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Autore: marmelade    09/02/2012    6 recensioni
Scrollai le spalle, cercando di leggere per l’ennesima volta l’ennesima pagina, ma venni di nuovo interrotta.
"Scommetto che era tutto programmato".
[...]
Due occhi verdi mi stavano fissando e, se pur coperti da una cascata di riccioli castani, riuscivo a scorgere una luce allegra in essi. Inoltre, un sorriso bianchissimo, faceva da protagonista su quel volto dai lineamenti dolci, incorniciato da due adorabili fossette.

"Non avrei mai immaginato di innamorarmi di qualcuno che, inizialmente, avevo odiato.
Eppure quel qualcuno, era l’unico capace di farmi sentire felice semplicemente guardandomi negli occhi."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi spieghi che ci fai qui?”
Quelle furono le prime parole che dissi ad Harry, avvicinandomi a lui con passo leggermente incazzato, dopo essermi ripresa dallo shock di averlo rivisto.
“Ciao anche a te! E’ bello rivederti!” mi rispose divertito, levandosi gli occhiali, come al solito con il suo solito sorriso stampato sulle labbra.
“Per me invece non lo è! Adesso porti subito il tuo culo sul sedile di quella macchina e te ne vai!” gli dissi, adesso completamente furiosa.
Nel frattempo, Helena ed Elyse, che avevano assistito alla scena da lontano, si avvicinarono a me e ad Harry per seguire meglio la nostra conversazione.
“Ciao Harry!” dissero quasi in coro.
“Ciao ragazze! La vostra amica qui mi ha appena consigliato, in termini poco gentili, di sparire!” disse, lanciandomi un’occhiatina divertita.
“Sarebbe anche arrivato il momento, non credi?” gli risposi in tono ironico, alzando gli occhi al cielo.
Le ragazze pare che si divertissero ad assistere ai nostri battibecchi, mentre io ero veramente irritata.
“Allora, dove stavate andando di bello?” chiese, rivolgendosi alle mie amiche.
“Stavamo per andare a mangia…” cercai di rispondere, ma la mia bocca fu bloccata dalla mano di Elyse, impedendomi di parlare. Intanto, cercai di liberarmi dalla sua presa, ma non ci fu niente da fare: alla presa di Elyse non ci si può ribellare!
“Io ed Elyse avremmo da fare, adesso! Infatti stavamo giusto per andare…” rispose Helena.
La guardai con gli occhi sbarrati e interrogativi, cercando di parlare nonostante Elyse avesse ancora la mano sulla mia bocca.
“Si infatti!” aggiunse la mora. “Dobbiamo proprio andare, si è fatto tardissimo!” e detto ciò, mi lasciò libera, ma prima che potessero scappare e lasciarmi sola con Harry, le fermai.
“Ferme! Dove andate? Dovevamo andare a pranzo insieme, da dove salta fuori quest’impegno improvviso?” chiesi, urlando leggermente.
“Non è un impegno improvviso!” sbottò Elyse “è un impegno che abbiamo da molto tempo e ce ne siamo appena ricordate!”.
“Già!” l’appoggiò la bionda, per poi prenderla per un braccio e trascinarla via.  “E adesso, dobbiamo proprio andare, si è fatto tardissimo! Ci vediamo dopo a casa, ciao Harry!” urlò, per farsi sentire. Il riccio le salutò con un gesto della mano, divertito per aver appena assistito a quella scena, mentre io le guardavo allontanarsi. Quando ebbero svoltato l’angolo, Harry si voltò verso di me.
“Allora, che programmi hai adesso?”
“Stare lontano da te sicuramente. Perché sei venuto qui, me lo spieghi?” gli chiesi, incrociando le braccia e assumendo un cipiglio scettico.
Lui sorrise, mostrando le fossette e portandosi una mano dietro la nuca, toccandosi i ricci.
“Mi mancav…” sussurrò, abbassando lo sguardo.
Al suono di quelle parole, rimasi paralizzata, con gli occhi sbarrati.
Aveva appena detto che gli ero mancata?!?
“Che cosa hai detto?” gli domandai flebilmente, facendo finta di non aver sentito.
Lui alzò lo sguardo e si sfregò le mani nervoso. Era leggermente rosso in viso, poi sorrise di nuovo.
“Ho detto che mi mancava la tua acidità e, dato che questi tre giorni sono stato con delle fan dolcissime, avevo bisogno di qualcuno che mi trattasse male!”.
Sospirai, roteando gli occhi al cielo. Alla fine, era sempre il solito deficiente.
“Comunque, perché mi hai staccato il telefono in faccia stamattina?” disse all’improvviso.
Posai lo sguardo su di lui, lasciando che le braccia mi ricadessero lungo i fianchi. Lo guardai stranita, non capendo a cosa diavolo si stesse riferendo.
“Che cosa?!?” gli chiesi con tono sorpreso, alzandolo leggermente.
Mi guardò ingenuamente con i suoi occhi verdi. “Stamattina ti ho chiamata, ma tu hai rifiutato la chiamata. Poi ho provato a richiamare, ma il tuo cellulare era spento”.
