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Autore: Luna_R    20/09/2006    3 recensioni
Sono le sette e trenta di mattina, il suono di una sveglia, irrompe nel silenzio di un appartamento assopito.
Una ragazza si sveglia, poggia rumorosamente la sua mano sulla sveglia, e maledicendo il giorno già alle porte, si dirige in bagno.
E intanto non sa, che non sarà, un giorno come tutti gli altri..
*********
-“E tu, chi sei?!”-
-“Nel mio paese, colui che salva una vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la mia vita ti appartiene.”-
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non potei far altro che portarlo via con me.
“Ricordati di me”, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della mente invecchiata o distratta.
Ma pur sempre una storia d’amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

 

 

Salve a tutti, che piacere ritrovarvi ragazze!

Sempre contenta delle belle parole che avete da spendere per me. Grazie di tutto cuore!

Stavolta ho cercato d’aggiornare un po’ più di fretta, ma nel farlo mi è venuta in mente, ancora una mezza idea per questa storiella!

Credevo di terminarla con questo capitolo, ma pensandoci bene ci sono ancora parecchie cose da poter raccontare!

Sì, sì. ^^

Ok, vi lascio. A presto

LuNaDrEaMy

 

 

 

aawaa UN ANGELO NELLA MIA VITA aawaa

 

Chap n.13

 

Il mio arrivo in friedhof  è piuttosto bizzarro; la mia corsa irrompe nella quieta, facendomi vergognare del tale chiasso.

Non siamo alle giostre.

Me ne rendo conto troppo tardi.

Varco il cancello di ferro nero, pesante come un macigno, lugubre quanto l’atmosfera.

Il vento agita le fronde; degli improbabili uccellacci, si alzano in volo nel cielo.

Non sono per nulla spaventata.

Non che lo dovrei essere, ma non ho mai amato varcare nella solitudine e nel silenzio, senza nessuno al mio fianco.

 Ma questo posto mi piace; dolci essenze arboree di pregio, donano al luogo un carattere particolarmente romantico.

 

 

-“Victor dove sei…”-.

 

Mi accuccio nelle spalle, fa freddo.

Girovago di tomba in tomba, cercando quella sagoma a me tanto familiare.

Non è difficile scorgerlo, nascosto fra i cespugli rigogliosi, retto immobile come la più vigile sentinella; dinnanzi a lui, una piccola e modesta lapide di granito risplende ai raggi del sole.

La semplicità di questa terra e della gente che vi abita, si fa beffa anche dello sfarzo e delle rivalità familiari.

Dove sono nata io, la gente quantifica la potenza in base alla grandezza.

 

Pochi passi, gli sono accanto; accarezzo leggera la sua spalla, prima di chinarmi a porgere un fiore, raccolto da un cespuglio di narciso.

Il granito rosastro sembra illuminarsi ancora di più.

E lei, da quella foto scolorita, fredda ma inesorabilmente etèrea, mi sorride anche stavolta.

 

-“Eccola la mia Betty. L’ho trovata finalmente.”-.

-“Mi dispiace, caro. Non sai quanto mi dispiace.”-.

 

Sono affranta, ho creduto nel sogno della favola d’amore, che la realtà mi sembra così brutta e insopportabile.

Betty era un po’ anche mia, nei miei sogni.

E’ come se l’avessi persa io stessa, con le prime luci del mattino.

Victor mi sorride, si fa forza, ma il suo volto tradisce disperazione.

Muta, interna, devastante.

 

-“La vita di un uomo è fatta anche di dipartite. Noi non abbiamo colpe, dobbiamo solo aspettare.”-.

-“Aspettare cosa?!”-. Ho paura, le sue parole parlano di arrendersi.

-“Di ricongiungerci alle persone care, Sibilla. Come adesso, io l’ho trovata, ed è ora che smetta di girovagare per il mondo.”-. Sorride, nervoso, gli occhi gettati al di là di qualcosa che non esiste.

-“E cosa farai adesso?!”-.

-“Semplice, mi fermerò.”-.

 

Le sue parole suonano così innaturali, per un attimo sembro non percepire più la sua aurea, sembra non riesca più a sintonizzarmi sulle sue frequenze.

E’ come se mi fossi svegliata, dal torpore nel quale mi aveva racchiusa.

 

-“Io non ti lascio solo”-. E’ tutto ciò che riesco a dirgli, balbettando.

-“Tu hai la tua vita.”-. Si gira verso me, mi tende una mano sulla spalla e continua a parlare –“hai Simone, lo scopo del vostro proseguimento insieme. Non puoi lasciarlo solo, ora che il destino ha lasciato nel tuo sacchetto il gusto di una nuova scoperta…”-.

 

Il gusto di una nuova scoperta.

Sorrido.

Ecco perché non voglio lasciarti Victor.

Tu sei per me un mentore, un amico, una di quelle persone speciali che capita una sola volta d’incontrare.

