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Autore: LovelyKim    20/02/2012    3 recensioni
Ormai si avvicina il periodo dell'anno che Temari odia di più: la primavera, che col profumo dei petali di ciliegio porta con se' incubi e ricordi dolorosi. Ma adesso non ha tempo per preoccuparsi, perchè l'Hokake ha deciso di affiancarla a Shikamaru per una missione molto particolare: ritrovare le persone scomparse in un villaggio della Valle dell'Eco, antico nemico di Suna. E in mezzo a fantasmi scarlatti, vecchietti che profumano di mentine, una vecchia magione i cui contorni si perdono nella nebbia, tradimenti e antichi riti demoniaci, la ragazza dovrà scegliere tra un nuovo, prepotente sentimento e un passato che brilla tra le ombre.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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I Ricordi delle Ombre
Capitolo X



Bianco Perla - Il Valore del Perdono             
 
Kumakoro – Cimitero
Ore 5:15
 
Mancava decisamente poco all’alba: ormai era questione di minuti. Il cielo era sfumato in un indaco intenso, libero dalle nuvole e ancora vagamente picchiettato da stelle, con al centro la luna che andava impallidendo sempre di più.
Il sole era ancora nascosto dalle cime delle montagne, ma qualche leggero spruzzo di luce bagnava già le chiome della foresta, accendendole appena. Nel cimitero del Kumakoro, in un’insenatura larga poco meno di un chilometro, le lapidi glauche stillavano opache gocce di rugiada, come se gli antichi morti, che da secoli riposavano in quel luogo, stessero piangendo il calore del sole a loro negato.
In alto, sullo spuntone di roccia sopra di lei, Temari vide torreggiare Villa Tenshi, con le sue fattezze grottesche e l’aria di un vecchio gigante stanco. Scacciò la malinconia che quella vista le ispirava, e riprese il suo minuzioso lavoro accanto alle tombe, sperando che nessuna anima vagante l’accusasse dall’aldilà di essere una profanatrice. Pochi metri più in là, Shikamaru riposava, col busto appoggiato mollemente ad un tronco scheletrico.
Dopo qualche minuto, il suo placido riposo fu interrotto da un’esclamazione, che poteva essere di giubilo o anche di disperazione. Si alzò, a fatica, e si avvicinò alla kunoichi dai capelli dorati.
Temari si voltò a guardarlo, un sorriso soddisfatto e felice sulle labbra piene, mentre con un gesto indicava il terreno e ciò che vi aveva trovato.
-Perfetto.- mormorò il ragazzo, in tono stanco. Era ancora fisicamente provato dalle ferite riportate nel crollo, ma, allo stesso tempo, sentiva di aver ritrovato tutte le sue facoltà intellettive.
-La Bushin no Jutsu non la ingannerà per molto. Dobbiamo sbrigarci. – poi aggiunse, sorridendo – Mi sento leggermente in colpa nei confronti di Naruto. Gli abbiamo fregato la tecnica.
-Ma per piacere. – ribatté l’altra, alzando gli occhi al cielo.
Shikamaru tornò indietro, strascicando i piedi. La giovane lo vide allontanarsi, curvo in avanti, e si domandò se veramente avrebbero potuto farcela. L’unica chance che avevano consisteva nel fidarsi completamente di ciò che il Nara aveva intravisto prima di svenire, quando l’Ombra si era temporaneamente impossessata della sua mente. Sapevano entrambi che era un azzardo, ma rimaneva l’unica scelta praticabile.
Il vento prese a spirare, prima debolmente, poi con maggiore forza; fino a quando, tra le fragranze della notte morente, Temari percepì un odore di ciclamino che le era ben noto. Lentamente, dosando con attenzione ogni singolo movimento, si voltò verso il limitare del cimitero, da dove una piccola figura avanzava traballando. Non si mosse.
-Temarichan! –guaì la creatura.
-Chie. –rispose l’altra, atona.
-Ti ho cercata tanto! Devi tornare subito, il villaggio è nei guai. Lo spettro rosso ha…
-Dacci un taglio. – la interruppe la kunoichi.
Chie si bloccò, fissando i grandi occhi azzurri in quelli verdi di lei. Lo sguardo di Temari, ferreo ed energico nonostante la stanchezza, non lasciava spazio ad obiezioni di alcun tipo.
-Temarichan?
-Basta con questa storia di “Temarichan”. Hai appena cercato di ammazzarmi, e non concedo ai miei nemici il lusso di chiamarmi per nome. – fu la risposta, tagliente come una lama.
La bambina – o quanto meno la creatura che tanto ne aveva l’aspetto – spalancò gli occhi e le narici, digrignando la bocca sottile per la rabbia.
-Maledetta. – sibilò. Il timbro della voce era completamente cambiato: il suono usciva strozzato, gutturale, come se le corde vocale stessero sfregando con forza l’una contro l’altra. Il corpo cominciò a trasfigurarsi: la pelle divenne nera, gli occhi assunsero una colorazione cremisi.
-Quindi è questa la tua vera natura. – mormorò Temari, sganciando il ventaglio e ruotandolo dinanzi a se’. –Fatti sotto.
L’Ombra, che conservava a stento sembianze umane, ruggì con forza; ma non attaccò ne’ si mosse. Si voltò invece verso oriente, per controllare a che altezza fosse giunto il sole.
Poteva ancora farcela.
Gli occhi, con le pupille ridotte ad una sottilissima fessura, tornarono a puntarsi sulla kunoichi, immobile e concentrata.
Per circa un minuto, nessuna delle due si mosse; si fissarono, combattendo una battaglia di sguardi.
