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Autore: Vagabonda    21/02/2012    3 recensioni
BELLA'S POV.:Pochi minuti dopo sfrecciavo a massima velocità per la strada. A malapena vedevo dove andavo, non avevo una meta precisa, volevo solo stare un po’ da sola con i miei fantasmi. Con una mano sul volante portai l’altra all’altezza del capo e con un solo movimento una cascata di boccoli ramati mi cadde sulle spalle. Lanciai la parrucca sul sedile posteriore e mi tolsi le lenti a contatto, lasciando liberi i miei occhi color cioccolato. Sospirai di piacere: finalmente potevo essere me stessa.
EDWARD'S POV.:
Velocità. Il vento che ti spettina i capelli, che ti colpisce il viso, che ti fa sentire VIVO. La mia Volvo scintillante percorre con rapidità la piccola stradina di quartiere. Non so come sono arrivato lì, e francamente non me ne frega niente. Sento solo il sibilo dell’aria e vedo solo la strada che sto percorrendo. Già, ma quale sarà la mia strada?
Due vite parallele che si scontrato in un giorno d'estate, due personalità così diverse eppure così affini...un incontro di velocità e amore, con un pizzico di mistero e tanta passione.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi allontanai di scatto da lei, schiacciando il mio corpo nudo contro la parete fredda della stanza. Tremando, mi accasciai a terra, mentre un suono acuto e tremulo perforava le mie orecchie. Capii che era un urlo, un urlo disumano, di puro dolore. E a urlare ero io.
Una pena mai provata prima, un’emozione che squarcia il petto, dilania l’anima, brucia il corpo. Voglio
morire, uccidetemi qui ed ora, non posso più vivere con questa consapevolezza. Non dopo quello che ho scoperto.
Ero stato io. Ubriaco, drogato, oppure solo pazzo, quel torrido pomeriggio d’estate, con la mia macchina, la mia bella Volvo, luccicante sotto il sole. Io che, guidando, non pensavo che a me stesso. Io, che non mi sono fermato in quella piccola stradina con quella piccola bambina.
Sono stato io. Io a togliere il sorriso da quel volto. Io a spezzare quelle ali di farfalla.
Nascosi il viso tra le mani. Non volevo più vedere niente, non volevo più
sentire niente.
Colui-che-sente-i-pensieri, mi chiamavano. Ma in quel momento, l’unica cosa che percepivo era il tremendo e infinito baratro in cui mi ero messo con le mie stesse mani.









Tremavo. Sul mio morbido letto, tremavo di paura e sgomento.
Com’era possibile che tutta la felicità provata appena un attimo prima fosse svanita così all’improvviso?
Sì, io con Edward Cullen ero felice.
Non era stato facile all’inizio. Ciò che era nato come puro desiderio di vendetta si era tramutato in desiderio di lui e basta. Non che avessi accantonato ciò che mi aveva fatto. Ciò che aveva fatto alla mia famiglia.
Avevo voluto ucciderlo. Fargli provare tutto il dolore che avevo sperimentato io nella mia triste infanzia. Ma poi, qualcosa era cambiato. L’avevo conosciuto, e l’affinità tra le nostre anime logore mi aveva sconvolta.
Era uno spirito in pena, in perenne ricerca di qualcosa. Che cosa, nessuno lo sa.
Volevo dargli quel qualcosa. Insieme, ero convinta che avremmo sanato le nostre ferite. Erano nate insieme, e insieme sarebbero guarite.
Gli avevo donato il mio corpo, gli avevo donato piacere. Lo avevo accarezzato, consolato, ascoltato. Avevo gioito con lui, per lui. Avevamo appena fatto l’amore, finalmente, l’Amore vero, quello dello spirito.
Poi, quelle immagini. Quelle memorie, sempre state sbiadite, adesso così nitide, violente, inaspettate. Avevano riempito le nostre menti, disintegrando la felicitò di quel momento.
Guardai Edward che, nell’angolo della mia stanza, singhiozzava sommessamente, il bel volto coperto dalle mani. Mi alzai barcollando e feci per andare verso di lui.
-Non ti avvicinare!-
Mi bloccai, ferita.
-Voglio aiutarti-
-Nessuno può aiutarmi-
Serrai la mascella, infastidita –Chi credi mi abbia aiutata in tutti questi anni?- replicai, facendolo sobbalzare. Subito però mi pentii di quelle parole –Posso essere abbastanza forte per entrambi- continuai, addolcendo il tono della mia voce –lascia che ti mostri-
Ero ormai di fronte a lui. Con delicatezza, tolsi le mani dal suo viso. Guardai quegli splendidi occhi verdi, rigati di rosso, e lessi tutto il dolore e la colpevolezza racchiusi in essi. Lessi l’anima di Edward, e mi spaventò il baratro di vuoto su cui stava per cadere. Afferrai il suo viso e lo trattenni a me, come un’ancora tiene ferma la nave durante una tempesta.
Mi voltai e portai le sue dita sulla lunga cicatrice che sfregiava la mia schiena candida. Gli occhi di Edward seguirono la linea frastagliata della carne, mentre un singhiozzo soffocato usciva dalle sue labbra. Presi la sua mano e la poggiai in corrispondenza del mio cuore.
-Come fai ad amarmi, dopo tutto quello che ti ho fatto?- sussurrò lui.
-Porterò sempre con me il segno di quel giorno- dissi, sfiorandomi la schiena –non sarò mai più perfetta, e niente potrà restituirmi quello che mi è stato tolto-
Edward abbassò il viso, ma la mia mano lo rialzò all’altezza dei miei occhi.
-Ma, nel mio cuore, questo l’ho accettato. La morte dei miei genitori, la mia vita, ciò che sono- continuai –io ho trovato la pace, Edward. Adesso tocca a te. Lascia andare i ricordi, perché non possiamo rifugiarci in essi e dimenticarci di vivere-
-Io ho smesso di vivere molti anni fa- sussurrò lui.
Scossi la testa –So cosa sei- dissi, facendolo sussultare –ma non mi interessa. Non sto parlando di quella vita. Sto parlando del presente, di quello che sei. Tu sei Edward Cullen, e io ti amo. Voglio vivere questa vita con te, voglio fare l’amore con te, voglio essere felice insieme-
-Anche io ti amo-
-E allora lasciali andare, amore mio- afferrai i suoi capelli e lo tirai a me, baciandolo con forza sulle labbra.
-Lasciali andare- ripetei, mentre le mie lacrime si mischiavano ai nostri baci.








