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Autore: ReaderNotViewer    19/02/2012    1 recensioni
Dieci scene tratte da un'ipotetica ottava stagione. Dieci gocce, tutte rigorosamente commestibili
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LIMONATA



“Se continuerà questo caldo, troveremo i nostri ospiti sciolti sul pavimento” annunciò drammaticamente Michel entrando in cucina.
Sookie, che armeggiava davanti ai fornelli, un po’ di sbieco per colpa della pancia ormai enorme e gocciolando sudore come in una sauna, alzò serenamente lo sguardo su di lui. ‘Stai calma, Sookie. Se ti agiti, anche il bambino si agita’ ingiunse a se stessa, determinata a non arrabbiarsi.
“Non so se l’hai notato, ma qui in cucina sì che fa veramente caldo” rispose facendosi vento con la paletta dei fritti. “Non credo che i clienti…” si interruppe, notando che Michel era in maniche di camicia, per di più arrotolate fin quasi ai gomiti, non portava la cravatta e aveva il colletto slacciato e penzolante. Non sembrava nemmeno il vero Michel, l’impeccabile concergie del Dragonfly, bensì una sua triste, e un po’ sfatta, imitazione. Sookie non lo aveva visto così sciatto nemmeno quando era morto uno dei suoi due amati cagnolini – non ricordava se Cin-Cin o Paw-Paw. E ora il caldo era riuscito in ciò che il lutto non aveva compiuto perché, sebbene in quel periodo Michel fosse stato due volte più irritante del solito, non aveva mai avuto un aspetto così poco michelesco. Solitamente, il clima del Connecticut non è tale che in una locanda di campagna ci si preoccupi di tenere fresca la clientela. Sgombrare il viale dalla neve, togliere il ghiaccio dai gradini, combattere la muffa sulle pareti: questi, semmai, sono i problemi legati all’inclemenza del clima. In quei giorni, tuttavia, un’inconsueta ondata di caldo estivo stava mettendo a dura prova la scarsa capacità di resistenza alle alte temperature dei suoi abitanti. Poiché il Dragonfly non offriva un sistema d’aria condizionata, i suoi clienti si dovevano accontentare della relativa frescura garantita dal giardino ombroso e dalle tende abbassate oltre che dalle pale dei ventilatori a piantana che Lorelai aveva disposto qui e là prima di partire, quando la canicola era appena ai suoi inizi.
“Non dovrei lasciarti qui da sola, adesso che sei già così avanti con la gravidanza…” aveva protestato ancora, già pronta ad andare a casa e partire per le vacanze.
“Dovrai già fare a meno di me quando nascerà il bambino. Vai adesso, che ancora puoi” aveva replicato Sookie. Non era sola, in realtà. C’era Michel e c’era il resto del personale. Gli ospiti non erano numerosi e il padre di Lorelai, il signor Gilmore, si era detto a disposizione per risolvere qualsiasi grana amministrativa che sorgesse nel frattempo e non potesse aspettare il ritorno di Lorelai.
“Sento che non faccio bene a partire.”
“Sciocchezze. Luke non sarebbe per niente contento di vuotare la barca. Di nuovo.”
La partenza era già stata rinviata una prima volta, quando si era scoperto che Paul Anka, il caratteriale cane di Lorelai, soffriva il mal di mare.
“Come mai fa così caldo?” indagò Sookie, mentre Michel, con gesto melodrammatico, si detergeva dell’inesistente sudore dalla fronte. “Non ci sono i ventilatori nella hall e nelle camere?”
“Non lo sapevi? Taylor ha vietato l’uso dei ventilatori in città” rispose Michel, riuscendo a infilare una straordinaria quantità di disprezzo nelle sue erre arrotate.
“E da quando ci interessa quello che dice Taylor? Se Lorelai fosse qui…”
“Se Lorelai fosse qui, avrebbe mandato al diavolo la ronda antiventilatori” annuì Michel “Che è esattamente quello che ho fatto io. Prima che Kirk tagliasse i cavi con delle forbici.”
“Si è fulminato?” chiese Sookie incuriosita.
“Purtroppo no: ha usato forbici da elettricista. Che cosa proponi di fare?”
Sookie restò di stucco: doveva essere veramente disperato, per chiedere il suo consiglio. Se Lorelai fosse stata lì, avrebbe saputo certamente quali provvedimenti prendere. Lorelai, però, in quel momento si stava godendo la brezza marina sulla barca che Luke aveva comprato per portare in vacanza sua figlia April e che alla fine era servita invece per un romantico viaggio a due.
Romantico, rifletté Sookie, non sembrava la parola più adatta per Lorelai e Luke. Lei avrebbe chiacchierato senza sosta e fatto scappare tutti i pesci, lui avrebbe brontolato per tutto il tempo e cercato invano di farle bere meno caffè: in breve, sarebbero stati l’immagine stessa della felicità.
“Potremmo offrire dei gelati” disse Sookie.
“A quest’ora del pomeriggio?”
“Hai ragione, e poi ci sarà già torta gelata per dessert, stasera a cena.”
Si guardarono in faccia, entrambi evidentemente intenti a chiedersi come avrebbe risolto la situazione Lorelai. Lei riusciva sempre a trarre il meglio da ogni cosa: una figlia avuta a sedici anni e laureata a Yale, una carriera iniziata come cameriera e finita da proprietaria di albergo, un matrimonio fallito dopo il quale aveva ritrovato il suo vero amore.
Lei avrebbe inventato qualcosa di divertente per fare dimenticare il caldo agli ospiti dell’albergo.
“Limonata” disse lentamente Sookie.
“Un limonata-party” aggiunse subito Michel, chiaramente interessato.
“Sì. Una limonata buonissima, fatta da me” chiarì Sookie, immodestamente.
“Servita in una grande boule di vetro immersa nel ghiaccio tritato…” spiegò Michel, descrivendo con le mani qualcosa che pareva più una mongolfiera che una boule.
“Giusto. Che dia una sensazione di freschezza solo a guardarla.”
“Faccio preparare un tavolo nella hall. Una tovaglia color lavanda. Classico stile provenzale.”
Mentre Michel si allontanava, borbottando qualcosa sui delphinium viola e blu, Sookie cominciò a lanciare ordini al personale di cucina.
‘Ho proprio voglia di limonata’ si disse, accarezzandosi la pancia ‘E scommetto che piacerà anche a te, piccolo.’

  
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