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Autore: Elos    18/02/2012    8 recensioni
La guerra è finita. Mentre il Mondo Magico cerca di rimettersi in piedi dopo cinque anni di battaglie e morti, i sopravvissuti sono lasciati a convivere con il peso di tutte le cose che sono andate irrimediabilmente perdute.
Da Londra ad Hogwarts, ha inizio un viaggio attraverso lo spazio e la memoria per rimettere insieme i pezzi di una storia d'amore mai iniziata.
Prima classificata all'[Auror Contest]Rabbits on the run indetto da patronustrip.
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Undici giorni verso Hogwarts' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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5. papercut on the heart
28.06
09:44:13 P.M.


La spiaggia ad ovest di Newcastle era una distesa di liscia sabbia grigia affacciata su un mare azzurro scuro che, piatto e lucido come uno specchio, rifletteva le nuvole e il cielo tracciando diagrammi di luce spezzata tra un'onda e l'altra. Harry non aveva mai visto tanta acqua tutta insieme in un solo posto: aveva pensato, molti e molti anni prima, che da nessuna parte potesse essercene davvero di più di quanta ce n'era nel lago di Hogwarts... ma era un pensiero da bambino, quello, il pensiero di qualcuno che ad undici anni non aveva mai visto molto che non fossero la cucina dei Dursley e il loro polveroso ripostiglio sotto le scale.
Oggi vedeva il mare per la prima volta. Quando la corriera aveva superato la curva, sbucando da dietro il fianco della collina, al principio non aveva capito che cosa fosse quella cosa grigia e liscia, là davanti, che sembrava non finire mai: si era detto che doveva essere un lago proprio molto, molto grosso... e poi si era accorto che il lago in questione non finiva in tre direzioni, e allora aveva compreso.
Aveva deciso che avrebbe trascorso lì la giornata. Meglio lì che altrove, dopotutto, ed Hogwarts non sarebbe scomparsa nell'arco di una notte: se cinque anni di guerra non erano riusciti a tirarne giù le mura, difficilmente ventiquattr'ore di ritardo avrebbe fatto la differenza.
Una volta sceso dalla corriera aveva comprato due panini ed una bottiglia d'acqua ad un chiosco lungo la strada per la spiaggia: aveva adocchiato con desiderio una bottiglia di Coca-Cola, ma la Coca-Cola costava tre sterline, l'acqua solo mezza, ed il suo portafoglio continuava a sgonfiarsi ad una velocità impressionante.
Sulla spiaggia si era tolto le scarpe per sentire com'era la sabbia sotto ai piedi scalzi. Seduto su un sasso piatto, aveva mangiato i panini molto lentamente per farli durare il più a lungo possibile, prima di azzardarsi, ormai nel tardo pomeriggio, a muovere qualche passo lungo il bagnasciuga. Le onde gelate che gli avevano investito le gambe, inzuppandogli l'orlo dei calzoni rimboccati, l'avevano fatto rabbrividire. In acqua c'era qualche coraggioso che provava a fare il bagno, ma Harry pensò che non fosse una buona idea cercare di imitarli: la sua familiarità con il nuoto era ristretta alla traumatizzante esperienza della Seconda Prova del Tremaghi... e qui non c'era un ufficio di Piton al quale sottrarre l'Algabranchia.
Fu sulla spiaggia che Edvige lo raggiunse.
Harry non la vide arrivare: sentì solo un battito leggero a poca distanza dal suo orecchio, poi qualcosa di soffice sfiorargli la guancia. Balzò in piedi, rigido e spaventato, la bacchetta già estratta e uno Schiantesimo sulla punta della lingua, ed Edvige – ora appollaiata sulla sua spalla – sbatté di nuovo le ali ed emise un basso, rauco verso di disappunto nel sentirsi sbatacchiata a quel modo. Il cuore di Harry riprese a battere normalmente, riconoscendola. Si guardò intorno lo stesso, perché cinque anni di guerra avevano fatto di lui una persona molto, molto, molto prudente, ma c'erano solo pochi Babbani molto più in là, un paio in acqua, il resto sulla riva. Nella luce rossa del lunghissimo tramonto inglese una giovane donna cercava di convincere un bambino molto piccolo a rimettersi la maglietta. Una coppietta se ne stava inerpicata su una roccia alta oltre due piedi, gli zaini buttati sui sassi ai loro piedi ed una coperta leggera sulle spalle. Nessuno di loro sembrava pericoloso – non una minaccia, pensò Harry, e la guerra era finita.
“Mi hai spaventato,” disse ad Edvige, ma senza astio. L'accarezzò: le piume della civetta si tingevano d'arancio pallido, sotto a quel sole, ed erano soffici e morbide. Edvige emise un secondo, basso verso molto più contento del primo e gli becchettò dolcemente la mano.
Aveva un involto legato ad una zampa. Harry aggrottò la fronte, vedendolo, e per un attimo accarezzò l'idea di non aprirlo: di prenderlo e buttarlo in acqua senza leggerlo, perché non voleva parlare con nessuno, non voleva sentire nessuno, non voleva che nessuno cercasse di convincerlo a tornare indietro subito, a ritirare la sua medaglia al Ministero o... o qualunque altra cosa volessero che lui facesse adesso.
Avevano avuto da lui tutto quel che potevano chiedergli – e non avevano mai avuto il diritto di aspettarselo, quello, nessun diritto d'aspettarsi che un quattordicenne affrontasse il Signore Oscuro, che un diciassettenne guidasse una guerra, che un ventunenne la vincesse.
Non c'era più niente che potessero pretendere da lui. Era libero di vivere o morire come preferiva, di fare quel che gli piaceva, di andare dove voleva. La sua compagna nella cattiva sorte era sepolta sotto a sei piedi di terra e loro non avevano il diritto di...
Controllò che nessuno stesse guardando nella sua direzione – perché una civetta in pieno giorno avrebbe indubbiamente attirato l'attenzione di qualunque Babbano nelle vicinanze – prima di liberare la zampa di Edvige dalla lettera.
“Suppongo che tu non voglia dirmi chi me la manda?” le chiese in tono di vaga rassegnazione.
Edvige piegò il capo da una parte e gli rivolse un'occhiata terribilmente umana, ed Harry lasciò perdere. Aprì il sigillo di ceralacca sulla busta, spiegando il foglio all'interno, e fu improvvisamente contento di non averlo buttato via senza guardare: perché la firma al fondo della lettera era quella di Luna.
Luna era... Luna era a posto, pensò. Malgrado i suoi discorsi sui cieli di lavanda sotto ai quali vivere, quando non c'era alcun cielo sottoterra, nessun cielo a specchiarsi sul viso dei morti – i quali senza dubbio alcuno non vivevano – malgrado tutto ciò, ecco, Luna era comunque a posto.
Si ricordò che era stata Luna a dire l'unica cosa che avesse alleggerito anche solo di una minuscola frazione l'orribile peso marcio della morte di Sirius e, spinto dall'irrefrenabile, inconscia speranza che in quella lettera ci fosse qualcosa che potesse fare di nuovo il miracolo, che potesse levare al dolore che gli stava mangiando il cuore il suo lato più orribile e colpevole e malato, Harry stese la lettera con le dita e lesse:

Caro Harry,

sei stato davvero gentile a farmi sapere che saresti partito. Mi è dispiaciuto non vederti al funerale, ma forse è stato meglio così. E' stato molto triste. Hanno pianto tutti molto, sai, e la professoressa Sprite ha fatto crescere un cespuglio di lavanda sulla tomba prima che ce ne andassimo. E' un bellissimo cespuglio. Sono certa che ad Hermione piacerebbe.
Gli altri si sono preoccupati scoprendo che eri partito, anche se non riesco a capire perché. Sono sicura che il tuo viaggio stia andando nel migliore dei modi, e mio padre mi ha detto di aver avvistato un intero branco di Eliopodi migranti proprio stamattina: forse tu sai che gli Eliopodi non amano molto la pioggia, perciò dovresti trovare bel tempo ovunque tu vada. Mi dispiace che tu sia partito da solo, però. I viaggi sono sempre migliori, se fatti in compagnia. Sei arrabbiato con noi, ed è per questo che non hai voluto che venissimo con te?
La redazione del Cavillo è un po' sottosopra. Stiamo stampando molte più copie del solito, perché tutti vogliono vecchie ristampe del numero con la tua intervista: con la guerra avevano smesso di arrivare richieste, ma adesso i vecchi abbonati sono tornati e sono arrivati moltissimi nuovi lettori. Sono sicura che presto riusciremo a soddisfare tutti, così mio padre potrà riprendere in mano la sua ricerca sui Ricciocorni Schiattosi. Ha messo da parte abbastanza per poter andare in Norvegia a cercarli, ma non credo che lo accompagnerò. Credo di avere da fare qualcosa, io, qui.

