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Autore: F l a n    24/02/2012    5 recensioni
È una normalissima notte quella in cui Blaine trova una sorta di strano umanoide accasciato per terra, nel parco. Blaine ha sempre creduto nelle forme di vita extraterrestri, ma presto dovrà rendersi conto che Kurt Hummel non è semplicemente quello che lui crede "un Alieno" dalle sembianze umane.
Come farà Kurt Hummel a tornare da dov'è venuto?
E, precisamente, da dove proviene?
Un alternate Universe tendente allo sci-fi.
***
Estratto dal capitolo 2:
"Il ragazzo, o quello che era, si scostò velocemente da lui, per poi cadere nuovamente sulle ginocchia, evidentemente troppo debole per qualunque movimento.
“Chi sei?” chiese Blaine, avvicinandosi ancora a lui, ricevendo solo uno sguardo diffidente, contrariato. I suoi occhi blu brillarono.
Blaine tese una mano in avanti, ma l’altro si scostò ancora, camminando sulle ginocchia. Stranamente la sua tuta, pur essendo bianchissima, non era né sporca di terra né di erba. Blaine ne concluse che quello che stava indossando doveva essere un tessuto particolarmente speciale.
“Sei umano?” chiese ancora, accucciandosi su di lui, fino ad essere al pari del suo viso, “non voglio farti del male."
[Klaine scritta per il BigBangItalia]
Genere: Romantico, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note d'inizio capitolo: Salve a tutti! Intanto mi scuso per aver saltato l'aggiornamento la settimana scorsa, purtroppo con gli esami non mi è stato possibile scrivere - mi sono liberata soltanto ieri - ma spero che mi possiate perdonare :)
In questo capitolo avremo l'occasione di esplorare una prima parte del mondo di Kurt e beh, ovviamente c'è sempre aria di angst in giro, ma anche una mezza speranza che arriverà a mezzo capitolo ;) capirete poi di cosa parlo!
Mi spiace comunicarvi che il capitolo non è betato, ma provvederò a farlo betare in un secondo momento, per cui mi scuso fin da subito se ci sono degli errori! (spero non troppo gravi, la stanchezza mi sta facendo brutti scherzi!)
Vi lascio alla lettura!

 


13. “Era”



Certe cose non erano facili e Kurt sapeva che tornare nel futuro era una di quelle.
Ormai erano passate due settimane da quando Kurt era tornato nella sua dimensione e tutto nella sua mente appariva grigio e diverso. Il soggiorno sulla terra del presente lo aveva cambiato molto, aveva cambiato il suo modo di pensare ed agire, aveva cambiato ciò che era e ciò che sentiva.
E per la maggior parte delle cose, era merito di Blaine.
Kurt non era mai stato una cattiva persona, o una persona indisponente come a volte si dimostrava con Blaine all’inizio, tutt’altro, era una persona generosa e piena di valori. Tutti lo sapevano questo, nella sua dimensione.

Il suo ritorno a casa era stato visto come una gioia e suo padre fu il primo a stringerlo tra le braccia, non poteva certo negare che gli fosse mancato. Lì c’era anche Finn, in piedi e con una mano sul petto, assieme a Carole. Sembrava un miracolo, sembrava che nei loro occhi fosse tornata la speranza un tempo sparita e Kurt si sentì rincuorato per qualche secondo. Era tornato a casa.

Era tornato a casa e poteva vederlo da molte cose, a partire dalla propria stanza. Non c’era alcun interruttore, la luce si accendeva sensorialmente non appena metteva piede dentro la stanza – con sua grande sorpresa, Kurt aveva scoperto che quell’invenzione esisteva già in alcuni luoghi dell’epoca di Blaine, - e non c’era alcuna parete dipinta. Le mura della sua casa erano fatte di un materiale speciale in grado di resistere a qualunque evento climatico. Il pianeta era cambiato tanto, non si poteva prevedere il meteo o almeno non totalmente; spesso era imprevedibile e chi era fortunato come lui, poteva avere almeno un riparo sufficiente.
Kurt sfiorò una delle pareti, facendo apparire un ologramma rettangolare - una specie di schermo - che poteva essere comandato con dei semplici gesti delle mani.
Qualcosa cominciò a gracchiare, qualcosa di molto simile ad una voce meccanica:

Era è in funzione. Caricamento effettuato.”
“Ciao Era,” salutò Kurt, parlando allo schermo olografico.
“Kurt! Padrone. Temevo di non sentirla più. Quanto tempo è passato?” chiese, la voce virtuale.
“Un po’. Un po’. Ho molte cose da raccontarti, Era. Potresti aprire l’archivio del diario virtuale?” chiese il ragazzo, pigiando nell’aria sugli ologrammi apparsi un paio di comandi.
Il computer eseguì immediatamente, facendo apparire una specie di libro immaginario di fronte ai suoi occhi.
“Grazie.”
“Vuole il comando vocale, signore?” chiese l’efficiente computer.
“Basterà la tastiera,” Kurt aprì le mani e con un gesto, apparì anche una composizione di dati e numeri di fronte a sé, fluttuanti.
Poco dopo, le file di dati furono sostituite da una piatta tastiera verde luminescente, un’immagine proiettata esattamente come l’interfaccia del computer stesso.

Kurt cominciò a scrivere. Cominciò a scrivere ciò che sentiva, cominciò a scrivere della sua permanenza sulla terra e su come le cose fossero differenti. Su come i fiori fossero ancora reali e l’aria non puzzasse di zolfo, la notte era ancora composta da qualche ora in più e le persone si vestivano in maniere così strane e particolari, con stoffe leggere e ben lontane dalla sua tuta termica. Il proprio mondo era così diverso da quello di Blaine, così eternamente lontano che Kurt a volte preferiva non pensarci davvero.
Erano passate due settimane, ma in quelle due settimane Kurt non aveva ancora avuto il cuore di raccontare niente. Per questo non aveva scritto ancora niente sul suo diario.
Si ricordò, mentre digitava su quella tastiera fatta di raggi, come nel presente quegli apparecchi fossero così dannatamente differenti; plasticosi, pesanti e con un design spartano. Ma nonostante ciò, Kurt era rimasto affascinato dalla loro tecnologia così antica e poteva riconoscere quelli che erano “gli antenati” degli oggetti che possedeva in quel momento.
Kurt non sapeva come presente e futuro potessero essere così differenti, non sapeva soprattutto come il pianeta avesse potuto raggiungere le situazioni in cui si trovava. Eppure, nell’epoca di Blaine sembrava andare ancora tutto bene. C’era solo un po’ di smog, l’aria più grigia, ma tutto sembrava più vivo.

Quando Kurt usciva di casa, l’unica cosa che poteva vedere erano paesaggi finti. Niente era reale, anche perché la flora che era rimasta adattatosi all’atmosfera, era ben diversa da quella del pianeta originario. La temperatura era incredibilmente alta lì, per questo avevano bisogno delle tute termiche per sopravvivere.
Certo il loro fisico ed il loro sangue era mutato in relazione all’ambiente circostante, ma non era comunque facile resistere ai vari cambiamenti climatici che, a volte, potevano essere piuttosto improvvisi. Kurt ricordava bene quel giorno di dicembre in cui sentì per la prima volta il freddo; fu straordinario e terribile perché non aveva la più pallida idea di che cosa fosse con precisione, fortunatamente per lui suo padre era un buon inventore e prevedendo qualche repentino cambiamento climatico, aveva creato delle tute antigelo. Però quel giorno non tutti furono così fortunate e molte persone morirono assiderate da quella temperatura così indecente.
Pensare come si fosse arrivati dall’età presente a quel genere di futuro, era piuttosto spaventoso. Numerosi scienziati tentavano disperatamente di ricreare l’ambiente ormai distrutto, ma era diventato piuttosto difficile riuscirci. L’uomo aveva creato, creato e creato ancora fino a distruggere ciò che c’era e molte cose erano dettate solo da una ragione economica.
Le energie a basso consumo c’erano, ma non erano state usate ed ora dovevano pagarne le conseguenze ringraziando il cielo che la razza umana non si fosse estinta. Kurt si chiese se non fosse giusto avvertire gli umani del presente e del passato, se non dovesse davvero svelare l’esistenza di quelle tre epoche in modo da salvarne almeno una. Ma sapeva che il silenzio era prezioso e che cambiare l’evento delle cose poteva avere catastrofi a dir poco immemorabili.

