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Autore: Ciulla    17/02/2012    2 recensioni
Non so se vi piacciono le Mystrade. A me pare una bella coppia. Spero leggerete perchè mi sono impegnata tanto *.* Saranno solo 2 capitoli...
"Le strade sono pressoché deserte, solo qualche auto solitaria si azzarda a mostrare le luci dei suoi fanali nella fitta nebbia londinese. L’umidità della nebbia ha sempre avuto un effetto tranquillizzante su di me: e come se la visione di questo vuoto che mi circonda avesse in qualche modo il potere di liberarmi dalle preoccupazioni, di creare il vuoto anche dentro la mia testa… Anche se, come direbbe Sherlock, la mia testa è già vuota."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade , Mycroft Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Greg?”
Mi sveglio, una mano che mi scuote leggermente per una spalla. “Greg, bell’addormentato, dobbiamo andare.”
“Mycroft?” Mugolo nel dormiveglia.
Lo sento ridacchiare. “Sono io. Mi sono appisolato fuori da casa tua e tu notandomi hai pensato bene di seguire il mio esempio.”
“Oh”, mormoro. “E cosa ci facevi fuori da casa mia? Ti avevo detto di andartene”, aggiungo, ma non suono molto convincente con questo enorme sbadiglio che mi interrompe la frase a metà.
Lui porta in avanti le mani, come a voler frenare la mia rabbia -peraltro inesistente -, e dice: “Volevo andarmene. Ma qua sotto c’era un poveraccio che tentava disperatamente di vendere delle rose e, uhm, mi ha convinto a comprarne una... Allora mi son detto, perché farla appassire? Magari Greg, che guarda caso abita proprio qui sopra, può metterla in acqua...”
Lo guardo male, irritato da questo comportamento in cui non colgo alcuna vena ironica.
“Bene, visto che l’hai comprata tanto di malavoglia, non ti dispiacerà se la butto”, dico, facendo finta di stritolare la rosa tra le mie dita.
“NO!” Mi ferma lui fulmineamente. Poi rimane un attimo fermo, aprendo e chiudendo la bocca, con un’espressione incerta che mai avrei pensato di vedere su quel viso. “L’ho comprata pensando a te, perché tengo a te, e vorrei che la conservassi come segno del mio a...”
“Sì, sì, va bene così, ma siamo in un ritardo clamoroso.” Lo interrompo, ficcando velocemente la rosa in tasca. Faccio per chiamare l’ascensore, ma lui sbuffando mi prende la mano e mi trascina giù per le scale. E no, non mi importa che probabilmente capitombolerò a terra da un momento all’altro; diamine, quello mi sta tenendo la mano! Ma chi gli ha dato il permesso? Perché fa un gesto del genere, perché non si chiede se io sia d’accordo, perché ha la mano così dannatamente morbida e calda? Poi le sue parole di poco fa mi riecheggiano nella mente: “Se è questo che vuoi, invece di dirtelo te lo dimostrerò, Greg... Te lo prometto...
Era serio? Anche se era così... Inespressivo? E io? Devo permettergli di trattarmi come il suo giocattolo? Non devo oppormi? E nel caso io non mi opponga, devo tenere la mano aperta o stringere la sua a mia volta? Nel primo caso lui penserebbe che non lo amo, nel secondo penserebbe il contrario. E non mi va bene nessuna delle due opzioni.
Prima ancora della fine dei miei ragionamenti, mi ritrovo al piano terra. Siamo fermi davanti al portone, lui mi sta ancora tenendo la mano, e io… Non me ne ero accorto prima, ma anche io ho le dita chiuse sulle sue.
Mi guarda sorridendo. Mi correggo: ghignando. “Vogliamo farci vedere in questo atteggiamento confidente o mantenere pubblicamente le distanze?”
Mi libero dalla sua stretta, rosso in faccia per la vergogna e per la rabbia. “Mi hai preso la mano solo per trascinarmi giù dalle scale. Non farti strane idee. Non significa niente.”
Mycroft aggrotta divertito le sopracciglia. “Vai a dirlo al tuo amico lì sotto…”
Mentalmente maledico Mycroft. E anche il mio amico lì sotto che si eccita per così poco. E anche i cappotti di oggigiorno, che non nascondono un cazzo. Nel vero senso della parola.
“Abbiamo un crimine da sventare” borbotto sottraendomi al suo sguardo magnetico e maledettamente attraente.
“In marcia, soldato!”


“Sherlock, mi passi la torcia?”
“Ne ho più bisogno io di te, visto che sono più utile, sveglio e intraprendente. Usa il cellulare.”