Poi, all’improvviso, il demone scattò in avanti con un movimento rapidissimo, sfrecciando nell’aria come un proiettile. La ragazza fece appena in tempo a schivarla, spostandosi più in là di un metro ed alzando il ventaglio per coprirsi completamente. Prima che la creatura potesse sferrare un secondo attacco, ruotò i polsi sferzando l’aria con mille brillanti lame di vento; ma il tentativo andò a vuoto, perché l’avversaria aveva una velocità troppo elevata.
Chie si avventò contro di lei, emettendo sibili dalla bocca ritorta, le unghie protese in avanti. Con l’avanzare del giorno e il dissiparsi progressivo delle tenebre, non poteva più passare da un corpo all’altro; e anche se i suoi movimenti erano rapidi e saettanti, risultavano piuttosto scoordinati.
Dall’altro lato, neanche Temari era esattamente in piena forma: non riposava in modo decente da più di due giorni, le ferite sul corpo le tiravano tutte, e faceva una fatica immensa a cercare di manovrare  ventaglio senza farlo cadere a pezzi. L’adrenalina sopperiva solo in parte alla mancanza di energie, ed era un espediente meramente temporaneo: non avrebbe resistito a lungo allo scontro, e lo sapeva.  Dopo cinque minuti di botta e risposta, aveva già il fiatone e il battito cardiaco accelerato.
Devo tenerla lontana dalla foresta il più a lungo possibile. Pensò, lanciando un’occhiata agli alberi dietro di se’.
L’ultimo attacco la colse di sorpresa: l’Ombra si scagliò contro il ventaglio, e lei si ritrovò in aria prima di rendersi conto di essere stata colpita. L’impatto col terreno fu duro, e le portò alle labbra il sapore salato del sangue. Si rialzò, facendo leva sui gomiti, più velocemente che poteva; si allontanò dagli alberi tentando di ignorare il pulsare sordo al fianco che presto – lo sapeva – sarebbe diventato un cocente bruciore. La creatura dall’aspetto infantile si ergeva di fronte a lei, dondolandosi avanti e indietro, i tratti del viso completamente sconvolti da una smorfia di pura crudeltà. Il pensiero che quel corpo, a suo tempo, era appartenuto ad una bambina, la gelò per un attimo. Si poteva davvero arrivare ad un tale livello di mostruosità?
Fino a profanare il corpo sacro di un bambino?
Come se avesse colto il flusso dei suoi pensieri, la creatura di fronte a lei tese le labbra in un ghigno.
-Temarichan – cinguettò, con voce allegra – Guarda un po’, ti ho fregata.
La kunoichi impallidì, sentendo qualcosa scivolarle lungo le gambe. Abbassò lo sguardo, orripilata: concentrata com’era a seguire i suoi movimenti, non aveva fatto caso ai tentacoli d’ombra che erano strisciati lenti fino a lei. Tentò di scansarsi, ma, anche se molto indebolite per la presenza di una piccola quantità di luce, le due propaggini nere erano abbastanza forti da inchiodarla al suolo.
Con la coda nell’occhio, scorse un movimento accanto alla prima schiera di lapidi, ad una ventina di metri da lei.
-Non provarci nemmeno. – sussurrò, e sapeva che lui l’aveva sentita.
Se si fosse intromesso adesso, l’intero piano se ne sarebbe andato a quel paese. Temari si guardò attorno, cercando di misurare lo spazio percorso in quei minuti di combattimento, e notò che si era allontanata troppo dal punto prestabilito. Prima che Shikamaru entrasse in azione, bisognava assolutamente che Chie tornasse lì.
Fece un po’ di forza sulle gambe, ma i legacci erano molto resistenti. L’Ombra aveva cominciato ad avvicinarsi, lentamente, schivando gli attacchi che le spediva col ventaglio. Fece il giro attorno a lei, e la ragazza capì che intendeva colpirla da dietro. Non poteva voltarsi per contrattaccare, era alla sua mercé.  
Per un momento, il panico s’impadronì di lei. Non temeva per la sua vita, no: sapeva che Shikamaru non sarebbe stato a guardare mentre moriva. Ma se lei avesse fallito, non c’era quasi più speranza di ricatturare quel demonio. L’Ombra non era stupida: se il ninja della Foglia fosse piombato all’improvviso sul campo di battaglia per soccorrerla, avrebbe rimesso insieme i pezzi del loro progetto e non si sarebbe più fatta cogliere in fallo. Già era abbastanza sorprendente che non se ne fosse ancora accorta.
Temari ruotò il busto per ciò che le era possibile, ed in quel momento un grido lacerante, di rabbia e di dolore, si diffuse nell’aria come una macchia d’inchiostro. Vide Chie scattare all’indietro, di nuovo di fronte a lei, il volto contratto dalla furia, col braccio penzolante e una rosa di sangue che sbocciava sullo yukata strappato.
La ragazza gemette, mentre le due bisce si suoi piedi si sgretolavano come sabbia, lasciandola libera.
-Non saresti dovuto intervenire. – fece, senza voltarsi, con una rabbia che non era per Shikamaru ma per se stessa. – Adesso si che è  tutto inutile.
-Chiedo perdono, Temarichan. Mi pareva di averti vista un po’ in difficoltà. – rispose una voce tranquilla.
Lei si voltò appena, senza riuscire ad impedirsi di assumere un’espressione sbigottita.
-Hitakasan?
-Per servirti. – l’uomo abbozzò un mezzo inchino, tenendo però gli occhi sempre fissi su Chie. –Ho deciso di smetterla di nascondermi. Vivere da topo per cinquant’anni può risultare enormemente avvilente.
La kunoichi provò un moto di sincera gratitudine. Poteva solo immaginare lo sforzo che l’amico stava facendo in quel momento, per aiutarla a combattere contro un mostro, si, ma che aveva pur sempre l’aspetto di sua figlia. Tornò a fissare il demone, rincuorata.
-Si aprano le danze. – mormorò Hitaka.
 