Kurt sospirò, mentre finiva di scrivere le sue impressioni sul tempo trascorso con Blaine. C’erano così tante cose da dire, ma così poche riuscivano ad uscire dal suo cuore. C’era tanta amarezza, tanta paura, paura di non riuscire a ritrovare Blaine nel proprio tempo, paura che non fosse lo stesso. Paura di non avere più lo stesso genere di relazione perché niente, niente era uguale.
Ne aveva avuto la prova quando aveva visto la madre di Blaine viva. Non era possibile, non era possibile perché nella sua epoca era così disastrosamente morta.
Il ragazzo si passò una mano sulla fronte, sospirando e salvando le ultime notizie nel suo diario, Era.
“Basta così, signore?” chiese, la voce virtuale.
“Sì, grazie Era… per il momento è tutto.”
Il computer si spense con una breve reverenza e lo schermo scomparve con un solo gesto della sua mano.
“Che devo fare?” sussurrò, più a se stesso che non a qualcun altro guardando fuori dalla finestra. Si sentiva così vuoto, così perso, come se quel posto non fosse mai stato casa sua.
Per le strade non passava quasi nessuno, c’era solo deserto. Le persone erano diventate perlopiù individualiste e stringere rapporti con gli altri non era facile. Si voltò di scatto quando qualcuno bussò alla porta, supponendo che fosse Finn.

“Entra!” esclamò, vedendo invece Rachel fare capolino nella stanza.
“Oh- ciao! N-non ci vediamo da un po’ di tempo!” disse Kurt, meravigliato. La ragazza annuì, guardandosi intorno.
“Già, da quando sei tornato so che non sei uscito molto, così ho pensato di venirti a trovare,” disse semplicemente, portandosi le mani sui fianchi e sedendosi sul letto accanto a lui.
“Non sono molto dell’umore di uscire,” spiegò Kurt, semplicemente.
“Come mai? Insomma… vorrei sapere cos’è successo mentre eri là, eravamo tutti preoccupati e Finn ha detto di non sapere granché. Sei diverso… lo si vede dalle tue espressioni, sembri spento,” disse l’amica, stringendosi nelle spalle. L’altro scosse la testa.
“Tu non hai visto, Rachel, non hai visto la differenza. Il nostro mondo è triste, composto da artificialità. Rachel, tu hai mai visto la pioggia? Io sì, è bellissima. Hai mai visto la vera natura? Hai mai bevuto acqua che non fosse riprodotta chimicamente? È tutto così bello ma così diverso e venire qua quando ormai ero abituato a quelle cose… è stato forte. Non puoi immaginare. Ci sono animali carini, fiori, le persone girano per le strade, ci si veste con abiti particolarissimi, come quelli che vediamo ogni tanto sui nostri archivi, capisci?! È tutto così meraviglioso, così speciale. Non so descriverlo. Per la prima volta, seppur avessi paura, mi sembrava anche di essere vivo. Ero vivo, forse come non mai,” concluse, con la voce rotta dall’emozione. Era arrossito persino sulle guancie perché poteva ricordare vividamente ogni cosa, ogni sensazione. Persino ogni colore era impresso a fuoco nella sua mente.
“Sembri davvero emozionato,” osservò Rachel con un sorriso.
“Lo sono. Vorrei farti capire ciò che ho visto, provato, sentito. Vorrei poter tornare là, Rachel. Ho lasciato… troppe cose.”
La ragazza sorrise, ammiccando.
“Troppe cose?”
Kurt si portò una mano sul collo con imbarazzo.
“Troppe cose.”

*

“Kurt, ho bisogno che tu vada a fare la spesa,” chiese Burt, mentre fissava il frigo, “abbiamo finito il latte e la carne… io devo finire di riparare una vettura e non posso andare, Carole è a lavoro e non tornerà prima di stasera.”
Kurt annuì e prese la carta magnetica, scomparendo verso il market.