Che irritazione. Questa ironia e questo egocentrismo che non mi hanno mai schifato se rivolti a me, rivolti a Mycroft mi scandalizzano. Come si può permettere Sherlock di trattare così suo fratello maggiore? Sto per rivolgermi irato a quella sottospecie di verme egoista quando sento una stretta forte sulla mia spalla, e intravedo con la coda dell’occhio Mycroft farmi di no con la testa. Perfetto, ha di nuovo intuito i miei pensieri e agito di conseguenza! Da cosa l’avrà capito questa volta? Dall’irrigidirsi del mio corpo? Dall’espressione risoluta? Non lo so, e non mi importa. Ora sono irritato anche da lui. E perché non toglie la sua maledetta mano dalla mia spalla? E perché io la trovo, nonostante tutto, così rassicurante in questa notte scura e avventurosa?
“Lestrade, che diamine ci fai con una rosa in tasca? No, fammi indovinare: un regalo della tua ultima fiamma. Uhm, alta, abbastanza robusta, non hai avuto tempo di andarci a letto ma lei si è appoggiata su di te, precisamente sul fianco destro, riposandosi... Una cosa molto romantica direi... Vediamo, che altro si può dedurre? Capelli corti, pettinatura mascolina, look curato... Mycroft, deduci qualcosa anche tu, tanto per passare il tempo: puoi dire altro riguardo a chi ha regalato quel bel fiore al caro Greg?”
Mycroft sbadiglia, ridacchiando. “Posso dire cose che neanche immagini, Sherlock... Innanzitutto non è una lei... Secondariamente il regalo non è stato molto gradito... In terzo luogo azzarderei che il donatore si trova fra noi al momento, e posso addirittura dedurre che ha il tuo stesso cognome, fratello caro.”
Che cosa? Quella sottospecie di tapiro africano ha praticamente confessato a suo fratello di avermi regalato lui quel fiore! E magari ora il consulente investigativo pensa che stiamo insieme! Mi sento le guance in fiamme mentre i due fratelli Holmes mi guardano, Sherlock ghignando e Mycroft sorridendo dolce. Per fortuna il dottore mi salva. “Scusate, ragazzi, mi sono perso qualcosa?”
“Nah”, dice Sherlock. “Solo gli ultimi gossip... A quanto pare Greg se la fa con niente meno che...”
Uno scricchiolio ferma la frase nel punto critico, e la curiosità di John non può venire saziata. Attendiamo finché il rumore non svanisce, poi Mycroft mi sussurra qualcosa nell’orecchio. Annuisco, e mando i miei uomini a fare un giro attorno alla casa, per controllare se i malviventi siano già arrivati. Io continuo il mio giro insieme ai due Holmes e al dottor Watson.
Improvvisamente Sherlock si blocca e si tuffa dietro a un cespuglio, seguito a ruota da John e Mycroft. Che ci volete fare? Sono un povero, sfigato agente di Scotland Yard: i miei riflessi sono sviluppati quanto quelli di un bradipo senza zampe. Prima che possa accorgermene un uomo mi ha afferrato da dietro, mi ha fatto cadere pistola e manette e mi ha portato le braccia dietro la testa. “Chi sei, cosa ci fai qui?” Sento ringhiare.
Sono in panico. Non so cosa rispondere, eppure devo dire qualcosa: ho la canna di una pistola puntata alla testa!
Improvvisamente, vedo saltare fuori da dietro il cespuglio Mycroft, che punta tranquillamente la sua rivoltella contro l’uomo che mi stringe. “Pessima idea quella di dividersi dai suoi colleghi, signor Styles. Sbaglio o lei dovrebbe essere rinchiuso da qualche parte? Mi risulta che l’avessero rapita...”
Sento che il mio aggressore comincia a tremare, poi inizio a non capire più niente. La testa mi gira, a malapena mi accorgo che l’uomo crolla a terra colpito in testa dal calcio della pistola di Sherlock. Sento qualcuno che mi scuote, ma non riesco a mettere a fuoco chi sia. Sento qualcosa che trema, ma chi è? COSA è? Sono forse io? Sono i miei denti che battono così forte? Forse se mi do un pizzicotto mi riprendo. Ehi, ma dov’è la mia mano, dov’è il mio braccio? Perché non ho più il controllo del mio corpo?
Sento una voce indistinta, come se fosse lontana da me mille miglia, come se fosse una flebile eco di un urlo distante che mi raggiunge a fatica.
“E’ sotto shock, lo porto a casa mia, voi continuate a dar loro la caccia...”