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Shikamaru si sforzò al massimo per cercare di eliminare ogni rumore di sottofondo, ogni grido che proveniva dal combattimento poco lontano.
La cosa può non essere particolarmente facile, se la ragazza che ami sta rischiando la vita a cinquanta metri da te.
Digrignò i denti. Non ora.
L’arrivo di Hitaka gli aveva dato un po’ di sollievo. Aveva visto Temari cadere nella trappola di Chie – a cosa stava pensando, dannazione?! –ed era stato sul punto di scendere in campo, mezzo disfatto com’era. L’aiuto insperato dell’ex ninja era stato il primo evento provvidenziale di quegli ultimi tre giorni. 
Mosse velocemente le mani, componendo i sigilli uno dietro l’altro. Attorno a lui aveva cominciato ad addensarsi una nebbia vischiosa, che andava mano a mano facendosi più nera e voluminosa. Lanciò un’occhiata veloce al combattimento. Vide subito che al quadro mancava un altro elemento, che però era assolutamente fuori dal loro controllo. Se non fosse arrivato, se non avesse deciso di combattere, allora ogni tentativo sarebbe stato vano.
Verrà, ne sono sicuro. Chi ama non può abbandonare.
Per un secondo la mente brillante indugiò nei ricordi. Non nei suoi, però, ma in quelli di Temari: i ricordi che aveva assorbito durante il viaggio infernale nella mente del mostro.
Quando aveva scagliato il missile, il suo viso era entrato per un momento a contatto con la sostanza nera che componeva il suo corpo: era stato come attraversare con forza una superficie di vetro cosparsa di colla. Dentro di lui si erano affollate, tutte insieme, immagini e sensazioni di persone diverse, tutte le vittime sacrificate da quella bestia orrenda, in un caleidoscopio colorato di male e sofferenza, che aveva minacciato di soffocarlo. In mezzo a quel carnevale di sensazioni violente, si era aggrappato all’unico volto familiare, amico, che riuscisse a trovare: Temari. E così, in un secondo, molte immagini tratte dal passato di lei gli erano passate davanti: la morte della madre, Karura,  poi Kankuro e Gaara, il padre…e quell’uomo, Taketo. La sua gentilezza, la sua fine orrenda. Quel breve excursus nella vita della ragazza, terminato quando i suoi ricordi su Asuma erano tornati ad aggredirlo, gli aveva permesso di capire molte cose. Per esempio, adesso comprendeva il perché della sua reticenza a mostrarsi legata a qualcuno, ad aprire il suo cuore e parlare con chiarezza di se stessa. Non poteva biasimarla, dopo tutte quelle sofferenze.
La parete nera attorno a lui s’infittì, fino ad assumere una consistenza simile al burro. Era ancora troppo poco, purtroppo.
Shikamaru lanciò un’occhiata dinanzi a lui: a pochi metri di distanza, la battaglia stava continuando. Si chiese quanto tempo gli rimaneva, prima che Hitaka e Temari si lasciassero sopraffare. Certo, l’ex ninja aveva indubbiamente portato un forte aiuto alla loro situazione precaria; ma un occhio attento poteva vedere quanto il suo corpo fosse fuori allenamento, e la situazione minacciava di peggiorare da un momento all’altro. Se l’Ombra avesse deciso di ritirarsi di punto in bianco, il loro piano sarebbe andato a farsi benedire.
Qualcosa accanto a lui frusciò, sfiorandolo delicatamente. Il Nara represse a stento l’istinto di alzarsi: non poteva perdere la concentrazione.
-Speravo che saresti venuta. – mormorò. –Lì giù hanno bisogno di te.
Percepì un altro fruscio, mentre il fantasma si allontanava in direzione dei combattenti.
Apparve nel momento in cui Temari respingeva un altro attacco del demone: il ventaglio si era ormai incrinato, una buona porzione dell’intelaiatura era scoperta, per cui la difesa risultò molto meno efficace del previsto.
-Dannazione! – gridò, poi si accorse del bagliore rosso accanto a lei, e si voltò.
Lo spettro cremisi veleggiava a qualche centimetro da terra, tra lei e Hitaka. Chie lo guardò con odio furibondo, digrignando i denti e assottigliando le palpebre fino a renderle due fessure.
-Vattene, maledetta! – soffiò. –Cosa pensi di fare?
Lo spirito si mosse appena, ma non tornò indietro. Si diresse invece verso Kinnosuke, che sanguinava abbondantemente da un braccio, e gli si pose davanti, come a fargli da scudo.
L’uomo strabuzzò gli occhi, sorpreso.
-Temari-chan, mi sbaglierò, ma…sta cercando di aiutarci? – domandò sospettoso, indicando lo spettro.  La kunoichi annuì.
-Non è nostra nemica. Hitakasan, non capisce? Questa è…. –l’ululato agghiacciante della bestia coprì le ultime parole, rendendole incomprensibili. Chie aveva ripreso a trasfigurarsi: il suo corpo perse in breve ogni parvenza di umanità, divenendo simile ad un mucchio nero ed informe. Quando l’agglomerato denso come il catrame smise di ribollire, la sostanza si gettò sul fantasma, con una forza ed una violenza tali da sradicare un albero. L’altro non si sottrasse, anzi: si slanciò a sua volta in avanti, protendendo il corpo vaporoso fino a coprire sia Hitaka che Temari.      