Bella guarda l’orologio. È in ritardo. Batte il piede per terra, con impazienza. Mantieni la calma, si dice. Hai aspettato diciotto anni, un’ora in più non farà differenza.
Finalmente compare all’orizzonte. Una figura minuta, leggiadra, che percorre quel dannato vialetto con una calma quasi irritante. Lei sta per conoscere l’unica cosa le interessi, sta per svelare lo scopo delle sue ricerche, finalmente conoscerà il volto del suo quasi-assassino. Bella fa un bel respiro.
È arrivata di fronte a lei. Allunga una mano e Bella la stringe.
-Isabella Swan- si presenta. È da tempo che non usa il proprio nome. È stata molte persone nella sua vita, ma quel giorno sente di dover essere se stessa.
-Alice- dice quella, sorridendo dolcemente. A Bella ricorda un folletto dei boschi.
-Vuole entrare?- chiede educatamente.
-Preferirei rimanere fuori. Magari sederci sotto quel gazebo?-
Bella guarda l’ultimo luogo dove è stata felice quand’era bambina, e annuisce lentamente. Si siedono sulle tiepide sedie di plastica bianca. Bella pensa che le ultime persone a essersi sedute là sono state i suoi genitori.
-Allora, cosa vuole sapere da me?- chiede Alice.
Bella rimane in silenzio, spiazzata dalla franchezza di quella strana ragazza. Quando si riprende, risponde con sicurezza.
-Il nome di chi mi ha fatto questo-
Si volta e scopre la schiena martoriata. Si risistema la leggera giacchetta e si volta verso Alice. L’espressione sul suo viso è turbata, come quella di tutti coloro che vedono la sua cicatrice per la prima volta.
-Mi dispiace-
-Mi dica il nome-
-Ne è proprio sicura?- chiede Alice, sporgendosi verso di lei. Sembra sinceramente preoccupata per lei, e Bella rimane un attimo interdetta. Non è abituata a tutta quella premura.
-Ho speso la mia vita a cercare chi ha distrutto la mia famiglia- dice, la voce fredda e sicura –non mi fermerò adesso che sono arrivata alla
fine-
Alice annuisce e, senza distogliere lo sguardo da lei, tira fuori una fotografia dalla tasca dei pantaloni. La porge a Bella, poi si volta e si mette ad osservare il giardino.
Bella guarda la foto. Una macchina lucida, argentata.
-È una Volvo C30- dice Alice. Bella alza lo sguardo, ma la ragazza sta ancora esaminando le aiuole di fiori.
-Cosa significa?-
-Non è quello che volevi?- finalmente Alice si volta e la guarda –la fine della tua ricerca?-
Bella apre la bocca per replicare, ma Alice è già in piedi e si sta avviando verso la via di casa.
-Aspetta!- la richiama Bella. Avrebbe mille domande da fare a quella strana ragazza.
Alice si volta un’ultima volta verso di lei, sorridendo –Io ti ho dato di più. Ti ho dato un
inizio-












FINE



















Ecco la fine. O, per dirla come Alice, un inizio.
Lo so, sono stata criptica. Ma questa parola mi piace, e anche quest’ultimo capitolo mi pare uscito bene.
Che altro? Mi scuso per le numerose interruzioni che ha avuto questa storia. Non è stata facile da scrivere e ha dovuto tener testa alle altre venticinquemila che stavo scrivendo. Ma alla fine è venuta fuori più o meno come l’avevo pensata all’inizio, e vi devo dire che non mi dispiace affatto. Spero che sia piaciuta anche a voi, interruzioni a parte.
Se Fortuna vorrà, ci vedremo presto con altre storie. Per chi volesse lasciarmi un proprio parere (‘cibo per capre’ compreso) il link delle recensioni smania per essere cliccato.
Tanti baci e abbracci, nell’attesa della prossima storia!
Elena
   
 
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