Provai a ricollegare ciò che mi aveva detto a quella mattina.
Mi ero svegliata in ritardo, ero arrivata all’università in fottuto ritardo e, per di più, avevo dimenticato il cellulare accesso durante la lezione, lasciando che squillasse… oh.
Ecco chi mi aveva chiamato facendomi fare una figuraccia davanti a tutti!
Harry.
In qualche modo, anche se non si era fatto vedere fino a quel momento, doveva pur sempre stressarmi l’anima, no?
Rimasi a sbuffare per un po’, squadrandolo dall’alto verso il basso, cercando di capire che cosa avessi sbagliato nella mia vita per meritarmi il continuo tormento di Harry.
“C’è qualcosa che non va?” mi chiese improvvisamente.
Lo squadrai nuovamente, lasciando che lui mi guardasse con uno sguardo fra il perplesso e il preoccupato.
“Si può sapere chi ti ha dato il mio numero, brutto imbecille?!?” sbottai improvvisamente, urlandogli contro tutta rossa in viso.
Se prima il suo sguardo era un misto fra due emozioni, adesso sul suo viso ne spuntava solo una, riconoscibile fra mille: terrore.
“Io…scusami! Non credevo potesse darti fastidio!” disse, alzando il tono di voce.
Rimasi in silenzio, senza saper bene cosa dire o cosa fare. Forse avevo esagerato, ma lui stava sicuramente esagerando nel piombarmi ogni volta davanti!
“Comunque, è stata Elyse”. Parlò con un tono di voce calmo e pacato e se non avessi visto le sue labbra muoversi, probabilmente non avrei creduto che fosse lui.
Era naturale, però, che avrei ucciso la mia migliore amica una volta tornata a casa.
“E perché te l’avrebbe dato?” gli chiesi scettica, ritornando ad incrociare le braccia e battendo il piede, impaziente della sua risposta.
Lui si ravvivò i ricci con una mano, poi mi mostrò le fossette legate ad uno dei suoi altri stupidi sorrisetti.
“Perché gliel’ho chiesto io, no?!?”.
Lo fissai per un minuto sbalordita poi, voltai lo sguardo altrove.
Perché aveva chiesto il mio numero ad Elyse? Lui mi odiava perché io lo trattavo male ed ero sicura di stargli antipatica quasi quanto lui stava antipatico a me. Eppure, appariva sempre e costantemente nelle mie giornate, nonostante ciò.
Che gli piacesse essere trattato male?
Sempre immersa nei miei pensieri, lo sentii sospirare alle mie spalle.
“Senti, io non volevo fare qualcosa di sbagliato. Volevo soltanto salutarti, tutto qua, ma se ti do così fastidio, allora me ne vado”.
Rimasi spiazzata sentendo il suo tono di voce parlare all’improvviso, stavolta deluso e mortificato allo stesso tempo. Avevo esagerato sicuramente con quella scena madre, e mi sentii stranamente in colpa verso di lui.
Ero ancora voltata di spalle, ma potei sentire benissimo i suoi passi allontanarsi e aprire la portiera della macchina.
“Aspetta!” urlai voltandomi verso di lui.
Lo vidi già pronto per andare via ma il suono delle mie parole lo bloccò, facendo posare il suo sguardo su di me.
Sospirai e lentamente, mi avvicinai alla portiera della grande macchina nera, nella quale, sul sedile di pelle, era seduto lui. Non parlò, ma mi guardò con occhi interrogativi che mi spronarono a parlare.
“Mi dispiace, non volevo trattarti male. Cioè si, volevo trattarti male ma non troppo, perché adesso tu non devi pensare che io tenga a te o cos’altro, perché tu mi irriti e non poco! Però non mi piace trattare malissimo la gente, cioè in effetti non mi piace proprio, però tu te lo meriti perché mi piombi davanti agli occhi senza che io te lo chieda e mi fai arrabbiare, mi fai venire voglia di picchiarti, prenderti quella testolina piena di quei ricci castani che ti ritrovi, che secondo me ti atrofizzano il cervello perché, insomma, non ragioni e quindi non fanno arrivare l’ossigeno a quella cosa minuscola che ti ritrovi nel cranio e il tuo unico neurone, ammesso che non sia morto di solitudine, gioca a ping pong da solo quindi, vedi, è stupido anche il tuo neurone e vorrei spaccartela in due, magari sbattendola contro un muro, sperando che non sia troppo morbido per quella testa dura che ti ritrovi, e poi…” parlavo tutto d’un fiato, gesticolando con le mani, guardando un punto indefinito con gli occhi leggermente socchiusi, senza accorgermi di niente.
Infatti, non mi accorsi che Harry era sceso dalla macchina e mi guardava, ascoltando il mio discorso e annuendo divertito.
“Nooo! Perché ti sei fermata?” disse sorridente, quando si rese conto che mi ero accorta che stava seguendo il mio discorso contorto “Volevo sapere quali fossero state le infinite cause della mia morte, magari avrei potuto sceglierne una!”.