La barriera rossa sembrò reggere bene l’attacco: l’Ombra venne catapultata all’indietro come se avesse urtato contro una parete morbida. Dalla pozza di liquame scuro si udirono gorgoglii raccapriccianti, misti a cruente parole di morte.
Hitaka si voltò verso il fantasma, che aveva riassunto le sue dimensioni normali.
-Ho sempre pensato che fossi dalla sua parte.  – confessò. – Ti credevo una qualche divinità diabolica convocata qui dagli inferi. Mi sbagliavo.
Lo spettro ricambiò lo sguardo col viso amorfo, che non poteva esprimere alcuna emozione. L’intensità dei suoi sentimenti era, però, talmente forte che persino Temari se ne accorse.
-Hitakasan – lo chiamò. – Cerchi di fare uno sforzo d’immaginazione.  Per uno che voleva far tornare in vita i morti non dovrebbe essere troppo difficile. 
-Come? – domando l’anziano, senza capire. – Uno sforzo di immaginazione?
-La guardi bene, ci rifletta con attenzione. Ripensi a ciò che successe il giorno in cui tentò di resuscitare sua moglie. – suggerì.
Kinnosuke contrasse il viso in una smorfia, e le rughe si accalcarono l’una sull’altra, come pieghe su un lenzuolo stropicciato. Non era una cosa facile, per lui. Ma, se Temarichan insisteva così tanto, allora una ragione ci doveva essere.
Tornò con la memoria a quel giorno di sei mesi prima, quando aveva versato la pozione di kukameno sul corpo immobile della moglie. L’aveva guardata a lungo prima di decidersi: se la formula fosse stata sbagliata, avrebbe potuto addirittura sciogliere la carne e le ossa mummificate. Accanto a lei era adagiata Akemi, con un’espressione talmente tranquilla che, se avesse mosso un po’ il petto, avrebbe pensato che fosse viva. La salma, straziata dai colpi di alcuni briganti, era stata ricomposta con la massima cura, e nemmeno più una cicatrice osava solcare la carnagione nivea e compatta. La vista di sua figlia, il pensiero che, se tutto fosse andato bene, avrebbe potuto riabbracciarla e chiederle perdono, era stata l’ultima spinta necessaria.
Aveva spalmato la sostanza su tutto il cadavere della moglie, assicurandosi che ogni tessuto ne fosse imbevuto, poi si era fermato ad aspettare. Dopo qualche minuto, dalla vasca si erano sollevati minacciosi vapori rossastri.
-No! – aveva gridato, con quanto fiato aveva in gola; ma il suo urlo era stato attutito subito dalle esalazioni, provenienti dal corpo di Katima che andava via via scomparendo e decomponendosi.
Il dolore lo aveva quasi reso folle. Aveva cercato di togliere l’impacco dalle zone non ancora dissoltesi, ma era stato tutto inutile: le cellule avevano preso ad autodistruggersi, non c’era niente che potesse fare per impedirlo. L’unica cosa rimastagli era osservare quel vapore cremisi salire verso il soffitto e poi disperdersi nel cielo al tramonto.
Non avrebbe dimenticato quel momento da lì a quando fosse morto. L’orrore e la sofferenza lo avevano semplicemente annientato. E adesso, a riaprire quella vecchia ferita, sentiva il dolore rigenerarsi come se tutto fosse accaduto poche ore prima.
Si prese la testa fra le mani, gemendo.
-Che cosa ho fatto….Katima, Akemi….se avessi l’occasione di vedervi solo per un attimo, quanto basta per chiedervi perdono…  
Avvertì la luce attorno a se’ farsi più forte. Alzando lo sguardo, reso opaco dalle lacrime, il suo viso incontrò quello rosso dello spettro, piegato su di lui. Lo stupore prese  momentaneamente il posto della disperazione.
-Adesso ce l’ha, quell’occasione. – mormorò Temari, con dolcezza. – Perciò la utilizzi bene.
Hitaka fissò il fantasma, ammutolito, per parecchi secondi. Quando infine parlò, la voce era ridotta ad un sussurro pallido, come una preghiera bisbigliata all’altare di una minuscola chiesa.
-Katima? Sei tu…?
Lo spettro mosse appena la testa.
L’uomo sentì una gioia immensa, unita ad un altrettanto forte debolezza, aggredirlo fin dentro le ossa. La felicità gli scorreva nelle vene come vino, il sangue gli colorava le guance, qualcosa di simile ad un dolcissimo veleno gli paralizzò corpo e mente.
-Katima…Katima… -era il solo nome che riuscisse a biascicare. Cadde a terra, di fronte allo spirito, il volto solcato da nuove lacrime, che avevano colore e sapore molto diversi da quelle di prima.
-Mio Dio, grazie…grazie…
Cercò di afferrare le braccia dello spettro, ma la sua impalpabilità lo tradì. Nonostante questo, la gioia non accennava a diminuire, lo inebetiva del tutto. 
-E pensare che ti ho avuta con me per tutto questo tempo…che idiota, davvero…mi perdonerai mai? Sarai in grado di dimenticare ciò che vi ho fatto?
Katima non rispose a quelle domande – non avrebbe potuto – ma, con gli arti che somigliavano a lunghe spirali di fuoco, avvolse il marito nell’abbraccio più caldo che potesse.
Temari li guardò, con un profondo senso di soddisfazione e contentezza che le scaldava l’animo. Finalmente, ce l’avevano fatta. Nemmeno la morte, l’ambizione, la superbia…nemmeno la crudeltà più nera era riuscita a porre fine a quel legame eterno. Il loro amore aveva vinto ogni prova.
Nemmeno le Ombre più scure possono affollarsi, laddove brilli  anche solo un unico raggio di luce.
 