Chi è che mi sta sollevando, chi mi prende in braccio? La stretta la riconosco... Sì, è Mycroft. E’ il mio Mycroft. Sono con lui, sono tra le sue braccia... Posso stare sereno.
Lo sento sussurrare: “Stai tranquillo amore mio, presto starai meglio.”
Poi il dolore. Un urlo irato, degli spari. Delle lacrime sul mio volto, il mio nome singhiozzato.
Sollevo una mano verso il viso di Mycroft, in genere così composto, e ora così sfigurato. Lo accarezzo piano.
Poi svengo.


Mi sveglio con un tremendo dolore alla testa, con una mano insolitamente calda, come se qualcuno la stesse stringendo, e con una gamba immobilizzata da una fasciatura strettissima.
Improvvisamente ricordo gli ultimi eventi, e mi tiro su di scatto; vengo subito respinto giù da una mano fredda e morbida.
“Finalmente, Greg!”
“Mycroft?” mormoro.
Quindi è sua la mano che stringe la mia con calore e affetto...
“Sono io... I soci di quel figlio di puttana ti hanno sparato ma li ho fatti fuori - per legittima difesa. Ho avuto tanta paura...”
La voce è appena leggermente incrinata mentre dice così, poi ritorna ad essere la solita voce dura e inflessibile del Mycroft che conosco e che amo, ora più che mai.
“Ovviamente i malfattori sono stati arrestati, anche se ho dovuto falsificare un paio di volte la tua firma, spero che tu non te la prenda... Stai giù, non stai ancora bene...”
“Mycroft, sono in ospedale?”
“Ovvio che no, stupido!” Tiro un sospiro di sollievo: odio gli ospedali, odio i medici, odio i loro camici, le mascherine, le punture... Devo aver avuto qualche trauma infantile riguardo ai dottori, ma momentaneamente non me lo ricordo. “E dove sono?”
“A casa mia”, risponde Mycroft come se fosse ovvio. “Ho preso qualche giorno di vacanza. Spero che la nazione non si scateni in mia assenza! Hai bisogno di qualcosa? Sono qui per te.”
La sua sollecitudine e la sua preoccupazione mi fanno sorridere. Cerco di fare mente locale per controllare se ho qualche particolare necessità, ma devo aver picchiato la testa, perché non funziona bene. Anche se, come direbbe Sherlock, non è una novità.
Mycroft ripete la domanda, mentre io mi sforzo piano di aprire gli occhi che ho tenuti serrati fino ad adesso. “Desideri qualcosa?”
Formulata così la domanda è più semplice. Annuisco. “Tè.”
Lo sento trattenere il respiro, e ho il timore che abbia equivocato le mie parole. Timore che diviene certezza quando lo sento scendere piano su di me e appoggiare con delicatezza le labbra sulle mie.
Si stacca quasi subito, e mormora: “Sono qui.”
Aggrotto le sopracciglia. “No, no, hai frainteso: tè... nel senso di tè. La cosa che si beve, presente?”
“Oh.” Posso vedere le sue guance porpora nonostante la mia vista compromessa, e la cosa mi suscita un’immensa tenerezza. Sarà questo, sarà il ricordo del suo panico di quando ero in pericolo, saranno entrambi i fatti collegati alla scoperta che anch’egli è un essere umano capace di provare emozioni, ma non riesco a trattenermi. “Però se vuoi baciarmi di nuovo fai pure.”
Non ho abbandonato i pregiudizi riguardo agli Holmes, no. Non ammetterò mai che forse avevo torto nel definirli esseri senza cuore. Dico solo che Mycroft forse è un caso meno disperato del fratello.
Lo vedo illuminarsi di speranza, poi tornare impassibile.
“Aspetta un attimo prima. Posso dirtelo ora o mi fai un’altra scenata da donnicciola isterica?”
Non ho un cervello particolarmente efficiente, io, quindi ci impiego un po’ a capire di cosa stia parlando. Anzi, non lo capisco proprio. E’ lui che, probabilmente incapace di rispettare i ritmi della mia mente regredita e malata, mi mormora due paroline che gli avevo sempre proibito di dire.
“Ti amo.”
E visto che io non reagisco, mi si avvicina, stringendomi la mano che mi sta tenendo probabilmente da ore, e mormora ancora: “Ti amo.”
E poi: “Ti amo, Greg.”
Allora intervengo io: “Bastava dirlo una sola volta...” Ma non faccio in tempo a finire la frase, perché la sua faccia delusa mi blocca.