Ti vedrò presto,
con affetto

Luna.


***



Cara Luna, scrisse Harry.
Lo scrisse dopo il tramonto, con il sole calato al di là del mare ed una luna pallida di miele sbiadito a riflettersi sull'acqua scura. Ci aveva messo un po' a staccarsi dalla lettera che aveva tra le mani, con il pensiero del cespuglio di lavanda azzurro cielo sopra alla tomba di Hermione, il funerale dove tutti avevano pianto e al quale lui non aveva partecipato – ma che aveva visto. Non c'erano lacrime che avrebbe potuto versare: la sua capacità di piangere sembrava essersi prosciugata insieme a molto altro, insieme alla compassione ed all'ingenuità ed alla capacità di lasciarsi consolare e lasciarsi comprendere che doveva aver avuto anche lui un tempo, anche adesso non se ne ricordava. Non c'erano lacrime che avrebbe potuto versare, ma avrebbe potuto stare vicino a Luna Lunatica Lovegood e sentirle dire così, da vicino, che ci sarebbero stati cieli di lavanda ad aspettare i morti, cieli purissimi di lavanda sotto i quali tutti loro avrebbero vissuto ancora.
Non avrebbe potuto crederle, però avrebbe potuto ascoltarla.

Cara Luna,

non volevo che nessuno si preoccupasse per me, ma ho bisogno di pensare a delle cose. E' per questo che me ne sono andato. Vorrei stare da solo per un po', ma non sono arrabbiato con nessuno. Sicuramente non sono arrabbiato con te. Sto bene, sono in riva al mare. Non ero mai stato su una spiaggia, prima.
Salutami tutti, per favore, dì loro di non preoccuparsi

Con affetto,

Harry.


Cara Luna, compose dentro di sé senza scriverlo né dirlo ad alta voce, cara Luna. Cara Luna, avevo bisogno di andarmene per non morire di nostalgia. Mi mancate, ma non voglio vedervi: niente vivi davanti a me finché non sarò certo di non essere morto anche io. Mi sento solo. Ho paura che mi sentirò solo sempre. Non riesco a non ricordare. Il viso di Hermione è come un taglio sul cuore, ogni volta che respiro i miei polmoni si allargano e ci premono sopra, fa male e non si cicatrizza. Il viso di Hermione è come avere la cassa toracica vuota, manca tutto, manca dentro. Ho visto il mare oggi ed è solo una cosa in più tra quelle che non ho: sono mancante, carente di pezzi che tutti dovrebbero avere, e la sensazione è la stessa che provavo avendo Voldemort nella testa.
Il viso di Hermione è come un taglio sul cuore. Il pensiero di averla qui accanto non muore anche se so che se ne è andata.
Harry pensò tutto questo, ma non lo scrisse. Prima di sigillare la lettera per Luna e di consegnarla ad Edvige, tuttavia, esitò con le dita sul foglio. Tentennò per un attimo e poi scarabocchiò in fondo a tutto il resto, a tutte le quiete, gentili mezze menzogne che sarebbero state necessarie a tranquillizzare gli altri:

P.s.: Scrivimi ancora. Se vuoi.





Note del capitolo: La forma presente in questo capitolo è l'inserimento di stralcio epistolare. L'immagine è tratta da una fotografia della spiaggia di Whitley Bay, di kittenkitten, e il brano è Dear California.
Desideravo da morire scrivere un pezzo su Harry in riva al mare, e ho largamente approfittato di questo capitolo: oltretutto, io trovo molto più bello il mare invernale - e il Mare del Nord, con i suoi lunghissimi tramonti e l'acqua grigia - che non il mare estivo o quello dei Caraibi. Ho sempre nutrito un'ammirazione feroce per i bambini irlandesi a mollo nell'acqua alle otto e mezza di sera... temperatura: tredici gradi circa. x°D

Dierrevi è passato e ha leggiuto e mi ha detto: "Come, la prima volta? E la catapecchia sullo scoglio?"
Ma per me vedere il mare è un'altra cosa che non arrivarci di notte, al buio, tempesta, in un guscio di noce. Certo, c'è stato sempre il mattino dopo con Hagrid e l'ombrello rosa...
Uhm.


Come sempre, un grazie di cuore a voi che vi fermate.
  
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