Quando uscì, Kurt provò la solita sensazione da quando era tornato, si sentiva sperso. Ogni cosa intorno a lui gridava tecnologia e non c’era niente di sbagliato in quello, ma vedeva sempre meno relazioni tra le persone e robot al posto degli umani alle casse. Era inquietante pensare come la macchina avesse preso il sopravvento sull’uomo, come le persone stessero ardentemente cercando di svincolarsi dai propri pesi quotidiani e come il denaro fosse diventato il vero padrone di quel mondo.
Si mosse tra gli scaffali del supermercato e prese in mano il latte. Per un momento finì per ricordarsi come fosse buono il latte che aveva bevuto quand’era da Blaine. Quello era modificato, non era latte vero, era prodotto secondo alcuni processi chimici come la maggior parte degli alimenti di cui si stavano nutrendo.
Lo buttò nel carrello assieme alle altre pietanze, amareggiato. Si sentiva così a disagio e si chiedeva come fosse possibile per gli altri scienziati non provare un senso di nervosismo. Loro sapevano, Kurt sapeva che loro erano a conoscenza di ciò che erano diventati rispetto a ciò che erano e non riusciva a capacitarsi di come potessero vivere in pace con loro stessi mentre lui si sentiva così oppresso e distrutto dentro. Aveva visto qualcosa che il resto dell'umanità di quel periodo non avrebbe mai visto, probabilmente. Aveva smesso di vivere nell'ignoranza della loro epoca e forse era quello ciò che lo faceva star più male. 
La conoscenza aveva sempre un prezzo.


Quando uscì dal market, pagando con la solita tessera magnetica, andò alla fermata della metropolitana – se non con qualche differenza, era una delle poche cose ancora simile all’epoca di Blaine – e guardò gli ologrammi che galleggiavano nell’aria - fluttuavano. Si fissò per un attimo ad osservarli mentre le immagini si alternavano e cambiavano pubblicità, passando da una cosa ad un'altra, da un prodotto all’altro.
Kurt sbuffò, guardando l’orologio. La metropolitana non era ancora passata e si stava decisamente annoiando; per altro sembrava non esserci nessuno lì con lui, in quel momento.

Poi un rumore attirò la sua attenzione, un fruscio metallico che proveniva dalla sua destra: Kurt si voltò ma non riuscì a vedere niente. Camminò alla ricerca della fonte di quel rumore – che ricordava tanto un canale senza segnale – fino a trovare un piccolo dispositivo gettato a terra molto simile ad un registratore. Il giovane posò la busta della spesa e lo prese in mano ispezionandolo con curiosità; sembrava un modello piuttosto vecchio ed aveva qualche graffio qua e là. Se lo rigirò tra le mani, cercando di capire a chi potesse mai appartenere fino a che non trovò un’incisione sul retro di esso.

“B.A”

Kurt sgranò gli occhi e per poco l’oggettino non gli scivolò di mano; se quello non era un segno del destino, non riusciva a capire cosa lo potesse essere.

*

Da quando Kurt era andato via due settimane prima, la vita di Blaine era tornata ad essere la monotonia più totale. Si sentiva totalmente perso senza di lui ed avrebbe voluto non provare quella sensazione. Gli aveva promesso che lo avrebbe cercato in quella dimensione eppure non aveva mosso nemmeno un dito, si era limitato a riposare nel proprio letto per giorni e giorni non appena ne aveva l’occasione rifiutandosi di applicarsi in qualcosa di realmente utile.
Andava a scuola per inerzia ma era sempre spento e persino le prove canore con i Warblers non riuscivano a rallegrarlo.
Era diventato frustrante e non sapeva come togliersi di dosso quella sensazione di totale incompletezza. Sì, stare senza Kurt lo faceva sentire incompleto e persino quel letto era diventato decisamente troppo vuoto per i suoi gusti.
Non aveva nemmeno cambiato le lenzuola e non aveva il coraggio di farlo, sarebbe rimasto ad inspirare i residui del profumo di Kurt per ore.
Stupidamente, l’amore lo aveva mandato in una crisi profonda cosa che non aveva mai ritenuto possibile. I sentimenti erano una bella cosa, ma non avrebbe mai pensato di poterli provare in modo così forte ed incisivo.
Kurt era arrivato nella sua vita - in realtà era letteralmente piombato lì senza alcun preavviso - e l’aveva sconvolta nel migliore dei modi.