“Per caso mi prendi in giro?” gli chiesi, aggrottando la fronte.
Lui rise e mi guardò di nuovo. “Se era un modo per chiedermi scusa, direi che ci sei riuscita alla grande”.
“Non era un modo per chiederti scusa, io non ti ho chiesto scusa e non ho intenzione di chiedertela!” risposi acida come al solito.
Scosse la testa sorridendo. “Va bene, allora ammettiamo che tu non mi abbia chiesto scusa e che io non ti abbia detto niente. Hai fame?”.
Annuii leggermente col capo. In effetti, la mia fame stava cominciando a farsi risentire, e il mio stomaco brontolava ancora più forte di prima.
“Bene, allora sali in macchina che andiamo a mangiare qualcosa” disse.
Salii nella sua macchina nera, anche se non poteva definirsi tale, con un po’ di fatica rendendomi ancora più buffa dinnanzi agli occhi di Harry, poiché quella “cosa” era più grande di me di almeno cinque volte.
“Senti” dissi all’improvviso, una volta seduta sul sedile. Lui si voltò a fissarmi.
“Mi accompagneresti al Centro Commerciale? Devo fare dei servizi…”
Lui annuii, mettendo in moto la macchina. “Okkei, ma ad una sola condizione…” disse, guardando la strada davanti a se.
Sbuffai e lo guardai, incitandolo a parlare con un gesto della mano. Chissà cosa voleva in cambio quello sporco affarista.
 “Che tu continui a trattarmi male”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Entriamo in questo qui, sembra che abbia bella roba!”.
Cosa mi era passato per l’anticamera del cervello quando avevo chiesto ad Harry di accompagnarmi a comprare un vestito carino?!?
Aveva mangiato come un porco ben due hamburger e, adesso, con la scusa del “grande intenditore di alta moda” mi stava trascinando in ogni negozio di abiti che vedeva nell’arco di dieci metri.
Ovviamente, lui si fermava solo per provarci con le commesse, che cadevano come sacchi di patate alle sue “avances”.
Veramente patetico.
Poggiai una mano sulla fronte e scossi il capo leggermente. Non ne potevo più di fare shopping con Harry che, per giunta, non mi aiutava nemmeno!
“A me sembra solo che abbia delle belle commesse, tutto qui” dissi, esasperata.
Lui continuò a guardare la vetrina, portandosi una mano sul mento.
“Si, può darsi. Adesso non fare storie ed entra!”.
Mettendo una mano sulla mia schiena, mi spinse dentro al negozio bruscamente e non caddi per pochissimo.
“Dico, ma sei imbecille?!? Stavo per farmi male sul serio!”
Ma lui si era già allontanato, iniziando a provarci con una commessa dai capelli bruni e le curve al posto giusto, la quale rispondeva ai suoi sorrisi maliziosamente.
La commessa si allontanò, dopo una richiesta di Harry e io ne approfittai per avvicinarmi a lui.
“Senti Casanova” gli dissi, puntandogli l’indice contro il petto “io non ho voglia di perdere tempo con te e le tue conquiste, quindi se proprio vuoi aiutarmi, sii serio, anche se so che ti sarà molto difficile!”
Lui prese la mano che gli avevo puntato contro e iniziò ad accarezzarla, sorridendo.
“Rilassati piccola! Fa tutto parte del piano!” disse, ammiccando. Sbuffai e levai la mano dalla sua, dirigendomi verso uno sgabello, sedendomi incrociando la gamba destra sulla sinistra.
Dopo un po’, la commessa tutta curve si avvicinò ad Harry con una pila di vestiti in mano. Lui ammiccò alla commessa, che arrossì, e si voltò verso di me tutto soddisfatto. Mi fece cenno con la testa di entrare nel camerino per cambiarmi, ma io non mi mossi. Non avrei mai provato tutti quei vestiti!
Harry parve capire le mie intenzioni e mi si avvicinò, prendendomi per un braccio, cercando di farmi alzare, ma io opposi resistenza.
“Scordatelo! Io non mi provo tutti quei vestiti!” dissi, cercando di sedermi nuovamente sullo sgabello, ma non ci fu niente da fare: Harry era molto più forte e determinato di me!
“Non fare la bambina! Tu adesso entri lì dentro e li provi tutti!” mi rispose e, con un’ultima e forte presa, riuscì a farmi alzare dallo sgabello, facendomi cadere fra le sue braccia. Cercai ancora una volta di ribellarmi e scappare via, ma lui mi prese in braccio e mi portò fin dentro al camerino, mentre io muovevo i piedi all’aria.
“Ecco fatto!” disse, una volta arrivati in camerino e avermi messa giù “adesso Katy ti porta i vestiti, tu li provi tutti e poi esci fuori e mi fai vedere come ti stanno, chiaro?”.
Sbuffai. Fare shopping con lui era molto più snervante che farlo con Helena ed Elyse.
“Ti odio” gli dissi chiudendo la tendina, dopo che mi ebbe passato un vestitino turchese.
 