Le ombre…
 
Temari si voltò, ma era troppo tardi.
Il demone aveva approfittato di quella sua distrazione, un errore imperdonabile, da principianti.
La massa nera volò accanto a lei, e la kunoichi poté sentire chiaramente la puzza di morte che emanava sommergerla, soffocarla quasi. Poi si abbatté, forte e terribile, su Hitaka e Katima, ancora abbracciati.
-Merda! – strillò lei. Si frenò poco prima di usare la Kamaitachi no Jutsu: Kinnosuke ne sarebbe stato travolto ed ucciso. Assistette impotente alla scena che si verificava di fronte a lei: l’Ombra aveva inghiottito i due, le cui sagome indistinte si agitavano incerte nell’amalgama nero, tentando invano di liberarsi. I loro movimenti erano goffi ed imprecisi, i corpi non si distinguevano più, parevano due sfortunati immersi nelle sabbie mobili, già condannati ad una fine atroce.
La ragazza si guardò intorno, disperata. Se fosse intervenuta a mani nude, avrebbe rischiato di fare la loro stessa fine. Il buon senso avrebbe suggerito di stare ferma e sperare che riuscissero a cavarsela, ma non poteva sopportare una cosa del genere. Era troppo ingiusto.
Per cui, Temari scelse di fare qualcosa che fino ad allora non aveva mai fatto. Qualcosa che, se fosse stata ancora la Temari di qualche giorno prima, non si sarebbe mai, mai perdonata.
Chiamò aiuto.
-Shikamaru! –gridò, con tutta l’aria che aveva nei polmoni. Si augurò che l’avesse sentita. Che non le venisse più a dire che non si fidava, che era troppo superba e altre stronzate simili!
-Ehi, Nara, il piano era tuo, no? Sbrigati, cazzo!
Subito dopo, un gorgoglio sinistro dietro di lei l’avvertì che la lotta era finita. La giovane si voltò, impaurita, addolorata; e poté solo costatare con la vista ciò che la mente aveva già compreso: Hitaka e Katima avevano smesso di agitarsi. Avevano perso.
-Porca puttana! Ma perché? – gridò, a nessuno in particolare.
Se da qualche parte esisteva un Dio, decise, doveva essere o molto sadico o un grande amante dei melodrammi.
Sfoderò il ventaglio: se i suoi due amici erano morti, allora non si faceva tanti scrupoli ad affettare quante più cose le capitassero a tiro. La rabbia la incendiò completamente, chiamando ad appello energie fisiche e mentali da tutti gli angoli del cervello e del corpo, risucchiando ogni goccia di chackra rimastole.
-Preparati a sputare l’anima. – disse, furibonda, alla bestia davanti a lei.
In quel momento, il primo refolo di sole spazzò l’aria attorno a loro. Era la prima vera luce del giorno, una luce che illuminava poco e non riscaldava. L’Ombra sussultò appena, ma non si mostrò intimorita. Temari, invece, aveva il viso illividito per la rabbia.
Ci fu qualche secondo di sospensione.
Nessuna delle due si mosse, la foresta tirò il fiato ed il tempo rimase indietro a guardare ciò che sarebbe successo. Poi, la Bestia si protese in avanti, prolungando i lunghi tentacoli neri come una piovra ed emettendo un urlo che, probabilmente, era giunto fino a Sun’johara. Temari saltò per evitarli e, in quel momento, qualcosa di scuro e nero passò sotto di lei.
 
