Give me Love
Prologue
Louis se ne stava immobile seduto su quella panchina un po’ vecchia e ossidata dalle frequenti piogge. Fissava il tabellone degli arrivi della stazione ferroviaria della sua piccola cittadina, in attesa di qualcosa.
«Signore?»
La voce lo fece rinsavire e i suoi pensieri fissi svanirono in un battito di ciglia.
«Si?» Rispose lui, voltandosi appena.
«E’ solo un ragazzo, torni a casa. Tra poco pioverà e per quanto rimarrà lì, nessun treno potrà portarla indietro. Perché è una ragazza che sta aspettando, vero?»
Louis si voltò del tutto, un po’ contrariato.
«Insomma, non intendevo essere scortese o invadente, ma faccio il mio lavoro da quasi vent’anni e non credo di aver mai visto nessun ragazzo sedersi sulla stessa panchina, ogni giorno, alla stessa ora come fa lei. Cos’è, una specie di rito?»
«Due anni fa ho preso un treno,» Incominciò il ragazzo, a bassa voce, «E quel treno mi ha dato tutto ciò che desideravo, o almeno così credevo.»
«Perché, cosa le mancava?»
L’operatore ecologico si avvicinò a lui con la sua scopa di saggina in mano e una grande curiosità nel resto del corpo.
«Questo!» Rispose Louis, abbozzando un sorriso.
Poi si alzò, appoggiò il giacchetto in jeans sulla panca e si avvicinò alla linea gialla. Quella linea da cui si doveva stare lontani sempre. Il campanello suonava forte e si stava alzando un leggero venticello provocato dall’enorme bestione che stava per arrivare.
«Signore si scansi!» Gridò l’operatore ecologico, visibilmente agitato.
«Tra un attimo!»
Louis aprì le braccia, chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
In quel preciso istante il treno d’alta velocità fece la sua comparsa e sferzò l’aria con estrema potenza e insolenza. Louis si lasciò trasportare dalla forte ondata d’aria e fece qualche passo indietro.
Si sentiva leggero, come se il peso del suo corpo fosse stato completamente annullato da quella forza che l’aveva travolto.
L’uomo qualche metro più indietro raccolse il giacchetto e glielo porse nervosamente, con insistenza.
«La prego di andarsene subito. Se la direzione si accorge che l’ho lasciata fare quella stupidaggine, perderò il lavoro.»
Louis si voltò e fissò il cartellino spillato all’uniforme grigia dell’uomo. Craig Jefferson, questo era il suo nome.
«Dunque Craig,» Iniziò lui, posandogli una mano sulla spalla, «La ringrazio molto per tutto questo, me ne ricorderò!»
«Signore, onestamente io non credo che lei sia lucido in questo momento.»
«Craig, hai delle figlie, una nipote? O forse conosci una dolce e timida ragazzina che abita nella casa di fianco alla tua?»
L’uomo si grattò la nuca, confuso.
«Si, ho una figlia e due nipoti.»
«Perfetto!» Esclamò Louis, mentre si infilava la giacca «Di loro che i One Direction non vedono l’ora di fare la loro conoscenza.»
E detto ciò, prese a camminare nelle sue Toms vissute e un po' sbiadite, con le mani in tasca e un sorriso furbo.
«Ma signore-» Piagnucolò l’uomo.
«Non preoccuparti, Craig» Rispose Louis in lontananza, «Il piacere è tutto mio!»
Ecco il prologo della mia storia. Non offendetemi, sono qui per migliorare!
Bacioni,