«Certo, Carlisle! Non preoccuparti, non mi sposto».

Euforica, mi poggiai ad un albero e lo osservai correre via. Rimasi in quella posizione finché non lo vidi tornare con una busta, che mi consegnò. Sorrise, si voltò e si allontanò nuovamente per permettermi di indossare i nuovi vestiti: una paio di jeans chiari e una camicetta blu sbracciata. Semplice ma carina.
Lo chiamai non appena mi fui cambiata e riprendemmo a correre.

Il tragitto non fu lungo. Pochi minuti dopo eravamo davanti ad un’enorme villa, rettangolare e bianca, bellissima. Doveva essere moderna o perfettamente ristrutturata, divisa in tre piani e circondata da un giardino perfettamente curato.
Davanti ad essa ci aspettavano sei vampiri: tre uomini e tre donne.  Bellissimi e pallidissimi, come da norma.

Tutti diversissimi, avevano in comune solo il colore degli occhi, dorati, che lasciava intendere la loro scelta di vita. Fu semplice individuare due coppie: un ragazzo alto e leonino, con i capelli color miele, teneva per mano quella che a prima vista dava l'impressione di essere un folletto. La statura, il fisico magro e i capelli neri, corti e spettinati, le davano un’aria molto giovane e sbarazzina. L’altra coppia era composta da un enorme e muscoloso vampiro che sfiorava i due metri d’altezza e i riccioli neri, e da una vampira dalla bellezza irreale, anche per un immortale. Fisico slanciato, folti e lunghi capelli biondi incorniciavano un viso angelico, impossibile da ignorare. Il tipo di ragazza da far morire d’invidia Venere in persona. Lui le cingeva la vita con un braccio e, se non fosse stato per l’espressione ridente del suo volto, avrei temuto che mi volesse attaccare.

Riconobbi Esme, la moglie di Carlisle, dal modo in cui osservava il biondo accanto a me. Era una donna dai capelli caramello, il viso a cuore e il sorriso dolce. Mi ricordò le svampite dei vecchi film muti.

Al suo fianco, il ragazzo più bello che avessi mai visto in vita mia: era alto, muscoloso ma non quanto gli altri due, dinoccolato, il viso dai tratti ancora infantili incorniciato da una zazzera di capelli ramati. Sembrava un angelo. Per un momento mi chiesi chi fosse più bello tra il rosso e la bionda da rivista patinata. 
Esme ci venne incontro con un sorriso amorevole, dimostrava qualche anno in più rispetto agli altri, ma comunque non più di venticinque anni. Non mi feci ingannare dalle apparenze: sapevo che anche a quattrocento anni avrei continuato a dimostrare i miei diciassette. Venni scossa da una sorta di brivido interiore. Da una settimana a quella parte riflettevo sul concetto di immortalità ma, per quanto vampira, non riuscivo a farmene ancora un’idea precisa. Mentre ero immersa in queste riflessioni, che non durarono più di qualche secondo, Esme era arrivata davanti a noi.

Mi ero resa conto che si era mossa con cautela, senza togliermi gli occhi di dosso. Ecco qualcun altro che mi considerava una pazza senza autocontrollo. Ero in allerta e forse, se ci avessi riflettuto, avrei capito che la lentezza di Esme non era stata per niente una cattiva idea. Avvertivo su di me gli occhi di tutti, specie quelli del biondo. Ciò non mi piacque per niente. In più non potevo fare a meno di provare diffidenza nei confronti di quei vampiri estranei, certa che se avessero deciso di attaccarmi non avrei avuto via di scampo. Come se ciò non bastasse avvertii Carlisle irrigidirsi al mio fianco, alla vista di sua moglie così vicina a me. Per quanto me ne scordassi continuamente, il mostro al momento ero io. Ero io la vampira instabile che poteva perdere la ragione in ogni momento.
«Piacere di conoscerti, cara. Io sono Esme».