La sua ombra era scomparsa.
Finalmente.
 
Prima che i suoi piedi toccassero di nuovo il suolo, di fronte a lei si era innalzato un muro, lungo e spesso, nero come il carbone e quasi altrettanto solido. Una voce familiare, affannata e appena trattenuta, la raggiunse da dietro. 
-Mi dispiace. Non ho potuto fare più velocemente di così.
Temari si girò. Shikamaru aveva il viso teso, pallidissimo persino nella luce quiescente dell’alba, ma lo sguardo era deciso e preso dalla furia. Come lei, doveva aver assistito alla scena di poco prima, senza poter intervenire. Riportò lo sguardo innanzi a se’, contro la barriera nera.
-Come facciamo senza Hitaka? – ribatté, con asprezza. – Non funzionerà.
-Non avevi detto qualcosa a proposito di vomitare anche l’anima? Forse è ancora vivo.
La ragazza piegò appena le ginocchia, passando in posizione di attacco.
-E allora sbrighiamoci. – dichiarò.
La nebbia solida che faceva loro da scudo si dissolse. L’Ombra, impreparata, fu colta in pieno da un attacco del ventaglio, la cui potenza ed efficacia era stata però notevolmente ridimensionata dagli ingenti danni.
Si dibatté, confusa, per qualche secondo; dopodiché si scagliò contro Temari, lo squarcio dentato che aveva al posto della bocca aperto all’inverosimile. Non poté raggiungerla, però, perché venne inchiodata al suolo dalle ombre di Shikamaru, che si avvinghiarono al suo corpo trattenendola.
I due mucchi neri, talmente amalgamati da parere un tutt’uno, si agitarono a lungo scomponendosi in mille pozze liquide che parevano d’inchiostro. Il Nara sudava freddo, lo sforzo gli faceva quasi lacrimare sangue. Con molta fatica, permise ai suoi tentacoli di invadere la massa del demone, ombra che frugava ombra, fino ad individuare la figura priva di sensi di Hitaka. Il fantasma rosso brillava debolmente, ma si agitava ancora con forza per liberarsi dal vischio nero. Le ombre continuarono a lottare per aprire un varco, e alla fine ci riuscirono.
Hitaka e Katima vennero sputati fuori con un teatrale “plop”, mentre la Bestia nera emetteva urla disumane d’agonia e di rabbia.
Temari scivolò velocemente accanto ai due: lo spettro era illeso, essendo già morto, ma l’anziano respirava appena. Capì subito che non avrebbe potuto far nulla per lui.
Dominando a stento l’enorme tristezza che l’aveva invasa, si voltò verso Shikamaru.
-Dobbiamo muoverci. Non gli resta  molto.
Lui annuì senza guardarla. La kunoichi tornò a rivolgersi all’uomo steso dinanzi a lei, illuminato appena dalla luce lattiginosa  dell’alba. Hitaka rispose, tacitamente, alla sua domanda altrettanto silenziosa: levò il braccio, da cui sgorgava ancora un fiotto di sangue, e lasciò che Temari raccogliesse, tremante, alcune gocce di liquido scuro. I suoi occhi erano tranquilli, discreti come lo era stata la sua vita, un’esistenza fatta più di tenebre che di luci. Katima era immobile accanto a lui, apparentemente priva di emozioni, ma la ragazza notò subito che il colore del suo alone stava cambiando. Si stava affievolendo sempre di più, come se fosse sul punto di scomparire.
S’impose di non pensarci. Doveva rimanere calma.
Tappò la boccetta e si alzò, portandosi con rapidità a destra dell’Ombra, che continuava la sua lotta con Shikamaru.       
Un respiro profondo, i suoi occhi verdi che si incontrarono con le iridi marroni di lui.
Entrambi capirono il gesto dell’altro, senza parole.
Nel momento in cui Temari si gettava in avanti, diretta verso una lapide in particolare, il Nara lanciava il suo attacco finale.
Le braccia d’ebano corsero sull’erba accarezzata dal sole, avvolgendo l’Ombra di un amplesso mortale. Il chackra bruciava nelle vene come magma, fuoriusciva dal corpo del ninja trascinandosi le ultime energie e la sua anima, ma non s’interruppe. Il demone gridò, l’ultimo, potente e mostruoso grido, che gelò più di un sonno in quell’alba stantia, poi cominciò ad arretrare. Le ombre lo circondarono, impedendogli di fuggire; ombre che non riusciva più a controllare, perché non erano fatte di dolore, di oscurità e buio, ma di notte liquida, di segreti nascosti in recessi profondi del cuore, di emozioni, di ricordi.
Shikamaru spinse la creatura all’indietro, forzandola contro il funebre monumento di un caduto sconosciuto.
Sulla lapide spaccata e coperta di muschio, gocciolava appena una densa macchia rossa.
Ci mise un secondo a capire, ma quel secondo gli fu fatale.
La sua prigione di pietra stava riaprendo le fauci, per inghiottirlo di nuovo. Il sangue di Hitaka, che l’aveva liberato, era lì, per intrappolarlo ancora nel luogo da cui era venuto.
L’Ombra si dibatté, ma fu inutile. Nel momento in cui il suo corpo venne a contatto con la dura e fredda pietra, un lampo squarciò il cielo, tagliandolo a metà. Il riverbero argentato del fulmine si dipinse per un istante sulla creatura agonizzante, mentre la terra si spaccava in più punti, sprofondando o alzandosi in piccole catene. Il gorgoglio del terreno e il lacerante grido del mostro si protrassero per vari secondi, arrivando quasi agli ultrasuoni. Shikamaru e Temari caddero a terra, premendosi le mani sulle orecchie e stringendo i denti per non farli sbattere.
 