Sospiro. “Non so quanto tu ti possa fidare di un uomo a cui hanno sparato e che ha picchiato violentemente la testa, comunque...”
E inutile. E’ inutile, non riesco a dirlo. Eppure lo riconosco, so che è vero. Sono innamorato di lui. Lo sono da tempo immemore, non ho mai avuto difficoltà ad ammettermelo. E ora che anche i suoi gesti e non solo le sue parole mi danno la certezza che lui mi ricambia... Cos’è che mi blocca?
Che occhi. Che occhi bellissimi che ha. Sembrano due specchi che riflettono sia l’interno che l’esterno. Perché in essi posso vedere riflessa sia la sua anima... Che la mia.
Forse perché sono una cosa sola. Forse perché condivido l’amore che vi leggo, forse perché ne comprendo la speranza.
Devo dirglielo. Non è difficile. Sono innamorato di te, sono innamorato di te, sono innamorato di te...
“Sprhvnxlsdfjdite.”
Mycroft mi appoggia una mano sulla fronte, deluso, rassegnato, ma sempre preoccupato ed estremamente dolce.
“Stai bene? Stai delirando? E’ colpa della botta in testa? Chiamo il medico? Vado a farti il tè?”
Si alza. Non so se per dirigersi in cucina, chiamare l’ospedale o chiamare il manicomio, ma si alza. Non posso permetterglielo! Gli afferro con decisione la mano che ha appena lasciato la mia e lo ritrascino giù alla mia altezza. Mi aggrappo alle sue spalle per tirarmi su da quello che mi rendo ora conto essere il suo letto, troppo agitato per domandarmi dove lui abbia dormito. Mycroft mi guarda interrogativo, mentre io tiro fuori il mio coraggio - in questo momento veramente scarso - e gli dico quelle quattro parole che tanto mi opprimono la gola.
“Sono innamorato di te.”
E ora che ce l’ho fatta non vorrei più smettere di dirlo. Oh, come ho potuto pensare che lui non sapesse provare sentimenti? Non ho mai visto niente di più autentico della gioia che in questo momento gli illumina il volto.
“Ti amo, Mycroft.”
Gli occhi gli brillano mentre mi si avvicina piano. “Lo so, Greg.”
E mi bacia. Appoggia le labbra sulle mie con delicatezza, tenendomi il volto fra le mani, forse un po’ irruento ma molto, molto dolce. Incapace di resistere, sorrido. Sentendo il mio sorriso sulle labbra, Mycroft inizia a ridacchiare, e poco dopo siamo entrambi senza fiato per le risate. Lo so, non c’è niente da ridere, ma siamo felici: cosa c’è di male? Ci amiamo, perché non dovremmo essere felici?
“Greg... E’ da tanto che aspetto questo momento...”
Mi sta rubando tutte le battute! Avrei voluto dirlo io! Accidenti... Poi un pensiero mi attraversa la testa, e ricomincio a ridacchiare.
“Cosa c’è ora?”
Gli sorrido. “Niente, è solo che ho appena baciato il governo inglese... E’ un’idea strana!”
Comincia a ridere anche lui, e mi bacia di nuovo. La sua lingua passa con delicatezza sulle mie labbra, cerca la mia intrufolandosi nella mia bocca, e no, decisamente non avrei mai pensato che il governo inglese potesse essere così passionale.
“Diciamo, Greg, che stai per lasciare definitivamente tua moglie per fidanzarti col governo inglese. Ma il governo inglese ti esilierà se lo tradirai!”
Ridiamo ancora di gusto. “Questo non accadrà mai, Mycroft.”
Un sorriso dolce, due occhi liquidi, due mani calde che tremano accarezzandomi. “Ti amo.”
“Anche io... AHI!”
Mi guarda allarmato. “Tutto a posto?”
Indico il punto su cui ha appena passato la mano. “Proiettile, ricordi?”
“Oh.”
Ci guardiamo un po’ in silenzio, poi ci baciamo di nuovo. Potrei passare così tutta la mia vita, credo. Non penso sarò mai sazio delle sue labbra, del suo corpo, del suo amore.
Alterniamo baci a parole, carezze a sorrisi, finché non crollo tra le sue braccia, esausto e febbricitante, e mi addormento, sognando il mio eroe mormorare che mi ama. E sono felice.

Un’onda di gioia ti piomba addosso,
ti invade, ti copre come un velo.
Se prima eri sull’orlo di un fosso
Ora voli, ti libri nel cielo.
Che felicità mozzafiato
ti viene a cogliere in certi momenti!
Ed acquista significato
“Vissero sempre felici e contenti”


   
 
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