Voleva sembrare innocua, proprio come Carlisle appena mi ero “risvegliata”, per mettermi a mio agio. Strinsi la mano che mi porgeva e, mettendo a tacere quella parte selvaggia di me che mi imponeva di saltarle al collo e scappare, tentai un sorriso.
«È un vero piacere conoscerla, Esme. Sono Bella».
«Oh, ne sono felice anch’io, Bella! Carlisle ci ha parlato di te nelle sue telefonate. Ma dammi pure del tu, cara». Poi il marito la prese per mano e, facendomi cenno di seguirli, ci avvicinammo agli altri. Ci fermammo ad un paio di metri di distanza.
«Ecco, Bella! Loro sono: Jasper e Alice, Emmett e Rosalie ed Edward, ora li puoi conoscere», li presentò. Ognuno di loro, sentendo il proprio nome, mi rivolse un sorriso o un cenno del capo.

«Ragazzi, lei è Bella, la vostra nuova sorella».

Non feci in tempo a dir nulla perché un tornado formato mini mi si materializzò affianco e mi prese sotto braccio.
«Bene, Bella, sei proprio come ti avevo vista! Io sono Alice, diventeremo grandi amiche, io lo so! Ma ora passiamo alle cose serie, devi assolutamente vedere la tua camera e dire ad Esme se ti piace, l’ha arredata lei. Ma soprattutto tu, io e Rose dobbiamo…».

Trascinandomi in casa, si fermò solo per un decimo di secondo. «Rose! Vieni, su! Dobbiamo mostrare a Bella il suo nuovo guardaroba e apportare delle modifiche se non dovesse andare bene».

Mi ritrovai in un ampio salone perfettamente arredato, dai color candidi, arioso e allo stesso tempo estremamente elegante. A destra, su un rialzo, si trovava un meraviglioso pianoforte a coda che attirò subito la mia attenzione. Nel giro di mezzo secondo ci raggiunsero tutti e Rosalie mi si avvicinò, con un sorriso leggermente tirato.
«Sono Rosalie, piacere di conoscerti».
«Bella», fu la mia semplice risposta.

Non avrei saputo spiegare la ragione, ma mi sentivo intimorita da quella bellissima vampira. Fortunatamente la mia voce non tradì alcuna emozione particolare.
Prima che Alice potesse riprendere a parlare, mi sentii mancare la terra da sotto i piedi e volteggiai in aria, avvolta da un paio di braccia forti. Una risata tuonava vicinissima nelle orecchie.
«Ehi Bellina, io sono Emmett! Il più simpatico, qui! Sappi che entrando a far parte della famiglia ti ritroverai a dover convivere con gente estremamente noiosa… Tipo Eddy! Non fa altro che leggere e ascoltare musica tutto il giorno, tranne quando non passiamo il nostro prezioso tempo in quella prigione chiamata “scuola”. C’è da morire di noia, fidati. E noi siamo vampiri!». Sembrava esasperato, ma un sorrisetto nacque improvvisamente sul suo volto, mentre esclamava: «Quasi dimenticavo, si diverte anche un mondo a ficcarsi nelle teste altrui!».

Il diretto interessato, dopo aver fatto roteare gli occhi al cielo, ci venne incontro. Mi resi con che da vicino, per quanto la mia vista fosse molto più acuta di quella di un falco, era ancora più bello, con quel fisico slanciato e gli occhi dorati così intensi.
«Primo, scimmione, non chiamarmi Eddy! Secondo: io non mi “ficco nelle teste altrui”, non è certo colpa mia se sento ciò che pensate!». Scosse il capo. Poi si voltò verso di me e sorrise, porgendomi la mano. Non avevo mai visto un sorriso così: era obliquo, imperfetto.

«Lieto di fare la tua conoscenza, mi chiamo Edward». Gli strinsi la mano, la mia scomparve dentro la sua, molto più grande e dalle dita lunghe e affusolate.

«Lo sono anch’io. Piacere, Bella», risposi e ricambiai il sorriso. Edward però non abbassò lo sguardo né allontanò la mano, al contrario continuò a osservarmi.

Dal canto mio, io stavo ancora cercando di capire cosa Emmett intendesse per “ficcarsi dentro le teste altrui” o Edward con il dire “sentire i pensieri”.  Non leggerà mica…
«Non riesco… Non capisco! Non riesco a leggerla». Lasciò la mia mano e si voltò verso Carlisle, confuso. Poi tornò a fissare me, scrutandomi il volto.

«Cosa intendi “per sentire i pensieri”? Leggi la mente?!».