 
 
 
 
“Hai finito con questo si o no?”
Aprii la tendina bruscamente e mi diressi verso lo specchio, dove mi attendevano un Harry impaziente e la sua nuova “amica” commessa.
Mi guardai allo specchio, scrutando a fondo il mio corpo in quel vestitino giallo dalle maniche a tre quarti, stretto leggermente sotto il seno e lasciato ricadere morbido fin sopra le ginocchia.
Nel riflesso dello specchio, notai Harry che mi stava fissando, con un piccolo sorriso sul volto che, però, non lasciava nascondere le sue fossette.
“Allora?” gli chiesi, voltandomi, facendo prendere aria al vestito.
“Sei meravigliosa!” commentò, con una vocina acuta, la commessa entusiasta che ormai era praticamente cotta del riccio. Dio, che oca.
“Katy, potresti prendere quel vestito bianco che ho visto prima? Sai, vorrei farglielo provare…” disse Harry. La ragazza annui, sorridendogli, e si allontanò da noi.
Mi voltai nuovamente verso lo specchio, sorridendo. Quel vestito era veramente bellissimo.
Vidi Harry avvicinarsi a me sempre dal riflesso dello specchio.
“Ti sta benissimo” disse, sorridendomi.
“Si, in effetti piace anche a me” gli risposi, senza distogliere lo sguardo dall’altra me.
Poggiò una mano sulla mia spalla, toccandomi i capelli dolcemente.
“Ti sta bene anche perché tu sei castana e non chiarissima di carnagione. Su di te ci vogliono i colori forti e colorati… un po’ come te…” disse, sussurrando quelle ultime parole, senza smettere di toccarmi i capelli.
Arrossii violentemente alle sue parole e rimasi in silenzio. Possibile che Harry, in quel momento, mi stesse facendo un complimento?!?
Lui parve accorgersene e sorrise, appoggiando il mento sulla mia spalla, facendomi sentire i suoi capelli ricci solleticarmi il collo.
“Stasera ti andrebbe di venire a casa mia con Elyse ed Helena? Ti presenterò i miei amici che vuoi tanto conoscere”.
Per un attimo, fui tentata di dirgli di si, ma ricordai improvvisamente l’appuntamento con Robert.
“Non posso…” gli risposi, flebilmente, mordendomi il labbro inferiore.
“Perché?” mi chiese, e forse si aspettava che gli rispondessi acidamente.
“Ho un appuntamento. Con Robert”.
Vidi il volto di Harry passare da sorridente a… non seppi definirlo nemmeno io. Levò il suo mento dalla mia spalla, i suoi capelli finirono di solleticarmi il collo e la sua mano smise di toccarmi i capelli.
Si allontanò e si mise di fianco a me, parlando con l’altra me che si trovava nello specchio.
“Spero che tu ti diverta stasera. Lo aspettavi da tanto, no?” mi chiese.
Annuii leggermente con il capo, poi mi guardai i piedi e rimasi in silenzio.
“Harry, ti ho portato il vestitino che mi avevi chiesto!” la voce della commessa interruppe quello strano silenzio che si era creato fra di noi. Harry si voltò verso di lei, rivolgendole un sorriso.
“Grazie Katy. Perché non lo provi, Mary? Potrebbe starti bene…”
Presi il vestito dalle mani della commessa, che guardava Harry con gli occhi a cuoricino.
Mi avviai in camerino per provarlo, questa volta ancora meno entusiasta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Aspetta! Fermiamoci!”
Quelle furono le prime parole che dissi ad Harry una volta usciti dal negozio di vestiti. Alla fine avevo comprato un vestito blu, che avrei indossato quella sera e il vestito giallo, del quale, ormai, ero completamente innamorata.
Mi avvicinai al vetro di una grande libreria, spiaccicandoci il naso contro, con gli occhi che brillavano.