-“Vede?! La vita è un po’ come un pacchetto di biscotti, infila la mano, pesca quello giusto e tutto ha un altro gusto. Così, chi demorde nella vita non ha capito che basta sfidare la sorte, per trovare il giusto sapore.”-.

Le sue parole, battono in testa.

Sembra passata una vita da allora. Da quando decise di trascinarmi nel suo mondo, fantastico.

-“Victor…”-. Non riesco a dire altro, mi ha commossa. Le lacrime scendono e rigano il volto, sono lacrime tristi, che fanno male, bruciano quanto l’addio che sento sto per dargli.

-“Adesso sai cosa fare Sibilla.”-. Mi prende a se, stringendomi forte –“il tuo cuore è pieno d’amore, va e fallo cantare!”-.

-“Come faro senza di te ?”-. Continuo a fissarlo negli occhi, soffocati dalle lacrime.

-“Oh piccola Sibilla, avrai così tante cose da fare da domani, che tu stessa dimenticherai di avermi conosciuto! Ma c’è di più…”-. Prende respiro, mi accarezza una guancia –“Non hai più bisogno di me. E lo sai…”-.

Provo ad oppormi, ma il suo sguardo mi fa capire che è una verità ormai impossibile da tacere.

Lui ha trovato la sua Elisabeth e per quanto mi sembra impossibile da capire, fermerà il suo cammino a questo momento, in questo posto.

Ed io? Ho scoperto di essere in attesa del figlio di Simone.

Non posso fermarmi ancora, devo correre da lui e salvare ciò che resta del nostro matrimonio.

-“Grazie di tutto.”-. Gli sussurro, all’orecchio, prima d’abbracciarlo forte.

-“Grazie a te piccola mia. Tu mi hai dato quanto di più, potessi offrirti io stesso.”-.

Lo guardo, le sue parole spiegano più di quanto io stessa potrei fare, aggiungendone delle altre.

Gli bacio una guancia, e non penso che è l’ultima volta che vedrò quell’uomo. No.

Vivrà sempre in me, nascosto fra i miei pensieri e fra le pieghe del mio cuore.

Mi volto per portarmi via di là, cammino svelta. Non si sente rumore. Né si proferisce parola.

-“Victor…”-.

Non resisto. Mi volto per un ultima volta.

No, non è la stanchezza, e nemmeno le lacrime. Non sono lontana, e lui non si è nascosto.

E’ andato via. Non c’è più. Victor non è.

 

Non me lo disse mai chiaramente, ma io ne fui così sicura, e ancora oggi che parlo di lui, crebbi e credo fermamente, che Victor fosse un angelo.

Per la sua grazia, il suo animo gentile, l’equilibrio e la pace delle sue parole.

Nella vita di chiunque, può capitare un incontro eccezionale, SPECIALE.

Per il momento in cui capita. Per le situazioni così impreviste, che si apprestano ad amalgamarti subito alla compagnia di tale persona.

L’arrivo di Victor nella mia vita fu imprevisto, quanto enigmatico; dapprima non riuscii a capire cosa centrava quell’ uomo totalmente sconclusionato, nella mia grigia e misera esistenza piatta. Io così presa dalla routine dei miei giorni tutti uguali, io così dannatamente sconfitta e arresa al destino avverso         del mio matrimonio, non trovavo il perché a quell’ uomo, alle sue parole che toccavano la mia anima, che riuscivano a spiegare mesi e  mesi di frustrazione interna. Lui ci riusciva. Ci è riuscito. Mi ha liberato dalla cappa dell’apatia. Mi ha ridato speranza e coraggio. Volontà, di riaprire il cuore e farlo cantare!

Questo era il suo compito, questo era il perché. Ecco cosa centrava lui con me.

E lo ha fatto facendomi passare per la sua storia, di un amore diviso, lontano, avverso al destino almeno quanto il mio; mi ha fatto entrare nel suo dolore, nella sua impotenza, per non far sì che un domani, la “pazza” vagabonda diventassi io. Buttati mi diceva, rischia mi diceva. Ma io era arrabbiata, troppo, per dar retta alle parole di uno sconosciuto .Credevo fossero solo sciocche similitudini, la sua storia e la mia! Quanto mi sbagliavo e quanto un sorriso adesso prende il posto di una lacrima, tutte le volte che ci penso.

Non ho più dolore, mi ha guarita. Sono di nuovo viva. Sibilla. Me.

 

Non riesco a staccare i piedi da terra, terribile sensazione immobilità.

Credo si chiami paura. Sì è paura quando le mani si agitano nervosamente, quando strusciano sui fianchi come se dovessero accendere una miccia e scoppiare da un momento all’altro.

Le porto in tasca, magari staranno comode. Ma qualcosa di appuntito mi pizzica un polpastrello; le tiro fuori e con loro, viene fuori anche la minuscola chiave d’ottone che avevo lasciato a Victor…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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