Poi, così come era cominciato, tutto finì: la terra smise di tremare, il sole che si era oscurato tornò a risplendere, con forza, e nel cimitero ridiscese la calma secolare della morte.
 
I due ninja si alzarono, con le orecchie che fischiavano. I loro sguardi, increduli, si incrociarono: ognuno cercava nell’altro la conferma che fosse davvero finita, per sempre stavolta. Passò qualche interminabile minuto di silenzio, dopodiché, piano, con tenera incertezza, Temari sorrise.
Un sorriso sincero, che non sapeva di sarcasmo o di amarezza, ma di gioia, pura e semplice.
Un sorriso troppo bello, che, come tutte le cose belle, non era altro che uno sprazzo velocissimo, impossibile da afferrare e trattenere.
Al suono di un gemito, entrambi si voltarono.
Hitaka aveva chiuso gli occhi, e giaceva a terra, immobile, la bocca aperta nel tentativo di articolare alcune parole.
Non si avvicinarono. Non avrebbero potuto fare niente, e quel momento doveva essere solo per lui e Katima.
A Temari sembrò di vedere le labbra esangui muoversi un’ultima volta, ma non poté esserne sicura, perché gli occhi le erano divenuti umidi e appannati. Accanto a lei, Shikamaru riuscì ad impedire che la tristezza gli colasse come rugiada sul viso contratto, mentre col pensiero dava l’ultimo addio ad un uomo che, in poco tempo, era stato in grado di insegnargli molto.
Il fantasma rimaneva immobile vicino all’amato, con il corpo che diveniva sempre più evanescente, perdendo mano a mano ogni sfumatura cremisi.
Quando Hitaka ebbe reclinato il capo, dopo aver pronunciato frasi che nessuno poté sentire, lo spettro era ormai di un bianco perla, che splendeva delicato contro la luce calda del sole.
Si levò un vento tiepido, una brezza gentile che sfiorò con una carezza i corpi dei due jonin. Entrambi chiusero gli occhi, beandosi di quella sensazione, e quando li riaprirono, Katima e Hitaka erano scomparsi. Nell’aria color pastello del giorno che sorgeva, l’ultimo soffio di vento sussurrò loro una parola, la più bella e cara  mai pronunciata.  
 

Grazie.
 
Dopodiché, entrambi persero i sensi.