Lì dentro c’erano un’infinità di libri che aspettavano solo di essere letti, toccati e annusati da me.
“Che succede?” chiese Harry, che si era avvicinato a me.
“Succede che questa è casa mia e io devo assolutamente entrarci!” gli risposi, senza distogliere lo sguardo dalla moltitudine e dalle montagne di libri.
“No, ti prego! Tutto, ma non una libreria!” disse, portandosi le mani sugli occhi.
Mi voltai verso di lui con la fronte aggrottata.
“Cos’hai contro le librerie?” gli chiesi.
“Niente è che sono noiose… e silenziose, fin troppo per i miei gusti!”
“Gusti o non gusti, tu adesso entri qui con me!”
Lo presi per un braccio e lo trascinai dentro, mentre lui dietro di me sbuffava.
Appena entrati, un odore di libri nuovi misto ad un profumo lavanda, mi colpì. La libreria era molto più grande di quanto sembrava, con tavolini e poltroncine per chi volesse sedersi e leggere.
Le pareti erano di un giallino chiaro, ricoperte di grandi scaffali suddivisi in varie categorie.
C’era un silenzio incantevole, disturbato solo da una leggera musichetta dal volume bassissimo per non far deconcentrare i vari lettori che vi si trovavano, seduti sulle poltroncine.
Chiusi gli occhi e cercai di godermene il silenzio e il profumo. C’era un’atmosfera meravigliosa.
“Mi dici perché sei voluta entrare qui dentro?! E’ un mortorio!”
Ovviamente, Harry non voleva farmi godere “casa mia”, poiché doveva esprimere sempre il suo stupido giudizio.
“Siamo in una libreria, Harry, non in un mortorio. E i libri vanno lasciati in pace, quindi devi abbassare la voce o meglio ancora, stare zitto!” sussurrai.
“Hai appena parlato dei libri come se fossero persone, lo sai?” mi sussurrò, probabilmente prendendomi per pazza.
“I libri sono persone, almeno per me. E adesso, vado a parlare con qualcuno di intelligente, che di certo non sei tu” gli risposi, allontanandomi verso uno scaffale. Lui rimase appoggiato al bancone della cassa ancora interdetto per quello che gli avevo detto.
Avevo una passione indefinibile e indecifrabile per i libri e quasi nessuno riusciva a capirmi. Mi piaceva soprattutto passare le ore in libreria o in biblioteca a leggere, circondata solo dal rumore assordante ma piacevole del silenzio. Mi piaceva anche affittare libri vecchi dalla biblioteca, cosa che ormai non faceva quasi più nessuno, solo per sentirne l’odore dell’usato delle pagine rovinate, immaginando la persona che l’avesse tenuto prima di me.
Girovagai per gli scaffali in cerca di qualcosa che mi colpisse, prendendo ogni singolo libro, girandolo per due tre volte fra le mani, leggerne una pagina a caso e odorarla, ma fino ad ora, nessuno mi aveva colpito in particolare.
Mi avvicinai ad un altro scaffale abbastanza rovinato, scrutando a fondo ogni singolo libro, poggiando un dito sulle labbra.
Poi, lo vidi.
Era un po’ più in alto degli altri e feci una fatica tremenda per prenderlo, data la mia bassa statura che ogni giorno maledivo. Ma dovevo riuscire a prenderlo o me ne sarei pentita amaramente.
Dopo vari tentativi, il libro cadde nelle mie mani, aprendosi e mostrandomi una pagina a caso.
Chiusi gli occhi e la odorai. Sapeva di nuovo, nonostante il libro fosse stato messo in uno scaffale vecchio e le sue pagine erano sottili ma capaci di creare un bellissimo rumore ogni volta che le si toccava o che le si voltassero. Avevo una paura tremenda di romperlo solo sfiorandolo, così decisi di leggere quella pagina apertasi a caso.
 