Trovare una scusa per gli altri invece era stato fin troppo facile; gli era semplicemente bastato dire che Kurt aveva deciso di trasferirsi da dei suoi parenti in un altro stato; c’erano rimasti un po’ tutti male perché non li aveva salutati, ma quando Blaine spiegò che era stata una “partenza improvvisa” cercarono tutti di capire la situazione. Compresa sua madre, anche se sembrava la più dispiaciuta. Si era abituata alla presenza di Kurt ed ormai faceva parte della loro famiglia, si sarebbe aspettata almeno un ringraziamento.

“Mi dispiace,” disse un giorno la signora Anderson, dopo pranzo, mentre lavava i piatti e suo padre non era in casa. Blaine girava distrattamente i canali alla tv, senza davvero troppa voglia.
“Di cosa mamma?”
La donna sospirò.
“Da quando Kurt è andato via sei più spento…” gli ricordò, con voce morbida ed affettuosa.
“Mhmh… probabile.”
“Forse dovresti uscire un po’ di più, trovarti con quel tuo amico… Wes, è una brava persona, mi è sempre piaciuto…” tentò la donna, aggiustando un bicchiere nella credenza.
“Sono stanco mamma, non mi va.”

E poi la signora Anderson fece qualcosa che Blaine non si sarebbe mai aspettato e che non aveva mai fatto, si sedette al suo fianco e gli mise una mano sulla spalla, affettuosa.
“Devo sospettare qualcosa?” chiese, cercando di capirlo. Cercando di capirlo forse per la prima vera volta.
Blaine arrossì violentemente.
“M-mamma…”
“Intendo… tra te e Kurt c’era una chimica speciale, vuoi forse dirmi che non devo sospettare nulla? Sono tua madre, non sono sciocca. Non ne parliamo mai perché… ecco, non lo facciamo e basta. Ma questa volta è diverso Blaine. Ti vedo spento e mi fa morire vederti così, se Kurt ti dava tutta quella luce allora vorrei tremendamente che tornasse nella nostra vita,” concluse premurosa.
Blaine non rispose e non disse niente, si limitò ad osservare sua madre ed a provare il bisogno di abbracciarla, ma non lo fece. Non subito.
“Lo vorrei anch’io mamma, lo vorrei anch’io. Ma non credo sia possibile.”
“Perché?”
“Perché è troppo lontano,” rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle e provando una fitta di dolore al petto.
“Sai tesoro, credo che… la distanza sia solo un ostacolo da scavalcare. Tu devi scavalcarlo. Devi combattere. Se vuoi stare con Kurt, devi poterlo fare, se vuoi amarlo devi poterlo amare. Non importa quanti oceani vi separino se è quello che vuoi devi cercare di rimanere con lui. Esistono molti mezzi oggi, c’è internet, ci sono i cellulari… sono sicura che anche lui vuole rimanere in contatto che te. Stare a letto tutto il giorno non serve a niente, ma questo sì. Questo può servire.”
Disse la donna, incoraggiandolo a fare un primo passo ed incoraggiandolo a muoversi nella direzione giusta.
Blaine rimase spiazzato perché sua madre non era mai stata tanto chiara in vita sua; sorrise, sporgendosi per darle un bacio sulla guancia leggero, quasi impercettibile.

Sorprendentemente fu quel dialogo a dargli la determinazione sufficiente: avrebbe trovato Kurt, costi quel che costi. Doveva esserci, perché se c’era nel futuro c’era anche lì, Kurt gli aveva spiegato come funzionava e lui doveva trovarlo.
Non sapeva come, ma doveva assolutamente farlo. A qualunque costo.



Note di fine capitolo:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Come avete visto, si smuovono già le acque nei confronti delle fantomatiche "ricerche". Kurt ha trovato quel dispositivo, ma quella sigla 'B.A' potrebbe essere di chiunque. Voi cosa azzardate?
Come sempre le vostre opinioni sono importanti e mi piace sentire il parere delle persone :) chissà che non accontenti qualche vostra idea col progredire della storia!
Inoltre spero di non annoiarvi, so che può apparire tutto molto complesso e lento, ma vorrei riuscire ad illustrare il più possibile anche l'epoca di Kurt, sperando di non cadere in qualche banalità già trita e ritrita!
Detto questo, il prossimo aggiornamento sarà come di consuetudine il prossimo venerdì!

Vi lascio qui la mia pagina FB nel caso qualcuno volesse qualche informazione e si volesse tenere in contatto con me: *QUI*

 
   
 
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