C.I.A: Vorrei cominciare scusandomi per il ritardo mostruoso di questo aggiornamento. Avete il diritto di farmi una schifezza :-S
Ho fatto una fatica disumana per scrivere questo capitolo. È incredibile, non voleva proprio saperne di uscire! Alla fine è venuto così (è inutile dirlo, non sono soddisfatta xD) spero non sia troppo campato per aria. Sapete tutti che le scene di combattimento sono un po’ il mio tallone d’Achille. Questo capitolo era tutto un combattimento, quindi forse e per questo che sono andata in crisi.
Allors, finalmente tutti i misteri sono risolti. Quanti di voi avevano capito che il fantasma era Katima? Tutti suppongo…. ._. Forse qualcuno avrà pensato che fosse Akemi. Tra le due in effetti ero un po’ indecisa, ma volevo metterci in mezzo una storia d’amore (oltre quella principale, intendo) e così ho optato per la moglie fedele e generosa.
Katima e Hitaka sono i miei personaggi preferiti, rappresentano il mio ideale d’amore. Spero che dovunque siano, adesso, siano entrambi felici XD Il titolo del capitolo, “Bianco Perla – Il Valore del Perdono” si riferisce al fatto che è stato il perdono della moglie a permettere a Kinnosuke di riappacificarsi con se stesso. :- D
Ora, le recensioni!
 
Valery_Ivanov: Grazie mille per la recensione, così calorosa poi *.* Mi spiace se ti ho fatta aspettare così tanto (e per quel che è venuto fuori alla fine, forse non valeva neanche la pena). Dici che sono brava a rendere lo ShikaTema? Ne sono felicissima! Il prossimo capitolo sarà tutto per loro, e davvero non so cosa dovrò inventarmi…Spero di poter leggere presto un altro tuo commento. Grazie mille <3
 
Lisey91: Cioè, ma tu avevi capito tutto! O.o Infatti il piano di Shikamaru, come si è visto, era proprio quello che hai detto tu, attirare l’Ombra nel cimitero e poi imprigionarla di nuovo. (Certo che sono proprio un mostro di originalità… .__.’’) Lo scorso capitolo ti è piaciuto, quindi? In effetti riguardo agli episodi di passaggio sono d’accordo con te. Anche io penso che siano importanti, nella giusta quantità, perché permettono di capire più cose sui personaggi. Sono un po’ come i filler, sono interessanti, ma se sono troppi poi scocciano XD La parte ShikaTema di quel capitolo mi è costata un bel po’ di sudore, non oso immaginare che ne sarà di me col prossimo…
Come hai detto tu, giustamente, il verde è quello degli occhi di Temari, e quel “Lui non l’ha capito” si riferiva ad Hitaka, che non aveva ancora realizzato che il fantasma era in realtà Katima.
Grazie mille per aver recensito! Spero con tutto il cuore di ritrovarti anche per questo episodio! Un bacio ;-)
 
Pantesilea: Cara mia, che piacere vederti! *_* Questo periodo è orribile per tutti, non c’è che dire. Spero comunque che troverai un po’ di tempo da dedicarmi xD Grazie per i complimenti dell’altra volta. Le tue rassicurazioni sulla scena ShikaTema mi fanno ben sperare, la prossima volta mi impegnerò per fare qualcosa di un po’ più fluff, visto che in questo episodio quei due non si sono neanche fatti una chiacchierata. Spero di poter leggere presto una tua recensione (le attendo sempre con ansia!) Un bacio :-)
 
Sha_17: Buon anno anche a te! (In ritardo spaventoso, ma vabbè, meglio che mai XD) Grazie per aver commentato. A quanto pare la parte ShikaTema, su cui avevo più dubbi, è piaciuta *_* Il tuo incoraggiamento mi è stato prezioso, te ne sono grata.
Attendo un altro commento allora! Grazie mille ;-)
 
SabakuNoMe: Ciao cara! Non vedere il tuo commento in effetti mi aveva un po’ demoralizzata, ma adesso che so che comunque mi segui mi sento ringalluzzita XD Il tuo supporto come sempre è importante, ma mi rendo conto che gli impegni sono davvero tanti (soprattutto se ci sono di mezzo i professori). Grazie per aver recensito, grazie ancora di più per i complimenti. Il finale della battaglia ti ha soddisfatto? Attendo un tuo commento! Un bacio :-)
 
Curiosità, Spiegazioni e Qualche Spoiler:
 
Riguardo il piano di Shikamaru ho paura di non essermi spiegata troppo bene, perciò nel prossimo capitolo ci sarà anche una brevissima spiegazione su come il Nara sia riuscito ad elaborare il suo piano malefico. Si tratterà di un epilogo abbastanza breve, poiché ormai tutti gli enigmi sono stati svelati , e rimane da definire solo la situazione tra lui e Temari. Ci sarà del romanticismo, ma sempre calibrato – stiamo parlando di quei due, in fondo.
Grazie mille per avermi seguita fin qui. Se penso che il prossimo sarà l’ultimo capitolo mi salgono le lacrime agli occhi…
Quindi non ci penso. v.v
A presto!
 
Lovelykim
 
  
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