*“Dimenticalo, dài! Non vale la punta del tuo mignolo!” Tamar tirò un po’ su il plaid, ripensando con piacere all’ultima conversazione avuta con l’amica a proposito dell’amore. “No, non interrompermi! Lascia che te lo dica una volta per tutte!”
“Ma me l’hai detto già mille volte” aveva esclamato Tamar stringendo le ginocchia contro il petto.
“Il tuo errore è che cerchi un ragazzo che sia un artista, non è vero?”
“Non dico di no.”
“Ma che bisogno hai di uno come te, dimmi? Cos’è questa scemenza dell’”anima gemella”? Dovrebbe essere proprio il contrario. Tu, ascolta, tu… Lo sai di cos’ hai bisogno?”
“Di cosa?” Tamar non riuscì a trattenere un sorriso a quel ricordo e si coprì la testa con il plaid, perché Shelly non vedesse.
“Hai bisogno di uno con una mano grande così” aveva sentenziato Leah, “e sai perché?”
“Perché?” Ora sarebbe arrivata la spiegazione.
“Uno che se ne sta con la mano alzata, forte, ferma, come la statua della Libertà ma senza quel cono gelato. Solo con la mano aperta, in alto, e allora tu…” Leah sollevò la sua mano squadrata, ruvida, con le unghie rosicchiate  l’agitò, come fosse un uccellino in volo, “…tu, da lontano, da qualsiasi punto della terra, vedrai quella mano e saprai che lì potrai posarti e riposare. E’ vero o no?”
 
I miei occhi erano umidi e lucidi, e una lacrima silenziosa solcò le mie guance rosate. La asciugai immediatamente, per paura che potesse cadere sul libro e bagnarlo. Chiusi il libro e lo appoggiai al petto, vicino al cuore che batteva all’impazzata. Mi avviai verso altri scaffali, con passo veloce e deciso, tenendolo stretto a me, quasi avessi paura di perderlo.
Quello era stato l’unico libro che avesse capito di cosa avessi bisogno in quel momento.
 
 
 