Mi resi conto solo dopo aver parlato di quanto il mio tono suonasse allarmato. L’idea che qualcuno, seppur vampiro, potesse sentire ciò che passa per la testa agli altri mi sembrava incredibile. Invece lui accennò nuovamente il sorriso sghembo e annuì.

Quello fu il mio turno di voltarmi verso Carlisle in cerca di risposte.
«Beh Bella, ricordi che ti ho parlato del fatto che alcuni vampiri hanno dei poteri “supplementari”? Ecco uno di loro è Edward. Legge nel pensiero sia degli umani sia in quello dei vampiri, ma sarà lui stesso a spiegarti meglio come funziona». Poi si voltò e io seguii il suo sguardo. «Anche Alice e Jasper possiedono dei poteri speciali: Alice vede il futuro, o meglio, le conseguenze delle decisioni prese. Mentre Jazz sente le emozione di chi gli sta intorno e riesce a manipolarle, ad esempio è capace di placare degli animi un po’ troppo irruenti o di vivacizzarne degli altri».
Avevo ascoltato senza fiatare le spiegazioni di Carlisle, ma dire che ero stupefatta è un eufemismo. Mi aveva già accennato a qualche sorta di poteri extra, ma non immaginavo delle cose così… fiche! Perché io non facevo nulla del genere?

Alice mi sorrideva tranquilla, mentre il suo compagno non smise di studiarmi. La sua pelle era ricoperta di cicatrici. Il volto, il collo, ogni lembo del suo corpo portava incisi per sempre segni di morsi di vampiro. Tutto di lui, la sua posizione irrigidita, le spalle ingobbite, quasi fosse pronto ad attaccare, le cicatrici, pareva urlare “pericolo”. Ed io quel segnale lo percepivo fin troppo bene.
Avevo ancora gli occhi sgranati, quando un pensiero mi balenò in testa: Edward leggeva ciò che pensavo? Mi voltai verso di lui, improvvisamente imbarazzata e anche leggermente infastidita, ero gelosa della mia privacy mentale!
«Mi leggi… senti quello che sto pensando?».

Lui scosse il capo, quasi frustrato.
«No, non sento nulla. Come sei io avessi sintonizzato una radio in a.m. e tu trasmettessi in f.m. Il buio più totale. Carlisle, tu hai qualche idea a riguardo?».
«No. Fino ad ora il tuo potere ha funzionato su chiunque avessi incontrato, giusto?». Edward annuì. «Mi metterò a fare ricerche. Potremmo chiedere ad Eleazar, magari lui, avendo girato il mondo per conto dei Volturi, potrebbe aiutarci».
Ero più confusa che mai quando Emmett, che aveva osservato per tutto il tempo Carlisle con le sopracciglia arcuate, si illuminò in volto ed esclamò convinto:
«Forse Bellina non pensa! Ecco perché Edward non riesce a leggerle nel pensiero! Bellina, sei certa di pensare?».

Sgranai gli occhi mentre lui mi si avvicinava e bussava sulla mia testa. Gli altri scoppiarono a ridere, Esme e Carlisle scuotevano la testa sorridendo bonariamente e anche Jasper pareva essersi sciolto, un po’.

Mi trovavo nel più totale imbarazzo. Per me era sempre stato difficile ambientarmi in un posto e le persone mi avevano sempre messa a disagio, spesso ero arrivata a pensare di avere qualcosa di sbagliato. Ma in quel momento, tra quelli che sarebbero dovuti essere quasi totalmente degli estranei, mi sentii a mio agio.

Mi sentii a casa. 
 
 
 
Ecco qua, che ne dite? Spero non siate rimaste deluse dal fatto che Bella e Edward non abbiano avuto questo fantastico e super romantico incontro xD Ho pensato infatti che comunque Bella è una neonata appena trasformata, Edward è convinto di poter provare per nessuno sentimenti che vanno oltre l’amore fraterno, quindi… In più è il loro primo incontro xD Non mi sembrava per niente realistico la scena di Bella e Edward che si guardano negli occhi, lei capisce che lui è il suo grande amore e gli getta le braccia al collo e lui la bacia con trasporto dicendole che è tutta la sua vita.
Spero davvero di non avervi deluse!
Fatemi sapere che ne pensate ;)
Bacii
 
Vero

   
 
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