 
“Alleluja! Ce l’hai fatta! Allora, adesso andiamo via?”
Mi avvicinai alla cassa, con tre libri in mano, pronta per pagare, quando Harry disse quelle parole e mi fissò sbalordito.
“Hai preso tutti questi libri?” mi chiese.
“Ringrazia che non abbia comprato tutta la libreria!” risposi, sorridendogli leggermente.
“E poi, guarda che ne ho presi pochissimi, per i miei gusti. Sono capace di comprare molti più libri, sai?”.
Sorrise anche lui. “Beh, io ti aspetto qui fuori. Non metterci troppo e soprattutto, non prenderne altri!”. Lo guardai uscire, mentre una signora sulla cinquantina si avvicinò a me da dietro al bancone. Era bassina e grassottella, dagli zigomi pronunciati e i capelli tinti di un rosso accesso. Aveva degli occhi azzurri incredibili nonostante fossero cerchiati dalle rughe. Sembrava una chioccia.
“Salve!” mi disse, rivolgendomi un sorriso, “serve una mano?”
Le misi davanti i tre libri, facendole capire che dovevo pagare, ma lei si limitò a sorridermi nuovamente, prendere i libri e metterli in una busta di plastica blu.
“Quant’è?” chiesi, iniziando a trafficare con le mani nella borsa, cercando il portafogli.
“Nulla. Hanno già pagato”.
Alzai immediatamente lo sguardo dalla borsa al suo viso ancora sorridente e gli occhi che le brillavano.
“In che senso, scusi? Io non ho pagato…” le chiesi incuriosita.
Lei annuii col capo. “Lo so. Infatti ha pagato quel bel ragazzo riccio per te”.
La fissai confusa. “Come, prego?”.
“Si, mi ha dato dei soldi, dicendomi che pagava lui per te”.
Non potevo crederci. Harry aveva pagato i libri che avevo preso?!
“Ti ha fissata tutto il tempo, sai?” disse la signora, guardandomi sorridente. Lei parve capire il mio sguardo interdetto e continuò. “Mentre tu sceglievi i libri. Lui non ha smesso di fissarti nemmeno per un minuto e sorrideva. Poi, quando ha visto che stavi per tornare, si è girato verso di me ed ha pagato per te. Poi mi sono allontanata, ma con la coda dell’occhio, ho visto che ti fissava ancora.”
La signora sorrise ancora una volta, mentre io la fissavo sbalordita.
“Deve essere un fidanzato perfetto, non è vero?” mi domandò.
“NO!” urlai e lei rimase con un’espressione stranita sul volto.
“Cioè… non saprei. Lui non è il mio ragazzo…” le risposi, cercando di risolvere la situazione. Ci mancava solo che Harry venisse scambiato come il mio fidanzato!
Le si dipinse un’espressione dispiaciuta sul volto. “Che peccato. Siete così carini insieme!” disse, porgendomi la busta contenente i libri.
“Però, se posso darti un consiglio…” continuò, sussurrando, mentre afferrai la busta “lo farei un pensierino su di lui! E’ gentile e premuroso e poi, è un bel ragazzo!”.
Non potei fare a meno di guardare fuori dalla libreria e vedere Harry voltato di spalle, con i ricci disordinati e le mani nelle tasche. Mi voltai e sorrisi alla signora.
“Ci penserò…” mentii.
D’altronde, cos’altro potevo dirle, che mi stava antipatico?!? Mi avrebbe preso per una cretina ingrata, che non apprezzava il gesto di quel ragazzo che lei definiva “tanto carino”.
Come si vedeva che la signora non lo conosceva.
Uscii dalla libreria, mentre mi augurava buona giornata.
Mi avvicinai ad Harry lentamente, ma lui si voltò e, appena mi vide, batté le mani.
“Finalmente! Menomale che ti avevo chiesto di metterci poco! Hai comprato qualche altro libro?” chiese.
Gli sorrisi e mi aggiustai i capelli da sotto al cappello. “No. Veramente ho parlato un po’ con la signora…”.
Lui arrossì leggermente e parve capire. Si aggiustò i ricci con una mano e prese le chiavi della macchina con l’altra.
“So che non puoi stasera, quindi ti chiedo… li vuoi conoscere i miei amici, adesso?”.
Annuii con il capo. “Perché no?!? Sai che già li adoro perché ti torturano!” gli risposi con una smorfia.
Lui ricambiò la smorfia e si allontanò verso l’uscita. “Allora muoviti!” urlò.
Sorrisi nuovamente e lo seguii.
Aveva sicuramente capito.
 
 
 
 
 
 
“E tu questa me la chiameresti casa?!?”.
Avevo una reggia davanti a me e la stavo fissando sbalordita.
Il grande cancello di ferro si aprì, lasciando che Harry entrasse con la sua macchina e la parcheggiasse.
“Come dovrei chiamarla, scusa?” chiese ridendo.
Mi voltai verso di lui, con la bocca aperta per lo stupore.
“No, dico… ma tu l’hai vista?!? Questa non è una casa è… è…”
“E’ una casa” continuò lui, “dove abitano cinque ragazzi” e scese dalla macchina.
Scesi anche io, con meno facilità di lui, e lo seguii mentre si avviava ad aprire la porta.
Mi guardai intorno. Quella che lui chiamava “casa” era, appunto, enorme, fatta di mattoni di un colore chiarissimo e tutt’intorno, l’avvolgeva un grande giardino.
“Questa non è una semplice dimora, Harry!” gli dissi, avvicinandomi a lui, “è una reggia! Non ho mai visto una casa più grande di questa!”.
“Ti piace?” mi chiese, sorridendo.
“Scherzi?!? E’ bellissima, come potrebbe non piacermi?! Quasi mi metto vergogna di averti fatto vedere il mio piccolissimo appartamento! Se solo l’avessi saputo prima…” gli risposi, entusiasta.
“A me, casa tua piace” disse “sarà anche piccola, ma è accogliente! E poi, voi ci vivete in tre! Noi siamo cinque ragazzi, uno più disordinato dell’altro. Anzi, a proposito, io…”
“Non preoccuparti, l’avevo già capito. A me non interessa se è disordinata o meno, anzi! Certe volte dovresti vedere casa nostra quando…”
“No, non è per questo” mi zittì, impedendomi di continuare “Sai, Mary, noi abbiamo delle strane abitudini, nel senso che…”
“Dai, Harry, non fare il timido! Prima mi chiedi se voglio conoscere i tuoi amici e poi, tentenni dicendo che avete delle strane abitudini, che la casa è disordinata… Te lo ripeto, non m’importa. Ti capisco, non sei l’unico che convive con degli amici, sai?” gli dissi, zittendolo io questa volta.
Che, per caso uccidevano ogni ospite che entrava?!?
Harry sospirò e si passò una mano fra i ricci. Poi, mise le chiavi nella toppa.
“Come vuoi. Ma ti avverto, sta’ attenta…”
Lo guardai confusa, mentre girava le chiavi nella serratura e apriva la porta. Entrò e si guardo intorno nervoso, poi si voltò verso di me e con un cenno della mano, mi invitò ad entrare dopo di lui. Entrai piano, ma non notai nessun cadavere appeso a testa in giù sui muri.
Quando d’un tratto, sentii dei passi pesanti venire verso di noi, come se qualcuno stesse correndo, accompagnati da un urlo.
E’ GUERRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”
Sentii Harry esclamare un “Oh no!” mentre fui colpita in pieno viso da una carota.













Writer's Corner! :)

Ma buuonaseeera, carotissime mie! :D
Vas Happenin’ ??
*siinginocchiaepiangedisperatamente*
Chiedo perdono, taaaaanto perdono! Ç_____ç
Cioè, sono sei giorni che non aggiorno… SEI!
Siete disposte a perdonarmi?? Vi preeeego! *w*
 
Vabbè, che dire? Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo luuunghissimo! :D 
*9 pagine di Word, per precisare u.u *
 
Anyway, il mio scopo iniziale era quello di farlo abbastanza tenero, peerò boh!
Non saprei come mi è uscito, so solo che ci ho lavorato tantissimo e l’ho finito oggi alle 16:00 *sssseh u.u*
Però, la fine devo dire che mi piace tanto, uhauhauhauhauhauhauhah!
Agnese si è scompisciata di risate appena l’ha letta! :D
Poooi, ho passato un luuungo pomeriggio con il mio amante Socrate e il suo amico demone ;D
Vabbè, ma a voi non interessa u.u
 
So, volevo ringraziare tantissimo chi legge, recensisce e segue la mia storia! :)
Siete meravigliose *w*
E grazie anche per aver avuto pazienza, ma ormai avete capito che la puntualità non è il mio forte u.u
Vi voglio bene <3
 
Gli ultimi grazie vanno ad Alessia e Chiara, che si sono anche iscritte sul sito per recensire e seguire! *Loveya*
E a Federica e Agnese che… che non ci sono parole per quello che fanno per me! :’)
 
GodBlessYouCarrots! :D

#MuchLove.
-M.
 
 
 
Ps: l’asterisco stavolta si riferisce al passo del libro “Qualcuno con cui correre” di David Grossman.
Io lo stavo leggendo, pooi mi sono bloccata! Ç____ç
Però, da quelle poche pagine che ho letto, vi consiglio di leggerlo assolutamente! E’ magnifico :)
Ah e voglio dedicare questa frase ad Agnese, che ama alla follia questo libro e questa frase, sperando che trovi la sua “anima gemella”.
E dedico questa frase anche a me, dopotutto :) 








  
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